INTERVISTA A BAJANI: CONTENUTI EXTRA

Come spesso avviene durante la stesura di un articolo, ci si morde le mani perchè il materiale raccolto non può essere  utilizzato nella sua interezza. Per esempio, nel pezzo di cui al post precedente non ho potuto utilizzare se non parzialmente quanto detto da Andrea Bajani a proposito di “Cordiali saluti”. For blog only, l’intervista integrale.
(ps e update: su I Miserabili Giuseppe Genna interviene sulla posizione di Aldo Nove, raccontata nel medesimo articolo, e sulla sua recensione-negativa- a Piperno)

Il tema dei tagliatori di teste percorre tutto il romanzo. E’ un tema che già ricorreva nelle cronache e comincia a percorrere la letteratura. Inutile chiedere perché. Però: come è nata l’idea di affrontarlo poeticamente, con lo scrittore di lettere di licenziamento?
Lo scrittore di lettere di licenziamento è uno che forza il vocabolario per rendere più efficace la sua condanna. A lui viene richiesto a cottimo di esercitare sulla pagina “affezione, gratitudine, simpatia, dispiacere, imbarazzo e profonda solidarietà” nei confronti degli impiegati che sta mettendo alla porta. In sostanza gli viene richiesto di inventarsi una burocrazia sentimentale, che prenda il posto della freddezza asettica dei moduli prestampati da far firmare in calce ai futuri disoccupati. Il risultato è questa trasformazione del sentimento in procedura, e di conseguenza lo svuotamento di senso dell’emotività. Chino sulla pagina lui produce così lettere roboanti, pirotecniche che grondano di una retorica stucchevole e barocca che alla lettura produce un effetto contemporaneamente comico e amaro. Mette la sua pratica al servizio di una gestione delle risorse umane ostentatamente friendly, che fa della retorica motivazionale uno dei suoi cavalli di battaglia. Detto in altri termini: mette la sua vocazione “letteraria” al servizio di un modello che non può prescindere da una devitalizzazione del vocabolario. Per mestiere gli viene chiesto di fare del sentimento un meccanismo di incremento della produttività, e perché ciò avvenga deve usare le parole contemporaneamente come sicari e come vittime sacrificali. “La sua mano è il mio sicario preferito”, gli dice il direttore del personale. Il paesaggio in cui vive, d’altra parte, è quello di un’azienda che infarcisce i suoi dipendenti di retorica motivazionale, che usa la comunicazione per vendere loro un prodotto ben preciso: la loro adesione incondizionata. Il dipendente è per certi versi il primo dei clienti, il primo su cui esercitare persuasione. Il discrimine, in questo gioco alla devitalizzazione del vocabolario, sono proprio i due bambini che lo scrittore di lettere di licenziamento si trova un giorno sulla porta di casa. Con loro è obbligato a tenere da parte la “cordialità”. Deve ricominciare a far coincidere le parole con le cose, a usare le parole per dare vita e non per toglierla.
Penso alle tante figure di burocrati e impiegati rappresentati in decenni di letteratura e penso all’azienda “purificata” del tuo romanzo, con i dipendenti costretti a raccogliere le proprie cose in scatole sempre più piccole. Sembra quasi che tu riesca a provare almeno un filo di clemenza anche nei confronti del direttore del personale, però, e della sua follia.
L’azienda di “Cordiali saluti” mira alla purificazione nella misura in cui chiede ai suoi dipendenti di rinunciare alla loro vita in cambio di un surrogato precotto fornito dall’azienda stessa. Non c’è nulla della vita di fuori che non possa essere abbandonato perché non c’è nulla che, in nome della produttività, l’azienda non possa fornire al dipendente. Scampagnate aziendali, crociere motivazionali, tornei di tennis, residence aziendali. In cambio si richiede soltanto la rinuncia a tutto ciò che è legato alla vita extralavorativa, e quindi a mogli, mariti, figli e passioni. Quando ciò non avviene, quando ci si sottrae anche solo parzialmente alla dedizione totale, ecco che cadono i presupposti per la collaborazione. È il caso del personaggio di Ines Citterio, colpevole in nome della salvaguardia della propria vita coniugale di non rispondere più alle telefonate notturne del direttore del personale che vorrebbe parlarle di “ristrutturazioni aziendali”. E dunque, anche per lei, arriva implacabile il Cordiali saluti. L’azienda purificata è in sintesi quella in cui la vita stessa è diventata un benefit, esattamente come il cellulare o il computer portatile aziendale. Quando poi il rapporto finisce, i dipendenti restituiscono cellulari, portatili e quel che è rimasto della loro vita. L’azienda contemporanea propone un sistema sostitutivo (“Siete qui per abbandonare il vostro sistema di valori, un’inutile zavorra”), e un’adesione così incondizionata da eliminare il senso dell’autorità. Da qui l’impressione di clemenza per il direttore del personale che si può provare leggendo alcune pagine di “Cordiali saluti”. In queste aziende esiste il potere ma non l’autorità, e tutti sono in qualche modo sono equiparati. Come dice Richard Sennet “se tutti sono vittime […] nessuno può essere il responsabile di niente, e certamente non il dirigente che licenzia i dipendenti”.
Come è cambiato, secondo te, il linguaggio narrativo che si occupa del mondo del lavoro?
Penso che sempre di più il lavoro tornerà ad affacciarsi nella letteratura contemporanea semplicemente perché sta facendo saltare in aria la vita privata di una generazione. Questo è il grande cambiamento, rispetto al passato. C’è uno scarto fondamentale, e dunque una contraddizione drammatica, tra la scorpacciata euforica di comunicazione che sta saturando il nostro immaginario e invece la provvisorietà delle vite di ciascuno. È come se in qualche modo il mondo non si fosse messo d’accordo. Esiste un sistema che dice: “tutto è alla tua portata”, e contemporaneamente un altro sistema che dice “tu socialmente non conti nulla”. Il primo sistema è quello, appunto, che attraverso il marketing e la comunicazione, rende noto alle persone che grazie a piccole e comode rate le automobili costano € 99 e non € 18.000, che i computer costano € 25 e non € 1.500: tutto è talmente alla portata di tutti che non è più necessario nemmeno specificare i totali. L’altro sistema, viceversa, è quello del mercato del lavoro, ovvero, in sostanza, il mondo dei destinatari di quelle comunicazioni, dei beneficiari di quelle agevolazioni. Questi sistemi sono in completa contraddizione, perché il lavoratore precario all’atto pratico viene respinto al mittente e non può usufruire delle rateizzazione pubblicizzate perché non può fornire alcun tipo di garanzia. Gli si chiede la garanzia dei genitori! Ciò significa che gli si comunica che socialmente è un paria. Da questa schizofrenia diffusa non può che nascere un cortocircuito, che è un cortocircuito linguistico ed esistenziale, tra il linguaggio finalizzato e confortevole del marketing e quello della miseria quotidiana, tra la condizione di clienti totali e il sentimento di un’insicurezza generalizzata.
C’è un termine di paragone inevitabile, in ambito letterario, che è “Vogliamo tutto” di Nanni Balestrini. Ma quel che avviene oggi nel mondo del lavoro italiano permetterà un unico approccio? Come sarà possibile, cioè, dar voce alle tante diverse e drammatiche realtà di oggi?
La differenza principale, rispetto al romanzo di Balestrini, e al tempo in cui è stato scritto, è che lui poteva scrivere questa frase: “Il giorno dopo arrivo lì al lavoro e mi chiamano i guardioni e mi danno una lettera in mano. La apro e c’è scritto che sono licenziato. Per rissa in fabbrica per sabotaggio e non so che cazzo. Per cui non mi davano neanche gli otto giorni di preavviso e non so quali altri diritti”. C’è un’intera generazione (e soprattutto ce ne saranno di future), che non sa quali sono i propri diritti, perché fondamentalmente non ha diritto a nulla. Soprattutto, non sa più che cosa significhino le parole. Non sa che cosa sia il “diritto del lavoro”, e di termini come “ferie”, “mutua” non ha che idee confuse e generiche. Basta fare poche domande in giro, e ci si rende conto che la parola “ferie” significa soltanto “giorno non lavorativo”, o al limite “giorno concesso dall’azienda
”. In alcuni casi non significa proprio nulla, e questo è piuttosto desolante. Quando cominciano a scomparire la parole, il danno più grave è fatto, perché le parole si portano via le cose. In ogni caso questo mi sembra paradossalmente un buon punto di partenza, una buona direzione in cui procedere per non far scomparire le cose, per ricominciare a dare loro una corrispondenza. Mi sembra, quantomeno, un buon motivo per mettersi a scrivere.

74 pensieri su “INTERVISTA A BAJANI: CONTENUTI EXTRA

  1. Scusa, Giu, ma quello che leggo nel post(icino) sopra al mio, io non riesco a trovarlo su I miserabili, se clicco Continua…mi va all’intervista di Nove. Se clicco l’intervista di Nove, mi va all’intervista di Nove. Dove lo leggo l’articolo?

  2. Nove scrive:
    “Piperno, il nuovo talento di regime. Perché leggerlo è come guardare svogliatamente la televisione. Quella del pomeriggio. Quella che affronta i grandi temi della vita. Con distrazione. Con lunghe pause pubblicitarie perfettamente integrate nella trasmissione. Con tanto buon senso. Con indicibile, elegante noia. Quella di quello che «ogni febbraio si sobbarcava centinaia di chilometri per andare a Cortina solo per poter sfoderare dolcevita di cachemire (inadatti, a suo giudizio, alla città) che lo facevano assomigliare a un chanteur esistenzialista fuori tempo massimo». E che «amava i cambi di stagione per il desiderio di rinnovare il guardaroba», perché «se, ad esempio, acquistava un paio di calzini mèlange d’un color ruggine, una volta rincasato si divertiva – con l’euforia di certi pirotecnici pittori informali – a orchestrare intorno a quel paio di pedalini un tourbillon di cravatte, di scarpe, di pochette, fino a che alla fine sceglieva, salutando con malinconia tutte le altre strade abbandonate, i sentieri interrotti della sua vestimentaria fantasia». Avanzando nella lettura, l’impressione è un po’ quella di sbirciare nella villa di un immaginario Berlusconi nobilitato da origini ebree e caduto leggermente in disgrazia, una disgrazia tale da lasciarlo comunque ben assestato sopra il lettore, lettore evidentemente voyeuristico non solo di sesso (che pure c’è, con scandalo finale dovuto all’orgia, scoperta dal protagonista, dell’amata insospettabilmente libertina) ma di una ricchezza appunto “da romanzo”. In questo senso, Con le peggiori intenzioni di Piperno arriva a occupare un posto effettivamente ancora libero, almeno nella letteratura “ufficiale”. Quello della letteratura neorestauratrice. In pieno (per quanto barcollante) regime. Pure, Piperno, che di certo stupido non è, a un certo punto intravede, e lascia baluginare nelle parole del suo protagonista, un altro mondo, il mondo, quello vero: «Fu proprio l’incontro con i Cittadini di poco successivo a quello con i Ruben che mi introdusse a questo diverso modo di concepire la mia esistenza, facendomi sentire per la prima volta quello che presubilmente molti miei amici meno ricchi avevano avvertito al mio cospetto: un senso d’inadeguatezza, una specie di fiato corto. Il dramma di un corridore che ce la mette tutta e viene superato con apparente lievità da un altro concorrente con le ali ai piedi». Le ali dei soldi. E quindi da una parte chi vola, dall’altra chi non può e guarda”.
    Mi viene voglia di dargli ragione.

  3. Leggo quello che diceva Marco Drago sull’11 settembre sul fatto che il disimpegno possa fare bene alla letteratura, poi leggo Nove e non ci capisco più niente.
    Non si ingabbia la letteratura imponendogli la militanza?

  4. Toh, anch’io ho appena scritto un romanzo sui tagliatori di teste. Ma non sono sicuro che coincida con quanto dicono Bajani e Nove: sono sicuro che *lo esorbita* (parlo di orbite oculari, ovviamente)…

  5. Genna scrive
    E cosa ci lasciarono costoro? Costoro che disponevano di un simile potere mediatico e forse letterario? Ci lasciarono una letteratura profonda? Rimisero in gioco le cose? Deossificarono la società culturale italiana? Aprirono dibattiti memorabili? Intervennero per scardinare dogmi critici? Compirono effettive performance narrative? Segnarono la storia del romanzo italiano? Furono autori di saggi che, trascorsi oggi più di dieci anni, valutiamo come imprescindibili? Approfittarono di una impazzita dazione di potere culturale per spalancare le porte di collane nuove che segnarono la letteratura degli anni Novanta? Si impegnarono con i generi considerati allora minori facendoli? Ci descrissero con le armi della poesia, che non è mimesi bensì divina mimesi, anni pazzeschi, decenni di merda come gli Ottanta e i Novanta? Innovarono la scansione dell’immaginario o vissero di rendita su pezzettini di immaginario pre-esistenti?”
    Tira aria di botte.

  6. Non riesco ad accedere al testo dove invece Rainman è andato, ma non ha importanza. La scelta di essere scrittore di Nove, che ha, anche quella una tradizione (meno lunga di altre, ma che data da almeno un secolo e più, e che si identifica – più o meno – con l’emergere delle avanguardie) è opinabile, ma è una scelta. Mi spiego. Io, Angela, posso aver bisogno di soldi e inventare un personaggio che abbia bisogno di soldi, e che per questo…li chiede al suocero, che glieli dà, e allora lei vuole fare l’albergatrice… e da lì parte una storia. Oppure, io Angela, ho biosgno di soldi, allora posso urlare al mondo il mio biosgno di soldi, e gridare, e forse anche andare a mettermi in catene davanti a Palazzo Chigi o denunciare qualcuno, perchè mi pare che alla base della mia miseria ci sia la corruzione. In entrambi i casi ho dato origine a un personaggio. Il problema sarà poi come lo tratterò quel perosnaggio,che spessore riuscirò a dargli, che analisi, riuscirò a fare attraverso di esso, che cosa riuscirò a restituire al lettore dell’epoca in cui vivo. Io, per come sono di carattere, (già sono abbastanza fuori così, di mio) preferisco inventare un personaggio, e dcidere che sia lui/lei a mordere la polvere. D’Annunzio – per fare un esempio forse pe rnoi inarrivabile – risulta commovente nel Notturno più che ne Il Piacere, perchè nel primo “scava” di più inquelle che sono le sue ossessioni, i suoi conflitti, le sue tragedie più profonde. Nove mi pare che sia più per fare di sè un personaggio. Non è da questo che si può giudcare della sua qualità letteraria. Nè gli si può rimproverare di aver fatto la cicala ieri e di raccogliere oggi, i frutti di quello che era il suo atteggiamento “vivere giorno per giorno” di ieri.

  7. Il dramma vero infatti è che quello che anima Nove è solo una questione sociale del tutto personale. Non a caso, come notava bene Martina, lui ricorda sempre di essere un ragazzo povero eccetera eccetera. Un ragazzo povero che in quanto povero ha diritto a tutto.
    Lui quando stronca Piperno non parla di letteratura. Fa finta ma parla di ben altro.
    Lui critica la Mondadori, il regima eccetera eccetera. Ma se scaviamo nella sua vita e nel suo lavoro anche lui prende i soldi dagli stessi committenti. Scrive su Max, scrive film per Funari con i soldi di Medusa eccetera eccetera.

  8. Per Il Posto: il mio intervento iniziava con “se proprio vogliamo”. Se proprio. Non sono stato io a incollare qui stralci ragguardevoli dell’articolo di Nove, credimi. E Loredana stessa ha linkato l’articolo di Genna. Quindi argomento del post di oggi è eccome anche la recensione di Nove. Infine: questo è un luogo in cui democraticamente i discorsi emergono da soli, evidentemente una sensibilità comune decide quel che è l’argomento più interessante del giorno.

  9. Ma è proprio questo il punto, cara Il Posto. Io, se PROPRIO vogliamo parlare della recensione di Nove, smonterei o approverei le cose che dice Nove, ma non mi sognerei mai di fare una valutazione del valore letterario e umano di Nove come scrittore e come persona. E’ questo che io considero funesto e ferale. E’ un modo di argomentare che spappola qualsiasi discorso. Immagina che io proponga di abolire la pena di morte in tutto il mondo: be’, un avversario di tipo genniano probabilmente scriverebbe che non ho l’autorità morale per farlo, perché vado a puttane, guardo i film di guerra e di violenza, mangio cioccolatini delle multinazionali, non sono andato ai funerali di Diana e porto mocassini rossi e viola… Ma chi se ne frega! Abolire la pena di morte è giusto o sbagliata? (mi raccomando, è solo un esempio, e assolutamente esagerato rispetto al caso Nove-Piperno, ovviamente, è soloo per spiegarmi). Per il resto, oggi devo lavorare e non ho modo di scrivere che cosa penso sulla recensione di Nove. Un saluto e grazie

  10. Faccio un appello: se proprio vogliamo parlare dell’articolo di Nove su Piperno, giudichiamo per favore quel che ha scritto Nove, non chi è Nove. Se no cadiamo nell’errore dialettico di Genna, che è anche la sua strategia preferita: non ribattere mai agli argomenti, ma smontare la figura dell’interlocutore evidenziandone incoerenze e pecche personali. “Nove non è un narratore, non ha rivoluzionato la letteratura, scrive per il gruppo Mondadori, ha intervistato la Marcuzzi, ecc. ecc”. E allora? Ma che ci frega, Genna!!! Quel che dice sul romanzo di Piperno è sensato o no? Il modo di argomentare genniano è funesto e ferale, annienta qualsiasi discorso: si finisce sempre a giudicare la purezza morale delle parti in causa: ma chi se ne frega! Siamo critici letterari o preti? Siamo lettori o carabinieri? Siamo uomini o caporali? Chiara, anche tu cadi nella trappola di Genna. Nove ha fatto un’analisi dei contenuti e della forma del romanzo di Piperno. Giusta o sbagliata che sia quest’analisi, giudichiamo quella, non se Nove è un bravo narratore o se è un ragazzo povero. Per favore!

  11. …il problema Gianni, è che Genna fa un’analisi letteraria – giusta o sbagliata che sia – su Nove. Tu, forse io sono scema, ma non ho capito – o almeno non bene, ci sono vicina – che vuoi fare…

  12. Il Posto, o non vuoi capire, o fai finta. Che c’entrano gli insulti? Chi ha mai parlato di insulti rivolti a Nove? Io dico che NON E’ PERTINENTE, non c’entra niente qui giudicare se Nove è un bravo scrittore, se assomiglia a Balestrini o Arbasino, se scrive registrando e sbobinando, ecc. ecc. C’entrano i suoi argomenti sul romanzo di Piperno! Sono quelli che bisogna smontare! Se Galileo dice che la Terra gira, non ha senso ribattere che eppure il sole si muove perché Galileo ha un osservatorio astronomico disordinato e pieno di piatti sporchi di ribollita! E’ così difficile da capire? Scusa, ma il lavoro chiama davvero

  13. Prima non lo era, ma adesso l’articolo di Genna è pefettamente leggibile: non ho il tempo di stralciarti le “argomentazioni” che io giudico “letterarie” che Genna ha usato. Leggi bene, l’articolo Gianni, e poi ne riparliamo. Anzi ti faccio una domanda: dire (più o meno, non è citazione letterale) che Nove assomiglia ad Arbasino per te è un insulto o è indicazione letteraria? Dire che Nove prendeva “le voci e le montava” (cito non testuale) è insulto o indicazione letteraria? prendi queste cose, e riferisci su questo. Solo perchè è più comodo.

  14. Prima non lo era, ma adesso l’articolo di Genna è pefettamente leggibile: non ho il tempo di stralciarti le “argomentazioni” che io giudico “letterarie” che Genna ha usato. Leggi bene, l’articolo Gianni, e poi ne riparliamo. Anzi ti faccio una domanda: dire (più o meno, non è citazione letterale) che Nove assomiglia ad Arbasino per te è un insulto o è indicazione letteraria? Dire che Nove prendeva “le voci e le montava” (cito non testuale) è insulto o indicazione letteraria? prendi queste cose, e riferisci su questo. Solo perchè è più comodo.

  15. E cosa ci ha lasciato Genna per permettersi di dire quelle cose su Nove? Quattro gialletti mercantili che non spostano di un millimetro né la storia né la cronaca della letteratura? E cosa ho lasciato io per scrivere queste cose su Genna? E chi è Loredana Lipperini per ospitare questi nostri discorsi? E a chi appartiene Kataweb che mette in piedi questi blog? E la rete, notoriamente inventata inizialmente per scopi militari, come può credere di dimenticare questo peccato originale e sbandierare orgogli libertari?

  16. No, Gianni, scusa, il post di oggi non è sulla recensione, è su alcune dichiarazioni su Bajani e il suo romanzo. quello di ieri era su Nove. Su quello che Nove avrebbe intenzione di fare nell’immediato. Il suo “lavoro” sul lavoro.

  17. per giudicare quello che Nove scrive o teorizza non si può prescindere da quello che lui è, o dal personaggio che lui crea di sé. è lui il primo a non dividere queste cose. Ripeto: andate a cercare le lettere di Nove, pubblicate da Il Foglio mesi fa, in cui lui protestava contro una stroncatura ricevuta. Il succo della protesta era: voi non mi potete attaccare perché io sono un ragazzo povero che ha avuto una vita difficilissima e che vive in condizioni disagiate per colpa vostra e del “merdosissimo governo” da cui voi dipendete. Dunque: che credibilità ha Nove? Perché lui non dovrebbe essere criticato e Piperno sì? Per questo dico che mi sembra che nelle cose che dice Nove ci sia sempre una smania tutta narcisistica di sopravvivere, magari a scapito degli altri. In questo senso leggo anche la dichiarazione sulla narrazione. Lui non fa narrazione non perché non la vuole fare, ma forse perché gli riesce meglio altro. Questo non significa che quelli che sanno narrare non abbiano più senso di esistere. Sembra sempre che per campare lui – il suo lavoro e ciò che scrive – debba affossare gli altri. Non c’è bisogno.

  18. Piccinini, di che curva sei? da come parli sembra che il solo fatto di argomentare, paia una leccata di culo. lavori con le molotov o vai giù di mani? siccome l’argomentazione non la capisci non sto a elencarti dove ho attaccato Genna e dove no. le molotov le ho finite, e con le mani sto facendo altro.

  19. Il Posto di… è diventata un vitellino di latte nei confronti di Genna, dopo che Genna ha promesso di leggere il suo librettino. Shame on you Scarparo!

  20. Par quasi che si stia giocando a tennis – un doppio – con una palla da bowling. Par quasi che tra uno che stronca e l’altro che ribatte e che poi stronca diversamente/reciprocamente, e poi tutto un gioco così… Insomma non m’impiccio in questo gioco pesante, in questo monkey business. Quasi quasi si stava meglio quando si stava peggio davvero.
    Statemi bene, e attenti alle palle.
    Iannox

  21. Io non ho letto “Con le peggiori intenzioni”, lo leggerò dopo aver letto libri che sento molto più importanti e nel mio gusto, e siccome ce ne sono moltissimi arretrati, forse non leggerò mai “Con le peggiori intenzioni”. Da dove deriva la mia presunzione di non essere di fronte a un libro importante?, dall’aver letto le prime pagine in piedi in libreria e averle trovate terribili; dalla recensione argomentata (e coraggiosa) di Nove.
    Di sfuggita, capisco anche perché Repubblica nella sua brochure pubblicitaria del sabato “recensisce” un libro che invece leggerò subito, “Atomico dandy”, in tre righe demenziali: 1. è solo un lancetto pubblicitario per lettori deficienti, 2. la redazione non ha giornalisti/critici in grado di fare meglio 3. anche se esistessero li terrebbe ammanettati alla macchinetta del caffè.

  22. …poi, cerchiamo di capire quanto Nove potrebbe essere stato mosso dal sentimento “dall’invidia”, per fare la stroncatura al libro. Facciamolo. la “tregedia” di Nove non è l’invidia. La tragedia di Nove è che lui scambia con il romanzo della “restaurazione” un romanzo che scorre via liscio, ma con dei “personaggi inventati sì” ma “ridicoli”(anche questo in Italia ha lunga tradizione). E allora, meglio dell’invenzione, la “tragedia vera” di Nove? Non lo so. Una cosa so. Nove va giù senza paracadute. Il che, da un certo punto di vista è commovente, dall’altra fa incazzare. Perchè tanta ingenuità? Perchè quelle lettere a Il Foglio? Il protagonista di Piperno invece, ha trent’anni, ma potrebbe averne sessanta, per gli interessi che ha, per le curiosità che non ha, per i rapporti con l’altro sesso, con la famiglia, per le “esperienze” fondamentali e “liberatorie” che non ha fatto, e che considerando l’anagrafe e l’età di Piperno, a me fanno venire curiosità. nella casa del protagonista del romanzo, di quello che succedeva fuori, non si parlava mai? E poi, va bene non fare il thriller, ma gli anni 90 non erano mica solo orge. Anzi, le orge ci sono sin dal Satyricon, ma ogni epoca ha le sue, signora mia! Da qui: oltre al protagonista che potrebbe avere 60 anni, i personaggi femminili, che stanno fra quelli di certa letteratura anni ‘ 50, diabolicamente tesi a prendere per (la gola, per il collo, per l’anima) il culo il protagonista, funzionali ad esso. E le solite madre ebree, allegrone e rassicuranti. E basta. Scusate, non volevo fare una recensione a Piperno. Ma mi “commuove” un po’ la tregedia “un po’ vera” i cui mi pare Nove sembra trovarsi…

  23. massi, davvero
    Potrei arrivare a concordare sulla miserabile critica del Tempo e del Reale.
    Ma qui si ragiona solo per antinomie.
    Ha torto Nove, E QUINDI ha ragione Piperno.
    Ha torto Piperno, E QUINDI ha ragione Nove.
    (eh, scusate, Genna è rimasto fuori dal gioco delle coppie per esaurimento dei deuteragonisti).
    E mentre ci si schiera, nessuno mai che scriva.
    (il tempo è poco, non lo si scordi)

  24. Ho tre cose da dire:
    Bajani non ce lo dimentichiamo, eh. Mi pare che dica cose molto interessanti e importanti.
    La tematica di Bajani è la stessa di Nove, infatti la Lippa li ha messi nello stesso articolo. La differenza è che Bajani non tira fuori un diktat da quello che pensa e scrive.
    Dopo aver letto Nove su Piperno e Genna su Nove, dico che hanno un po’ ragione tutti e due. Nove a dire attenti a non cedere a romanzi troppo imbellettati, Genna a dire a Nove che non si possono fare appunto diktat.

  25. se qualcuno l’avesse già scritto, mi scuso.
    la recensione di aldo nove sta tutta nella frase finale:
    con la benedizione di ferrara.
    il foglio ha linciato nove per milano non è milano e nove ha cercato di rendere pan per focaccia.
    tutto qui…

  26. Va be, ragazzi diamoci una regolata. sono io una scema che vedo scrittori, argomentazioni, possibilità di dialogo, tradizioni, dappertutto? mi spiegate che c’entrano le ripicche, l’invidia, gli insulti? voglio dire le usate come “categorie umane”, “letterarie”, “struttruali”, “consustanziali alle trame”? vado un po’ a lavorare, va.

  27. Ma andreab, oltre a sputare sentenze e a dichiararsi “lettore”, combina qualcosa nella sua esistenza?
    A cosa serve Andreab?

  28. Dado, ma la vita culturale non è mica “tutta qui”! Non consiste mica nello stanare motivazioni sporche, dietrologia! Facciamo finta che io ti conceda (anche se non sono d’accordo) che Nove si sta “vendicando” di Ferrara, del Foglio, ecc. Ok. Ma le argomentazioni di Nove, in quel caso, restano o cadono? Nove ha affermato comunque argomenti validi o no sul romanzo di Piperno? Madame Curie ha scoperto qualcosa di importante per l’umanità anche se l’ha fatto per diventare famosa o guadagnare soldi? (scusa il paragone assolutamente esageratissimo) Importa più quel che abbiamo sotto gli occhi, o quel che c’è dietro? Non ti accorgi che, con questo modo di vedere le cose, anche tu annienti qualsiasi discussione? Ci sarà sempre una motivazione (un’invidia, una vendetta, un risentimento, una strategia, un’incoerenza personale, una contraddizione etica, un predicar bene e razzolarmale…) vera o falsa, reale o fantasmatica, DIETRO le parole di chi parla, di chiunque (occhio che poi questa strategia poi si ritorce anche su chi la adotta: e chi mi dice che tu queste cose su Nove non le dici poer qualche risentimento personale che hai verso di lui? E chi ti dice che io eccetera eccetera? Non vedi che così si annulla ogni discussione?). Puntare su questo tipo di spiegazioni (del tipo “Nove dice così perché ce l’ha con Ferrara), cancella QUALUNQUE discussione. Non è vero che è “TUTTO qui”! Lo sarà forse per te. Per me c’è dell’altro, rimane moltissimo altro, rimangono la recensione di Nove e il romanzo di Piperno, rimane un confronto fra due testi: posso decidere che questo confronto mi interessa oppure no, ma se mi interessa non vado a vedere cosa c’è dietro, guardo quel che ho davanti agli occhi e lo interpreto. Possibile che sia così difficile discutere sulle COSE, invece di vedere sempre cosa c’è dietro? Scusa se mi sono infervorato un po’, Dado, perdonami, non ce l’ho con te, ma è solo una questione a cui tengo. Saluti e amicizia da Gianni in pausa pranzo che ora s’inabissa di nuovo nel lavoro

  29. Effe, l’antinomi ce la vedi tu perchè ce la vuoi vedere, e come te altri, fra cui Genna. Nove è “totalmente esperenziale”, Piperno “totalmente letterario”. Scegli tu. Entrembi volendo possono arrivare a dei capolavori, no?

  30. scusa, genna, come ha fatto Rainman a leggere l’articolo se la Scarparo e anche io non ce’ravamo riusciti? forse rainman sei tu.

  31. A me quella di Nove sembra una recensione cazzutissima in un panorama di critici cialtroni. Del panorama a qualcuno dispiace un po’ (me) e a qualcuno non puo fregare di meno (severus). E il mondo va avanti.
    A cosa servo? è proprio la domanda che mi faccio tutti i giorni. Non trovo molte risposte dunque cerco di rendermi almeno momentaneamente utile. Per esempio la settimana scorsa ho messo in contatto un’associazione culturale con una neo rivista di fumettisti, e dovrebbe uscirne qualcosa. Non sto nemmeno a dirvi che rivista è tanto non frega a nessuno. E soprattutto loro sono bravi anche senza l’approvazione dei vari troll da blog. Saluti.

  32. Il tema è importante e tragicamente attuale, leggerò il libro di Bajani questo week-end. Nel frattempo, con riferimento a quanto si afferma nell’intervista (Non c’è nulla della vita di fuori che non possa essere abbandonato perché non c’è nulla che, in nome della produttività, l’azienda non possa fornire al dipendente”), vi segnalo un libro che ho trovato mesi fa su una bancarella: un romanzo di Goffredo Parise intitolato “Il padrone”, uscito per Feltrinelli nel 1965. Un libro a mio giudizio non completamente riuscito, ma che contiene intuizioni per certi versi profetiche.

  33. “Nove “cattivo e invidioso”? Essere in disaccordo culturale significa essere “cattivi e invidiosi”? Anche tu sei uno spappolatore di discussioni. Anche tu odi la cultura, e hai un’idea della vita come puro gossip, dietrologia, caso da rotocalco scandalistico. Vade retro. Comprati “Gente” e “Eva 3000”, che è meglio.

  34. Secondo me “Amore mio infinito” è il libro italiano più bello degli anni ’90. Io AMO Aldo Nove. Però m’è proprio calato, come se dice a Roma. Non c’è niente di più squallido di uno scrittore cattivo e invidioso con un altro scrittore. La stroncatura di Nove è POLITICA: sembra che la polemica vittorini togliatti non sia mai esistita. Che tristesse.
    Hei, Il posto (ovvero: Angela Scarparo?): ho preso io tuo libro. Mo’ lo leggo, poi ti saprò dire.

  35. Sbollita l’incazzatura per le offese personali e gratuite (abbiamo mai mangiato ‘na cosa insieme, Il Buono? Sei tu che abbassi il livello della discussione, e poi te ne lamenti), secondo me la stroncatura di Nove è POLITICA, solo POLITICA e, in quanto, tale, necessariamente
    insostenibile.
    Piperno non scrive di precariato, ma scrive (e ne ha tutto il diritto) della sua esperienza di ebreo mezzosangue nato in una famiglia ricca.
    Potrà piacere, oppure no, ma una cosa è certa: non si può dire che sia un cattivo libro senza essere in malafede. Aldo Nove è in MALAFEDE: perchè non lo critica secondo canoni letterari, ma secondo canoni politici. Altro che critica cazzuta. E’ esattamente il contrario, una critica partigiana, dettata da una idiosincrasia di fondo.
    Noto con dispiacere che le comunità online in cui si parla di scrittura e letteratura sono le più litigiose in assoluto. C’è ‘sto nervosismo di fondo, ormai non passa post che non scoppia una mezza polemica. Egregia Lipperini, ma lei che ne pensa, de tutto ‘sto chiacchiericcio litigioso?

  36. ilpostodiquestoequello,
    le antinomie sono quello di cui si sta parlando da qualche post in qua, come potrei non vederle?
    E, tanto per completare, io penso che abbia torto Nove E QUINDI anche Piperno

  37. Torno a proposito, vedo. Cosa ne penso, Marco? Penso che siano salutari, finchè non si scade nell’insulto personale. Credo che se si riesce ad andare al di là degli schieramenti, sia Giuseppe sia Aldo siano portatori di due punti di vista su cui è giusto confrontarsi.
    Poi, chiaro, ci sarà sempre un anonimo che ne approfitterà per tentare di aizzare la rissa o il mitico andrea b che dirà che tutto va male e tutto è da rifare (specie fra i mediatori culturali eccetera). Ma la lite è comunque un segno di esistenza in vita, no?

  38. gianni (2) per comodità.
    potete discutere ci mancherebbe altro.
    rimane il fatto che i giornalisti sono permalosi e vendicativi (come gli autori). nove è stato linciato (politicamente) dal foglio e ha stroncato politicamente un autore benedetto da ferrara. la polemica è piccina e sta tutta qui.
    io non ho nulla contro nessuno dei due: ho trovate disoneste entrambe le critiche proprio perchè avvelenate.
    tutto qui (a volte le cose sono più semplici di come possano apparire)
    ti dirò di più credo logico e naturale che alcuni autori scrivano in un modo a altri in un altro, alcuni di questo e altri di quello…. se no sai che palle!!!

  39. GENNA HA SCRITTO:
    “Suona piuttosto come canto verista della cecità ideologica e dell’assolutismo pretenzioso di chi presume di detenere una verità indiscutibile.
    SPERO CHE GENNA SIA COSCIENTE DI AVERE DESCRITTO SE STESSO!
    ALTRIMENTI SIAMO DAVANTI UN CASO DI EVIDENTE SCHIZZOFRENIA.

  40. Sì Lipperini, ma qui bisognerebbe giudicare i pensieri e non le persone.
    Resto perplesso davanti ad argomentazioni quali invidia, appartenenza a questa o quella casa editrice, sgarberie del passato, etc.
    I discorsi sono due: letteratura militante da una parte, letteratura “pura” dall’altra.
    Si parli di questo, non di chi è Nove e di chi è Genna.

  41. Scrive Loredana Lipperini:
    “Poi, chiaro, ci sarà sempre […] il mitico andrea b che dirà che tutto va male e tutto è da rifare (specie fra i mediatori culturali eccetera).”
    Questa sarebbe la risposta di Loredana a una mia lamentela perché su un inserto culturale di Repubblica, la mitica brochure pubblicitaria “Almanacco dei libri”, un libro con i controcazzi come Atomico dandy viene recensito così (copio incollo la recensione COMPLETA):
    “Terza prova tragicomica, di un quarantenne chimico come Primo Levi ma per fortuna non sottoposto a quelle tragedie. Di Piersandro Pallavicini Feltrinelli Pagg. 325, Euro 16”
    Mi viene da chiedermi parafrasando Levi, se questo è un recensore.
    Poi Loredana se vuoi continuare con versioni caricaturali di quello che dico, continua pure. Ma se io sono mitico, tu sei leggendaria.

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