Si sa che molto spesso i giudizi sui libri cambiano nel tempo, e che la storia editoriale è piena di stroncature che riguardano testi che si sarebbero invece rivelati preziosi e amati e duraturi. Dovrei dire “era”, perché, dopo la lunga discussione sulla critica di queste settimane, va in effetti ribadito che da ultimo la comunicazione prevale sull’analisi, almeno nella maggior parte delle sedi. Ma è interessante constatare quanto, a volte, gli sguardi possano essere più che miopi.
Come già detto, sto rileggendo Harry Potter: le riletture, per quanto mi riguarda, sono sempre variate, e seguono non solo l’umore ma la consonanza con quanto sto per scrivere, per esempio. Bene, arrivata al secondo volume, Harry Potter e la camera dei segreti, dal libro (edizione d’epoca) scivola fuori un ritaglio di giornale del 25 gennaio 2001, che anticipa l’uscita del quarto volume, Harry Potter e il calice di fuoco. Non dirò né testata né autori, per rispetto al sacrosanto diritto all’oblio di ciascuno: il pezzo principale riguardava il merchandising di Potter. Articolo un po’ maligno, dove qua e là si insinua che l’ondata di magliette e bacchette e boccini fosse un’astuta operazione fin dall’inizio chiarissima nella mente dell’autrice. E pazienza, succede ogni volta che un libro diventa un giga-seller.
Di spalla, però, c’è un’intervista. Non a un esperto o esperta di letteratura per infanzia e adolescenza, anche se qui sarebbe meglio dire “di letteratura e basta”, bensì a uno psicoterapeuta. Nel titolo si precisa subito “Non è Peter Pan o Pinocchio”. Nell’apertura si affonda ulteriormente: “Un successo dovuto ad aspetti economici, editoriali. Una scrittrice indubbiamente molto abile che però non si può paragonare nemmeno lontanamente all’ottima fantasy di J.R.R. Tolkien”. A parte il fatto che Tolkien non scriveva fantasy, è impressionante la sicurezza con cui ci si pronuncia. Per esempio, ancora: “E’ un successo che avrà dei limiti. Prima o poi dal punto di vista letterario verrà dimenticata, mentre Peter Pan o Pinocchio non lo saranno mai. Mi vengono in mente le Spice Girl (sic in originale): hanno avuto una fortuna straordinaria. Ma sono già finite (…) Abile, astuta. Senza però dover fare i confronti con Pinocchio”. E’ solo una moda?, chiede l’intervistatrice. La risposta è sì: “E non riesco a immaginare come farà Harry a crescere. Andando avanti non potrà conservare il fascino del bambino”.
Come è andata a finire è faccenda nota.
Succede, per carità. Ho citato questa storiella per due motivi, comunque: primo, e ovvio, la constatazione antica di quanto popolare, in molte menti, coincida con denigrabile. Non sempre, però. E qui arriviamo al punto due: a forza di temere così tanto il marketing che guiderebbe le nostre scelte, non ci accorgiamo che le guida eccome, ma dove non lo sospettiamo.
La morale? Non c’è. O meglio ce ne sarebbero un paio: non parlare di quel che non conosci e, se proprio devi, leggi prima di parlare.
Buon lunedì.