Quando ho preso in mano L’assedio del male ero decisamente incuriosita: ma non dai gossip su chi si cela dietro lo pseudonimo di Lidia Colleoni (basta leggere le prime dieci pagine, in effetti, e si comprende perfettamente l’identità dello scrittore: e giuro che non ne sapevo niente).
Quel che mi attirava, nel romanzo, era anzitutto l’incursione di una (nuova) penna italiana nell’horror (miscelato con il mistery, nel caso): più ce ne sono, meglio è, soprattutto in un momento in cui all’horror medesimo andrebbero rivolte la stessa attenzione e la stessa passione che, pochi anni fa, attraversarono felicemente noir e giallo.
Ce n’è bisogno. Ho la sensazione, e ne parlerò in un piccolo testo che sto preparando come appendice ad un libro altrui, che nell’horror italiano – fatte salve pochissime eccezioni – si ragioni sbrigativamente, per stereotipi da B-movie. Lunga vita ai medesimi, certo: però l’horror ha molte altre possibilità, come altri autori (King su tutti) dimostrano da anni. Sarebbe, a mio parere, necessario liberare un po’ il terreno: bruciare le stoppie, per ricominciare.
Ci torno.
Intanto torno al romanzo: che ha il grande pregio di innestare visioni, apparizioni, agguati del Male con la tradizione cattolica, e con il molto di pagano che nella medesima esiste. Riti, esorcismi, culti. Quello di Padre Pio, soprattutto: ma non solo. Ci sono sassi che rotolano dentro i muri, occhi da rettile che si sovrappongono ad occhi di santo, profumi di gelsomino, fiamme infernali, lampadine che si fulminano.
E c’è una protagonista, Matilde, agente dei servizi, che è l’alias focolarino di Kay Scarpetta: volutamente monodimensionale, congelata nella propria assenza di emozioni, lucida come si conviene all’investigatrice. Interessante, molto.
A patto che non sia l’unica incursione di questo e altri scrittori nel genere: ce ne vorrebbero altre. Ce ne vogliono.
E’ come quando girava la fiaba che Q l’aveva scritto Eco…
Di fiabe ce ne sono tante, belle e brutte. L’importante alla fine è convincere il lettore.
🙂
insomma chi è l’autore, ce lo fate sapere anche a noi?…
Qualche settimana fa, sul Corsera Ermanno Paccagnini ha alluso esplicitamente a Giuseppe Genna. Il Miserabile ha poi smentito la circostanza su Affaritaliani. Ho iniziato a leggere da pochi giorni il romanzo, e credo che l’autrice/autore sia sicuramente debitrice/ore dell’influenza genniana, sia per l’uso delle parole, sia per il fraseggio, sia per certe soluzioni che mi ricordano parecchio “Dies Irae” e qualcosa della tetralogia di Lopez. Anche se non fosse Genna il vero autore, comunque l’influsso della sua scrittura si sente. Evidentemente “Ishmael”, il “Drago” e “GMR” continuano a mietere vittime. Rectius: proseliti.