Qui trovate l’elenco degli istituti ed enti culturali a cui la Finanziaria taglia i fondi.
Qui trovate un articolo che Girolamo De Michele scrisse per Carmilla circa un anno fa. Lo linko perchè contiene un interessante riferimento al Tremonti-pensiero che spiega molte cose. Riporto, sia pure parzialmente:
“«La mente umana è semplice e risponde a stimoli semplici» (Giulio Tremonti, “Il passato e il buon senso”, Corriere della Sera, 22 agosto 2008, qui). A dispetto della collocazione (solo a p. 37, non in prima pagina, non tra gli editoriali), questo articolo è una delle più efficaci espressioni dell’egemonia culturale della destra al potere che oggi si dispiega. È un manifesto ideologico, che meriterebbe un’analisi, anche stilistica, minuziosa: non essendo questo il luogo, seguiamone alcune linee direttrici. La società italiana si sta rinchiudendo dietro uno steccato per proteggersi da mostri immaginari che assediano il villaggio: è il rifugio, è il recinto stesso a generare la paura dell’esterno, dell’aperto. Della diversità. Il villaggio regredisce ad un passato immaginario. «Può essere invece il ritorno al passato e all’800, e molti segni sono in questa direzione, può essere che dall’attuale «marasma» prenda inizio un nuovo futuro», scrive ancora Tremonti nel suo articolo-manifesto. Non importa quanto reale e quanto no – basta che sia anteriore a un numero, il 1968: l’unico numero che il Ministro toglierebbe dalla circolazione. Sostituendo i numeri ai giudizi, il mondo (non solo nella scuola, sostiene Tremonti) ridiventa semplice: come dappertutto i numeri sostituiscono i giudizi. «I numeri sono una cosa precisa, i giudizi sono spesso confusi. Ci sarà del resto una ragione perché tutti i fenomeni significativi sono misurati con i numeri». Su questo Tremonti ha ragione, i giudizi implicano l’attivazione della facoltà del giudicare. Per effetto di quel nefasto numero da togliere – «1968, sintetizzato in 68» – presero piede idee e pensatori che vedevano nella società moderna il germe del totalitarismo nell’atrofizzazione della facoltà di giudicare. Giudicare è azione anch’essa complicata: più semplice è sostituire categorie come giusto/ingiusto con copie più semplici: bello/brutto, dentro/fuori, amico/nemico. L’obbedienza evita la fatica di pensare.”
E’ efficacissima questa cosa del 1968 e Tremonti la condividerebbe. Ma secondo me è inesatta. La data da cancellare è 89, e riguarda Rivoluzione Francese e Illuminismo – solo che nel blasone presunto liberista dirsi antiilluministi è davvero troppo arcaico, troppo pecione, troppo medioevale, invece dirsi antisessantotto vuo, dire essere pragmatici e conoscitori delle esigenze concrete.
Finché abbiamo teste pensanti come quelle di Girolamo c’è ancora una speranza.
Zauberei, concordo: giusto ieri Franco Buffoni ci palesava l’attacco all’illuuminismo ormai evidente nella cultura contemporanea.
D’accordo con Zaub, con qualche distinguo. l’antilluminismo di questa destra è esplicita ed esibita da tempo e pure la nostagia del medio evo. giacobino, costrittivo e pedagogico l’uno, anti-statalista (‘pre’ veramente, ma le sfumature si sa sono un pernicioso vezzo intellettualistico), comunitario e libertario l’altro.
girolamo ha ragione da vendere quando segnala – e da tempo – il progetto reazionario di questa classe politica che non è casuale per niente ma molto organico in tutte le sue parti. e molto pedagogico, ahimé, ma con un modello pedagogico dissimulato, anzi negato, e molto molto illiberale.
a. Ma girolamo dell’articolo è lo stesso girolamo dei commenti?
b. Valeria concorderrimo – e se penso alle ultime uscite in merito ai grandi dittatori mi viene la pelle d’oca.
già, se si mettono insieme le tessere, sparse ma molto numerose, ne viene fuori un mosaico con un disegno preciso. ieri su ‘libero’ si poteva leggere (a firma di belpietro) una denigrazione a tutto tondo di ciampi reo di avere memorie non gradite e non consonanti e sul ‘giornale’ (a firma di macioce) un’apologia di briatore, sottotitolo: ” Non nasconde il lusso e non piace agli intellettuali: ecco perché è diventato vittima del razzismo culturale contro il ricco”. in due righe la sintesi dell’ideologia dominante.
P.S. sì, girolamo è lo stesso dei commenti.
Oh che patema d’animo la discriminazione dei ricchi!
“Su questo autobus non possono salire i ricchi”
Meno male che ci hanno la porche!
Ps. gianni ieri intendi alla festa? Che cosa chic la festa!
@zauberei
Yes, avere un nome proprio d’altri tempi, quindi abbastanza inconsueto (e frequentare solo due-tre blog) mi dà il dubbio privilegio di non pormi il problema “nickname” o “non nickname”
@ gianni
Ma che testa e testa: è la sfera di cristallo! Come credi abbia fatto a commentare con un anno di anticipo la manovra correttiva?
@ ambedue
L’attacco all’Illuminismo è in atto da anni (basta pensare all’accezione ormai solo negativa del termine “giacobino”), ma , come il parallelo attacco al Pragmatismo, presenta un grosso inconveniente: tocca spiegare alla gente che cos’è l’illuminismo, per poterlo attaccare
mi accingo a leggere e capire il post e sopratutto i lik agli enti e al tremonti pensiero, ma a pelle mi viene un interrogativo.
E’ davvero possibile che tutta la coesione e la condivisione che univa più o meno il paese in tutti gli anni ottanta e i novanta, quell’idea di società civile italiana che in qualche modo sembrava funzionare fosse veramente così priva di fondamento e pronta a sciogliersi ai primi palpiti di una destra reazionaria, razzista e a tratti barbara??
lik è link ..
Non darei tutto questo spessore filosofico ai membri del governo berlusconi, nè a Tremonti in particolare (che pure non ne rappresenta la feccia peggiore). Per loro il problema è soprattutto sostituire l’anarchia delle opinioni di una società plurale con la “governabilità” da un lato, facendo passare l’anarchia del capitalismo come “natura” dall’altro.
Se però si chiama in causa la critica all’Illuminismo intesa come volontà di superamento (l’idea di un “regresso” nella storia è semplicemente ridicola), allora io potrei pure farmene interprete.
L’Illuminismo è stato un risveglio necessario dai vincoli di una pedagogia autoritaria che diventava stretta alla coscienza del moderno, come è necessaria l’emancipazione dell’adolescente dalla soggezione familiare – e in questo senso è perfetta la definizione di Kant: “uscita della ragione dal suo stato di minorità”. Gli Illuminismi sono molti nella storia dell’occidente: c’è quello greco (l’epoca dei sofisti e Socrate), quello medioevale (l’epoca di Abelardo, XII secolo), quello Umanistico (XV secolo). Esaurita una propulsione iconoclastica, hanno riproposto nuove forme culturali in continuità con la tradizione, realizzando un’evoluzione non traumatica. Ma c’è qualcosa nell’Illuminismo del XVIII secolo che ha impedito una ricomposizione della forma, se non nei termini di una Restaurazione reazionaria che con il “progressismo” ha prodotto un’antitesi tanto sterile quanto permanente. Io credo che sia la negazione totale della tradizione e del vincolo comunitario “in quanto tale”, e quindi l’esaltazione unilaterale dell’individuo in quanto prototipo dell’umano, che il mercatismo borghese ha imposto come soggetto assoluto, cioè sciolto non solo dall’obbligo ma anche dal legame con i propri simili. Da lì in poi, ogni tentativo di teorizzare una barriera al cannibalismo del mercato e della concorrenza, si rivela privo di capacità fondativa (come in John Rawls, la cui teoria della giustizia contende la categoria dell’individuo al liberismo sfrenato, senza ripensarla), impone all’individuo un obbligo ancor più soffocante, quello di negarsi nella collettività (Marx). Nel fallimento dell’uno e dell’altro spuntano volgarizzazioni penose e ibridi vomitevoli.
Sono reduce da un thread dove mi hanno riempito d’insulti perchè ho definito stronzata l’espressione:
“Il tradimento è comunismo”
Ma questo Illuminismo de noantri non è al livello del Calderoli-pensiero?
Vedi, Valter: tu, prima di criticarlo, lo spieghi (essendo in grado di farlo), perché sia chiaro a te stesso e ai tuoi interlocutori di cosa si parla e cosa si critica. Questo ti rende già diverso dal mainstream, e anche un po’ sospetto 🙂
mi scuso della sintesi brutale dei miei interventi, ma devo scrivere con la mano sinistra e faccio fatica.
@ valter binaghi. io non credo che la critica all’illuminismo portata avanti da questi intellettuali (lo sono, al di là dello spessore che siamo disposti a riconoscergli e di come essi stessi amino rappresentarsi) sia intesa ad una volontà di superamento, e meno che mai nel senso in cui la esprimi tu.
nati neoliberisti e metamorfotizzatisi nel tempo, hanno comunque fatto dell’individualismo il perno della loro ideologia, non solo quella che va sotto il nome del berlusconismo, ma pure quella della lega, centrata su un egoismo comunitario, se si può dire così.
credo sia chiaro poi che la critica si appunti nei confronti dell’illuminismo ‘de noantri’, banalizzato certo, ma il cui nucleo centrale si può identificare con la razionalità, il pensiero critico, l’emancipazione dai particolarismi, ecc. ed è contro questo nocciolo che mi pare siano stati appuntati gli strali di questa nuova classe politica e, ripeto, intellettuale. e’ che, sottovalutandola e considerandola folkloristica, noi non abbiamo voluto riconoscere che nella loro ‘rozzezza’ avevano in testa un progetto che, a quanto è dato vedere, stanno realizzando.
Abbiamo fatto di peggio, Valeria.
Abbiamo sottovalutato il consenso, che esprime bisogni reali i quali, a differenza delle soluzioni aberranti, non possono essere sistematicamente ignorati come ha fatto snobisticamente certa sinistra.
Valeria ha detto benissimo cosa avrei detto io, in ogni caso – l’intervento di Valter Binaghi mi è sembrato interessante, ma forse non so dire bene: fuori luogo? fuori tema? A me la sua lettura dell’illuminismo è piaciuta molto – non è questo. E’ che il riferimento era a una serie di valori a cui è correlato astrattamente e ignorantemente se vogliamo, ma che almeno erano quelli che avevano a che fare con l’essere cives. A me ora non interessa una trattazione dell’Aufklaerung, perchè è una trattazione che arrivando ai vertici della filosofia della storia, alla fine diventa meno utile di quel che sembra. Mi interessa solo dire una cosa banale: cancellare il 68 può essere spacciato per cancellare il sesso, le canne, e il fancazzismo – non è così ma piace far credere questo. Cancellare l’89 vuol dire solo ed esclusivamente cancellare la democrazia, la cittadinanza. Non parlo di effettivi dati storici, parlo del modo collettivo di usare le parole. E mi pare, come dice Valeria, che ci stiano riuscendo.
Non possono riuscirci visto che lo fanno nel nome della democrazia.
L’insidia è più sottile (per questo dicevo che non è il livello delle idee che conta per loro), perchè lo fanno nel nome dell’emergenza. Emergenza economica, emergenza di governabilità. Hannah Arendt scrtisse in “Vita activa” che è proprio in nome della necessità assunta dal pragmatismo economico e giuridico imposto dalla ragione tecnica, che l’agire politico, la decisione di una comunità pluralmente costituita circa il proprio bene comune, viene aggirata fino ad eclissarsi. Si mantengono principi e idee, ma svuotati di senso.
Personalmente credo che molti di loro (ministri) a mala pena sappiano cos’è successo nel 1789.
Ma questo significa ben poco. Un governo che ad ogni finanziaria minaccia di tagliare (e di fatto taglia) soldi alla ricerca, al cinema, alle arti per il semplice motivo che da questi settori non prende voti e non può lucrarci sopra…che governo è?
Come mai, ad esempio, tv e pubblicità non sono mai preoccupate dalle finanziarie?
Non ho sufficienti conoscenze per capire le radici ideologiche di tutto questo.
Di certo con la democrazia, il buon senso, il risveglio della ragione, mi pare c’abbia poco a che fare.
d’accordo con walter binaghi che la sinistra abbia ignorato snobisticamente dei bisogni reali, ma non è detto che il consenso esprima solo bisogni reali, esprime anche adesione a dei valori. che poi per noi siano dei disvalori è un altro discorso, ma che questa destra abbia saputo convogliare energie intorno a delle parole d’ordine elementari, ma precise a me pare innegabile. e la sinistra ha ignorato anche queste, come se la loro elementarità fosse garanzia di mancanza di concretezza. e si vede invece che non è così.
d’altra parte la ragione tecnica non può presentarsi al ‘popolo’ in qanto tale, ma deve dissimularsi sotto le spoglie dell’ idealità.
Oddio! Steampunk Politics?
purtroppo dello steampunk so solo le cose lette nell’articolo di Loredana, quindi non sono in grado di capire bene la tua battuta. direi comunque che più che di steam potrebbe trattarsi di fog, svolgendosi la storia in Italia.
Nel senso che torniamo al classismo, all’inquinamento, alla macht politik, robe da 800, da macchina a vapore
Scusa la domanda: hai per caso letto qualche storia steampunk, M?
c’è confusione in giro
troppa
avanza la paura
viene sempre più buio
perchè allora subiamo
tacciamo
ci lamentiamo
non è possibile ribellarsi?
fare qualcosa prima che ormai sia troppo tardi
proviamo prima che sia troppo tardi-
dario.