Ho conosciuto una collega. Abbiamo parlato di discriminazioni di genere. Lei mi ha raccontato la sua storia, che è riassunta in questo lancio d’agenzia. Fra pochi giorni ci sarà una nuova pronuncia sul caso. Ve lo porgo.
ROMA – Lei fa la giornalista, lui ha un lavoro impiegatizio. Sono sposati ma il matrimonio dopo 16 anni entra in crisi, lui decide di separarsi. Lei, per lavoro, è costretta ad andare fuori città. Lui è invece ”stanziale”, ha orari di lavoro fissi. Una situazione che ha portato il presidente della Prima sezione civile del Tribunale di Roma ad emettere un provvedimento con il quale affida i figli, un coppia di gemelli di 9 anni, al padre a ”causa” del lavoro della madre, una freelance romana di 44 anni. Ma la donna annuncia ricorso contro una decisione che considera ”fortemente discriminatoria”.
”In considerazione da quanto emerso nel corso della consulenza tecnica – scrive
il Tribunale nel provvedimento – prestando il padre un’attività lavorativa con orario stabile e prevedibile, al contrario della madre che svolgendo la professione di giornalista, pur avendo molto tempo libero, è a volte soggetta ad impegni imprevedibili che possono tenerla anche per lunghi periodi lontana da casa”.
Alla luce di ciò il giudice scrive che ”pare preferibile nell’interesse di minori disporre che essi vivano stabilmente con il padre nella casa coniugale e vedano liberamente ogni giorno la madre con facoltà libera di pernotto”. Il tribunale, inoltre, ha stabilito che sia il padre a rimanere nell’abitazione, che i due possedevano in comproprietà, in quanto la ”capacità reddituale della moglie è maggiore di quella del marito”.
”E’ una decisione assurda – spiega la donna che annuncia di aver già presentato
ricorso – fortemente discriminante nei miei confronti. Di fatto viene affermato un principio secondo cui se sei giornalista e donna non puoi fare la mamma. Le mie trasferte sono poche e diradate nel tempo. Non avendo una redazione fissa utilizzo casa come ufficio e quindi sono sempre presente. Il giudice, infine, ha stabilito che io possa vedere liberamente i bambini ma solo con il permesso del mio ex marito, cosa che non è mai avvenuta”.
Anche io quoto Zauberei, in tutti i suoi interventi: e non credo che si possa eludere la questione “padri vs madri” o quella delle varie modalità di affido, perché è questa la questione nel caso in questione, paradossalmente persino più ancora, a mio avviso, di quella di genere e genitorialità. Che ci sia tantissimo da analizzare, resta vero; che lavoro e genitorialità siano spesso messi sotto assedi, anche. Che questo (sia il caso, sia la sentenza, da manuale) sia un caso chiaro ed esemplificativo di tutto questo, mi sembra onestamente parecchio dubbio…
Due questioni in velocità: a me risulta – ma non sono un tecnico e mi piacerebbe avere una delucidazione da qualcuno – che quando uno dei due genitori ha permesso illimitato di visita, deve avvertire il coniuge che sta arrivando. Non si tratta di un permesso in senso stretto ma una sorta di precauzione perché la vita del genitore affidatario non sia messa sottosopra dalle incursioni dell’altro. Almeno così ho capito io (non in questo specifico caso ma in generale). Tale richiesta è sostenuta da molti gruppi femministi quando il genitore affidatario è la madre, anche se l’altro non è violento, non è uno stalker ma una persona normale. Ed è sostenuta proprio nel nome del diritto della donna a condurre una vita normale dopo un divorzio senza vedersela continuamente “sballottata” dall’altro. Credo che la stessa cortesia andrebbe concessa agli uomini. La casa coniugale è motivo di contese – di fatto chi si trova fuori deve affrontare un affitto. Il che non è semplice. Ora non trovo strano se ad essere il coniuge economicamente più forte è la donna, sia lei a sostenere le spese di un affitto. Non è una punizione.
Nella gran parte del commentiurm invece trovo – a parte qualche raro intervento – sia dia per scontato che il genitore migliore è sempre la madre. Per definizione. E ogni altra decisione viene percepita come sessista e discriminatoria.
mi associo a quanto scrive barbara.
Per quanto riguarda questo passaggio:
(…)Tale richiesta è sostenuta da molti gruppi femministi quando il genitore affidatario è la madre, anche se l’altro non è violento, non è uno stalker ma una persona normale. Ed è sostenuta proprio nel nome del diritto della donna a condurre una vita normale dopo un divorzio senza vedersela continuamente “sballottata” dall’altro. Credo che la stessa cortesia andrebbe concessa agli uomini.
Credo che la stessa cortesia andrebbe concessa prima di tutto ai figli. Quindi visite libere, quando i figli ne sentono il bisogno. Se alcune femministe non vogliono essere “sballottate” dalle esigenze di mariti e figli, oggi la maternità non è più imposta, è una libera scelta. Scelgano liberalmente ma in modo responsabile se avere figli e mariti oppure no.
Questa storia del permesso, se è vera, è una porcheria, ma per il resto, compresa la questione del reddito, mi sembra una decisione equa e persino controcorrente
Avere 2 figli vuol dire organizzarsi la vita, se possibile, in base alle loro esigenze. Che si sia lavoratori stanziali o girovaghi il problema deve essere suddiviso su entrambi i genitori. io ricordo l’ansia di dover ritirarne uno da una scuola e l’altra dall’altra, preparare da mangiare, mai la stessa cosa per due, perchè gusti e allergie non sono mai uguali, consegnarli alla moglie che da buona tassista ne porta uno all’allenamento e l’altra all’accademia di musica, andata e ritorno. Constatare che una è sfebbrata e toccare la fronte all’altro calda come una stufa. Il discorso sulla genitorialità è difficile ma l’impossibilità dell’ubiquità dovrebbe anche in sede di diritto portare alle logiche conseguenze e cioè ad una suddivisione in base alle possibilità economiche e di tempo dei doveri che ci toccano dal momento in cui mettiamo al mondo quegli adorabili esserini.
Ma insomma.
La faccenda è così chiara. Una volta che il giudice adotta un criterio senza guardare al sesso dei genitori ma solo al benessere e alla stabilità dei figli (stanzialità, casa avita ecc.), ci facciamo venire i dubbi sul sessismo? Sessismo sarebbe stato proprio se i figli fossero stati affidati alla madre, in questo caso.
Se il giornalista con maggiore reddito e soggetto a (fossero stati anche saltuari) spostamenti imprevisti fosse stato il padre, e la madre avesse avuto meno reddito e un lavoro stanziale, stando nella casa coniugale, i figli sarebbero stati affidati alla madre, ovviamente. Voglio sperare, non (solo o non tanto) perché ella sia “madre” ma perché le sue condizioni di vita favoriscono la regolarità della vita quotidiana dei figli. È ovvio.
In questo caso le posizioni sono rovesciate, ma evidentemente il giudice non si è fatto ingannare dalle solite cazzate sul fatto che (secondo malate modalità di ragionamento tipiche mediterranee e specialmente tipiche italiane) la madre sarebbe “naturalmente” una madre migliore.
Loredana, poi già l’argomento che scegli è di per sé una provocazione: come a voler creare un caso per forza, per farci star qui a discutere sul sesso degli angeli, laddove invece il caso non esiste e semmai viene artatamente alimentato dal modo stesso in cui è scritta l’agenzia (ma ovviamente, i giornalisti spesso questo fanno: per portare a casa la pagnotta giocano d’enfasi e di dramma, e quelli italiani in questo sono bravissimi, data la tendenza italica alla sceneggiata).
I tribunali italiani privilegiano sempre le donne nelle cause di divorzio e di affidamento dei figli. Quasi sempre per le cause sbagliate: tutte dovute a una rappresentazione della donna come essere inferiore che va aiutato, compreso per evitare che dia di matto, quindi lasciamole i figli, la casa e diamole un assegno vitalizio in modo che non si suicidi.
È, questo, il risultato del fatto che l’Italia è maschilista e presuppone una superiorità praticamente “ontologica” dell’uomo sulla donna. È questo il vero sessismo ed è proprio in base a questo tipo di sessismo che le donne vengono privilegiate in cause del genere.
Qui invece finalmente la donna in questione, la giornalista ogni tanto fuori sede, viene trattata come in migliaia di altri casi viene normalmente trattato l’uomo (anzi l’uomo viene trattato letteralmente a pesci in faccia, ma che dico pesci, balene in faccia).