Lo ammetto anche se era cosa nota: tra le mie letture preferite nell’ambito della rivista Pulp c’è la rubrica di Daniele Brolli, ovvero L’angolo della sfinge, ovvero ancora I ritratti dell’editoria italiana. Nel numero di novembre (copertina su James Sallis, intervistato da Fabio Zucchella), Brolli punzecchia soprattutto la famosa inchiesta I libri, l’impegno condotta da Paolo di Stefano per il Corriere della Sera. In particolare, le puntate con Massimo Onofri e con Antonio Scurati. Un paio di esempi di cut-up brolliano:
Da: L’impegno e la malafede, sull’articolo del Corriere del 21 settembre, con Massimo Onofri.
Onofri: "Mi ha sempre colpito che da quell’esperienza -la rivista Panta, ndL-fu tenuta volontariamente fuori la critica, eppure Tondelli era una spugna che assorbiva di tutto. Però gli mancavano i quadri di riferimento, il senso della tradizione…Questo è il motivo per cui, rispetto alla generazione precedente (dei Cordelli e dei Montefoschi, dei Tabucchi e dei Celati), le risposte letterarie furono, con le dovute eccezioni, regressive e acritiche. Con l’ultimo Calvino e con i romanzi di Eco, con il mito di Borges e la conseguente convinzione che tutto era stato scritto, la letteratura italiana era arrivata ad una fase terminale"…
Commento di Brolli: "Uno dei cavalli di battaglia dei "critici" come Onofri è quello di disinteressarsi completamente delle vicende che differenziano un autore dall’altro per portare avanti una propria teoria della letteratura a prova di contraddizioni. Forse gioca anche sul malinteso: da quando tenere fuori la critica significa non avere dei riferimenti?"
Da: Anche gli scrittori mangiano fagioli, sull’articolo del Corriere del 19 ottobre, con Antonio Scurati.
Scurati: "Io non sono per un mero rifiuto del linguaggio egemone ma nemmeno per un atteggiamento mimetico da parte dello scrittore, anche se ci sono molti che lo fanno con successo".
Di Stefano: "Chi è il più illustre scrittore mimetico?"
Scurati: Be’, il successo di un romanzo come Io non ho paura di Ammaniti si deve al fatto che il testo nasceva come sceneggiatura che venne poi adattata al libro scritto: una forma transmediale di successo ma soccombente rispetto ai linguaggi egemoni".
Commento di Brolli: "Peccato che non sia vero, chiedere all’autore, please".
D’accordo, mi fermo qui (Brolli, invece, no).
che dire Lucio, tutto potrebbe essere. Se non ricordo male Eco nel Pendolo faceva calcolare a uno dei personaggi le corrispondenze tra un’edicola (qualsiasi) e , mi pare, una piramide.
Onde per cui dobbiamo tenere d’occhio e combattere (uccidere distruggere) tutto, con sindrome paranoica e allucinata, come certi di un pentacolo, pardon pentagono. Il rischio è che a furia di tenere d’occhio (distruggere, uccidere, punire ecc.)tutto ‘perdiamo’ noi stessi, ma a quel punto niente ha più senso: probabilmente abbiamo trovato l’essere ‘cornuto'(o gay o frigido o addirittura femmina :-)in noi
besos
No, non sono seria, non ancora
Spettatrice. Ecco, ora sei pronta per affrontare “L’anno luce” di Giuseppe Genna:-)