Le lunghe discussioni sull’identità, indispensabili, centrali ma, è bene ricordarlo, complesse e non schematizzabili, possono avere colpi di coda inquietanti. Qualche giorno fa, Vera Gheno ha scritto un ottimo articolo sul Post a proposito dei vocabolari “pulitini” (lo trovate qui) e della richiesta di modificare la voce donna nel dizionario dei Sinonimi e Contrari della Treccani rimuovendo gli epiteti offensivi e ingiuriosi reperibili sotto tale voce (richiesta a cui è contraria, e spiega benissimo perché).
Tempo un paio di giorni e la questione rimbalza sul gruppo Facebook de La lingua batte, con ben tre interventi di un’utente, Alessandra Abram, che ribadisce invece la necessità di un’epurazione (la chiama proprio così). La sua proposta, in sostanza, è questa:
“dare agli addetti ai lavori (storici, linguisti, studiosi di ogni genere) dizionari esaustivi, completi, onnicomprensivi e dare dizionari “pulitini” alle masse cioè alle persone con poca disponibilità di tempo e di interesse per la lingua. Dizionari esaustivi a pagamento, dizionari pulitini gratis”.
Sobbalzate? Fate bene. Ma c’è di peggio:
“Cosa cambierebbe se scomparissero i termini sessisti dai dizionari gratis? Le uniche persone che cercano il significato di parole come troia o figlio di puttana sul dizionario digitale (gratis) sono gli/le student* stranieri e i/le turisti/e : persone che NON lavorano in Italia. Non trovando il significato del termine su google lo chiederebbero alle persone italiane e queste ultime avrebbero un’ opportunità di riflettere sulla qualità della lingua dominante. Se la mia proposta venisse attuata gli/le italiane sarebbero chiamati a riflettere sulle diciture popolari che spadroneggiano (vox populi vox dei).Ufficialmente non c’ è alcuna lingua dominante : la lingua italiana è ricca, variegata, poliedrica, duttile, precisa, evoluta e NON sessista.In teoria nessun registro pregiudica l’ esistenza di un altro e, sempre in teoria, ognuno è libero di scegliere le parole con cui esprimersi.In pratica però abbiamo avuto una direttrice d’orchestra che ha insistito per essere chiamata direttore, abbiamo avuto dei questionari con le domande relative al rigoverno della casa per “sole donne” e abbiamo avuto moduli per l’ autocertificazione declinati solo al maschile.Questo dimostra che in pratica nessuno vuole una lingua rispettosa della parità di genere , della dignità della donna e della cultura.Se c’è una censura in atto non è certo quella del politically correct semmai è il maschilismo che censura con efficacia il politically correct”.
Potreste chiedermi perché mi occupo di questa signora e delle sue proposte. Semplice: perché è la spia di un pensiero che crede di potersi opporre a un potere con gli strumenti peggiori di quel potere, e così facendo oscura la necessità di riflettere sulla lingua, sul sessismo, sull’inclusione e tutto quel che è giusto e necessario.
E’ il dilemma che attraversiamo, in effetti, e sarebbe facile, facilissimo, citare la Neolingua di Orwell in 1984, che non si evolve ma si involve, e dalla quale il potere sottrae termini nella convinzione di uniformare il pensiero a una lingua impoverita. Sapir-Whorf, ancora.
Ma siamo sicuri che, anche se usato con le migliori intenzioni, il linguaggio che forma il pensiero sia cosa buona? Ne I reietti dell’altro pianeta Ursula K. Le Guin ha inventato due linguaggi opposti per i pianeti gemelli della sua storia. Sul capitalista Urras, lo Iotico ha un doppio registro, uno per la classe alta e uno, basso, per la classe dei lavoratori (le ricorda qualcosa, signora Abram?), mentre sull’anarchico Anarres si parla il Pravico, dove gli aggettivi possessivi (come “mio”, “tuo”, “suo”) vengono rimpiazzati dall’articolo definito (“il”).
Il linguaggio, per me che non sono linguista, certamente contribuisce a formare il pensiero, e certamente le parole sono potere. Ma abolirle o imporle spaventava gli scrittori di fantastico. E spaventa me, un sacco.