In molta parte dei commenti letti in rete, e anche al post di ieri, si cita la vecchia frase del dito e della luna. Il saggio che indica la seconda, lo stolto che si sofferma sul primo. Qui si è dalla parte degli stolti. E di coloro che sostengono che non solo la questione di genere, ma la questione delle nuove modalità di narrazione da opporre alla cultura berlusconista degli ultimi venticinque anni sia la vera priorità.
In molta parte dei commenti si accusa chi riflette sulla questione di essere censori e/o bigotti. La seconda parola è quella usata da Ghedini per zittire Emma Bonino quando si parlava del caso Noemi. Nel primo caso, terrei a sottolineare che in questa sede la parola censura è stata solo agitata come fantasma da coloro che volevano tacitare ogni critica nei confronti di Spataro. Semmai, quella che sarebbe necessaria è l’assunzione di responsabilità di chi narra. Nel senso indicato da un grande disegnatore italiano come Gipi nel corso di una vecchia discussione su questo blog. Riporto la sua frase, perchè è importante: “Nel racconto a fumetti abbiamo pochi mezzi: ritmo, parole, disegno, montaggio. Ecco, questi mezzi sono la nostra lingua e il modo in cui si utilizzano sono la nostra morale (non ho paura di usare questa parola) la nostra etica e la nostra visione delle cose (…) Non basta dire “faccio un fumetto a tema sociale” per sentirsi a posto. C’è la forma”.
Questo è il punto: il “tribunale delle femministe”, come è stata tristemente definita la reazione ai fumetti medesimi, non c’entra nulla. C’entra un’idea di immaginario e di cultura che dovrebbe essere cara soprattutto alle donne e agli uomini di sinistra. Come ben scrive, su Repubblica di oggi, Chiara Saraceno. Riporto l’articolo.
Qual è la differenza tra la cultura (cultura?) del presidente del Consiglio che parla delle donne come piacevoli oggetti d´arredamento e di consumo, salvo insultarle quando non rientrano nel ruolo e quella del disegnatore di fumetti che per criticare una ministra che non gli piace utilizza le allusioni sessuali più grevi e in generale la squalifica come essere umano? In entrambi i casi siamo di fronte ad una cultura maschile che non riesce a fare i conti con la presenza delle donne sulla scena pubblica non solo come oggetti del desiderio (in assenza del quale sembra possa esserci solo il disgusto), oppure come madri da idealizzare come nutrici sacrificali, ma come esseri umani alla pari. L´unica differenza sta, ovviamente, nel diverso potere dei protagonisti e quindi nelle diverse conseguenze sul piano pubblico dei loro gusti e disgusti. Ma in entrambi i casi essi evocano, e solleticano, il profondo disprezzo che una certa cultura maschile, ahimè ancora troppo diffusa in Italia, ha per le donne. Possono, infatti, contare su una diffusa complicità tra chi li ascolta e legge, appena temperata dalla cauta disapprovazione di chi teme (anche tra le donne) di apparire poco evoluto, o poco spiritoso.
Senza che ci si renda conto che questo maschilismo volgare e senza freni si alimenta dello stesso disprezzo di cui sono oggetto tutti i diversi da sé, specie se in posizione di debolezza sociale: donne, ma anche immigrati, omosessuali, diversamente colorati, diversamente religiosi e così via. È lo stesso disprezzo privo di freni inibitori, che parla alla pancia invece che alla testa delle persone, che ha fatto dire all´ineffabile sottosegretario Giovanardi che se il povero Cucchi è stato pestato a morte mentre era in custodia dagli agenti di polizia, se la era cercata. Opinione che Giovanardi non ha modificato neppure con le scuse successivamente presentate per aver offeso la «sensibilità della famiglia». Nessuna scusa per aver dichiarato, nella sua veste di rappresentante politico e di governo, che nel nostro paese chi non ha comportamenti standard, chi esce anche poco dal seminato, chi è vulnerabile, merita di essere aggredito ed anche, di fatto, di essere condannato a morte. È la stessa logica, per altro, che legittima lo stupro della donna che è fuori casa da sola di notte, o che veste in modo «provocante». Siamo tutti avvisati (avvisate). Del resto anche il ministro la Russa ha evocato una specie di giudizio di Dio («possono morire») per i giudici della corte di Strasburgo che hanno giudicata illegittima l´esposizione del crocifisso nelle scuole pubbliche italiane perché lesiva della sensibilità dei diversamente (dai cattolici) credenti e non credenti.
Nemico e diverso sono accumunati in espressioni di odio e disprezzo che farebbe specie sentire in bocca a chiunque. Ma che in bocca ai politici evocano un modello di società divisa tra noi e loro, amici e nemici, in cui tutto è legittimo per difendere i propri e per attaccare «gli altri».
A tutti i livelli nel nostro paese si stanno legittimando comportamenti di aggressiva e violenta inciviltà che dovrebbero preoccupare chiunque abbia un minimo senso di responsabilità e in primo luogo i nostri politici – governanti e all´opposizione che siano. Anni fa era di moda ironizzare con aria di sufficienza sulla ossessione statunitense per il linguaggio e i comportamenti «politicamente corretti», ovvero attenti a non suggerire atteggiamenti e valutazioni discriminatorie e offensive verso gruppi sociali storicamente e culturalmente svantaggiati. È vero che un linguaggio sorvegliato non è sufficiente a cancellare le discriminazioni effettive e neppure le opinioni e i pensieri razzisti o sessisti. Ma la situazione italiana ci ricorda che la realtà sociale è anche costruita dal linguaggio. Nominare le cose e le persone in un modo piuttosto che in un altro contribuisce a collocarle in un modo piuttosto che in un altro nello spazio delle relazioni sociali. E può esserci un cortocircuito drammatico tra pesantezza delle parole e gravità dei fatti. Non è sempre vero che tra il dire e il fare c´è di mezzo il mare.
Sottoscrivo in pieno, e bisogna insistere insistere insistere su questo.
Ci si prova. Nonostante.
1) L’articolo di Chiara Saraceno non mi convince affatto. Mettere sullo stesso piano il “disprezzo privo di freni inibitori” di Giovanardi e quello di Spataro è terribilmente disonesto. Possiamo discutere se ci sia sessismo nella satira di quest’ultimo (secondo me, no), però non possiamo fare un pari e patta così disgustoso. La satira E’ “disprezzo privo di freni inibitori”. La satira E’ odio. Penso che Scozzari & Co. sottoscriverebbero in pieno. Giovanardi invece non è lì per fare satira (magari auto-satira sì, ma è un altro paio di maniche).
2) E’ incredibile come le tavole “incriminate” della Ministronza cambino tono se estrapolate dal contesto o lette in fila con quanto precede e segue. Sono grato a Blepiro per aver linkato l’intera sequenza. Mi ero astenuto dal giudizio, infatti, proprio perché mi pare impossibile giudicare una tavola fuori dal racconto di cui fa parte e mi sento male quando fanno lo stesso con una frase tirata fuori col forcipe da un mio testo. Isolate, quelle tavole fanno schifo. Nel contesto, hanno un senso. Ci sento “odio per la Ministra” (l’odio della satira), non “odio per le donne” e nemmeno “odio per la Ministra in quanto donna”.
3) Sono molto sensibile al discorso sulle nuove narrazioni da contrappore alla narrazione del potere. Sono convinto che dobbiamo cercarle. Credo però che la satira sia un genere meno duttile rispetto ad altri, e che quindi queste nuove forme vadano cercate soprattutto altrove.
Invece io il senso non lo trovo neanche nelle tavole messe in fila: perchè resto convinta che l’odio, il disprezzo e tutto quanto fa la satira debbano riguardare le azioni e non la persona. Vero, per secoli non è stato così: ma questo non è un buon motivo perchè si debba continuare sulla stessa strada. Non vedo perchè la satira, narrazione essa medesima, debba sottrarsi a una riflessione e a un mutamento delle narrazioni.
A me preoccupa, e molto, la crescente mancanza di percezione di quanto sia pericoloso il crinale del “privo di freni inibitori”. Ho fatto in tempo ad appartenere a una generazione che i freni inibitori li riteneva un limite della morale borghese, e mi sono trovato davanti all’orrore del rogo dell’Angelo Azzurro a Torino, o dell’assassinio di William Vaccher a Milano (e in ambedue i casi consideravo miei compagni gli autori: segno che avrei potuto passarci anch’io). Lo so che le proporzioni non tengono: ma è dalla legittimazione dell’odio, della rimozione dei freni inibitori sul piano simbolico e linguistico che si era partiti. Ed oggi vedo all’opera un’antropologia culturale reazionaria che viene sempre più spesso assunta senza alcuna mediazione critica da chi vorrebbe combatterla. Per ritornare al fumetto: fate un confronto tra la tecnica narrativa ed espressiva di Alan Moore (Watchmen), e quella del Frank Miller degli anni Ottanta (Ronin, Batman, Wolverine). Nel primo è proprio la ricchezza e la complessità espressiva ad impedire che il discorso politico scivoli verso quelle direzioni fascisteggianti che cominciava a prendere Frank Miller (che oggi sono palesi e rivendicate), e verso le quali non sono prive di peso certe scelte semplificatrici nella narrazione e nel tratto, l’indulgenza verso un grottesco a senso unico, un certo compiacimento che si rivela nel rallentare i tempi di certe scene per trattenere l’occhio del lettore. La tecnica narrativa non è un mezzo a supporto dell’etica del discorso, È etica.
Op sottoscrivo in pieno l’ultimo commento di Loredana: e` giusto che la satira attacchi le azioni, ma l’odio espresso dalla satira noin deve essere contro la persona. Nelle tavole di Spataro, anche ‘messe in fila’, io vedo odio e disprezzo verso la persona.
Solo una chiosa su Alan Moore. Non so se avete letto Lost Girls, sceneggiato da Moore e disegnato da Melinda Gebbie, e pubblicato anche in Italia. E’ una narrazione erotica su tre personaggi femminili del fantastico: Dorothy de Il mago di Oz, Wendy di Peter Pan e Alice. Racconta il sesso e i corpi in modo visionario e assolutamente passionale. Questo tanto per sgombrare il campo dai discorsi sulla sessuofobia che in altri luoghi della rete cominciano, prevedibilmente, a spuntare.
Il problema della forma evocato da Gipi, e la questione – decisamente fondamentale nel caso della satira – dell’etica del discorso si pongono con forza quando non c’è un “progetto” narrativo, che deve esistere anche in ambito satirico, ma solo il tentativo, come dice Girolamo, di compiacere un lettore che già è immerso in un contesto drammaticamente in discesa, da anni.
E’ dalla primavera scorsa che non lascio un commento su un blog, mi ero ripromesso di continuare così chè stavo bene, però sento di poter dare un contributo alla discussione (seppure un contributo “di sponda”), e quindi una tantum infrango la mia regola.
Qualche tempo fa Daniele Luttazzi ha scritto un articolo molto lucido (uscito su “Il Manifesto”) in cui si sforzava di spiegare, con una pletora di esempi, la differenza tra satira e sfottò fascistoide.
MENTANA A ELM STREET
http://www.danieleluttazzi.it/node/389
Leggerlo tutto, please, prima di proseguire nella lettura di questo mio commento.
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[Una ventina di minuti dopo]
Bentornati. Dunque, la discriminante, tagliando con l’accetta è: la satira non deve mai prendersela con le vittime.
“L’umorismo è sospensione del sentimento e può arrivare fino al cinismo; ma se sei cinico a spese di una vittima e ne prendi in giro la sofferenza, fai umorismo fascistoide, cioè eserciti una violenza.”
In questo caso, la questione non è semplice. La ministra Meloni non è certo una vittima; d’altro canto il corpo delle donne, nell’Italia di oggi, è bersaglio di una guerra senza quartiere, crudele, velenosa, nauseante.
Luttazzi scrive ancora:
“Il punto non è se una battuta fa ridere o meno. Si ride per il meccanismo comico e l’abilità consiste nell’imparare la tecnica migliore per scatenare il riflesso della risata; ma se questa abilità ti serve a veicolare un’idea razzista, sei un razzista.”
Le domande da porsi secondo me sono due:
1) Il fumetto di Spataro fa ridere?
2) Se sì, il fumetto di Spataro fa ridere veicolando un’idea sessista?
Questo è il punto su cui le opinioni si dividono.
Se sì, al fondo c’è un’idea sessista, allora quella di Spataro non è satira, ma sfottò e – come dice Luttazzi – lo sfottò è sempre fascistoide.
Se invece l’idea sessista non c’è, dalla domanda 2 si torna alla domanda 1. Luttazzi scrive:
“Qualunque battuta, su qualunque argomento cui uno è sensibile, provocherà disapprovazione e non riso. Il caso dello humor cinico o noir lo dimostra; ma […] non è questo il punto.”
Il punto è infatti questo:
“La violenza sulla vittima non è un tabù che si può infrangere come niente fosse. Ne va della democrazia. E della civiltà. Infatti è comicità fascistoide […] nell’intrattenimento passano sempre più spesso contenuti fascistoidi perchè ‘funzionano’ e funzionano per tutta una serie di motivi bio-politici (là dove la politica si intreccia al biologico e al senso morale) che rendono appetibile la fuga nel disumano che il fascismo e il leghismo offrono. E’ un attimo caderci, se non si sta attenti. ”
Il fumetto di Spataro funziona? Se funziona, funziona per quei “motivi bio-politici” a cui accenna Luttazzi?
Si riesce a distinguere bene, nel fumetto di Spataro, la Meloni ministra (e fascista) dalla Giorgia donna?
Se Meloni fosse stata uomo anziché donna, e Spataro gli avesse dedicato un fumetto, si sarebbe soffermato così a lungo in quel punto dove “la politica si intreccia al biologico”?
P.S. Sulla questione delle secrezioni e della loro prevedibile centralità ogni volta che si attacca una donna, consiglio la lettura di: Jonathan Littell, “Il secco e l’umido” (lo consiglio in quanto “bignamino” delle tesi esposte da Klaus Theweleit in “Fantasie virili”, che però è un mattonazzo di mille pagine!). Resta che quando si fa satira su La Russa non si fanno mai riferimenti a quanto sia annacquata la sua sborra o cose del genere. Le secrezioni compaiono solo quando il bersaglio è donna, vorrà ben dire qualcosa…
Mi permetto una parentesi che va forse fuori strada.
In modo analogo a wu ming 2 , mi sono avvicinato al genere satirico per la capacità enorme che ha di veicolare un punto di vista che si oppone al potere.
Su http://www.spinoza.it , blog che è diventato esperimento di satira collettiva, ci interroghiamo spesso su cosa sia la satira, quali siano i suoi limiti, le sue caratteristiche. Sul forum tra gli utenti si generano scambi di opinione anche accesi, basati su battute “limite” che feriscono la sensibilità di qualcuno. Vi sono opinoni prevalenti, ma nessuna verità accertata.
La mia opinione, per esempio, è che un autore satirico si prende la responsabilità etica della propria opera: non può ignorare il messaggio di cui si fa veicolo. Qui sta la tecnica a cui anche questo post fa riferimento, non basta il tema.
Ho capito il punto di vista di Loredana, credo sia molto chiaro e coerente con altre battaglie. Niente affatto da sottovalutare. E dire “resto convinta che l’odio, il disprezzo e tutto quanto fa la satira debbano riguardare le azioni e non la persona” è più che lecito. Ma allora (si è già detto) riguarda anche le battute di Benigni sull’obesità di Ferrara, la corporeità di Berlusconi, dire che “Bruno Vespa prende il Viagra per non pisciarsi sulle scarpe” [Luttazzi] o la famosa battuta di Luttazzi su Ferrara, che gli è costata la censura di Decameron. Quando si parla di limiti della satira si entra in un terreno scivoloso: il confronto ci deve essere (per me le battute naziste non sono satira, per esempio) ma occorre il contesto.
Parlavamo nell’altro post del corporale: Rabelais, per esempio.
Qui parliamo di personale. Ma la satira sfrutta un dato di fatto: la persona, quando acquista un ruolo di potere, non è più solo individuo, ma simbolo. Colpendo la persona, si aggredisce il potere.
Certo, oggi c’é una personificazione esasperata della politica (e Berlusconi ne è massimo artefice). Succede anche in America da anni e sarebbe interessante vedere come è la loro satira.
Temo però che separare la persona dalle azioni che commette sia fuorviante: Spataro, per quello che ho letto, non aggredisce la Meloni in quanto tale, o preventivamente, ma perché la ritiene un fascista ripulito. E questa opinione deriva da una serie di dichiarazioni della ministra, di atti verbali, che lui tramuta in personaggio.
Poi, sempre lecito preferire un altro approccio satirico. Che, per esempio, ha il pregio non da poco di non generare confusione (l’abilità tecnica di cui parlavamo). Ma non si può negare che questa sia satira e, soprattutto, che sia libera.
Letto. Grande intervento, peraltro.
La mia risposta, su Spataro, resta, per tre volte, no.
Non funziona perchè uno dei suoi obiettivi-chiave (lo sdoganamento del fascismo fighetto) non tiene conto dei meccanismi attraverso cui il medesimo avviene: che sono molto più sottili e molto più – purtroppo – efficaci di una ministra della gioventù. Vedasi l’indimenticato servizio di Top Girl sul fascio-figo. A prescindere dalla questione sessismo, la fascinazione delle adolescenti nei confronti del modello sexy-nazi non può essere liquidata col discendente di Gelli dannunziano. Va studiata, compresa e QUINDI fatta oggetto di narrazione satirica. Il contesto, appunto.
Il secondo no: nel fumetto è la femmina – neppure la donna – quella che è posta in primo piano. La troia, anzi. Peraltro, a me arriva un non celato disgusto da parte dell’autore nei confronti della sessualità femminile. Sulla sua pagina c’è un fumetto erotico che si chiama Lori Fizio che mi sembra confermare questa ipotesi.
http://www.pazzia.org/fumetti.html
E’ come se Spataro utilizzasse l’etica del discorso per quanto riguarda i temi sociali che riconosce come tali (Aldovrandi, Porto Palo), e l’abbandonasse nel momento in cui affronta il corpo femminile.
Il terzo no: difficile motivarlo, ma non credo che avrebbe usato lo stesso metro se si fosse trattato di un ministro e non di una ministra.
Per riassumere i tre no, del lungo intervento di Luttazzi, di cui andrebbero riportate molte parti, mi viene in mente il riferimento alla superficialità che “nessuno può permettersi, soprattuto in tempi reazionari come questi.”
@ Blepiro:
“Spataro, per quello che ho letto, non aggredisce la Meloni in quanto tale, o preventivamente, ma perché la ritiene un fascista ripulito. E questa opinione deriva da una serie di dichiarazioni della ministra, di atti verbali, che lui tramuta in personaggio.”
Ripeto la mia domanda: se Meloni fosse stata uomo, Spataro l’avrebbe attaccata con quell’approccio, cioè mettendone in pagina troiaggine e, soprattutto, secrezioni? Perché quando il bersaglio è donna (e l’autore maschio) si arriva subito e sempre all’umido, al senza-forma, all’appiccicoso, allo scivoloso, mentre se il bersaglio è uomo non succede quasi mai? L’uomo è “asciutto”, la donna è “umida”. L’uomo diventa umido/unto solo se è frocio o se ha un macroscopico difetto fisico (l’obesità, ad esempio). Theweleit e Littell hanno diverse risposte interessanti, su questo.
Mi fermo qui, sono in partenza.
Ovviamente, sono d’accordo con l’intervento di wu ming 1, parola per parola. Parte dal mio stesso presupposto.
(e completamente d’accordo con Girolamo: la tecnica E’ etica. Sono in contraddizione?)
ps, se ce ne fosse bisogno: la frase che rivolgevo a Girolamo nel commento del precedente post (“se non puoi smontare gli argomenti di un avversario, attaccalo sul personale”) non-la-condivido. Mai.
Ah, tra l’altro, io sono per fare battute sullo sperma di La Russa. E le ho fatte.
Simon Wiesenthal raccomandava di stare in guardia nei confronti di chi, partito o persona, usa troppe volte la parola “libertà”. Sono andato O.T.?
Assolutamente d’accordo con quello che scrivono Blepiro e Wu Ming 2, ogni frase e ogni vignetta vanno letti in un contesto narrativo. Sto leggendo Veracruz di Evangelisti, meraviglioso, ma se isoli alcuni passaggi ne viene fuori uno scrittore misogino ed omofobo, cosa del tutto falsa.
Riguardo a Spataro, non amo quel tipo di satira, ma il trattamento che ha riservato a Bertinotte e a Nazingher è molto simile. Le obiezioni di wu ming 1 mi sembrano quindi del tutto fallaci.
A volte la satira è meravigliosa. Si può scrivere del ddl sul processo breve in molti modi. Ma la vignetta di Vauro sulla ministronzata vale mille editoriali.
@wu ming1: quindi l’argomento, più precisamente, è, non tanto la corporeità, ma la corporeità sessuale femminile. Bene.
Sono interessanti i riferimenti che fai. E ti dirò: c’è *una* tavola dell’intero fumetto che non mi è piaciuta. Si vede la ministra che corre in un corridoio d’albergo perdendo abbonanti secrezioni vaginali. Non mi è piaciuta perché l’ho trovata gratuita, superflua nel contesto che ho descritto. Quindi, passibile di mediare quel messaggio nudo che si riferisce al corpo femminile, e basta. Si può discutere se considerarla un eccesso “voluto”: per me, è poco riuscita. C’è un difetto di tecnica, qui. Ma tutte le mie osservazioni precedenti erano legate al fatto che la levata di scudi iniziale aggrediva tutto, indiscriminatamente, con argomenti usati per depotenziare la satira. Specificando, precisando, gli oggetti si mettono a fuoco.
@G.L. visto che trombonescamente ho terminato io il post con “libertà”, che dici, dobbiamo diffidare anche dal resto dell’intervento? 😉
Credo che ci sia un problema percettivo: io in quei fumetti vedo una condivisione dell’ideologia e del linguaggio fascista nei confronti della donna, c’è del i compiacimento in quelle rappresentazioni, mi (= a me) pare innegabile.
E, secondo me, non si può essere freccia e bersaglio contemporaneamente, per cui è la satira stessa a venire meno in quel fumetto.
p.s. spero che questo thread non si trasformi in una esercitazione tra soli uomini. mi pare che gli interventi femminili siano in minoranza. è già successo nella discussione sul fumetto sul delitto del Circero, o sbaglio?
Il fumetto di Spataro non mi sembra affatto geniale. Però non è “sfottò fascistoide”, perché davvero non se la prende con una vittima, anzi, delle due trasforma in vittima chi non lo era affatto, e questo, sul piano politico, potrebbe essere un pessimo risultato. (Anche se: basta scorrere la bio della Meloni per vedere che al ruolo di vittima non c’è proprio tagliata. E’ facile prendere un cristo a mazzate in testa, poi se quello invece di porgere l’altra guancia si volta e molla un ceffone dipingerlo subito come un violento, uno che ha sbagliato strategia, che fa passare l’altro da vittima…)
“Il punto non è se una battuta fa ridere o meno.” Infatti a me la Ministronza non fa ridere granché, ma non mi sembra che veicoli un contenuto sessista (in altre tavole la Meloni le cante chiare ai rampolli di Silvio e di Umberto B., a Fini, ad Alemanno, ecc….)
Poi c’è la questione del limite da porsi di fronte alla persona, per cui Suor Dentona e i Racconti Porni di Scozzari vanno bene, perché non sono “ad personam”, mentre la Ministronza è male perché è mirato e va a denigrare un essere umano. Non so: io nella Ministronza vedo soprattutto il personaggio di un fumetto, più che l’essere umano Giorgia Meloni. Mentre nella vignetta sui figli di Matarazzo, lì ci vedo delle vittime e un riferimento piuttosto esplicito alla “persona” Matarazzo (la sua famiglia, i suoi bambini).
@blepiro. Dove, come e quando qui si sarebbe depotenziata la satira in assoluto? In secondo luogo: temo che un po’ di contraddizione ci sia: io non vedo etica del discorso in Spataro. Vedo molta superficialità, e vedo sessismo.
E perdonami, come fai ad essere d’accordo con Wu Ming 1 e Girolamo che dicevano cose alquanto diverse da quelle che sostieni tu?
Sono assolutamente d’accordo con Wu Ming2 che peraltro ha sottolineato un aspetto del fumetto di Spatato che volevo citare ieri ma mi è sempre sfuggito di mente, ossia il rapporto della Ministronza con gli altri personaggi maschili del fumetto. Non c’è contenuto sessista nel fumetto e se davvero vogliamo vedercelo dovremmo vederlo, come già detto, anche nelle vignette su Berlusconi con il pene barsotto o eretto alla bisogna, che differenza c’è tra le secrezioni della ministronza e il pene di Berlusconi? E soprattutto davvero pensiamo che le azioni di qualcuno non lo qualifichino come persona? Come si può distinguere la persona Meloni – non importa se uomo o donna, e continuo a pensare che anche per Spataro sia lo stesso ma abbia preso di mira la Meloni perché ha delle caratteristiche più facilmente stigmatizzabili di altri, chessò Fini o La Russa – dalla tizia che commette le sue azioni e dichiara le sue affermazioni? Spataro non farà molto ridere è vero, io trovo disgustose alcune vignette, l’ho già detto, ma credo che colpisca nel segno e rispondo si a tutti e 3 i quesiti di Luttazzi posti da Wu ming1, e gli ribalto la domanda, se fosse stato un uomo al centro del fumetto staremmo qui a discuterne? Sicuramente no.
La Meloni in quanto tale non è una “vittima”, certo. Ma che la satira a cui si ricorre più spesso per offendere o attaccare una donna contenga sempre un riferimento sessuale è un fatto. Non è lo stesso per i maschi, appunto. In questo pese latino-machista e cattolico la cosa è ancora più evidente che in altri paesi occidentali.
Proprio riguardo al contesto, se le stesse strisce sulla Meloni le avesse disegnate una donna la percezione sarebbe diversa. Ma una donna le avrebbe disegnate? Io credo di no e questo contiene già la risposta al quesito su vittime-carnefici, a mio avviso.
Il paragone con la famosa polemica Scozzari vs femministe alla fine degli anni Settanta dovrebbe darci da pensare, invece di farci liquidare la questione come retrò. Scozzari provocava le femministe esprimendo un maschilismo e un sessismo feroci. Era il suo modo di reagire ai diktat culturali del movimento di quegli anni, che lui percepiva come ideologici, seriosi, avversi all’autoironia, etc. Le femministe, pavlovianamente, cadevano nella provocazione e in questo modo accreditavano proprio l’immagine stereotipata che Scozzari attribuiva loro. Ma se la reazione era inefficace nei modi e nei toni, l’incazzatura era genuina. Sarebbe un errore scambiare la modalità di reazione – condizionata dai tic ideologici di quegli anni – con l’istanza che l’ha prodotta. E credo che al fondo quell’incazzatura volesse comunicare una cosa ben precisa: se si vuole rivoluzionare il mondo partendo da se stessi non si può non cambiare il modo in cui ridiamo del mondo. La verità è che in quel frangente le femministe erano dogmatiche e inefficaci, ma Scozzari senza dubbio teneva la parte del conservatore, riproponendo l’umorismo di suo padre e di suo nonno. In buona parte si trattava infatti della reazione di un compagno maschio messo in crisi dal femminismo (ma in realtà dall’emancipazione femminile), come accadde a tanti in quegli anni. Riproporre il vecchio umorismo sessista diventava un gesto apotropaico, quasi scaramantico, di resistenza. Un gesto residuale, appunto.
A mio avviso la questione, allora come oggi, non è chi abbia ragione o torto tra il fumettista satirico e le donne indignate, ma semplicemente quali forme più o meno interessanti ed efficaci intendiamo mettere in atto per “satirizzare” gli avversari/avversarie. Ovvero: quanto siamo disposti a lavorare su noi stessi. Spataro, mi sembra, pochissimo. E tra l’altro, al contrario di Scozzari, non riesce manco a far ridere.
Blepiro ha indicato con precisione chirurgica la stessa vignetta della Ministronza che anche io ritengo eccessiva. Quella nel corridoio dell’albergo. Fa venire in mente una battuta terribile e (ovviamente) sessista: “Sai perché le donne hanno le gambe? Perché se non lascerebbero la scia, come le lumache”. Ecco, secondo me se parliamo di infortuni, vignette più o meno efficaci, vignette “a rischio”, siamo sulla strada giusta e il fumetto lo possiamo pure dissezionare. Ma nel suo complesso, l’operazione satirica di Spataro, per quanto non eccelsa, mi sembra assolutamente difendibile.
Perfettamente d’accordo con Wu Ming 4. Anche sul rischio del dogmatismo: il problema è che quella diatriba Scozzari/femminismo storico non ha avuto seguito effettivo (vedasi la distrazione prolungata nei confronti di quanto è avvenuto negli ultimi venti anni di immaginario) ma continua ad allungarsi sulle discussioni attuali.
Si deve cambiare il mondo di ridere del mondo, eccome. Si possono e si devono trovare altri modi per colpire un potente o una potente: non è vero che non si possa attaccare una donna. Sarebbe tremendo, riduttivo e controproducente affermare il contrario: ma l’attacco si deve, per tutti, condurre in altro modo. Invece, quando trattasi di donne – e qui rispondo a Seia – si usa il metro del sesso.
(Persino nel bene: leggasi l’incipit dell’articolo di Filippo Ceccarelli su Anna Finocchiaro che parte dal suo elegante vestito).
.. Secondo me sono piani diversi, il libro di Spataro è un libro riuscito? No.
Ma è uno sfottò fascista? No, anzi è uno sfottò contro il fascismo coatto della Meloni.
Che sia necessario lavorare sulla satira è indubbio, ma la satira per essere , a volte ,geniale deve lavorare su materiali sgradevoli, non è un libro di Baricco o un articolo di Michele Serra, per fortuna.
Sono disponibile a leggere una vignetta malrisuscita di Vauro su Marrazzo per poterne leggere altre mille graffianti e potenti.
Siamo su un altro piano, saint-just. Insisto sull’importanza della frase di Luttazzi: non ci può e deve permettere, oggi, di essere superficiali.
Il grado di difendibilità dipende da quanto siamo disposti ad accettare il fatto che il fumetto di Spataro non bersaglia l’obiettivo in quanto “fascista”, ma in quanto “donna fascista” (ossessionata dall’idea di prendere del cazzo fascista).
Io credo sia assolutamente legittimo che per qualcuno – e soprattutto qualcuna – questo sia stigmatizzabile e inaccettabile.
Scusate, rispondevo al commento precedente del mio socio WM2, ma se ne sono interposti altri.
Rewind:
Il grado di difendibilità del fumetto di Spataro dipende da quanto siamo disposti ad accettare il fatto che non bersaglia l’obiettivo in quanto “fascista”, ma in quanto “donna fascista” (ossessionata dall’idea di prendere del cazzo fascista).
Io credo sia assolutamente legittimo che per qualcuno – e soprattutto qualcuna – questo sia stigmatizzabile e inaccettabile.
ciao Loredana, provo a spiegarmi, se riesco:
1) la “levata di scudi” era riferita a questo http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/politica/fumetto-meloni/fumetto-meloni/fumetto-meloni.html . Era citato dal tuo post ieri,
2) sono d’accordo con wu ming 1 nell’analisi che trae da Luttazzi, analisi neutra, che pone domande senza dare risposte. A quelle domande tu ed io rispondiamo in modo diverso, ma è il modo corretto di porre la questione,
3) sono d’accordo con Girolamo sul fatto che la tecnica è etica. Infatti, in questo caso, è ciò che secondo me ha generato ambiguità. Vedere il mio post precedente. Poi Girolamo ha fatto un riferimento allo stile, parlando di Moore, che mi sembra assai interessante. Ma le mie competenze in materia si fermano.
L’unica cosa che vorrei è che non si arrivasse a questo http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/spettacoli_e_cultura/luttazzi/lettera-ferrara/lettera-ferrara.html
Se è satira, non ci vogliono dei limiti.
Per Loredana, hai ragione, credo infatti che la tua lettura e quella di Valeria sia una lettura disattenta e superficiale.
Per Girolamo,non vedo il rischio di disumanizzare l’avversario. Vedo fin troppa pace sociale.
La guerra mi sembra esercitata dalla Meloni, da Alfano , da Maroni e Giovanardi contro tossicodipendenti, migranti, lavoratori.
E da qualche simpatico amico della Meloni per le strade di Roma..
Grazie Saint Just per la consueta cortesia.
Blepiro: però spiegami una cosa. Ribadisco per le trecentesima volta che qui non si è mai parlato di altri limiti se non quelli che CHI NARRA usando la penna, il pennello, la tastiera o la voce deve porsi non in termini di autocensura ma in forma, appunto, di etica, di responsabilità, di approfondimento del proprio discorso.
Quello che insisto nel sottolineare è che, in questo preciso momento, a chi interviene nel campo della narrazione sembra bastare l’effetto facile e già sperimentato (da chi? ce lo vogliamo chiedere). E che, nel caso del femminile, la cosa più facile è mettere in ridicolo l’aspetto sessuale. Lo stile non è soltanto “essere bravi”: lo stile è comprendere qual è la propria voce narrativa e a cosa si intende applicarla.
Nel caso specifico, Spataro ha due stili: uno sociale e uno che si esplica nel fumetto per adulti di livello tutt’altro che elevato. Nel caso della Ministronza hanno circuitato. Male.
A me non sembra una cosa strana, se faccio satira su Tizio, che dentro al tritacarne ci finsicano le azioni di Tizio insieme con alcune caratteristiche, anche fisiche, caricaturali, di Tizio. Mi pare che la satira, oggi, funzioni così. Se questo non ci piace, allora davvero bisogna mettere in discussione tutto l’aspetto “caricaturale” e cinico che la satira ha sul corpo: dalla gobba di Andreotti, alla ciccia di Ferrara, all’essere donna della Meloni. Posso far satira sulla biografia di Ferrara prescindendo dalla sua buzza? Direi di sì. Posso far satira sulla bio della Meloni prescindendo dal suo essere donna? Come faccio? Posso far satira sulla Meloni, coinvolgendo pure il fatto che è donna, senza essere sessista? Posso? Come?
“Qual è la differenza tra la cultura (cultura?) del presidente del Consiglio che parla delle donne come piacevoli oggetti d´arredamento e di consumo, salvo insultarle quando non rientrano nel ruolo e quella del disegnatore di fumetti che per criticare una ministra che non gli piace utilizza le allusioni sessuali più grevi e in generale la squalifica come essere umano?”
Eppure è semplice: il primo è una essere umano reale e presidente di consiglio dei ministri, il secondo un disegnatore che usa quelle parole in un preciso contesto satirico. Per me non è lo stesso; mettere alla pari queste cose significa semplificare l’uso del linguaggio sessista. L’uso del disegnatore è stato evidentemente parodico e – anche se sono d’accordo che poteva fare di meglio – non lo metto sullo stesso piano dell’insulto sessista espresso da una persona vera, per di più di quel peso politico.
Se Guzzanti avesse usato le parole che ha usato Giovanardi mentre “imitava” Giovanardi? Avrebbe “esagerato”? Oppure questo schema non va bene con tutti gli insulti?
Insisto: la Meloni è quella che è – c’è da chiedersi anche se sia davvero una donna, visto i “valori” che propugna (http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2009/11/14/quale-genere-di-fascista). La satira su di lei può non piacere, ma non può essere diversa da così perché lei è così. E non ho capito qual è il problema di essere d’accordo. Dovrei fare una colpa al disegnatore perché ha accentuato quei tratti che sono reali? Ci provo a dirlo:
Si sbaglia a fare una pesante caricatura del modo di essere della Meloni, perché se lo faccio “riproduco” il sessismo invece di combatterlo.
Mi dispiace ma in queste ultime righe io vedo qualcosa che non va. Vedo un accenno di solidarietà a una persona che non la merita. Non sono certo un sessista, e credo di capire bene la differenza tra un insulto reale e uno “disegnato”.
@WM2: E’ giusto porsi quelle domande, proprio perché – come dice Luttazzi – non si può prescindere dal contesto. Che sul corpo e la psiche femminile si stia combattendo una guerra di civiltà, e che specificamente in Italia questo conflitto assuma aspetti immediatamente politici, oltre che sociali, devastanti, è un fatto. Ce ne fottiamo? Avremmo fatto satira sugli ebrei nel 1945? O sui neri nel ’65? NOn credo che si possano trarre dogmi satirici, appunto, ma valutare l’opportunità (quindi l’efficacia) di un gesto estetico, questo sì. Occorre continuare a interrogarsi, ogni volta, ma a condizione di farlo davvero, e di non scrollare le spalle, pensando che certe questioni appartengono a un armamentario retorico ormai remoto. Sono remote, sì, ma, come dice Loredana, è perché sono rimaste tali che oggi ci troviamo nella merda in cui siamo.
Va beh, mi sono già abbondantissimamente espressa e sono d’accordo con Saraceno Loredana e WM4, registro anche con piacere un lieve spostamento nel baricentro della discussione.
Mi ripeto, giusto per ribilanciare la presenza femminile in questa discussione.
Ma vogliamo pensare un momento questa cosa politicamente, e non con la solita questione dei diritti della satira? Nessuno qui inneggia alla censura. Si ragiona solo sui temi della coerenza politica: se politicamente scegli di sostenere delle idee, lo fai dall’inizio alla fine, compresa la scelta dei linguaggi. La scelta dei linguaggi in specie quello della satira, è molto più onesta ed emotiva delle altre scelte, perchè non si può fingere di ridere. E se certi passaggi di Spataro fanno ridere rinviando a una colpevolizzazione della corporeità femminile, dove si scappa? C’è un’incoerenza. E l’incoerenza non è una disattenzione è un triste barlume di onestà. Onestà ancora più desolante se ci si rende conto della cornice storica in cui si opera – come nota giustamente WM4. Cornice di cui, l’umorista tiene se pre conto, o per accettazione o per distanza.
Il punto è che proprio perché non sono affatto solidale con la Meloni non mi piace quel fumetto.
Per quanto riguarda tutto il resto, sono d’accordo con wu ming 4, per cui mi fermo qui.
@ Wu ming 2. A me non dispiacerebbe mettere in discussione l’aspetto caricaturale della satira sul corpo. Per un motivo, in particolare: l’ossessione del corpo, oggi, non è soltanto questione della satira. E’ totalizzante. Intendo: ossessione del corpo come perfezione asettica del medesimo. Poi: “Posso far satira sulla Meloni, coinvolgendo pure il fatto che è donna, senza essere sessista? Posso?”. Sì. Insisto: riferendosi alle azioni soprattutto.
@Lippa: Capisco il tuo desiderio e la questione che sollevi rispetto all’ossessione del corpo. Tuttavia la satira disegnata ha un legame col corpo inestricabile, dovuto al fatto che è, appunto, disegnata. Se uno dovesse disegnare me, mi farebbe nano e con le orecchie da Dumbo, non c’è storia. Il problema sono gli stereotipi. Se voglio fare una satira su Sharon, siccome non sono un antisemita, la faccio senza tirare in mezzo usura, grettezza, naso adunco (però se Sharon avesse davvero il naso adunco glielo dovrei fare, non c’è maquillage che tenga). Se voglio fare una satira sulla Meloni, siccome non sono sessista, non me la gioco su stereotipi sessisti. Ecco, sicuramente ci sono dei passaggi dove Spataro ci casca, nello stereotipo. In altri, non si capisce se ci casca o se fa il verso al punto di vista fascista (ad es qui: http://bp3.blogger.com/_-YFuAxHiZ20/SGoVEk_9UkI/AAAAAAAAACo/52mXyOyTP6s/s1600-h/gm3b.jpg) A me piacerebbe fare un’analisi dettagliata, di questo tipo, piuttosto che non un processo a tutto il fumetto, che qua e là e pure divertente. E se devo scegliere tra Spataro e Meloni, sto con Spataro, tutta la vita.
Capisco che la questione è scottante, come dice WM4, e che bisogna aver coscienza del contesto. Ma da qui a equiparare Giovanardi e Spataro ce ne passa un bel po’…Chi lo fa, a sua volta, trasforma Spataro in vittima (di un abuso di paragone), e non credo gli convenga davvero…
(premessa inutile: secondo me se una satira non strappa manco un sorriso, forse un problema c’è).
Concordo con l’ultimo intervento di WM4 sul nervo scoperto della questione femminile. Questo magari nelle menti dei lettori può non entrare, ma negli autori assolutamente sì. Io nel mio piccolerrimo mi rendo conto di quanto sia meccanico e naturale dimenticarsene mentre si creano personaggi femminili. Se non avessi frequentato questo blog non vi avrei fatto granché caso.
E mi pare anche che non sia argomento teorico. Bisogna abituarsi che in questo paese c’è una deviazione sul tema.
Nel migliore dei mondi possibili, la satira di Spataro forse sarebbe stata accolta col sorriso o sarebbe passata sotto silenzio.
Ma evidentemente non è così.
(Chiudo con un’inutile postilla, ma vorrei ricordare che la “censura” non è un fantasma formaggino evocato da degli stregoni. Esiste una censura quotidiana, utilissima all’autore, che è data dai suoi collaboratori, che in teoria avrebbero dovuto porgli la questione prima di finire alle stampe).
Mi interessa la satira? no.
Perchè intervengo? perchè mi interessa la libertà.
La mia, soprattutto, e penso che sia la libertà il fulcro su cui ruota
questo post. Il rischio di avvitarsi sulla trita discussione sulla “liberta di satira” (non so, qualcuno ha già citato Petronio?) che crea noia.
Assuefazione.
L’assuefazione crea il “generatore automatico di risposte per minchioni” da sbandierare ad ogni cena con la vecchia zia o i condomini. “Mica son tutti così, c’è anche il negro buono”, presente?
L’assuefazione permette un restringimento della parola libertà. Ed è questo quello che ci è caduto addosso da venti anni a questa parte. Una libertà di parola fraintesa. Libertà di parola fraintesa crea Reich. Da sempre.
Non ci credete?
E’ grazie alla fraintesa libertà di parola che la Meloni è ministro. E un testo similmanganello e olio di ricino che restringe il concetto di libertà fa il SUO gioco, o sbaglio?
La Santanichè non riesce più a “scandalizzare” neppure dicendo che Maometto era pedofilo. In nome della libertà di parola, la prossima volta andrà ancora più pesante.
Restringendo la libertà di parola. Quella vera. La vostra – ma soprattutto la mia.
E’ grazie alla fraintesa libertà di parola (che rende la pancia più schifosa della plebe paritaria rispetto all’intelletto popolare) che abbiamo personaggi disgustosi a dirigere organi di informazione (che, guarda un po’, non fanno altro che pubblicare merda per RESTRINGERE la libertà dietro lo scudo della… “libertà di”).
Quindi, secondo me, il discorso non è censura sì, censura no. Satira sì, satira no.
Il discorso è: fino a che punto vogliamo svuotare la parola libertà? Fino a che punto ci sta bene? E, soprattutto, come possiamo fare – concretamente – per riappropiarci degli spazi persi?
@wu ming2 “E se devo scegliere tra Spataro e Meloni, sto con Spataro, tutta la vita”.
Perché: si tratta di scegliere? Chi l’ha detto che per essere, o per mostrarmi, antifascista devo adottare le modalità di Spataro ed essere solidale con lui?
Io non sono solidale con la Meloni, non le ho mandato nessun messaggio, e non sono solidale con Spataro: non mi piace il suo linugaggio, lo trovo connivente con l’oggetto della sua satira. punto.
@valeria: ma infatti, “se devo” scegliere, significa proprio che non voglio scegliere. Voglio invece la soluzione più complessa: leggere il fumetto, tutto, poi dire quali sono le tavole dove, secondo me, Spataro casca nello stereotipo sessista. Perché se, e ripeto se, devo considerare l’operazione nel suo complesso, senza distinguo interni, allora preferisco Spataro alla Meloni e anche a chi lo paragona a Giovanardi. Ovvero: Spataro è inciampato, qua e là, nel lavoro che ha fatto, ma nel complesso, io quel lavoro non lo trovo un errore, uno sbaglio totale.
…Tra l’altro si è anche costretti a scegliere, perchè l’anatema contro Spataro è stato lanciato da raffinati intellettuali come Cicchitto, noti per il rispetto della satira.
Con gli stessi argomenti con cui fecero fuori Luttazzi, la volgarità,la faziosità.
Temo che più che la dimensione fascista, alla destra dia fastidio il disvelamento delle loro ,ben presenti, radici fasciste più che la dimensione sessuale del fumetto.
wm2. E’ che quando si tratta di stereotipi di genere, arriva sempre la teoria dell’inciampo. Inciampare – cioè finire in un capitombolo a causa di un oggetto estraeneo ai propri programmi, qualcosa che non si era visto, un aver messo male i piedi. La teoria dell’inciampo è sempre riservata agli ottimi camminatori – mica alli zoppi. La teoria dell’inciampo ha anche la dolcezza del minimizzare la trappola che lo trova.
Che vuoi che sia – un tombino, un ramo, il maschilismo, l’omofobia etc.
Questo dibattito mi interessa proprio perchè è in seno alla mia parte politica e ideologica. Mi interessa per la sua buona fede dei WM1 e 2 e 3 e 4 e tutti gli altri. Mi da la il termometro della consapevolezza raggiunta riguardo il sessismo in Italia.
Vi chiedo allora. Per favore, la teoria dell’inciampo no. Meglio l’inveterato lapsus freudiano eh, che di questi inciampi rivela le ideologie sottese. Fintano che – ab ovo – non si ragiona sulle strutture mentali e culturali sottese ai gesti ce credo che se continua a parlare di dita e non di luna.
@zauberei
parlo solo a titolo personale, i miei compari hanno espresso altre idee, come s’è visto.
E parlo di inciampo solo perché si tratta di Spataro, uno che le sue doti di buon camminatore in altri frangenti le ha dimostrate. Quindi suppongo si tratti di qualcosa che “non ha visto”, e questo mica vuol dire che non sia grave. Perché se non l’ha visto, magari sarà un buon camminatore, però è miope, orbo, forse ha problemi al vitreo, al cristallino, alla cataratta, insomma bisogna capire dove. E scoprire magari che, ahi, alcuni dei suoi problemi ce li ho pure io. Invece se andiamo giù con l’accetta, Spataro=Giovanardi, smettiamo di parlare di oculistica, parliamo di silvicultura, e non facciamo altro che buttare tronchi in testa alla gente.
Anzitutto chiedo scusa per il ritardo con cui smodero alcuni commenti che finiscono, mio malgrado, in coda di approvazione. Sto con un piede dentro lo studio di Fahrenheit e seguo la discussione in modo discontinuo.
Anche io penso che non si tratti di scegliere: non è una questione di schieramenti ma di pensiero, e spesso in quel pensiero “inciampano” anche i buoni camminatori. E quasi sempre, come dice giustamente Zaub, è la questione di genere.
Ma non sottovaluterei affatto l’intervento di GL. Anzi, mi sembra che metta sul tavolo un punto chiave.
Gasparrini! Piccino, piccino. “La Meloni è quella che è”, cioè un brontosauro? Non una donna perchè ex missina? Non merita quel portato culturale legato al concetto di donna? Merita la denigrazione, l’infamia, uno zoccolo in faccia? E se un fumetto raccontasse della trasformazione in trans della Bindi, si assisterebbe al funambolismo di questa discussione sulla satira ed il rispetto della dignità di donna? Sono certo che no! Si scriverebbe di volgarità, incultura, sessismo, di violenza. In tanti interventi è evidente l’assenza di un’organizzazione articolata della percezione del tema. Non c’è l’onestà intellettuale dello sforzo di comprendere il travalicamento del limite della satira. Si sostiene, a cervello chiuso, l’esigenza satirica, perchè la donna oggetto della stessa è nella grammatica della loro ideologia l’errore.
Dinosauro, sei pregato di leggere tutto e bene. I forum si usano così.
La Meloni è sessita e maschilista. E anche le sue azioni lo sono. Che si potesse fare un lavoro migliore di quello di Spataro sono il primo a dirlo, e l’ho detto. Che il suo fumetto sia sessita perché fa uso di un linguaggio sessista riportandolo come altrui – e quell’altrui lo usa – mi pare una cosa diversa. La trasformazione in trans della Bindi seguirebbe lo stesso percorso: anche a me risulterebbe sgradevole, ma non lo prenderei come un insulto ai trans. Mi pare che quelli ci pensa un altro ministro a formularli, con la veemenza e il peso politico che nessun fumetto può avere.
“Non c’è l’onestà intellettuale dello sforzo di comprendere il travalicamento del limite della satira.” La prova che non hai letto bene quello che ho scritto. E’ un modo di presentarsi anche questo.
La domanda di G.L. è giusta: “fino a che punto vogliamo svuotare la parola libertà? Fino a che punto ci sta bene? E, soprattutto, come possiamo fare – concretamente – per riappropiarci degli spazi persi?”
Il mio è un modo di rispondere a questa domanda. Ma bisognerebbe evitare una lettura “piccina piccina”.
P.S. Sì, io credo che la Meloni non merita il portato culturale legato al concetto di donna, dato che tutte le sue azioni politiche lo rinnegano. E mi sembra proprio che sia stata una sua scelta; la sua storia politica non è certo un mistero.
Sul commento di G.L.: vado di corsa adesso, mi scuso se non ho tempo di elaborare. Ma qualcosa mi stona.
Provo a spiegarmi: per come tratteggiata dal commento, la libertà descritta sembra il risultato di un rapporto di forza. Una sorta di spostamento a ritroso della verità foucaultiana. In questo ambito, non credo che si possa considerare la satira come qualunque enunciato o opera d’arte, visto che per definizione la satira aggredisce il potere, partecipa al rapporto di forza. Dovrebbe, in pratica, farci riappropriare di spazi che vengono privati con altri tipi di enunciati .
Quindi occorre distinguere tra un fumetto satirico e le frasi della Santanché (come si fa a dire che non ci sono state reazioni? Forse non si sono percepite. Ma è un problema di carenza di libertà, di mancanza di spazio per le voci opposte, non il contrario).
Non usare allusioni sessuali (anche grevi) nei confronti delle donne, vorrebbe dire continuare a preservarle, a manterle dentro la secolare campana di vetro in cui si trovano ancora oggi.
E’ questo trattamento vellutato e ovattato che mi offende, e non le vignette di Alessio, semplici fumetti satirici.