A gennaio, ho conosciuto via mail Lorella Zanardo. Lorella è una formatrice e consulente aziendale che si è dedicata con impegno e passione a realizzare un documentario: si chiama Il corpo delle donne e molti di voi ne avranno visto qualche spezzone a L’infedele di Gad Lerner, su La7, ieri sera.
Avrete visto anche altro, suppongo.
Per esempio, il mantra dei difensori del velinismo: “ognuno è libero di fare quel che vuole”, anche farsi timbrare il culo tra i lazzi e le risate del parterre televisivo, anche partecipare alle feste farfalline denunciate da Concita de Gregorio su L’Unità, anche coltivare come unico sogno quello di inviare il proprio book fotografico al potente di turno, auspicando il passaggio sul piccolo schermo.
Certo che sì. Peccato che il concetto di libertà andrebbe indagato più a fondo: quale scelta è data nel momento in cui il modello femminile proposto è pressochè unico?
Non è unico, urlava con voce strozzata Cesare Lanza (sì, l’autore di Buona Domenica, sì, il programma con il surf rosso), rivendicando una contrapposizione tra “missionari” (gli anti-timbro sulla chiappa) e “artigiani” (lui, e gli autori televisivi come lui) e arrivando a paragonare Maria De Filippi a Rossellini (Amici come Sciuscià: leggete Walter Siti, Il contagio, e ne riparliamo).
“Perchè le donne non dovrebbero piacersi?”, strepitava Gabriella Carlucci (spalleggiata da Alba Parietti e, inconsapevolmente, anche dalla poetessa libanese Joumana Haddad, che ha precisato di essere contro il femminismo perchè il medesimo imponeva alle donne di non curare il proprio aspetto: ma quando? ma dove? ma chi ha trasmesso alle trentenni questa falsa immagine? chi detiene questa pesantissima responsabilità?).
Il problema, ha detto sorridendo Margherita Hack, è che la libertà in questione si traduce nel trasformarsi in mostri. E la parola “mostro” non evoca solo la tristezza delle labbra a canotto e del capello piastrato a tutti i costi: evoca, a mio modo di vedere, il conformarsi ad un modello estetico che non è solo calato dall’alto, ma che esclude un rapporto profondo con quello che c’è dentro la buccia. Con chi si è: ancor prima di essere maschio o femmina o altro.
Guardatelo, il documentario, e diffondetelo. Almeno questo.
Raccolgo l’invito. Vorrei aggiungere che la trasmissione – a mio avviso – è stata condotta male, da un Lerner che parla troppo e non ascolta, ad esempio, le accorte parole della filosofa Marzano. Peccato, perchè gli argomenti sono di grande utilità per noi tutte/i.
Grazie, ciao
Molto bello davvero il documentario. Anche se a programmi come Buona domenica e a persone come Cesare Lanza bisnorebbe essere “grati”.
Rendono immediatamente visibile quello che stiamo diventando e quello che da anni è la televisione.
Qualche sera fa un intellettuale di sinistra mi parlava male della serie televisa sulla figura di Di Vittorio. Effettivamente modesta, ma ho provato ad argomentare che in una televisione che oscilla tra Padre Pio e quarti di donna appesi ad un gancio da macellaio, mi sembrava già una boccata d’aria. Mi ha giustamente liquidato come il solito apocalittico..
Va veh, surfiamo anche noi..
Parole sante.
La visione del documentario è molto dolorosa, ma necessaria. Non siamo abituati a riflettere sul valore delle immagini.
Margherita Hack ha detto alcune cose sacrosante e altre confondenti. La questione è complessa e non è possibile affrontarla solo con l’ironia. C’è bisogno di apertura per comprendere i problemi.
Io in quanto uomo mi vergogno e non riesco a capire come uscirne. Il discorso di Michela Marzano fila, ma non basta.
Ho visto tutto Lerner ieri, e mi è sembrata un’ottima puntata, con tutto quello che era dolorosamente necessario per rappresentare le ideologie in gioco. Non ho trovato pessima la poetessa libanese, tutt’altro. Lorella Zanardo mi è piaciuta molto e anche gli interventi della politologa di cui non ricordo con dispiacere il nome.
Mi è sembrato che delle cose importanti siano state dette e spero che lo abbiano visto tante persone – temo il contrario. Si tratta di pareri diversi – ma io non ci trovo niente di male nel polemizzare con un certo femminismo, che si scotomizzava dei bisogni, e disconosceva delle modalità esistenziali, forse in funzione di una necessità storica. Devo io per forza trent’anni dopo idolatrare acriticamente un movimento di cui voglio riconoscermi figlia, ma che non trovo del tutto soddisfacente? Devo dire che era tutto bello? Non lo era. Per molte cose è ancora necessario, per altre non mi dispiace doverlo criticare.
La Parietta era tremenda, fino all’imbarazzante. Ma quel suo richiamo ad Almodovar conteneva qualcosa su cui riflettere. E secondo me metteva l’accento su uno spicchio della questione importante. I modelli imperano, le idiote dilagano, ma non è detto che tutti siano manipolati quando fanno delle scelte che non ci piacciono. Non lo so, sono solo io che mi sento sotto scacco ogni volta che rifletto su questa cosa?
Non sono convinta che partire sulle plastiche fosse la cosa più saggia, ecco. nè penso che la questione sia solo il voler piacere sessualmente – lo trovo un terreno ambivalente, e importante nella sua ambivalenza.E’è la reificazione che mi disturba. La donna dentro alla gabbia. La telcamera a fior de mutanna. I timbri etc. E trovo che non si sia messo all’angolo LAnza abbastanza su questa cosa.
Zauberei: una cosa è non riconoscersi nel femminismo, o fare al medesimo delle critiche, una cosa è dire che il femminismo imponeva alle donne di non curare il proprio aspetto fisico. Semplicemente perchè la faccenda non è vera, che piaccia o no.
La questione delle scelte: il punto, ripeto, è uno. Quand’è che una scelta può definirsi tale e non obbligata? Un modello reiterato fino alla nausea, non soltanto dalla televisione, fino a che punto condiziona?
Mi sembra che ci si avviti sulla stessa – FALSA- contrapposizione: da una parte le moraliste baffute, dall’altra le liberal in tacchi a spillo. Non è così: il desiderio di piacersi e di piacere è cosa buona e anzi indispensabile. Il problema è quando, per piacersi e piacere, occorre conformarsi ad una sola immagine. Una.
Loredana. Sul punto uno un certo femminismo, un certo momento storico magari solo alcune esponenti, insomma si ‘è stata la demonizzazione del piacere femminile e dei rapporti col maschile. Non è tutto il femminismo, ma è una sua parte che si è fatta conoscere e che magari è stata amplificata ad arte e strumentalizzata. Ma non era pura invenzione. Con certe propaggini di questa mentalità anche le donne della mia generazione hanno litigato all’università con compagne e amiche.
Sul secondo punto io sono assolutamente d’accordo, ed è vero che non è come dici tu, i tacchi a spillo contro la baffuta! Ma proprio per questo c’è un terreno in mezzo che è scivoloso, e che non permette decisioni rapide – proprio per la domanda che poni tu: Quand’è che una scelta può definirsi tale e non obbligata?
Ecco, io mi arrovello su questa cosa. Hai ragione – come aveva ragione ieri chi denunciava l’Italia perchè fornisce un modello unico almeno in televisione. Io do lezione di italiano agli stranieri e questi – che vengano dalla crucchia, che vengano dall’Ammeriga, sempre a bocca aperta rimangono considerando lo sperpero di chiappe che si vede. Ecco allora se dici che la scelta è obbligata per via dell’offerta sono d’accordo. E’ sulla consapevolezza o l’obbligo o la passività di chi usufruisce di un modello, e sul suo desiderio di rinforzarlo che entro in crisi.
Per questo la teribbile Parietti era necessaria ieri. Era un partito non facile da liquidare.
Zauberei, “Un certo” non è “IL”. E come mai io sento sempre parlare “DEL” femminismo in assoluto e non di una parte del medesimo? Come mai è sempre e soltanto l’ala censoria che viene fuori? Curioso, non trovi?
Quanto alla passività e alla consapevolezza di chi usufruisce del modello unico: è ovvio che nessuno di noi è in grado di fare distinguo. E sinceramente non lo vorrei. Quello che invece deve essere fatto, e senza prendersi troppo tempo, è la denuncia del famigerato modello. Sinceramente, oltretutto, pur adorando Margherita Hack, mi chiedo perchè mai la contrapposizione sia: intellettuale trasandata versus rampante signora/ina su tacco a stiletto. Esistono altre donne. Tante altre donne: che considerano l’aspetto fisico una parte delle tante che vanno a comporre un individuo. Una. Non la sola.
Ho visto il programma ed ho apprezzato lo sforzo di Gad Lerner di contenere gli strepiti penosi di Lanza e della Carlucci che cercavano di difendere l’indifendibile. Ho riso molto quando la Hack parlava di mostri e di bambole gonfiabili e la Parietti si indispettiva, lei che si dichiara di sinistra ed è invece il peggior frutto di quella mentalità sessista che impone alle donne un modello estetico e comportamentale degradante. Le labbra a canotto sono il burqa delle occidentali.
C’è sempre in giro questa vecchia, stupida idea che la bellezza sia 1 canone, e che essere belle/i sia aderire il più possibile a questo 1 canone. È un’idea terribilmente radicata anche in molti bambini… da dove trae forza? Come la si smantella? Mah!
Ieri sera ho visto la puntata de “l’infedele” relativa a “Il corpo delle Donne”.- L’ho trovata molto inetressante anche se come sempre “gli inviati” di Mediaset e/o PDL con la loro aggressività tolgono spazio e spesso serietà al dibattito. In ogni caso in studio c’era un esempio eclatante dell’argomento in discussione : Per favore abbinate le bellezze di Parietti e Carlucci a labbra pompate, con quelle di Zanardo e della Poetessa libanese (di cui mi scuso ma non ricordo il nome) nella loro splendida naturalezza…… Se consideriamo poi i contenuti dei discorsi da queste messi in gioco, beh!….. saranno gusti personali ma credo si commentino da soli.
Ho visto l’intera puntata ieri sera, un argomento non facile, soprattutto di questi tempi. Due cose.
La prima: è una questione culturale, non abbiamo dubbi. E quindi alla cultura bisogna tornare, ho perso da tempo l’illusione che la scuola possa fare molto a riguardo, se non fornire un becero (seppure importante per altre cose) nozionismo. Da molto tempo non abbiamo ministri dell’istruzione illuminati. Perciò, i giovanissimi, che andrebbero educati, sia maschi sia femmine, ricevono “istruzioni” dai mezzi di telecomunicazione, e qui la televisione è fondamentale. Credo, a rischio di sembrare impopolare, che i reality, così seguiti dai giovani, siano pensati senza tale fine, al ribasso insomma, per lo share e basta: lo share è massa, la massa spesso è mediocrità.
La seconda cosa. La bellezza delle donne va valorizzata in tutte le sue forme, apprezzata e non certo umiliata. Tuttavia se una gran quantità di giovani donne rincorre il nudo a tutti i costi per fare successo, che cosa ci possiamo aspettare in futuro se non di peggio?. E a questo va aggiunto il noto maschilismo italiano, ma su ciò non mi esprimo altrimenti mi attiro le spade dei cattolici, sempre devoti a una chiesa che relega la donna a vergine che si sacrifica, ma colpevole (e non è una banalizzazione…).
Loredana, sottoscrivo ogni singola parola di questo tuo post.
Io non capisco appunto sto’ concetto di libertà femminile assurdo, blasfemo, distorto e moralista che c’è in Italia, sempre con in testa il subdolo confronto delle donne dei paesi islamici, come se libertà significa non essere come in quei paesi, ma comunque lasciare che il nostro corpo sia considerato lo stesso merce..appunto che libertà è?. Quelli che appoggiano le veline dicendo che sono libere di farlo ad esempio, ma di che libertà stanno parlando? Le ragazzine fin da bimbe vengono assuefatte a questo modello come fosse una dittatura. Non mi pare sia molta libertà accendere la tv e sentirti dire con messaggi nascosti “fai la velina!” Non è scelta fare la velina, purtroppo questo ruolo viene appreso da tv che “costringono” le bambine ad avvicinarsi a tali modelli e a essere sceme, perché penso che c’è un disegno preciso, quello di non far avvicinare le donne a luoghi di potere..Essere velina nn vuol dire libertà sessuale. Se c’è libertà sessuale, xke
una donna in italia non è libera nemmeno di interrompere una gravidanza o di fare sesso senza essere giudicata una zoxxola, o di rifiutare un rapporto sessuale senza essere giudicata fika di legno??.
ho dimenticato anche ce se c’è questa libertà, perchè una donna hadifficoltà di ragigungere la carriera e viene ostacolata?
Cara Loredana spero tu mi possa chiarire due punti…
Io non capisco:
1. che bisogno c’è di distaccarsi dal movimento femminista? A chi fa paura? Tutti ne parlano come la febbre gialla!
2. chi ha iniziato a spargere la voce che il trucco o la chirurgia estetica sono il burqua dell’occidente? Io starei attenta a questi paragoni.
Ho seguito la trasmissione e mi è sembrata tanta carne al fuoco ma non cotta fino in fondo. Una cosa emerge però da tutti i dibattiti, blog, commenti vari e altro: una donna può fare ciò che vuole, in qualunque direzione, non è mai libera fino in fondo. Esempi tangibili: se si trucca è schiava della bellezza, se non lo fa è sciatta, se mette il tacco 12 è donna oggetto, se non lo fa non ci tiene a se stessa. Se si spoglia è senza cervello, se non lo fa è una figa di legno. Se è intelligente e bella non gli danno peso, se è intelligente e brutta la prendo in giro perchè è brutta (e poi solo le brutte sono intelligenti..).
Vado avanti?
Ma tutti questi stereotipi e incasellamenti che possono essere un pò più larghi di una volta, per una donna non costituiscono mai fino in fondo la libertà concessa agli uomini.
In qualunque direzione si diriga una donna c’è sempre qualcuno pronto a giudicarla e condannarla. Succede lo stesso agli uomini?
Ho visto la puntata de L’Infedele e in effetti c’erano tantissime cose, difficili da governare.
Mi è sembrato che ci fossero due gruppi: gli ingessati e gli argomentativi, per questo spesso si è avuta l’idea di una incomunicabilità a volte angosciosa.
Lanza (ma è stato un modello di Grosz nell’altra vita?) ha fatto il suo diligente compitino puntando sulla dicotomia libertà vs pedagogia (che è la clava dei liberali de noantri): volete forse coartare con modelli educativi chi ha voglia di esprimersi senza lacci e lacciuoli di sorta?
Gli sfugge il fatto che un modello (unico peraltro) diseducativo, è un modello educativo comunque. Finezze da chi non appartiene al paese reale, evidentemente.
La Carlucci ha fatto la sua devota ostensione del santo demiurgo e si è prodotta nella solita mistica del ‘fatto’.
E fanno fanno tanto pure le ministre cooptate con lo slogan ‘prendile belle prima e scoprile intelligenti dopo’. Vuoi mettere la sorpresa?
Fin qui, tutto già detto.
Ma la Parietti? Troppo facile liquidarla su quella rivendicazione del diritto di piacersi. Come glielo vai a spiegare che il piacersi conforme ad un modello unico non è piacere a sé ma compiacere qualcun altro? (se poi è proprio così, sono d’accordo con Zauberei in questo).
Mi è sembrata ingenuamente positivista la Hack quando le ha detto di guardarsi allo specchio e di scoprirsi un mostro. Non è così semplice, come non è semplice dire a una ragazza anoressica di riconoscere la propria magrezza.
Il corpo per una donna mette in gioco tante di quelle cose che è molto difficile dipanare in due ore di trasmissione.
E poi anche il richiamo che ho letto in qualche post alla naturalezza. Attenzione, noi donne siamo state inchiodate alla natura e alla conseguente naturalezza per millenni e non riusciamo ancora a venirne fuori.
Insomma difficile.
Provo a rispondere, per quel che posso.
Michela, è verissimo, anzi, sono verissimi il punto uno e il punto due.
Che molte giovani donne sentano l’esigenza di mettere le mani avanti e dire “ah, ma io il femminismo lo detesto-non sono d’accordo ecc.ecc.” mi sembra molto preoccupante. Sembra dare ragione a quel che scriveva Virginie Despentes, ovvero che non le donne non sono mai state così visibili e mai così preoccupate di dire “siamo innocue”.
Punto due. Gli incasellamenti. Verissimo. Mi pare di aver scritto più volte, qui, che preoccuparsi del velinismo politico e NON, per esempio, dei moltissimi esemplari maschili di politici ignoranti, con cappio, mortadella e quant’altro (o occupandosene molto meno) non è una buona mossa.
Ma qui il discorso è diverso: il discorso riguarda, appunto, i modelli. E per quanto riguarda la televisione (ma NON SOLO la televisione: pensiamo a quel gioiellino letterario che è Diario di una ninfomane?), il modello è terribilmente ristretto, e batte soltanto su un punto: le donne sono il loro corpo. Che sia bello, brutto, deformato, al “naturale”, comunque è il corpo il centro della discussione.
Il resto, è un optional. E detta così sembra atrocemente anni Settanta. Ma riguarda l’oggi, invece.
Valeria, perfetto quanto dici. (Oggi non riesco a rielaborare, ma intanto incamero e mi interrogo…)
Loredana stiamo finendo pericolosamente molto d’accordo:)
Però mi è piaciuta pure la Valeria
come diceva il famoso tagliagole di Tahiti Paul Gauguin “il brutto può essere bellissimo.Il carino mai”.In circolazione scarseggia una capacità di discernimento capace di fare propria questa lezione.Probabilmente basterebbe rifarsi gli occhi dando uno sguardo alle opere dei grandi maestri della fotografia.Fermo restando che la battaglia sulla linea è degna di essere combattuta non fosse altro perchè non si vedono molti settantenni sovrappeso vivi.Per restare al tema del post mi riservo di non lasciare un opinione fino a quando qualcuno troverà il modo di ridere in faccia a un signore in grado di paragonare Rossellini alla De Filippi rimanendo serio
Sono una femminista degli anni ’70-’80 e lo slogan che preferivo è “io sono mia” perchè sentivo in questa frase che il corpo era mio e io decidevo come usarlo e non necessariamente era sesso. Ho trovato interessante la trasmissione e molto validi i filmati, la discussione ha perso il filo del discorso principale: il corpo come involucro dove dentro non c’è niente. I modelli proposti dai mass media sono altamente offensivi nei confronti della donna e antieducativi per le nuove generazioni.
Non capisco bene la crociata contro la plastica. Se una persona dopo l’intervento è più contenta di prima, se si piace di più, se piace di più agli altri, dov’è il problema? Un uomo va in palestra diec’anni e si costruisce un corpo scultoreo, ne è orgoglioso, piace di più alle donne, trova più facilmente un partner ecc. Se una donna fa lo stesso con la chirurgia cosa c’è che non va? Non lo capisco. Anzi, l’uomo per star tutte quelle ore a far ginnastica magari deve sacrificare il cervello, con la plastica no.
Dice: ma il modello unico. Cioè più tette e culi e labbra carnose e nasini dritti e meno lardo sui fianchi è seguire un modello unico? Vabbè, è da mo’ che il modello è quello.
Dice: ma è per compiacere i maschi. Vero, e allora? Sapessimo noi come compiacere le femmine credete che ci tireremmo indietro?
Dice: ma l’uomo si concentra sul corpo. Questo da sempre. E allora? Ammazzateci tutti.
……
Tutt’altra faccenda la TV: lì sì davvero la riproposizione ossessiva dei corpi femminili belli e attraenti ma UMILIATI dal loro utilizzo unicamente come bambole di carne in pose più o meno oscene è vergognosa, diseducativa e avvilente anche per chi guarda
Chi invece non si avvilisce mai è il nostro presidente del consiglio: può contemporaneamente indire “family day” contro i gay eversori della famiglia, farsi mandare attricette TV “per sollevare l’umore del capo”, eleggere ministri le sue amanti e lamentarsi come fa oggi per il “falso perbenismo” dei media. Aveva ragione Moretti: ce lo meritiamo Alberto Sordi.
@ Nautilus
Forse il problema è che si cerca di piacere prima agli altri e poi a noi stessi, credendo di desiderare un intervento chirurgico ma ritrovandosi infelici come prima.
Mi sono ricordata una frase molto bella che è stata detta all’infedele:
“Se l’umiliazione invece che sul corpo di una donna era di un nero, ci sarebbe satta la rivolta” (non sono esattamente le stesse parole ma il senso era quello).
L’assuefazione dell’umiliazione delle donne è veramente allucinante.
sottoscrivo quanto detto da alfreda riguardo all’individuazione del vero centro del discorso:l’involucro vuoto o quasi,ma la confezione molto appariscente!per il resto;bello il documentario,parietti e carlucci preferisco non commentarle,lanza invece lo commento dicendo solo che vedendo tali esemplari di maschio vorrei essere nato qualsiasi altra cosa purchè lontana dall’assomigliare ad un essere simile.
Sì Michela, c’è del vero in quel che dici, specie riguardo al fatto che una plastica difficilmente può portare la felicità.
Però ho due amiche che hanno entrambe modificato un naso poco estetico: son diventate obiettivamente più carine e un po’ più allegre e disinvolte di prima, è sparito qualche complesso, insomma in questo caso c’è stato il lieto fine.
Son d’accordo sul paragone col nero, d’altra parte Lennon diceva “woman is the nigger of the world”, e non si vede via d’uscita. Se poi pensi che il Berlusca, maschilista e volgare oltre ogni dire, raccoglie i maggiori consensi fra l’elettorato femminile…
ho seguito la trasmisione con interesse nonostante il trio calucci-pairetti-lanza. mi sono piaciuti invece gli interventi di Youmana Addad puntuale e vera .complimenti alla Lorella Zanardo soprattutto per quegli spezzoni sulla De Filippi che a mio avviso conduce il programma più violento degli altri, questo uomini(?) e Donne che svilisce svuota completamente quello che per me rappresenta il valore fondamentale della vita umana e cioè il rapporto vero stimolante difficile ma meraviglioso per ricerca e realizzazione reciproca, tra una donna ed un uomo
Una postilla al tema del “modello unico”.
Il modello unico esiste solo in televisione e nella pubblicità.
“Solo” si fa per dire ovviamente.
Se si passa una sera in una piazza di Roma e si guardano i teenager, ci si rende conto che i modelli – pur presenti – sono ben più di uno. Modelli che evidentemente vengono negati in televisione, e soltanto in parte rimasticati dalla pubblicità.
Parlo di modelli estetici, ovviamente.
Io li vedo, li osservo. Nella mia mente trovo quei look tutti più o meno ridicoli. E penso che oggettivamente lo siano.
Ma per loro il discorso è tutto diverso. Quei ragazzi del liceo stanno indossando una “divisa” d’appartenenza ad un “ideale” estetico in cui credono, perché per loro non è soltanto estetico.
Nei programmi televisivi in cui impera il look con filointerdentale delle veline è devastante e temibile perché dietro c’è solo il denaro. Denaro con cui la produzione compra il corpo delle ragazze da esibire, denaro che la produzione recupera tramite l’audience. Come?
Tette e culi.
Vorrei ricordare che 20 anni fa questo paese vendeva all’estero il format di “Colpo Grosso”.
Sarà difficile far capire ai geni del male in tv che in realtà si può fare ascolti alti senza mostrare la mercanzia femminile.
Per cambiare le cose bisogna proporre nel tubo catodico altri modelli, in modo da far riacquistare al pubblico un sano senso del pudore.
Ma se non si comincia a fare strategie di grandi passi, la vedo dura.
Oppure di un piccolo passo tutti assieme.
Forse è utopistico, però mi insegnate voi che quando il gusto si è diseducato non bastano parole “leggere” per rimetterlo in sesto.
Grazie per il lavoro che avete fatto: lo sto diffondendo ad amici e parenti. Era da tempo che mancava una presa di posizione così efficace sull’argomento.
credo che la bellezza non sia affatto raggiungere un ideale ma accettarsi e per questo rimanere uniche senza massacro del corpo valorizzando se stesse con la propria personalità. oggi un naso unico è la vera bellezza sono davvero tutti uguali ! le due signore presenti alla trasmissione ne erano l’esempio. quello che non riescono a capire è che oggi sembra tutto possibile si può trasformare tutto e sembra che questo dia la felicità. sappiamo che non è così, tutti i disturbi mentali sono in aumento anche per questi modelli sbagliati che ci arrivano dai media nessuno è perfetto ed è questa la vera bellezza.
Sono davvero contenta che si parli di questo argomento, che si dia voce allo sgomento che alcuni di noi provano nel vedere certe trasmissioni.
Per risollevare un po’ l’umore, consiglio questo video che a me piace molto 🙂
http://www.youtube.com/watch?v=oOcIWo6Hdfg&NR=1
Posto che sottoscrivo per intero il contenuto del post, dai commenti emerge la condivisa sensazione che ilfemminismo, intendo dire anche la parola stessa, abbia un potere repellente su gran parte degli interlocutori cui la si proponga. Fastidio, noia, “parliamo d’altro”, ecc. Eppure mi sembra così urgente parlarne, proprio adesso che tante cosiddette conquiste vengono clamorosamente-pubblicamente sputtanate. Temo, poi, che la “falsa contrapposizione” baffuta VS bonazza rifletta la tendenza mediatica a dicotomizzare in facili binomi la realtà, perché la complessità non fa – evidentemente – audience. A questo punto trovo che la domanda sia proprio questa, già suggerita : fino a che punto siamo condizionati ? Infatti libero è, innanzitutto, chi ha l’opportunità di scegliere tra più alternative. (Vista la dicotomia proposta come universale, sembra difficile per una giovinetta appropriarsi di identità altre.) Questo non significa dire che la capacitàmorale di scelta sia sparitadietroi fumi diquestistereotipi, semplicemente cheil contesto in cui viviamo rende difficile distinguere due territori: quello che penso io e quellochemi viene inculcato.
Il punto è proprio quello sottolineato molto bene da Denise, che ha l’unico difetto di avere un blog intitolato “io non mi depilo”, quasi a dar ragione a chi vede nel femminismo delle baffute anacronistiche :-); e cioè “quanto siamo condizionati?” Perché lo ammettiamo tranquillamente in relazione ai nostri desideri, ossia per quanto riguarda il condizionamento della pubblicità verso i nostri acquisti, e non lo ammettiamo invece per quanto riguarda le nostre scelte politiche o per i modelli estetici e comportamentali a cui ci adeguiamo? Perché il populismo di destra, lo stesso in cui si rifugiavano Lanza e la Carlucci dicendo che “gli italiani non sono cretini”, ha attecchito pure a sinistra, tant’è che viene invocato spesso e volentieri qui a proposito delle discussioni sulla letteratura popolare e sulle classifiche?
Sergio, per favore: non mischiare i tuoi chiodi fissi con questo problema, eh? Lo dico con gentilezza.
EH lo so Sergio, fai bene a indicare il difetto. Il blog è nato in tempi in cuila dicotomia attecchiva facilmente anche su di me, che a certi teminon ero proprio addentro. Ma perora salvo il sapore provocatorio del titolo, ammesso che ne abbia uno.
non mischio niente loredana, è esattamente la stessa logica. “gli italiani non sono cretini” è la classica difesa del populista di destra e di sinistra quando si contestano certi condizionamenti nelle scelte popolari, a prescindere che si parli del voto, di detersivi, di libri o di operazioni al silicone. è il tema principale del grande dibattito che c’è stato in questi anni negli USA a proposito del tema dell’antielitismo, non sono cose che dico io perché ce l’avrei con te. la critica a berlusconi pò essere efficace e costruttiva solo se riconosciamo quanto il berlusconismo ha attecchito dappertutto, non a caso vendola lo ha definito “geniale e strabiliante”.
e tutto questo mi sembra di averlo detto senza offendere nessuno, per cui la gentilezza nella risposta è il minimo, non è un favore, cara loredana. prego, proseguite pure nell’esecrare le veline.
E qui dimostri di non aver capito il discorso, Sergio. Nessuno qui sta “esecrando le veline”: semmai si esecra un sistema che si fonda sull’esibizione e l’umiliazione del corpo femminile.
(quanto al “non ce l’ho con te”, basta una lettura del tuo blog dove presenti questo come il tempio webbico dell’antielitismo: ovvero, dell’elitismo massificato). Non siamo d’accordo sul concetto di letteratura, tu ed io: e questo va bene, benissimo. Ma, per favore, non parliamone nei commenti a questo post.
Con “esecrare le veline” intendevo appunto il sistema, il modello comportamentale, su cui siamo tutti d’accordo, o qui c’è qualcuno che trova condivisibili e sensate le parole di Lanza e la Carlucci? Più difficile è riconoscere il berlusconismo in se stessi, giacché è come l’alitosi, un problema che riguarda sempre gli altri. Se dico che sei antielitista faccio una mera constatazione, tu qui spessissimo sfotti gli atteggiamenti elitari, e in ogni caso se è un insulto, lo è quanto dare dello snob a chi critica il populismo.
Il ” parti da te stessa” del femminismo storico che è stato prima di tutto una scuola di pensiero, non una branca del comportamentismo, dirime ogni questione perchè insinua l’idea del “non modello”, allontanando così inutili e fuorvianti querelle sulla chirurgia plastica, i tacchi e la depilazione totale si, no, forse.
Davvero l’unica identità consentita è il corpo?
Del resto la società occidentale ha sempre negato alle donne il privilegio di una bellezza naturale : busti, crinoline, parrucche, rossori e pallori ottenuti a mezzo bevute d’aceto, non sono certo un’invenzione dell’era televisiva.
Oggi il modello vincente ( più che unico) è il corpo finto, domani chissà.
Ma portare in giro per il mondo il proprio modo di essere, importa la formidabile corazza di una struttura culturale nell’accezione quanto più estesa del termine. E molte non se la sentono di andare alla guerra. Perchè di questo si tratterebbe.
Non a caso l’unica domanda inevasa della trasmissione di Lerner è stata ” perchè le donne non si ribellano?”
Simona, mi stai aiutando a cercare la cosa che voglio dire. Le bellezza, che ripeto non sta in 1 canone, non credo stia solo nell’accettarsi, quanto nel “trovarsi”. Quando sei sulla strada per essere te stessa diventi davvero bella, in un certo senso porti in te i doni delle tre Grazie (Vale anche per i maschi, eh).
Questa è una cosa che non si vede bene quando si è giovanssimi, ma quando la scopri non ti molla più, e vedi il mondo con altri occhi.
Cioè, magari da adolescente questa cosa la vedi in UNA persona (“non so perché mi piace”) quando sei innamorato, capita spesso di perdere la testa per un@ che non risponde al canone… anche quando “sai” che quello è il canone, e sbavi dietro a immagini, poster e simili.
Ma quando cominci a vedere “belle” tante persone indipendentemente dal naso, dai chili, dai peli, dall’attrazione che provi ecc ecc, beh dovresti fermarti e ringraziare il cielo per questa conquista della maturità.
I settantenni che sono fissi alle immagini canoniche, sotto sotto tanto adulti non sono…
Ma ecco – magari vado OT magari no.
Ci ho delle riflessioni che esternerò a braccio casaccio.
1. Secondo me ha ragione Denise a dire che in Italia dici la parola femminismo e la gente o s’appisola o sbuffa. Ieri sera ho visto un po’ di Floris e ogni volta che la pora Conchita provava a settare il discorso sulla differenza di genere – il valido motivo per cui secondo me bisogna sfruttare con zelo la vicenda Berlusca/Lario) scoppiavano i ghigni e tutta la trasmissione mi è sembrato virasse su temi limitrofi. Mi è sembrato sintomatico e mi ha un po’ infastidita. Dunque questo porta alla doppia riflessione della resistenza italica e alla modifica delle categorie del pensiero fimmino medesimo, e a quest’aura che emana. Confesso che ogni tanto anche io ho dei momenti di resistenza .
2. Io trovo la riflessione sul corpo interessante, e sui canoni del codice estetico anche, e non voglio dire che non si debba parlarne. Ma credo che esistano diversi modi di relazionarsi ad esso, e non tutti sono improntati alla coercizione e all’inconsapevolezza. Nè i modelli alternativi sono così liberi da clichet e cristallizzazioni stereotipiche come desidereremmo. Una gitarella in una sezione di di partito – ne facevo quando esistevano i demogratici de sinistra – tra le femmine quelle intellettuali vere e mpegnate può essere istruttiva. Si constateranno delle omologazioni, dei ritorni dei parallelismi. Non credo di dire niente di nuovo ma mi pare utile in questo contesto. Ora la Lipperina me banna:) PPPP ma quando l’orrido Lanza alludeva alla convinzione delle donne di voler redimere a tutti costi, io sentivo un qualcosa di non del tutto erroneo. Il rapporto con il codice estetico è destinato a una sempre maggiore complessità, a un serio non serio, e non è una questione solo dei radical chic. Credo che in questo la letteratura queer ci abbia qualcosa da dire. E anche sugli stilemi del desiderio e del rapporto con l’altro e come questi stilemi sono regolamentati da certi codici c’è molto da dire: vuoi per la permeabilità a cui tutti siamo soggetti, vuoi perchè il determinismo è di una potenza universale e virulenta, no non credo proprio che le donne si mettano il rossetto co sto grande spirito de sacrificio, ne che ammicchino al masculo di turno con tanta sofferenza verso la cultura dominante. Numme pare.
3. Io penso che sarebbe bene insistere e scorporare e isolare invece alcune dimensioni che il documentario di cui sopra mette in luce, e che possono e debbono essere distinte dalla riflessione sul piacere al maschio, o del piacere secondo i canoni condivisi. Perchè queste cose possono essere pur sempre soggettivamente scelte. Possono essere oggetto di discussione. Un conto è una presentatrice che ammicca criptotroiesca, ahò farà un po’ la soccola ma insomma è stile esistenziale, altro conto è lei che cammina impavida e la telecamera ni ci va sotto la gonna. Un conto è quella che ride un tantino inespressiva – si da anche il caso che macari è imbecille, anche i cretini ci hanno diritto esistenziale – ma diverso è il caso di Mammuccari che la tratta da minus habens. Ammesso che sia lecito con chiunque quel genere di comportamento. Ecco forse mi so sbracata, forse io stessa non so bene di cosa parlo. Ma io propongo di soffermarsi su questo tipo di cose.
Credo che se ne guadagnerebbe in efficacia.
Partire da se stessi, tornare a se stessi, trovarsi, divenire quel che si è, individuarsi… D’accordissimo, ma il problema del modello è ineludibile, non fosse altro per il fatto che la differenziazione comporta un confronto con qualcosa altro da sè.
E poi il corpo è sempre stato oggetto di manipolazione, sia quello femminile che quello maschile, non è cosa di oggi e non è solo dell’Occidente.
Forse la chirurgia plastica oggi rende meno efferate certe pratiche. Insomma non è che le scarpette con cui si accorciava il piede delle donne cinesi o gli anelli con cui si allungava il collo delle donne africane fossero proprio uno scherzetto.
Perché o per chi si faceva e si fa tutto questo?
Una donna cinese probabilmente non avrebbe risposto ‘per piacermi’, infatti la questione era chiara: i piedi della bambine venivano deturpati perché questo era il canone estetico per piacere agli uomini e per avere un valore sul mercato del matrimonio.
Quando, negli anni trenta, quella pratica fu abbandonata per legge (di un uomo) e subentrò un nuovo canone di bellezza, le donne adulte i cui piedi erano stati deformati entrarono in una forte crisi di identità.
Il modello era eteroimposto ma loro ci si erano riconosciute.
Io non ho risposte di nessun tipo, ho però nella testa una frase di Kar Kraus, che quando la lessi da adolescente mi ferì profondamente ma mi fu molto utile. Dice (cito a memoria): “Una donna sola in una stanza. Esiste una donna sola in una stanza prima che un uomo entri nella stanza e la guardi? Esiste la donna in sé?”
Mi ci dannai su questa frase e pensavo che questo disgrazia di avere uno statuto ontologico dipendente dallo sguardo altrui le donne lo condividessero soltanto con gli attori.
E invece ho scoperto con grande stupore che questa che io ho considerato sempre una disgrazia è diventata una condizione ambita, da uomini e donne: cos’è l’occhio di una telecamera infatti se non un occhio che ti fa esistere, che ti dà sostanza attraverso l’apparenza?
E dunque più ti esponi allo sguardo altrui più esisti, e per esistere di più devi piacere di più.
Noi in questi giorni non facciamo altro che parlare del machismo del presidente del consiglio, eppure – da questo punto di vista – lui si è sottoposto a una forma sottile di femminilizzazione: berlusconi senza lo sguardo e il consendo del popolo non sa esistere, non c’è, non è nessuno.
La sovraesposizione mediatica cui si sottopone è una fame di esistenza. Se smettessimo di guardarlo quell’uomo non esisterebbe più, come un personaggio di un racconto di James che, lontano dalla folla, svaniva, si smaterializzava, cessava letteralmente di essere.
E dunque secondo me la questione è molto più complicata oggi che ieri, sia per gli uomini che per le donne.
Tornare a se stesse, giusto sacrosanto imprenscidibile. Ma, per come la vedo io, la strada è lunga e tutta da tracciare.
Vabbè non è un periodo di grande ottimismo per me, ma questo penso e questo dico.
p.s. mi ha molto inquietato l’intervento di Sergio Garufi. Mi sto rigirando nel cervello le sue parole come fossero un koan ma non ne vengo a capo.
Peccato lasciar perdere la sua provocazione, però.
Valeria, libera di riprenderla, se vuoi: semplicemente per quel che mi riguarda non ho voglia, in questa sede, di tornare alle vecchie questioni populismo/popolare/accademia ecc.ecc. 🙂
Tornando in tema, e provando a rispondere sulla questione della consapevolezza: se il condizionamento dei modelli fosse così facile, avremmo risolto tutto. Il punto non è “non voglio piacere”. Il punto è il condizionamento su “cosa devo fare per piacermi/ere”.
Mi permetto di citare una frase che mi ha scritto stamattina Lorella Zanardo, e che condivido al mille per mille: “Ci hanno così colonizzato i desideri, che non ipotizziamo nemmeno piu di potere invecchiare piacendoci, così come siamo”.
Il ‘non lasciare la provocazione’ era rivolto a me, ci voglio pensare un po’ su, perchè in realtà non mi ci sono mai raccapezzata molto in questo tipo di discussioni.
Per il resto, forse l’ho scritto male, ma pensavo la stessa cosa che dici tu. Un modello eteroimposto, se lo interiorizziamo, ci colonizza.
Come decolonizzarci non lo so, ma penso che il documentario della Zanardo, queste discussioni e le donne a cui dici grazie possano essere molto utili. Almeno un punto da cui ricominciare a pensare/pensarci.
Loredana, anche qui metti in risalto un problema non da poco: i problemi “cosa devo fare per piacere” e “cosa devo fare per piacermi” sono 2 problemi distinti. Molte persone pensano che trovando la chiave per affrontare il primo, risolveranno il secondo. Eppure le persone veramente “belle” secondo me affrontano la questione al contrario!
Nulla fa sparire una bellezza di plastica quanto un’imperfezione (o una mancata adesione al monocanone) portata con la consapevolezza di quanto poco questa importi. La bellezza di plastica può vincere più contatti oculari, ma il destare ammirazione è un’altra cosa.
Ora, la cosa che troppe volte manca è la sfrontatezza di affrontare il monocanone ammettendo che è un mostro di gomma. E certo, questo non è facile nel momento in cui ci si avvicina a chi detiene un “potere” (fosse anche solo il fascino), perché si cede preventivamente all’idea di adattarsi alle regole, esplicite o implicite, che questo detta. Ma (come mi disse un meraviglioso sedicenne) “ci sono le regole e c’è chi le cambia”… la “decolonizzazione” dell’immaginario dovrebbe partire da qui!
proprio mentre c’era la trasmissione ho postato un piccolo spezzone su uno dei miei blog…..fondamendale vedere questo splendido documentario.
fondamentale come donna pormi(ci) certe domande.
grazie .un sorriso
Sciuscià è di De Sica e non di Rossellini, quanta approssimazione per pietà, sulle donne e i canoni gli uomini settano gli standard e le donne li accettano, non a caso lerner credo citasse marx sulle minoranze che subiscono supinamente la loro sottomissione
Non ho sentito Lanza paragonare registi, film, programmi tv, ma veline e troniste/i agli sciuscià; ha detto “Sono gli sciuscià di oggi” coperto da altre voci.
Quindi ho pensato che non parlasse del film, ma della figura dello sciuscià “molto di moda” per bisogno, alla fine della guerra. In questa accezione, il paragone buttato nella caciara del dibattibecco poteva anche passare come il tentativo di giustificare (quasi nobilitandolo) il desiderio di emergere – ad ogni costo – da una situazione di forte precarietà.
Ma non si può (non si dovrebbe) ignorare la differenza con l’attuale situazione del Paese che non è (ancora) precipitato nella povertà in cui si trovava all’uscita dalla guerra. Senza voler ricordare tutte quelle persone che non si sono mai piegate … neanche in tempi così vicini alla guerra (allora, non oggi), l’attuale situazione sicuramente più agiata non può giustificare soluzioni alla sciuscià (comunque non sempre illegali come nel famoso film del 1947).
Poi se penso che l’autore di questo tentativo di “giustificare” persone che cercano di fare soldi in un modo semplice e veloce che non richieda particolari capacità è lo stesso di Domenica In, Questa
Domenica e La Talpa, nonchè erede della Buona Domenica di Costanzo, beh … anche a me viene il dubbio che volesse nobilitare la sua attività agganciandola a quel cinema premiato con l’oscar.
Siamo o non siamo nella società dello spettacolo, spettatori della telecrazia, divorati dalla voglia di apparire, di trovare il successo, felicemente accondiscendenti nei confronti della prostituzione, pronti a festeggiare papisilvio con la nostra figlia?
Siamo in una situazione di generale degrado come ci trovammo alla fine della guerra? O peggiore perchè non ancora giustificata dagli stessi problemi economici? Vorrei chiederlo a qualche vecchio saggio, con la speranza di ottenere comunque anche un incoraggiamento, ma mi ascolta?
Qualcuno dice, che dobbbiamo essere noi i genitori, e vabbè, allora vietate queste righe ai minori. Io mi riprendo fra 5 minuti.
Anzi rieccomi. Forza sciuscià !
lucio
Sono andato a rivedere-sentire il pezzo, ed è vero Lanza parla proprio del neorealismo della De Filippi “i ragazzi di Amici della DE F. sono gli sciuscià di Rossellini, che anche lui all’epoca veniva denigrato”.
Beh a parte la confusione (il film Sciuscià è di De Sica) il paragone è chiarissimo come il tentativo di elevare il suo lavoro e quello dei suoi colleghi. Rimane il problema del degrado generale del paese tutto, dalla classe dirigente al proletariato. Buonanotte.
lucio
@Lucio“il paragone è chiarissimo come il tentativo di elevare il suo lavoro e quello dei suoi colleghi. Rimane il problema del degrado generale del paese tutto, dalla classe dirigente al proletariato”
Non solo, se ben ricordo, lo stesso Lanza ha ripetuto più volte, nel corso della puntata, che la tv spazzatura è semplicemente lo specchio della realtà italiana: è un bel modo per deresponsabilizzarsi e tirarsi fuori, visto che è proprio gente come Lanza che ha contribuito a creare tale tipo di immaginario nel paese.
Segnalo l’intervista di Monica Mazzitelli a Lorella Zanardo sul documentario *Il corpo delle donne*. È qui, su Micromega on line:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/lo-scempio-televisivo-sul-corpo-delle-donne/