Secondo me, ci sono diverse cose su cui riflettere nel lungo intervento che Alessandro Baricco fa oggi sul quotidiano: indovinate quali?
Questo è un articolo che non dovrei scrivere. Lo so. Me lo
dico da me. E lo scrivo. Dunque. La scorsa settimana, su queste pagine, esce un
articolo di Pietro Citati. Racconta quanto lo ha deliziato mettersi davanti al
televisore e vedere i pattinatori-ballerini delle Olimpiadi. Lo deliziava a tal
punto – scrive – che «dimenticavo tutto: le noie, le mediocrità, gli errori
della mia vita; dimenticavo perfino l´Iliade di Baricco, e la vasta e
incomprensibile ottusità dei volti di Roberto Calderoli e di Alfonso Pecoraro
Scanio». Io ero lì, innocente, che mi leggevo con piacere l´esercizio di stile
sull´argomento del giorno e, trac, mi arriva la coltellata. Va be´, dico. E,
giusto per mite rivalsa, lascio l´articolo e vado a leggermi l´Audisio.
Qualche giorno dopo, però, vedo sull´Unità un lungo articolo di Giulio Ferroni
sull´ultimo libro di Vassalli. Bene, mi dico. Perché mi interessa sapere cosa
fa Vassalli. Malauguratamente, alcuni dei racconti che ha scritto sono sul
rapporto tra gli uomini e l´automobile. Mentre leggevo la recensione sentivo
che finivamo pericolosamente in area Questa storia (il mio ultimo romanzo, che
parla anche di automobili). Con lo stato d´animo dell´agnello a Pasqua vado
avanti temendo il peggio. E infatti, puntuale, quel che mi aspettavo arriva. Al
termine di una lunghissima frase in cui si tessono (credo giustamente) elogi a
Vassalli, arriva una bella parentesi. Neanche una frase, giusto una parentesi.
Dice così: «Che distanza abissale dalla stucchevole e ammiccante epica
automobilistica dell´ultimo Baricco!». E voilà. Con tanto di punto esclamativo.
Ora, nessuno è tenuto a saperlo, ma Citati e Ferroni sono, per il loro
curriculum e per altre ragioni per me più imperscrutabili, due dei più alti e
autorevoli critici letterari del nostro paese. Sono due mandarini della nostra
cultura. Per la cronaca, Citati non ha mai recensito la mia Iliade, e Ferroni
non ha mai recensito Questa storia. Il loro alto contributo critico sui miei
due ultimi libri è racchiuso nelle due frasette che avete appena letto,
seminate a infarcire articoli che non hanno niente a che vedere con me.
È un modo di fare che conosco bene, e che è piuttosto
diffuso, tra i mandarini. Si aggirano nel salotto letterario, incantando il
loro uditorio con la raffinatezza delle loro chiacchiere, e poi, con un´aria un
po´ infastidita, lasciano cadere lì che lo champagne che stanno bevendo sa di
piedi. Risatine complici dell´uditorio, deliziato. Io sarei lo champagne.
Potrei dire che non me ne frega niente. Ma non è vero. Mi ferisce poco la
gomitata assestata a tradimento, ma mi offende molto il fatto che sia tutto ciò
di cui sono capaci. Mi sorprende il loro sistematico sottrarsi al confronto
aperto. La critica è il loro mestiere, santo iddio, che la facciano. Cosa sono
queste battutine trasversali messe lì per raccogliere l´applauso ottuso dei
fedelissimi? Vi fa schifo che uno adatti l´Iliade per una lettura pubblica e lo
faccia in quel modo? Forse è il caso di dirlo in maniera un po´ più argomentata
e profonda, chissà che ci scappi una riflessione utile sul nostro rapporto con
il passato, chissà che non vi balugini l´idea che una nuova civiltà sta
arrivando, in cui l´uso del passato non avrà niente a che fare con il vostro
collezionismo raffinato e inutile. E se trovate così stucchevole un libro che
centinaia di migliaia di italiani si affrettano a leggere, e decine di paesi
nel mondo si prendono la briga di tradurre, forse è il caso di darsi da fare
per spiegare a tutta questa massa di fessi che si stanno sbagliando, e che la
letteratura è un´altra cosa, e che a forza di dare ascolto a gente come me si
finirà tutti in un mondo di illetterati dominati dal cinema e dalla
televisione, un mondo in cui intelligenze come quelle di Citati e Ferroni
faranno fatica a trovare uno stipendio per campare.
Si dirà che è un diritto dei critici scegliersi i libri di cui scrivere. E che
anche il silenzio è un giudizio. E´ vero. Ma non è completamente vero. Lo so
che per persone intelligenti e colte come Citati e Ferroni i miei libri stanno
alla letteratura come il fast-food alla cucina francese, o come la pornografia
all´erotismo. Per usare una frase di Vonnegut che mi fa sempre tanto ridere, mi
sa che per loro i miei libri, nel loro piccolo, stanno facendo alla letteratura
quello che l´Unione Sovietica ha fatto alla democrazia (non si riferiva a me,
Vonnegut, che purtroppo non sa nemmeno che esisto). Ma quale arroganza
intellettuale può indurre a pensare che non sia utile capire una degenerazione
del genere, e magari spiegarla a chi non ha gli strumenti per comprenderla?
Come si fa a non intuire che magari i miei libri sono poca cosa, ma lì i
lettori ci trovano qualcosa che allude a un´idea differente di libro, di
narrazione scritta, di emozione della lettura? Perché non provate a pensare che
esattamente quello – una nuova, sgradevole, discutibile idea di piacere
letterario – è il virus che è già in circolo nel sistema sanguigno dei lettori,
e che magari molta gente avrebbe bisogno da voi che gli spiegaste cos´è questo
impensabile che sta arrivando, e questa apparente apocalisse che li sta
seducendo? Non sarà per caso che la riflessione nel campo aperto del futuro vi
impaurisce, e che preferite raccogliere consensi declinando da maestri mappe di
un vecchio mondo che ormai conosciamo a memoria, rifiutandovi di prendere atto
che altri mondi sono stati scoperti, e la gente già ci sta vivendo? Se quei
mondi vi fanno ribrezzo, e la migrazione massiccia verso di loro vi
scandalizza, non sarebbe esattamente vostro degnissimo compito il dirlo? Ma
dirlo con l´intelligenza e la sapienza che la gente vi riconosce, non con
quelle battutine, please.
Per quello che ne capisco, i miei libri saranno presto dimenticati, e andrà già
bene se rimarrà qualche memoria di loro per i film che ci avranno girato su.
Così va il mondo. E comunque, lo so, i grandi scrittori, oggi, sono altri. Ma
ho abbastanza libri e lettori alle spalle per poter pretendere dalla critica la
semplice osservanza di comportamenti civili. Lo dico nel modo più semplice e
mite possibile: o avete il coraggio e la capacità di occuparvi seriamente dei
miei libri o lasciateli perdere e tacete. Le battute da applauso non fanno fare
una bella figura a me, ma neanche a voi.
Ecco fatto. Quel che avevo da dire l´ho detto. Adesso vi dico cosa avrei dovuto
fare, secondo il galateo perverso del mio mondo, invece che scrivere questo
articolo. Avrei dovuto stare zitto (magari distraendomi un po´ ripassando il
mio estratto conto, come sempre mi suggerisce, in occasioni come queste,
qualche giovane scrittore meno fortunato di me), e lasciar passare un po´ di
tempo. Poi un giorno, magari facendo un reportage su, che ne so, il Kansas,
staccare lì una frasetta tipo «questi rettilinei nella pianura, interminabili e
pallosi come un articolo di Citati». Il mio pubblico avrebbe gradito. Poi, un
mesetto dopo, che so, andavo a vedere la finale di baseball negli Stati Uniti,
e avrei sicuramente trovato il modo di chiosare, in margine, che lì si beve
solo birra analcolica, «triste e inutile come una recensione di Ferroni».
Risatine compiacenti. Pari e patta. E´ così che si fa da noi. Pensate che
animali siamo, noi intellettuali, e che raffinata lotta per la vita affrontiamo
ogni giorno nella dorata giungla delle lettere…
Purtroppo però non è andata così. Il fatto è che l´altro giorno ho visto il
film su Truman Capote. Si impara sempre qualcosa spiando i veri grandi. Lui in
quel film è così orrendo, spregevole, sbagliato, megalomane, imprudente,
indifendibile. Mi ha ricordato una cosa, che talvolta insegno perfino a scuola,
e che però mi ostino a dimenticare. Che il nostro mestiere è, innanzitutto, un
fatto di passione, cieca, maleducata, aggressiva e vergognosa. Posa su una
autostima delirante, e su un´incondizionata prevalenza del talento sulla
ragionevolezza e sulle belle maniere. Se perdi quella prossimità al nocciolo
sporco del tuo gesto, hai perso tutto. Scriverai solo cosette buone per una
recensione di Ferroni (no, scherzo, davvero, è uno scherzo). Scriverai solo
cosette che non faranno male a nessuno. Insomma è tutta colpa di quel film su
Truman Capote. D´improvviso mi è sembrato così falso starmene lì, come una
bella statuina, a prendere sberle dal primo che passa. E´ una cosa che non
c´entra niente col mestiere che è il mio. Vedi, se me ne stavo a casa a vedere
Lazio-Roma, oggi eravamo tutti più sereni e tranquilli. E penosi, of course.
Ma, una cosa non capisco. E’ vietato da qualcosa usare (a mò di motto) i libri di Baricco come termine di paragone?
Baricco si lamenta del fatto che i due prima non hanno mai recensito le sue due fatiche citate (l’iliade e questa storia), questo per caso toglie loro il diritto di citare anche in maniera trasversale e frivola le sue opere?
Cara (permetti) Gemma, non vedo alcun tipo di attacco o di strongatura cattiva negli articoli di Citati e di non ricordo chi. Semplicemente hanno detto un qualcosa del tipo:
Il film di ieri sera era stucchevole quanto un passo di danza della Lecciso.
Devo per caso chiedere il permesso o vantare un’esegesi sul fenomeno Lecciso per poterla usare come termine di paragone?
Montare un caso (come ha fatto Baricco) da queste povere considerazioni significa che dietro c’è molto di più. Non venga a dire il Baricco che queste due frasettine buttate lì sono l’unico motivo per cui si lamenta. Non è sufficiente, c’è dietro tutto un rapporto, generale rispetto a questa situazione, infantile e conflittuale fra critica e scrittore.
Per pura prevenzione, non ho mai letto un rigo di Baricco. Non ho mai pensato bene di lui, ma senza un perché: pura diffidenza. Nell’articolo si accredita “una nuova, sgradevole, discutibile idea di piacere letterario – è il virus che è già in circolo nel sistema sanguigno dei lettori”, si dice portatore del futuro, eccetera. Questa cosa suona come una cazzata, supponente e vuota. Sul resto, cioè sul costume della stroncatura di due righe, en passant, ha ragione da vendere. La diffidenza continua, però.
Baricco è un grande truffatore.La sua critica
alla critica fatta in due righe è tutta scritta a tavolino e accuratamente
studiata in ogni parola
lancia piu’ di una volta
frecce di fuoco a Ferroni e
Citati.Cosi la colonnina iin prima pagina della repubblica è finita su innumerevoli blog.Non gli
bastava la pagina 44 intera
e la Repubblica è stata costretta a mettere tutta l’rticolo sulla Repubblica.it.
Pubblicita’ gratuita
ed estratto conto da Re.
cat
Ho come l’impressione che quello che stia capitando a Baricco, Citati e Ferroni sia una sorta di dissing (pratica frequente nel mondo dell’hip-hop). Mi spiego, frettolosamente. Sono il rapper A, il rapper B mi sta sulle palle, allora in una canzone in cui parlo di un qualsiasi argomento ci metto dentro una rima in cui dico che B è gay (di solito il mondo dell’hip-hop non gioca molto di fino nelle offese) e sua madre una poco di buono (vedi sopra). A quel punto il rapper B si sente tirato in ballo, per cui non mancherà, alla prima occasione di dire che il rapper A è ricchione e la sua madre etc etc. Il tutto accadrà anche durante le interviste, i concerti, le apparizzioni tv. Nel migliore dei casi la cosa va avanti per anni e i due si fanno pubblicità a vicenda. Nel peggiore dei casi uno dei due (o tutti e due) rapper viene trovato morto sparato in una limousine mentre sta andando a vedere un incontro di Mike Tyson, con tutto quel che ne consegue. Dissing, appunto. Io, che mi occupo anche di musica, sono stato al centro di alcuni dissing, in passato. E visto che ero stato tirato per la giacchetta (che non ho) da alcuni rapper (Frankie Hi NRG, i Gemelli DiVersi, per dire due nomi) ho risposto come potevo. Non facendo concerti e canzoni mi sono limitato a fare il Citati o il Ferroni su riviste musicali. “Il disco di Pinco Pallino è veramente brutto, ma mai come quello di Frankie Hi NRG…”, per dire. Ma non stavo facendo critica musicale, in quel caso, stavo rispondendo, dichiaratamente, a un dissing. Quindi, non ci rimane che vedere l’evolversi delle cose, sperando che Tyson non abbia previsto di tirare alla boxe dalle nostre parti.
M
Scusate la valanga di post e con questo chiudo:
1. Baricco ha tutto il diritto di replicare, ma non per ogni minima e stupida cosa. Magari domani interverrà contro un pizzaiolo che paragona la sua prosa ad una pizza scondita.
3. I critici (in generale non in questo caso perchè non fa testo) non dovrebbero lasciarsi andare in patetici giudizi di valore ma piuttosto in più “ficcanti” giudizi di fatto.
ho letto l’articolo stamattina e anch’io ho pensato bravo baricco. ho cercato di mettere da parte la mia opinione sull’autore( libri letti anni fa mi sono piaciuti, alcuni molto, il penultimo era orrendo, l’ultimo meno peggio, ma comunque..)e credo abbia centrato la questione. quelle non erano recensioni (non per la brevità) ma per il modo in cui venivano fatte scivolare volutamente in altri ambiti, e discorsi. è un pò la stessa cosa di quando dici una frase ad un amico ad alta voce, in modo che un terzo destinatario recepisca, ma spiazzato non riesca a controbbattere.
è un modo terribilmente insopportabile e snobistico di fare, soprattutto vista la fonte. è vero che hanno tutto il diritto di non recensire un libro, ma resta un atteggiamente poco gradevole, e prima di tutto per loro. un libro che vende così merita attenzione quantomeno come “caso”, a me da lettore interesserebbe molto di più sapere “cosa” non va, capirne il perchè. ma prendersi la briga di un’analisi accurata è più difficile e faticoso che strizzare l’occhiolino a chi tanto la pensa esattamente allo stesso modo e non cerca altro che conferme. niente è dovuto a baricco, ma lui ha tutto il diritto di chiederlo. e il suo mettersi in gioco dimostrando quanto non riesca a lasciar correre mi ha fatto quasi tenerezza. e mi sembra una risposta effettivamente “di pancia”, e non così studiata.
Lippa, ma davvero, davvero, chi lascia un commento va finire su la reppublica giornale che ricevo e poco leggo?
Non volermene, quando leggo mi concentro soprattutto sulle pagine curturali:-)
Tra un pò mi schiero dalla parte dei critici, così, tanto perchè ormai sui blog li spernacchiano tanto che mi viene fuori la sindrome da buona samaritana.
Da tutta la diatriba scrittori vs critici a cui sono sostanzialmente indifferente ricavo due cose:
da una parte gli scrittori non sanno chi sono (oltre alla loro dimensione libraria, editoriale e forse umana), cosa vogliono, dove vanno e quindi sollecitano l’aiuto del loro psicoanalista e sociologo di riferimento che è il critico.
Dall’altra i critici (spesso troppo occupati in compiti da bottega medievale con pupilli apprendisti e scuderie editoriali) non sanno che fare, dove attingere gli strumenti per una comprensione della realtà (che daltronde non sfugge solo a loro, ahimè) e come rapportarsi a quei rampolli sia banali che cazzuti che non stanno nelle loro logiche di bottega. Di dedicarsi a professioni moderne come la psicologia, la sociologia, la tettonica a zolle, la neurochimica (esiste o sono in anticipo sui tempi?) o la teoria dei ‘memi’ meglio non parlare.
Ne conseguono ripicche e bagatelle, mezzo frasette o mezzo premietti che rimbalzano nei modi descritti dal pelide Baricco in preda a sconforto, ma ancor confortato da successi editoriali e femminei (pare) su cui i tenutari di bottega poco possono. E lo fa ampiamente notare.
Baricco a Chi? a loro, ai critici (io non lo voglio certo). I critici a Chi? a chi se li piglia (neppure di quelli ho cura).
Solo scrissi nella speranza di una frase (verbo soggetto complemento) in quel della Repubblica. Lo so, lo dico e non me ne vergogno.
besos
Scusa, Salvatore. L’ammiccamento stroncatorio, chiamiamolo così, è ormai diffuso. Ed è l’equivalente delle fascette che lanciano i libri con “supporti critici” del tipo “Da questo libro il film…”. Cioè, non mi dice niente.
L’ammiccamento stroncatorio trasforma la critica in ruttini sulla letteratura, perché non argomenta ma cita il luogo comune.
Infine se pensi, pensate, che Baricco stia alla letteratura come la Lecciso stia alla danza, comunque, non c’è dialogo…
E il tormentone del conto in banca di Baricco poi… Basta… Questo è un altro dei capisaldi di certa critica, e fruizione, letteraria. Chi vende tanto fa schifo e chi vende poco è un genio incompreso, occultato dal sistema culturale-editoriale… Ma veramente ci credete ancora? Ma sul serio? No perché così date degli idioti a tutti i lettori di Baricco, Dan Brown, eccetera.
(E con questo non voglio dire che l’editoria non funzioni in maniera innanzitutto commerciale, purtroppo, come tutti i mercati liberi e non algidissimi. Allo stesso tempo però questo non significa che ogni libro Mondadori sia feccia e che ogni critica letteraria sia uno spot.
E soprattutto che uno scrittore possa non starci, a fare la sputacchiera, anche se sarebbe per Citati o Ferroni).
Accidenti, “che uno scrittore non possa non starci”! :0)
Solo due cose: Baricco può anche fingere di non ricordare che qualcuno ha argomentato le “stroncature”; può anche non averle lette, ma qualcuno l’ha fatto, e non solo due con aggettivi che esprimessero sincero (o meno) disgusto. Del resto, che si debba argomentare un’opinione è opinione abbastanza ovvia, abbastanza banale, in questo caso Baricco non scopre nulla (ma in nome proprio).
E non credo sia difficile spiegare perché Baricco, soggettivamente, possa non piacere e ugualmente essere venduto, o essere venduto troppo in rapporto al suo “indice di gradimento”: i fenomeni pop non nascono oggi.
Né un’argomentazione, né una prova pratica di come vendere effettivamente uova targate letteratura è complicata, o di come vendere tonno ai cinesi (ne segue: magari ci provo, e ci proveranno altri).
Un inciso, come molti qui sapranno, mi pare che le vendite di Baricco siano diminuite di molto, e la sua scrittura non sia né migliorata né peggiorata.
Come mai?
Piccola parentesi: ho cancellato tre commenti di mero insulto provenienti dal solito signore bisognoso del solito (serio) professionista. Capita.
Baricco?
Un tavor cartaceo per casalinghe stressate…
(2 righe…)
Ho trovato pure io gradevole il pezzo di Baricco oggi. Qui pero’ spezzerei una lancia anche per il critico condannato da sua signora deontologia ad argomentare tutto tutte le volte…anche in casi come questo di una battuta di mezza riga. Mi parrebbe eccessivo pensarlo, anche fossi l’ego di Baricco.
Baricco ha ragione a criticare le velenose pugnalate ai suoi libri, così, per puro e sadico divertimento; ma queste scaramucce, batti e ribatti, sono dannatamente noiose e puerili.
Tanto chi ama Barico (ehm, a me non dispiace…retaggio di liceo…) digrigna i denti e ringhia di fronte a queste parole, e continua a leggerlo. Dall’altra gli altri festeggiano.
A chi legge e apprezza i libri, le cose che piacciono sono altre.
(ma poi,ste cose, in fondo, fan tanto pettegole da paese…)
PS:
…tra critici e autori…
Guccini, tempo addietro, aveva detto la sua su Bertoncelli, nell’avvelenata.
E la cosa non è stata affatto male.
Ivan scrive, chiudendo il suo commento: “Un inciso, come molti qui sapranno, mi pare che le vendite di Baricco siano diminuite di molto, e la sua scrittura non sia né migliorata né peggiorata.
Come mai?”
Non sono letterato, non sono critico, ma me la cavo discretamente come commerciale (e in questo caso i numeri contano assai) e, fosse vero quanto afferma Ivan (non ne ho la controprova quindi prendo per buona l’affermazione di Ivan) la prima cosa che mi passa per la testa è:
prima ipotesi commerciale: “Si sono messi d’accordo e stanno rifacendo il vecchio giochino del buono e del cattivo”;
seconda ipotesi comemrciale: “Non si sono messi d’accordo, ma uno dei due (quello fesso numericamente parlando) si è messo a fare il cattivo e il buono ne approfitta”.
Per fare cosa? Semplice direi: sfruttare il cattivo e richiamare l’attenzione e… le vendite. Oppure sto sbagliando tutto?
Può essere, ma fidatevi almeno su questo, come commerciale me la cavo benino 🙂
Buona serata. Trespolo.
PS: per i diffidenti sono disponibile, in forma privata, a fornire i numeri che certificano la mia “posizione” di commerciale bravino.
giuro che se baricco scrivesse un horror con un protagonista che: fa lo scrittore che va in TV in maniche di camicia e ha dei figli, e vive al Nord, e ogni tanto viene a Roma, e la città gli piace…e un giorno in un bar di Piazza Ungheria (non lo so. io adoro Piazza Ungheria!) mentre legge il giornale da solo, e respira un po’ per via di questa solitudine e assenza di moglie e figli, legge una critica negativa al suo libro. mentre la legge, e addenta qualcosa da mangiare, senza alzare gli occhi dal foglio, seduto nel mitico bar di Piazza Ungheria, si gira di scatto. la tazzina sul bancone di fianco a lui, ancora piena a metà, dondola, si inclina, cade. la camicia azzurra si sporca di caffè. ach. lo scrittore guarda la macchia che si ingrandisce. fa per pulirsi. fuori dalla vetrina del bar una donna lo sta guardando. lui non l’ha vista. abbastanza indifeso, sì. ecco. in questo caso (un po’ Cose Prezione un po’ Vortice di paura – King e Woolrich) diventerei baricchiana. e in questa lettera, c’è, in potenza, una storia così. la storia di un ingenuo. perchè chi scrive e dice, e prende posizione, si espone. e chi si espone, è sempre ingenuo. perchè da quell’esporti non sai cosa ti possa venire. e cosa possa venirne fuori. magari una meraviglia. dico così. però, in effetti io non sono affidabile come lettrice. scapperei – per poca roba – col primo venuto. mi entusiasmo per niente. non c’è gusto ad avermi fra la schiera degli affezionati. lo so da me, lo vedo. no, voglio dire. quanto basta poco a uno che scrive, per diventare da un giorno all’altro, un’altra cosa. voglio dire, il ‘grado zero’ che c’è in questa lettera non c’è nei romanzi di Baricco, questo voglio dire. perchè? forse è mal (ben) consigliato? che ne so. forse i critici gli hanno fatto vedere la parte peggiore (o migliore) di lui. non è l’unico scrittore italiano di cui penso questo. scrivere e fare critica è come giocare a tennis. magari sei una schiappa ma se trovi quello che ti tira le palle forti diventi brava pure tu. (o almeno così ti sembra. e un po’ è un peccato, no?) però a me la lettera è piaciuta parecchio. esalta (ancora di più?) la conflittuale che è in me. e quindi, tutto sommato, la pacifica. perchè quando scrive i romanzi baricco vuole avere, realizza, mette in piedi questi teatrini con questa prosa ‘pacifica’? forse lui si piace pacifico, e invece è un conflittuale! giornata pesante la scarparo? abbastanza. grazie. scusate ma domani ho un picchettaggio per uno sgombero. non mio, no. vado a dare una mano. buona notte.
Trespolo,
dovrei scriverti per sapere a quanto ammonta il tuo deposito di monete? o sei zio Paperone in incognito? 🙂
io sono una via di mezzo tra Paperino e Paperoga, con una dominante di Paperoga 🙂
Pensa, sulla tua ipotesi potresti costruirci sopra un complotto. Quello dei ‘critici’ o quello degli scrittoricheselaprendonoconicriticiperchècosìsifannounpòdipubblicitàagratis’.
Se non fosse che in queste cose si fa sempre fatica a capire se nascono prima le uova o le galline basterebbe solo trovare una Maria Maddalena, un Capetingio (o Merovingio?), un Santo Graal (che altri non è che il figlio divino nato dall’accoppiamento contro natura tra critici e scrittori). Nascondere in un museo la traccia di ciò per sottrarre a poteri avversi l’enorme peso di una terribbile verità e incontrare un’albina nana ma bellissima che spara come un killer delle cazzate spaventose. Si frulla tutto e se non ne nasce un Dan Marrone si spera di avere buon sonno come quello che mi auguro da sola anche…. se vorrei ci fosse qualcuno a rimboccarmi le coperte.
Trespolo, non prendertela (spero), sono in una delle mie fasi positive e tendo all’irriverenza. Auguro una buona notte pure a tia.
besos
Quello del bestseller writer è uno stato quasi mai eterno.
Angela,
una domanda indisceta
Voialtri non leggete. Pettegoli.
Angela,
non è che ti stai innamorando di Baricco?
no, così…. 🙂
Buona notte e buon picchetto 🙂
besos
Baricco mi piace come scrive, non quello che scrive, in media. Ho letto l’articolo con molto gusto. Tuttavia, lascia un sapore amaro in bocca, quello del “anche male, purché se ne parli”. E’ probabilmente solo una mia sensazione, dettata dall’antipatia – epidermica – rispetto al personaggio.
Una lamentela pigolante perché il suo libro non ha avuto neanche l’onore di una stroncatura in prima pagina.
Pero’, come diceva qualcuno qui sopra, ce ne fossero, di articoli cosi’.
Gemma, io non ho mai detto che Baricco letterato è paragonabile alla Lecciso danzatrice. Ho soltanto portato un esempio di carattere generale per mostrare che tipo di “giudizio” fosse quello espresso dai critici.
Se Baricco ci vede una fustigazione o un attacco gratuito o ancora crede che 2 frasette inserite a condimento di un articolo siano una GRAVISSIMA e INGIUSTIFICABILE strongatura alla sua opera letteraria, secondo me ha dei gravi problemi di narcisismo.
Per me è semplicemente un “escamotage retorico” del tutto lecito (non così grave da montarci un caso su cui come tanti pecoroni ci accaniamo. Ma da qui a creare un sentore di pericolo o altre mostruosità per il futuro delle “lettere” ce ne passa.
Ci sono esempi più lampanti e gravi del cattivo uso della critica.
Ad esempio critici che osannano la prima opera dello sconosciuto 23enne presentato come un genio letterario, come un creatore di nuovi orizzonti linguistici, come il nuovo fustigatore del tedio letterario; poi il nome te lo scordi due giorni dopo, il 4° giorno dimentichi quale sia il libro e 7 giorni dopo manco sai che è esistito.
Io credo al corporatismo in ogni sua forma ed in ogni settore e sopratutto nel mondo letterario.
E non ho mai basato il mio giudizio su uno scrittore dal suo conto in banca (cosa che in ogni caso ha tirato in ballo Baricco). E nemmeno considero con maggior interesse uno scrittore perchè squattrinato o incompreso.
Chi vale prima o poi emerge a prescindere dalla cilindrata della sua auto o della grandezza del suo conto in banca. Ed è sempre il tempo poi a decidere chi vale o meno e il tempo non va troppo per il sottile. E’ il conto che ogni scrittore deve pagare.
Non difendo nessun critico, sono la peggior specie esistente (purtroppo ho i miei pregiudizi e me li tengo stretti stretti.
Ps: Piccola differenza fra grandi della letteratura e letterati qualunque:
“E’ naturale che la mia poesia sia sottoposta tanto al giudizio della critica elevata quanto alla violenta polemica. Fa parte dell gioco. Su questa parte della discusione non ho DIRITTO DI PAROLA, ma ho DIRITTO DI VOTO. Per la critica elevata il mio VOTO sono i MIEI LIBRI. Per il libello ostile ho anche il DIRITTO DI VOTO e anche questo è costituito dalla mia STESSA E COSTANTE CREAZIONE” (Pablo Neruda – Confesso che ho vissuto).
Ergo per me Baricco deve stare zitto, devono parlare le sue opere se queste hanno realmente un loro vero peso. E se deve criticare l’establishment della critica letteraria lo faccia su cose che valgano davvero.
Per la signora Lipperini:
certo che è possibile fare una strongatura di un libro in due righe. Il punto non è questo.
Il vero punto è se è possibile considerare un riferimento di due righe ad un’ opera una vera e propria strongatura; e se questo riferimento nel contesto in cui è inserito (il caso Baricco) sia realmente una INGIUSTA strongatura.
Altro punto è se realmente la critica può arrogarsi la “presunzione” di sindacare in maniera inappellabile sulla bontà o sul valore di un libro. Io non credo; la critica dovrebbe limitarsi a integrare l’opera che si vuole leggere.
Ed ancora si dovrebbe riconoscere una chiara distinzione fra ciò che è una recensione o in invito alla lettura di un’opera da una vera e propria attività critica sulla stessa. Che poi la stessa presentazione di un libro e non di un altro è già un giudizio su ciò che è “bene” leggere o meno (almeno si spera!)
Se poi si considera la strongatura o una cattiva critica su di un libro come un buon motivo per non acquistarlo è un problema che riguarda esclusivamente il possible lettore. Certamente un potenziale lettore comprerà o leggere un’opera a prescindere da ciò che dice quello o quell’altro critico.
Ma molto spesso tutti questi punti non sono tenuti a debita distanza e vengono considerati in un unico calderone.
Scusate l’indebito uso della G nella parola stroncatura….
Ho l’impressione che lo scontro fra Citati e Baricco sia stato determinato da uno “sconfinamento”; per usare un lessico geografico ora tanto di moda in ambito critico-letterario. Due universi asintotici, che s’ignoravano o fingevano d’ignorarsi, sono venuti improvvisamente a contatto. Citati non è uno stroncatore. Sui libri che non ama in genere tace, e questa abitudine diventa regola ferrea se l’autore in questione è commerciale e nazionalpopolare. Cos’è, allora, che ha spinto il gran mandarino, il pontefice massimo delle lettere italiane, a sentirsi in dovere di occuparsene? Perché solo ora, dopo che Baricco ha scritto una marea, un oceanomare di libri? E perché in quel modo stringato e sprezzante, inserendolo in un elenco di brutture al solo scopo di contaminarlo; come insegnava Borges ne “L’arte di ingiuriare”? Perché Baricco ha “sconfinato”, appunto, è entrato nel territorio esclusivo di Citati. Se si fosse limitato a scrivere i suoi romanzi tutto sarebbe proseguito come se nulla fosse; entrambi a scrivere sullo stesso giornale fingendo di non conoscersi. Invece Baricco ha osato scrivere su “L’Iliade”; e Citati, coi suoi bei saggi omerici della prestigiosa Fondazione Valla, ha sentito questa “incursione” come un affronto terribile, un’invasione di campo; e ha reagito nell’unico modo che il suo rango gli consentiva, ossia con una distratta e sprezzante menzione (o minzione). Argomentare la stroncatura, smontare e illustrare i meccanismi di quella prosa truffaldina, di quella retorica “ad animos permovendos”, è compito che spetta a un critico giovane e militante, che ancora ingenuamente confida nella vocazione didattico-pedagogica delle recensioni. Difatti, e proprio su “L’Iliade”, ci provò Cortellessa su “Alias” non molto tempo fa. Baricco finge di non sapere che quelle argomentazioni che chiede a gran voce sono già state espresse in dettaglio perché sa che i suoi lettori, o perlomeno la stragrande maggioranza di essi, non legge “Alias”, e probabilmente non sa neppure che esiste. Allo stesso modo, chi legge i volumi della Fondazione Valla non legge i libri di Baricco. Ma lo sdegno di quest’ultimo è falso anche perché Baricco ha letto Manganelli, e quindi è consapevole del fatto che un lettore di professione è in primo luogo chi sa quali libri non leggere. E’ colui che sa dire, come scrisse Scheiwiller, “non l’ho letto e non mi piace”. Il gusto è fatto da mille disgusti. Si affina e si definisce con un processo di selezione. E tanto più è affinato, quanto più si affiderà nel proprio giudizio alla identificazione di sintomi rivelatori; come una frase in quarta di copertina o un incipit. Alfieri scagliò dalla finestra “Il Galateo” di Monsignor Della Casa perché iniziava con la parola “conciosiacosache”, sostenendo che un libro con questo avvio non meritava di esser letto. Citati si è limitato a menzionare i sintomi di una patologia, Cortellessa su “Alias” e Ferroni su “Il Giudizio universale” ne hanno illustrato l’eziologia. Ma presumere che con la semplice diagnosi di una malattia si ottenga subito la cura equivale a credere che la denuncia di uno stato di asservimento conduca di per sé alla libertà.
Ah, dimenticavo: la prova che tutto nasce da uno “sconfinamento” fu un caso analogo precedente, un’altra sprezzante menzione di Citati, in tutto e per tutto simile a questa su Baricco, e che riguardò Erri De Luca; colpevole di essersi occupato di uno studio sulle sacre scritture; altro territorio che Citati sente come proprio.
Anche stavolta ha ragione lui, il Baricco.
Guarda qua che razza di caos: post, commenti a valanga, articoli sui suddetti.
Mannaggia, stamani vado dagli studenti dell’Accademia del Maggio e gli faccio lezione su “Snow White” in baricchese.
In maniche di camicia.
No, meglio di no…
Magari mi becco una polmonite e il mio conto in banca resta uguale.
Il libro di Baricco è sceso al 37° posto in classifica e allora come si fa a ritirarlo su? Una bella polemica contro i critici, ecco quello che ci vuole! Baricco è un paraculo!
applauso per orco.
Spettatrice, potrei innamorami di baricco solo se venisse stamattina un po’ zozzo, al picchetto antisfratto possibilmente munito di barba e cane e poi ne scrivesse pure! 🙂 Come vedi è impossibile!. Non nego che se uno dice pane la pane e vino al vino, di solito trova in me un’accesa sostenitrice. no, non lo nego. scappo.
no, dico, baricco? questo si lamenta de che? che feroni e citati l’hanno citato de straforo e male? quello è n’ cinico de niente! ha preso la palla al balzo per farsi uno spottone incredibile su repubblica (lui puote) e ora venderà un fottio di copie in più, potete giurarci. in ogni caso, ha mosso le acque alla sua promozione libraria.
ora, questo è un uomo di marketing; ha capito che per vendere, in certi casi, si passa per l’attacco ai critici; citati e ferroni sono vecchi, e il primo non fa critica militante da decenni, che cazzo ne dovrebbe sapere di lui? non legge un contemporaneo da quando Saviane esordiva, per dire. quindi è chiaro che l’attacco è pretestuoso. svegliatevi, bimbi belli!
e rileggete il comento de garufi, ah belli! è ovvio, per chi conosce citati, che c’è stato lo sconfinamento de campo di cui garufi parla.
ho letto l’articolo su Repubblica.it e non mi pare che si dia conto d tutte le voci dissonanti. Ci sono interventi pro ma anche (e numerosi) interventi contro e quindi non si giustificherebbe il titolo: “Baricco ha proprio ragione
Nei blog quasi tutti d’accordo”. E’ quel quasi che non mi convince
Insomma è stata fatta una operazione alla “sondaggio americano” il che non è carino … o no ?
sì, peccato che ferroni l’abbia recensito quel libro, a dicembre, su Giudizio Universale 🙂
mi pare che la sua replica sulla repubblica di oggi ristabilisca le misure: perlomeno quelle dell’ego di baricco (e complimenti anche al livello del dibattito sui giornali…)
l’articolo di oggi:
http://www.repubblica.it/2006/c/sezioni/spettacoli_e_cultura/baricco/critic/critic.html
e la recensione:
http://www.giudiziouniversale.it/archivio/numero8/art_03.htm
chissà se è una regola che più si parla di niente, più si fa rumore 😉
Barrico palesa, con il suo articolo, una grande insofferenza per l’indifferenza e la superficialità che due critici gli riservano.
Non credo che Citati non abbia letto l’Iliade, piuttosto, ho l’impressione, che consideri il libro non significativo nello scenario della letteratura moderna. Fare stroncature, oppure apprezzamenti presuppone comunque un interesse per il testo. Attenzione che i due critici, evidentemente, non vogliono attribuire alle opere di Barrico. Ed io, modestissimamente, sono d’accordo.
Uno con l’Ego di Baricco possibile che non riceva rassegne stampa su se stesso? Ci sono abbonamenti che garantiscono referto su qualunque pubblicazione inglobi il nostro nome, finanche un necrologio sul giornale.
E vorrebbe far credere che non era a conoscenza della recensione di Ferroni?Che prima di far uscire quell’articolessa risentita non ha fatto una verifica? Se è così, pessimo segno sulla sua dovizia di documentazione.
Non è che per caso l’ultimo Baricco impilato accanto alle casse se ne resta impilato troppo a lungo? Non è che per caso serviva un po’ di can can per farlo muovere un tantino?
Una premessa: scrivo di getto queste righe (la mia prima volta in un blog… a proposito, mica lo so cosa diavolo sia un lit-blog), colpevolmente senza aver letto gli interventi che precedono. Chiedo scusa se scriverò cose già dette.
Dunque, subito dopo aver letto il pezzo di Baricco, mi sono trovato a parteggiare per lui. Oggi, invece, leggo il pezzo di Ferroni che smentisce l’elemento portante della polemica, e cioè che il secondo non abbia mai recensito il libro del primo, oggetto della stroncatura “incidentale”.
Siccome sono maligno, sono andato a controllare, e la recensione del libro di Baricco è proprio lì, dove indicato da Ferroni.
Questo mi suggerisce alcune cose: spesso accade che la polemica (strumentalmente o meno) confonda la petizione di principio (ad es. “non è giusto che un critico liquidi in due parole un’opera che non ha mai recensito per intero”: questa è in effetti un’ovvietà) con il caso particolare, per cui accade che la verità della petizione di principio inglobi la presunzione di verità della situazione concretamente denunziata.
Fermo restando che è triste la figura che fa un cristiano sputtanato in tal guisa (ma come, dico io, non te le leggi le recensioni sui tuoi libri? E non controlli prima di scrivere un pezzo del genere? Ma che sei, scemo?), la morale della storia è che tutti noi (“il pubblico”, che diventa nei casi di interesse generale – e non nelle polemiche tra intellettuali – “l’opinione pubblica”) siamo seriamente esposti all’equivoco e alla falsa rappresentazione.
Questo mi ha fatto meditare.
Spettatrice,
scusa il ritardo nella risposta, ma sono stato un attimo incasinato.
Che dirti, le tue risposte sono sempre divertentissime e piacevoli. Non scherzo: piaciuta un sacco 🙂
Buona notte. Trespolo.
Solo stasera mi sono collegata a questo blog.
In poco meno di un’ora ho letto considerazioni e commenti che fanno poco onore a chi sembra occuparsi e scrive di letteratura. Vi ho trovato malafede e un forte egocentrismo (e ve la prendete con Baricco?).
Per quanto mi riguarda, ho letto tutti i suoi libri: mi piace come scrive, mi piace ciò di cui scrive; ci sono libri che ho amato più di altri e che ho persino riletto. Lo faccio con tutti gli autori che ammiro (da Pennac, a Roth, a Coetze, ma anche Proust e Tolstoi).
In un’ora circa mi sono sentita insultare nei modi più bassi. E scusate se anch’io, come Baricco, dico che non ci sto. Non ci sto ad essere considerata una mentecatta che non sa distinguere fra letteratura e operazione commerciale. Ho letto le prime righe del “Codice da Vinci” e non serve essere uno studioso di Letteratura per scoprire che è stato scritto da un analfabeta.
Ieri ho letto l’intervento di Baricco e ho trovato che abbia ragione da vendere. Da troppo tempo si scambia lo scrittore con la persona (qualcuno infatti scrive “personaggio”, ma quest’ultimo è un termine spregiativo o sbaglio?) e lo si attacca non per come o cosa scrive, ma perché è conosciuto (Ferroni ha stroncato diversi altri, ma una loro citazione avrebbe lasciato indifferente la maggior parte dei lettori: in questo si è comportato da “mandarino”, direi).
Ci sarebbe da ricordare a qualcuno – a molti – perché Baricco è talmente amato-odiato aldilà dei suoi libri (e spesso proprio da quelli che non l’hanno letto mai): ve li ricordate “L’amore è un dardo” e “Pickwick”? Allora era considerato un genio per la sua capacità di portare cultura – Cultura, ragazzi – in televisione. Ad orari impossibili, al solito, ma lo seguivamo in tanti.
Dopo, solo dopo – succede sempre così no? – era troppo famoso. E può uno famoso, un “personaggio” appunto, scrivere bene, magari sudandoci sopra? E può “uno così” (così come?) chiedere rispetto per la propria opera e non diventare un inciso?
Può. Deve. E’ una questione di rigore, di rispetto per sé e, se permettono i mandarini, anche per me. Perché non mi va di sentirmi dare della idiota per inciso.
più che alla pornografia, i libri di baricco andrebbero paragonati all’astinenza. i commenti livorosi sulle sue vendite in calo, pure.
Per Anna Mili. Al contrario, io trovo che Ferroni, nella sua recensione, si occupi proprio di quello che Baricco scrive. Credo che Baricco avrebbe avuto “ragione” se la sua premessa fosse stata esatta: i critici non lo recensiscono, ma si limitano a stroncarlo fra le righe. In questo caso, sì, la stroncatura per inciso sarebbe offensiva. Ma, tolta la premessa, tutto il discorso si perde in una bolla di sapone.
Più in generale, possibile che ovunque ci siano due tesi in conflitto si finisca sempre a “fare il tifo” per l’una o per l’altra parte, senza mai affrontare la sostanza della contesa? Anche a me piace il Baricco che ho letto, certo che devono riconoscerglisi i suoi meriti per quella operazione eroica di diffusione della lettura (e non c’è dubbio che se la gente legge di più è anche per merito suo), ma cosa c’entra? Nel mio intervento precedente ho scritto cosa mi ha colpito di questa storia.
Ecco, io dico che se il mio migliore amico e il mio peggior nemico si affrontassero a sillogismi, e il primo risultasse aver torto, resterebbe comunque mio amico, e resterebbe il fatto che ha avuto torto. Pazienza.
Peraltro, se io scrivessi, presterei attenzione (certo, con occhio critico) alle recensioni dei cosiddetti “mandarini”. Mi consentirei di essere in disaccordo con loro, la Storia darà ragione a me o a loro, questo lo si saprà dopo, quando sarà comunque troppo tardi perchè mi interessi.
Scusate se insisto, ma a me sembra semplice: se io dico “sono offeso perchè non mi recensiscono e mi stroncano in due righe, e questo mi sembra snob”, e l’altro mi risponde “vedi bellino che io ti ho recensito, sei tu che non te ne sei accorto”, quello che mi resta da dire è “ah scusa ho sbagliato”. Tanto al critico continuerò a non piacere (e da oggi gli piacerò forse un po’ meno), e il pubblico continuerà a stare con me, perchè dopo tutto scrivo proprio bene, vendo tanto, non ho problemi, sono accattivante per mestiere (il critico no, quello per mestiere fa l’antipatico).
Scusate mi sono dilungato, mi manca l’esperienza.
Mauro
La verità è tutta in quel trattino
Ba-Ricco
( era sul blog ma non ricordo l’autore ) ognuno ha il suo destino e le sue stigmati. Ogni volta che esce un suo libro succede qualcosa che ci costringe a parlare di lui, ricordate SENZA SANGUE e dopo un po’ SENZA SUGO ?
[il nocciolo della questione: estratti dal post che ho scritto a proposito di baricco]
io penso che a questo mondo ci sia talmente poco tempo (e poco spazio, se si tratta di carta stampata) per parlare delle cose interessanti, specie se si tratta di libri, che il critico farebbe davvero un cattivo servizio a me lettrice se mi facesse perdere del tempo prezioso a leggere le sue stroncarture di un libro che non conosco. leggo le recensioni dei libri per orientarmi nella selva delle proposte, non per gongolare se il libro che ho letto, e a me è piaciuto, riceve il plauso di un critico.quel narcisismo è ad appannaggio esclusivo dell’ autore (e qui aggiungo: sarebbero seguiti ringraziamenti di baricco se citati e ferroni avessero parlato bene del libro di baricco?), e a me non importa nulla se la mia opinione non coincide con quella del critico. non avrei bisogno delle recensioni se classifiche di vendita e qualità del prodotto fossero direttamente proporzionali.
se valesse la formula soddisfatti o rimborsati sapremmo se un libro viene gradito dai lettori oppure le critiche sono dettate dallo snobismo dei critici.
da ultimo direi che ci vorrebbero almeno un paio di rubriche di recensioni di libri nello stesso giornale: una di consigli e una di stroncature.
—
shymay
shymay.splinder.com