La cosa che può sembrare più significativa, a mio parere, non lo è. Parlo della ricerca “Identikit del lettore da giovane” che è stata presentata ieri qui a Firenze durante il Liberfest e che riguarda un campione di 908 ragazzi tra 14 e 20 anni e che è stata realizzata da Silvia Ranfagni e Claudio Becagli dell’Università di Firenze per conto di Scandicci Cultura.
La cosa che colpisce è che, a dodici anni dalla ricerca precedente sui libri più amati, sembrerebbe cambiare la tipologia dei testi, escludendo i “classici”. Nel 2000 erano in lista “Se questo è un uomo” accanto a “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, “Il nome della rosa” , “Noi, ragazzi dello zoo di Berlino”. Oggi al primo posto c’è Harry Potter, seguito da “Il cacciatore di aquiloni”, “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, “Hunger Games”.
Però nella top ten c’é anche “Cime tempestose”. Però lo stesso Harry Potter va considerato un classico, a mio parere. Insomma, da questo punto di vista non vedo enormi differenze, se non che il “classico” dei ragazzi non viene proposto dalla scuola, ma viene scelto autonomamente.
Cosa altro esce dall’indagine?
Che il 68% dichiara di dedicarsi anche alla lettura extra-scolastica. Ma all’interno di questa cifra (che comunque ribadisce che un terzo del campione non apre neanche un libro), sono le ragazze a costituire la quota più alta: 77%, mentre i ragazzi si fermano al 56%. Andando a scomporre: il 20% non supera i 3 libri annui, il 60% si attesta tra 4 e 11; il restante 20% va oltre i 12. All’interno dei lettori forti, c’è ancora quel 77% di lettrici.
Dunque, le ragazze leggono di più, così come avviene per le adulte (sul fatto che siano molto meno visibili da autrici torniamo un’altra volta).
Altro dato interessante: i quattordicenni leggono più dei diciottenni (il 65% dei quattordicenni supera i 4 libri letti nell’ultimo anno, cosa che accade nella misura del 44% tra i diciottenni). E’ importante, perché i ragazzi dichiarano che il libro “fatale”, quello che li ha fatto innamorare della lettura, è capitato fra le loro mani fra i 12 e i 13 anni. Esattamente la famigerata fascia young adult. Il che dovrebbe portare a non poche considerazioni di tipo qualitativo sulle proposte da rivolgere a questi lettori.
Ma ancora. I lettori forti acquistano in libreria, i deboli in edicola e grande distribuzione. La biblioteca di casa è e resta un incentivo formidabile. E la rete? Questo mi sembra il dato su cui riflettere: i “lettori forti” preferiscono il libro cartaceo (il 76% ) a quello digitale; convinzione condivisa solo dalla metà dei “lettori deboli”. Questo, a fronte di un parco tecnologico notevole: il 77% ha un portatile, il 66% un pc fisso, il 16% un tablet, il 54% un iPod, il 2% un e-book reader, il 24% uno smartphone. Usati così: l’ 81% partecipa a social network, il 77% naviga su internet, il 55% ascolta musica, il 25% scarica file audio (musica), il 22% vede film, il 3% legge libri sul pc, il 4% fa acquisti online, il 15% scarica file video, il 18% gioca con videogames. Il 94% ha la disponibilità a casa di un collegamento internet, il 38% su un dispositivo portatile come l smartphone e tablet; il 10% usa i collegamenti internet a scuola e il 6% in altri luoghi pubblici. Tra i “lettori deboli” le nuove tecnologie incentivano la lettura in misura maggiore di quanto suggerito da quelli “forti” .
Fin qui, i dati.
A margine, mi sembra che la mutazione in corso potrebbe riguardare due modi diversi di lettura. La lettura in rete, che è “spacchettata”, frammentaria, non necessariamente rivolta a una storia tradizionale, e quella che alle narrazioni tradizionali si rivolge. Scoprire quale delle due è destinata a prevalere, e se ci sarà davvero la prevalenza di una sull’altra, è il grande rovello degli editori nel momento più difficile della loro vita (questo). Far combaciare, però, lettore con scrittore, che è l’investimento che almeno alcuni editori stanno per fare, potrebbe non essere la strada giusta. Ma, appunto, fare previsioni è la cosa più azzardata che si possa tentare al momento. Visto che, a quanto pare, il maggio dei libri, del salone e delle promozioni, andrebbe a chiudersi con un molto inquietante meno trentatre per cento.
In effetti, in termini di visibilità, sembra che un genere scriva per l’altro. Interessante, sì, riparliamone.
Inoltre il fenomeno della crescita del numero di “scrittori” è notevole anche nel settore dell’editoria scientifica: anche qui pare divenuto necessario pareggiare le quote di presenza, e gli editori sembrano assecondare questa moda volentieri.
In più, a questo proliferare di scrittori si unirà un altro fenomeno inquietante al quale non avevo pensato subito: aumenteranno anche i critici letterari.
La vedo brutta 😀 dàje Loredà.
Noto che solo il 3% legge su pc, e credo dipenda dal fatto che solo il 2% ha un ebook-reader. Al momento l’unico dispositivo adatto alla lettura di libri è l’ereader e la diffusione degli ebook è strettamente legata a esso. Infatti chi legge su retroilluminati torna al cartaceo in tempi brevi.
Sul futuro immediato sono pessimista e preferisco tacere.
Ma se guardo più avanti vedo nuovi mezzi e nuovi contenuti. Oggi non c’è nessuna differenza di contenuto tra il digitale e il cartaceo, sempre di parola scritta si tratta.
E se pensiamo che già oggi ci sono videogiochi con narrazioni, storie, “da paura”…..
Queste ricerche sono molto interessanti, e dicono tutte più o meno le stesse cose. Il guaio è che non danno un’idea di dove si sta andando. La sensazione è che le cose potrebbero cambiare drasticamente da un momento all’altro oppure non cambiare affatto e cristallizzarsi così come stanno. In conclusione, triste a dirsi, non c’è modo di trarne indicazioni operative.
Aggiungo una nota personale, che non ha ovviamente nessunissima valenza sociologica\statistica.
Da 6 mesi faccio un tirocinio alla scuola dell’infanzia. Lavoro soprattutto con il gruppo più grande (5-6 anni). Tutti i pomeriggi li porto in biblioteca. Tutti e 8 i bambini (6 maschi e 2 femmine) si fiondano sui libri appena entrati. Quasi tutti vogliono che legga loro la storia che hanno scelto.
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Ecco, questo è un dato interessante che mi ha colpito. La semplice presenza di una biblioteca nella scuola (che secondo molti dati è il maggiore stimolo per la lettura) ha fatto venir voglia di libri a bambini che in casa, probabilmente, ne vedono passare assai poco.
Mia nonna era una gagliardissima docente di scuola superiore che avresti amato da morire. Cioè severa, antica, rompi palle. Beveva vodka e traduceva dal russo. Ora mia nonna quando io volevo leggere i classici, prima dei venti, preferiva di no. Mi ha proibito tassativamente Delitto e Castigo, e quando in prima liceo mi hanno dato Guerra e Pace per le vacanze n’antro po’ va dalla professoressa e je mena. Mia nonna sosteneva cioè che il classico può piacere, ma se non piace hai fottuto un lettore per sempre. In realtà esortava i giovani a leggere cagate impossibili! Come senza dubbio sono sicura avrebbe considerato Hanry Potter. Però cosè inizi alla lettura, colla schiavitudine da plot, se no inizi uno che sarebbe arrivato comunque.
@ Zauberei: w la nonna!
anche la mia professoressa dei primi due anni di superiori la pensava più o meno come la nonna. Dava da leggere a tutti noi alunni un libro ad hoc, in base alle attitudini e alla “propensione alla lettura” di ciascuno.
A me per esempio ha dato guerra e pace (che ho divorato) mentre a qualche mio compagno ha consigliato Cavino, Wilde, a volte anche i best seller…
è verissimo che “il classico può piacere, ma se non piace hai fottuto un lettore per sempre”, e vale per tutti i libri che ti “costringono” a leggere.
e bisogna stare attenti a cosa si propone come lettura..altrimenti si leggerà sempre meno.
io ho veramente odiato “I promessi sposi”… 😉
non so, che i classici abbiano bisogno di una certa maturità del lettore per essere amati è vero, e anche io penso che, se ci si deve dare una regola, sia meglio aspettare.
Però non è vero che un libro letto troppo presto è perso per sempre 🙂
Più o meno nello stesso periodo (15-16 anni) lessi per la prima volta Il nome della Rosa, Rinascimento Privato e Delitto e Castigo. Rimasi folgorata dal primo, mentre mi annoiarono a morte gli altri.
A distanza di pochi anni ripresi in mano Rinascimento Privato e la Bellonci è diventata una delle mie scrittrici preferite; e anche con Dostoevskij ho fatto pace un passetto alla volta, con Le notti bianche e poi con I Demoni. A onor del vero devo ancora riprovare Delitto e Castigo, ma sono certa che ora sarei in grado di apprezzarlo.
Secondo me la libertà di provare e sperimentare è l’unica strada.
Credo di aver letto cose insulse, ma piacevoli, per tutte le scuole medie (ricordo Pollyanna, Piccole donne e tutto quel bel filone buonista che ora mi da’ i brividi). Poi però quando ho potuto accedere da sola alla biblioteca comunale (e anche alla scolastica delle superiori) un mondo si è aperto.
Ho letto Delitto e castigo a 15 anni e mi ha folgorato, tanto che non oso rileggerlo per paura di rimanerne delusa.
E mi sono innamorata della Morante sempre a 15 o 16 anni. Certo che tante cose non le capivo e a rileggere “La storia” adesso, a distanza di più di vent’anni, mi rendo conto che sicuramente ero troppo piccola per assimilare davvero un classico così difficile.
Ma è la sperimentazione e la gioia della scoperta individuale.
Non è un caso che i classici che mi sono stati imposti non sono mai riuscita ad amarli (aimè la lista non è breve e comprende Il vecchio e il mare, L’isola del tesoro, La ragazza di Bube e molto Pirandello e Svevo).
Vedo che il mio figlio grande (che ha 4 anni) adora i fumetti del padre, anche se non sa ancora leggere e si limita a sfogliarli con grande attenzione. Credo sia così che si può invogliare alla lettura: avendo libri per casa e lasciando i bambini liberi di scegliere anche cose non adatte alla loro età.
Ho iniziato a “farmi” nel 73, su consiglio del prof. Di Italiano ho investito la bellezza di 750 lire nel Gattopardo ed. Tascabili. La scimmia pero’ e’ arrivata qualche anno dopo con i sotterranei di Keruac, ed ho amato tutto ciò’ che la scuola non prevedeva.
Certi buoni lettori hanno la buona lettura come un gene che alla prima cazzata si esprimerà. Il gene può abbisognare di occasioni ma basta un nuente. Poi il piccolo buon lettore cerca e sperimenta. Io anche sono stata un buon lettore autonomo e ostile agli ordini dall’alto. O che me li risovevo per conto mio. De guerra e pace, ho letto solo la pace: alcune battaglie le ho serenamente saltate a piè pari.
Ma ci sono lettori che non hanno il gene, nè nel carattere nè nell’ambiente. Questi lettori non sono come noi, riservano la loro curiosità ad altri linguaggi. Utilissimi ma meno importanti politicamente, perchè se sarai bravo coi motori magari ci hai un lavoro ma la tua vulnerabilità alla presa per il culo del potere potrebbe essere molto più alta. Questi pure possono diventare ottimi lettori, ma l’aggancio con loro è delicatissimo, e allo stesso tempo necessario. Perchè se non lo fai non sperimentano quelli, e se gli proponi il testo sbagliato non lo rifaranno. No io sono per la prof di roro.
Sono una maestra. Una mia alunna di 4^ elementare mi ha prestato Hunger games dicendomi: “Secondo me, ti piacerà la protagonista femminile!”. E come darle torto? Sono rimasta piacvolmente sorpresa da un best-seller su cui non avrei puntato due lire, rivelatosi invece capace di scegliere un tema vicino ai ragazzini (un reality show estremo) mescolandolo con l’avventura, il sangue, l’ingiustizia sociale e l’oppressione politica (passatemi le categorie, ovviamente non è Orwell…). Con una bella protagonista femminile, un antistereotipo del quale si sentiva il bisogno!
Liberi/e di scegliere cosa leggere, si comincia così. Si continua leggendo per loro storie a voce alta (quelle le scelgo io!). E poi, anche in classe, ritagliarsi momenti di piacere e di svago letterario. Anche con Geronimo Stilton (che detesto…). Ottimi i fumetti.
Piccole impressioni dal lavoro quotidiano con i/le bambini/e.
Pinetta, la cosa divertente, per chi insegna, è che dentro Hunger Games c’è un classico 🙂 Ovvero “Il signore delle mosche” di Golding (volendo, c’è anche L’uomo in fuga di Stephen King).
Ieri, al convegno, è stato detto che la lettura deve essere “faticosa”. Non concordo. La lettura è un piacere. Però, detto questo, va anche detto che molti libri per ragazzi e bambini, scegliendo la via della serialità e del ghost writing, perdono necessariamente in linguaggio e inventiva. Mia figlia, vent’anni, mi ha detto qualche giorno fa con stupore che nessuno dei coetanei che frequenta ha letto Roald Dahl quando era piccolo. E Dahl (così come Rowling) è un classico. Diciamo che i piani sono molto, molto diversi, e accanto al libro usa e getta sarebbe bello poter offrire non Dostoevskij ma, appunto, una Rowling, o un Dahl, o una Pitzorno, per quanto riguarda i più giovani.
2 piccole cose, una sulla qualità delle proposte e una sulle modalità per avicinare alla lettura.
Concordo pienamente sulla proposta di autori come Dahl, Pitzorno, Piumini, Nostlinger…Sono quelli che inizialmente ho letto a voce alta in classe. Con il GGG, per esempio, abbiamo riso a crepapelle e ci siamo anche commossi. Poi sono corsi tutti in biblioteca e in libreria a prendere altri libri che hanno letto da soli.
Da qui la seconda cosa, l’ho già detta ma vorrei rinforzarla, anche come consiglio per i genitori: se volete bambini lettori bisogna che vedano gli adulti leggere.
E poi ritagliatevi dei momenti per leggere loro una storia, anche “a puntate”, come faceva mio nonno quando ci leggeva “I miserabili”, un capitolo al giorno, alla stessa ora…L’attesa è una sensazione bellissima, andrebbe reimparata!
Sono stato fin bambino un lettore naive, onnivoro, stregato dalla fantascienza, dal fantasy, dai romanzi d’avventura (a cominciare da Salgari) e purtroppo allergico ai classici, che sto cercando faticosamente di recuperare in età matura, concedendomi però il diritto di non leggere se riemerge l’antica allergia. Mia moglie, al contrario, è una lettrice talmente solida da aver fatto dei libri una professione. Con i nostri bimbi di due anni e mezzo stiamo provando a creare da una parte la massima familiarità con l’oggetto libro, proponendo loro i volumi cartonati e colorati adatti alla loro età insieme agli altri giocattoli, e dall’altra ad appassionarli alla narrazione attraverso il racconto di storie che finché erano piccolissimi mimavamo ostentando le pagine che le contenevano, e adesso leggiamo loro prima che si addormentino. Devo dire che loro apprezzano: li troviamo spesso intenti a “leggere” (sempre con il libro a rovescio, chissà perché) e quando li mettiamo a letto sono sempre loro a sollecitare la favola o la filastrocca. Poi giocano molto con i nostri libri, ahimè massacrandoli e usandoli a guisa di costruzioni per fare casette e altre cose. Nel complesso, per ora sembrano ben avviati e sono curiosi quando vedono leggere noi. Nonostante siano molto piccoli, hanno manifestato anche curiosità per i simboli e cominciano a distinguere diverse lettere dell’alfabeto e quasi tutti i numeri. Insomma, anche se è presto per giudicare, mi pare che da questa esperienza per ora felice (nonché dalla mia) si possa trarre qualche timida conclusione: i libri vanno proposti, non imposti; la curiosità nasce se l’oggetto libro è qualcosa di familiare, che viene visto spesso in mano agli adulti; il contatto fisico con il libro è importante già da quando i bimbi sono piccoli. E, riguardo alle preferenze di lettura, concordo con le nonne e le insegnanti di qualche post sopra: non bisogna pretendere di imporre il genere, si rischia di causare reazioni allergiche. Se letteratura commerciale deve essere, che commerciale sia. Poi, quando i gusi matureranno, ciascuno sceglierà in piena coscienza e da sé.
Vorrei dire una parola sul tema della lettura che “deve” o “non deve” essere faticosa, richiamato da Loredana sopra. A mio avviso non è che deve… la lettura è faticosa. Il punto è che la fatica non dovrebbe essere vista come un problema, e oggi invece spesso accade il contrario, almeno per le attività intellettuali. Un buon allenamento di calcio è molto faticoso, assai più che giocare a freccette, ma difficilmente i ragazzi che lo fanno se ne lamentano o smettono per giocare a freccette. Ciò accade perché giocare a calcio concretizza uno status cui viene attribuito dalla maggior parte delle persone un valore elevato. Leggere un libro è più faticoso di giocare a Farmville; leggere Dostoevskij è più faticoso di leggere Dan Brown, ma entrambe le cose sono molto più appaganti se ci si allena a farle, così come è appagante suonare uno strumento una volta che si è superata la fase della frustrazione del dilettante che inciampa a ogni nota. Una volta che si è allenati si capisce il valore delle attività complesse e faticose; bisogna però che dalla società in genere si conferisca una considerazione speciale a quelle attività perché chi non è abituato a praticarle si impegni a provarci. Questo è il difficile, far passare il messaggio che leggere non è da sfigati ma il contrario, che chi legge è più potente, più bello, più popolare, tromba di più ecc. Ok non è vero ma in mezzo a tutte le minchiate che ci raccontano, questa sarebbe almeno utile.
@ Loredana
Non so quale sia la reale diffusione di Dahl, so che mia figlia (di soli tre anni più giovane della tua) lo ha letto quasi tutto (il suo preferito è “Il GGG”). Ma sarà che a Bologna c’è una libreria per ragazzi meritevolissima, la “Giannino Stoppani”, e c’è – so per certo – una buona scuola di base. E ci sono biblioteche dove anche un bambino di 8 anni può farsi la sua tessera e prendersi un il suo libro…
Diciamo che per genitori che si ritagliano un angolo di tempo per leggere storie ai figli (ma quale ritaglio: momenti bellissimi!) sono strutture che aiutano.
I veri lettori forti sono ragazzine adolescenti che usano internet. Il libro che cambia la vita, almeno da lettore, arriva a 13-14 anni. In due righe, quello che dico e su cui lavoro da una vita.
Nella relazione completa si evidenziava il fatto che la lettura è contagio: chi ha genitori che leggono è in vantaggio. Attenzione, che leggono, non che fanno lavori intellettuali. Per esempio, i figli di ricercatori universitari (quelli del campione, naturalmente), sono lettori deboli. Quindi, concordo sul fatto che leggere a voce alta ai figli è un’esperienza bellissima e spesso pagante. Spesso e non sempre, perché non esiste la formula della lettura. Alice: sì, e proprio per questo bisognerebbe porre una quadrupla attenzione all’offerta. Cosa che non avviene sempre, perché le giovani lettrici sono viste più come prede-consumatrici che come importantissime future grandi lettrici adulte. Ma questa è un’altra storia (forse).
*mode genitore orgoglioso ON*
Io sono contento che la mia seienne abbia iniziato a leggere da sola Geronimo Stilton… anche il viaggio più lungo inizia con un piccolo passo 🙂
*mode genitore orgoglioso OFF*
C’ero anch’io, ieri pomeriggio, al convegno. E ne sono uscita col seguente pensiero.
Chi pratica uno sport nutre la convinzione che faccia un gran bene. Ma, per fortuna, non si fanno spesso pensosi problematici convegni per studiare come instillare la passione per l’esercizio fisico nelle persone più giovani. Forse perché gli affari dei venditori di articoli sportivi vanno molto meglio degli affari di editori e librai?
Come che sia, io che non pratico alcuno sport non sono affatto turbata dall’esistenza di sportivi, campi sportivi, abbigliamenti sportivi, attrezzi sportivi.
Mi turberebbe, invece, se venissero a provocarmi con continui inviti – aperti o subdoli, sempre benintenzionati per carità – a darmi all’attività fisica.
Dopo i convegni sulla “promozione” della lettura mi viene spesso il desiderio che ogni tentativo di convincere della bontà della lettura stessa sia inane. Specialmente a confronto di quanto sa essere convincente la lettura, da sola, su chi abbia una minima sensibilità ad essa. E chi non ce l’ha, ha tutto il diritto di vivere in pace.
bette, hai ragione da vendere!