A proposito del discorso fatto un paio di post fa sugli story-thriller, e a proposito dell’appena sfiorato dibattere sulla crisi della fantascienza: circa un anno fa avevo scritto per il quotidiano un’inchiesta sull’argomento. Per un motivo o per l’altro, finì col non uscire. E dal momento che gli spunti di discussione sono molteplici e gli intervistati di rango, la riposto qui, a puntate.
"Dite fantascienza, e vi risponderanno che è un genere intramontabile. La prova? Un giro su Internet, dove sbocciano centinaia, anzi migliaia, anzi decine di migliaia di siti di fan di Star Wars, compreso quello che traduce tutta la saga, fotogramma per fotogramma, in caratteri Ascii. E poi c’è la schiera che si immolerebbe per Star Trek, e i vecchi irriducibili di X Files. E il cinema, certo. Ma si potrebbe obiettare che il cinema pesca a piene mani dalla letteratura, tant’è vero che sul grande schermo si continua a trasporre in film l’opera di uno dei grandissimi della fantascienza, Philip K.Dick (Blade Runner, Minority Report , Paycheck, A scanner darkly, eccetera). Tutto bene, ma di fantascienza visiva, di film e telefilm stiamo parlando. Se lo sguardo va sulla fantascienza scritta, escludendo i classici, la sensazione è diversa. Quali nuove correnti dopo il cyberpunk, che ormai son oltre dieci anni? E se Dick continua a venir trasposto sullo schermo, se di Solaris si è fatto il remake, se Spielberg rifà La guerra dei mondi, i libri da cui i film partono sono, se va bene, degli anni Cinquanta e Sessanta. E dopo? Infine, i dati italiani: c’è la bibbia antica del genere, la rivista Urania, che da quindicinale è diventata mensile, con sgomento dei fan. La chiusura della collana Solaria di Fanucci, massimo editore dell’immaginario. Editrice Nord che si è fusa con Longanesi. Einaudi che ha già chiuso da tempo Vertigo, collana di fantascienza. Significa crisi?
“Assolutamente sì – dice Sergio Fanucci – Oggi si può senza dubbio affermare che la fantascienza tradizionale, intesa come space opera e derivati, ha perso la sua spinta di innovazione, ricerca, speculazione e analisi del contemporaneo attraverso le proprie proiezioni nel futuro”. “No o non del tutto – dice Valerio Evangelisti, uno dei pochi autori italiani di spicco che si dedichi alla fantascienza, anche se il suo è un modo particolarissimo di stare dentro il genere – Se crisi c’è, non è della fantascienza in sé, ma nella qualità della fantascienza degli ultimi anni, specie quella di derivazione angloamericana. Buona parte di quelli che erano i contenuti innovativi si sono trasfusi nella letteratura in genere. Da noi la discriminazione è più netta, e privilegia come elevata la sola letteratura realistica, ma in America DeLillo può essere considerato un autore di fantascienza”. Forse, aggiunge Giuseppe Lippi, curatore di Urania: “La concorrenza del cinema è troppo pesante: e se da un lato è vero che un successo spinge l’interesse verso il genere, à anche vero che gli appassionati di fantascienza stanno diventando visivi, vivono attaccati al computer e al satellite o vanno al cinema. E i buoni artigiani della scrittura di un tempo sono ormai diventati sceneggiatori di professione”.
Cinema sotto accusa, dunque. Dice Sergio Fanucci: “La diaspora della fantascienza verso altre manifestazioni del nostro immaginario ha danneggiato il concetto stesso di fantascienza, riducendolo a mero scontro tra uomo e omini verdi. Ancora oggi Steven Spielberg, primo imputato nel banalizzare la fantascienza al cinema (vedi “ET” o anche il “Minority report” tratto da Dick che tradisce totalmente il messaggio dickiano), produce un mini serial di fantascienza con apparizioni di marziani, rapimenti extraterrestri e astronavi tanto potenti quanto invisibili a occhio umano. Insomma, si continua a rappresentare il lato meno interessante di X-Files, una continua colonizzazione guerrafondaia, e ad alimentare nel lettore meno curioso ciò che oggi la fantascienza non è più”. Il cinema si è involuto, secondo Valerio Evangelisti: “Non avviene più quello che accadeva negli anni Cinquanta e Sessanta, quando era pieno di innovazione e fantasia, ma comunque indietro, dal punto di vista dei contenuti, rispetto ai libri che si leggevano. In un solo anno di Urania si trovano cose straordinarie, anche per costanza qualitativa. Mentre, fino almeno a Zardoz, al Pianeta delle scimmie e a 2001 Odissea nello spazio, il cinema conservava una semplicità favolistica nelle trame e un gran proliferare di mostri. La narrazione scritta, invece, offriva riflessioni di grande interesse sulla società che sarebbe venuta, o, nei casi migliori, sugli sviluppi dell’umanità stessa. Ecco, questo non c’è più. Se è vero che il cinema e la televisione hanno fagocitato la fantascienza tutto si deve ad un meccanismo economico, per cui il libro al traino della serie o del film vende di più. Ma così viene meno il lettore di fantascienza”. Lippi fa un esempio: “Da cosa è nata la saga di Star Wars? Da Dune di frank Herbert e dalla Trilogia della fondazione di Isaac Asimov. Ma svilendoli:. Dell’Impero galattico che interessava Asimov negli anni Quaranta, della vicenda politica della Fondazione e dell’idea centrale che si possa prevedere il futuro indesiderato con una scienza inventata come la psicostoria non c’è traccia in Star Wars, che risolve con banalità piatte come la Forza. Matrix ha preso da Dick l’idea che la realtà è una facciata. Ma in ben altro modo. E’ come trarre un film da Agatha Christie senza gli interrogatori di Poirot e senza l’analisi della cenere sul tappeto o di una macchia di sangue”.
OK. Rompo i coglioni anche oggi. Ricordo che quando tradussi ‘Il segreto di Argosy IV’ di Nickolas Fisk per Mondadori ragazzi…:-)
Inutile intestardirsi sui generi. C’è un unico genere: il fantastico. Che cavolo è il tv McGuffin di 54? Genere storico? fantascienza? La fantascienza ha vissuto di favole straordinarie in quanto erede di una tradizione epica e massimalista, mentre la Letteratura si interrogava su metafisismi e neorealismi e introspezioni. Quando la letteratura ha assunto su di sé, in toto, questa eredità, la fantascienza è andata in crisi. Altroché cinema. La posizione più avanzata in merito ce l’ha Evangelisti, da più di un decennio: quando ti scrive un romanzo in cui ci sono tre piani temporali, due da genere storico e uno fantascientifico interpretato come variante del genere storico, è chiaro che lo spazio si è aperto e si fuoriesce dagli steccati. Con la manina e la ridarola allegra gli scrittori italiani da un decennio fanno ciao e tutti i lettori fanno ‘oh’…
Mi viene il dubbio che questa famosa crisi sia solo un rigurgito nostalgico per la vecchia Space Opera o per la FS sociologica. Forse sarebbe bene ammettere che il genere si è evoluto verso altre forme. Il Cyberpunk degli anni ’80 è stata la mannaia con la quale si è dato un taglio alle utopie alle quali nessuno crede più. Star trek è passato di moda con il suo lindo e impossibile universo buonista. Ci siamo accorti che il futuro non sarà come ce l’eravamo immaginato 30/40 anni fa. Sarà sporco, ibrido e ingiusto. Nessuno crede più alle favole. Allora ben venga un Evangelisti, un Simmons e tutti gli altri scrittori, che stanno tentando di traghettare questo genere verso lidi più moderni e, d’accordo con Genna, trascendendo le barriere imposte dalla classificazione di genere.
sottoscrivo quello che dice peppino genna, il genere, oramai, è questione da libraio, facilita l’organizzazione spaziale e aiuta il lettore inesperto a muoversi in un ambito più ristretto. già, è comodo, ma cosa succede a un ragazzino che vuole che vuole omini verdi o hacker futuribili se si ritrova tra le mani un romanzo iperrealista di ballard o un ironico (anzi, whimsical) vonnegut? magari gli piace, magari, ma non è detto. perchè se si continua a catalogare in questo modo si alimenta quel concetto sciatto di ‘genere’ che fa solo male a chi legge. in questo hanno le loro colpe anche gli editori (fanucci in pole position), che potrebbero smettere di produrre costose fascette che gridano “il libro da cui è stato tratto il grande successo cinematografico …”. e le colpe le hanno anche i lettori, troppo ignoranti, che confondono un romanzo con le vicende che in esso si narrano. il problema è che non esiste allo stato attuale una cultura diffusa sullo specifico di un medium, di un linguaggio. la gente vuole storie, storie appassionanti e spettacolari e basta, e se ne frega di tutto il resto. è quindi fisiologico, secondo me, che buona parte di quella fantascienza scritta che aveva ben poco di letteratura sia passata ai serial TV o al cinema. sarebbe un peccato se con essa fosse risucchiata nel buco nero anche la fantascienza-letteratura, ma anche farne semplicemente una ‘specie protetta’ è una prospettiva triste.
invece di affannarsi a definire ciò che è ‘fantascienza’ lo sforzo potrebbe indirizzarsi su che cos’è letteratura, anche perchè catalogare le opere in base all’ambientazione è davvero riduttivo, tanto per fare un esempio, star wars è basato prima di tutto sullo studio dei miti classici, sulle favole dei fratelli grimm e sulle categorie di propp, tant’è che se ci sono le astronavi e droidi, la vicenda si svolge “tanto tempo fa (in una galassia lontana)”.
Obbe’, è da sempre che la sf è in crisi per un motivo o per l’altro. Ma lo diceva già H.P., quindi non vedo perché dire che è ancora in cura da Freud e da Jung.
Comunque, peggio per voi, perché sono tornato. ^___^
Saludos
Iannox
il “tv McGuffin” è una tele-visione 🙂
Lippa, mi sai dare notizie della recensione che preparavi allo Sbrego, se me la sono persa per qualche motivo (compreso quello per cui certe cose commissionate poi non escono) me la faresti leggere in file?
ciao, grazie
ah signora mia, nemmeno la fantascienza è più quella di una volta…
(se la fantasia del futuro era migliore nel passato, vuol dire che il presente è il proprio aborto?)
ah signora mia, nemmeno la fantascienza è più quella di una volta…
(se la fantasia del futuro era migliore nel passato, vuol dire che il presente è il proprio aborto?)
E io che proprio oggi ricevo il messaggio di una 24enne che mi ringrazia perche’ le ho consigliato di leggere la trilogia della fondazione. Dice, fin quando me la raccomandava mio padre mi sono rifiutata di leggerla. Forse sarebbe bene dire che la grande sf sociologica è soprassata per i motivi qui giustamente detti. Ma aggiungere che resta un classico, nel senso proprio del termine.
Questa tematica è stata affrontata anche su Vibrisse rivista on line di Giulio Mozzi. A parer mio la realtà ha di gran lunga superato quel che la nostra limitata fantasia può ipotizzare e questo mette un grosso punto alla produzione. Ho appena terminata la lettura di “Passa la bellezza” di Antonio Pascale e mi torna alla mente Roberto l’architetto disperato per la bocciatura di un progetto. Ebbene appena un paio di giorni dopo gli arriva la conferma di un altro progetto e dimentica la sua crisi. Roberto quasi si rammarica di questo nostro tempo dove non ci è permesso neppure di macerare una crisi. Ebbene, è un discorso troppo lungo da liquidare in poche battute, ma credo che la velocità, il consumare, la ricerca della spettacolarità, abbiano seminato una gramigna difficile da estirpare e soffocante per la creatività.
Questa tematica è stata affrontata anche su Vibrisse rivista on line di Giulio Mozzi. A parer mio la realtà ha di gran lunga superato quel che la nostra limitata fantasia può ipotizzare e questo mette un grosso punto alla produzione. Ho appena terminata la lettura di “Passa la bellezza” di Antonio Pascale e mi torna alla mente Roberto l’architetto disperato per la bocciatura di un progetto. Ebbene appena un paio di giorni dopo gli arriva la conferma di un altro progetto e dimentica la sua crisi. Roberto quasi si rammarica di questo nostro tempo dove non ci è permesso neppure di macerare una crisi. Ebbene, è un discorso troppo lungo da liquidare in poche battute, ma credo che la velocità, il consumare, la ricerca della spettacolarità, abbiano seminato una gramigna difficile da estirpare e soffocante per la creatività.
Brava Maddalena. Mi sei piaciuta.
beh, complimenti un po’ a tutti per ciò che è stato scritto in sede di commento.
però, che fatica ogni volta arrivare ad ammettere che il crossover è in atto un po’ dappertutto da almeno tre decenni.
Forse si dovrebbe maggiormente investire negli scrittori italiani, che di fantascienza buona, in molti casi, son ben ferrati. Potrei far dei nomi… Ad ogni modo ciò che emerge, a mio avviso, è che oggi la tendenza è quella di riproporre soprattutto i classici – che vanno benissimo per le nuove generazioni, ma che però suscitano un po’ tanta nostalgia presso chi ha qualche anno in più. E sarebbe anche il caso di curare maggiormente le traduzione, anche dei classici, che a tutt’oggi sono ricche di refusi, nonostante le parziali revisioni – mi riferisco alla collana Urania Collezione. Penso sarebbe più utile investire in traduzioni nuove, invece che aggiustare quelle degli anni Cinquanta e Sessanta. Ad ogni modo, su P.K. Dick si è speculato già con Blade Runner – tant’è che Dick, vedendo il film in fase di lavorazione s’era messo le mani fra i capelli. Oggi le Opere di Dick continuano ad esser depredate, malamente. Si fa soprattutto lavoro di effetti speciali intorno alla fantasia dickiana, poi il vuoto assoluto.
Ultima nota ma non a margine: molta letteratura che non è specificamente “imprigionata” nell’etichetta fantascienza accoglie comunque parecchi elementi fantascientifici.
Saludos
Iannox
È in crisi la fantascienza o il futuro che ogni giorno viene sviscerato dalla televisione supera di gran lunga ogni possibile rappresentazione?
Mi spiego.
Se dovessi scrivere la storia di una rock star nata in un ghetto che sogna di diventare il primo cyborg canterino della storia e a furia di interventi chirurgici ci riesce. Se narro di questo essere che sposa la figlia del re del rock, è nero ma progetta figli biondi in provetta, è pedofilo, ricchissimo, paranoico e alla fine lo rapiscono gli alieni per motivi di studio approfondito sulle aspirazioni umane. Se dovessi cimentarmi in questa storia, come ha detto W. Gibson, avrei difficoltà a immaginarla.
Io aggiungerei: anche a pubblicarla.
La fantascienza, ancora oggi, ha un grosso problema, fino a quando un filone non viene sdoganato, vedi il povero Philip K. Dick o il cyberpunk, resta un sottogenere del sottogenere “letteratura”. E appena viene sdoganato, non viene razziato tanto dal cinema quanto dalla televisione.
Le ultime Guerre Stellari hanno dovuto adattarsi allo stile MTV, che ha mangiato, digerito e rigurgitato trenta anni di fantascienza, anche Ramazzotti si è dato al cyberpunk con il videoglip “Fuoco nel fuoco”.
Entrare in un sottogenere del sottogenere con nuove visioni è difficilissimo perché si ha sempre lo scoglio di dover eludere le richieste degli addetti ai lavori.
In questo momento, in Giappone, la generazione che non subisce più l’influsso radioattivo del disastro nucleare sta producendo ottima fantascienza. Lavori complessi Dot-Hack ne sono un esempio, purtroppo da noi sentiamo solo gli echi di questa produzione.
Ho come l’impressione che quello che Ale C dice sia negato dal suo stesso percorso, che l’ha vista pubblicare un gran bel romanzo, ascrivibile, se proprio si vuole sottostare alla logica delle catalogazioni, anche alla fantascienza. Io, per parte mia, credo non ci sia affatto bisogno di parlare di generi, e lo so di dire un’ovvietà. Non credo neanche che la televisione e il cinema siano poi così distanti dalla letteratura, che non ne siano parte, per dire, ma qui mi addentro in un sentiero che mi procurerà insulti di cui, francamente, al momento non ho bisogno.
Michele ti ringrazio e contraccambio, ma qui finiamo i vicendevoli pipponi, che potremmo riprendere in separata sede.
Non volevo essere fraintesa, non ho nulla contro la televisione e serie come “StarGate”, dico solo che si appropriano di un immaginario consolidato e tendono all’autoriprodurlo fino a trasformarsi in fantatrash. Questa tendenza l’ho vissuta, personalmente, con l’atoriproduzione cyberpunk sdoganato, anche se si è andati oltre, basti pensare alla “Notte del dive-in” e alla sua difficile collocazione, il mercato continua a richiedere cloni di immaginario.
Non sono la sola ad essere preoccupata della tendenza, se vuoi posso passarti una lunga discussione che ho avuto con Bruce Sterling che mi ha fatto scoprire nuovi autori, che pubblicano soprattutto nel web con enorme successo, ma hanno difficoltà editoriali.
L’esempio di Dot.Hack è emblematico perché è un’opera molto complessa che tocca la letteratura, il manga, il videogame e l’anime, alla quale hanno partecipato grandissimi autori, ma che non ha attecchito in Europa.
Odio parlare di genere, ma la fantascienza viene commercializzata solo se rientra in tale dicitura ed è il limite che la porta alla sterilizzazione.
Lippi, in una conferenza a Torino Comics, ha liquidato l’intero movimento cyberpunk in due battute, perché la fantascienza è: “Altra cosa”.
Potrei dirti che da cosa nasce cosa, ma solo se sei enormemente fortunato.
La faccenda, invero, mi interessa molto. Per cui, aspetto in separata sede (la mia email sta qui sotto) ulteriori ragguagli.
Quando si vuole discutere della cosa basta farmi un fischio che corro. A meno che, e qui finisco OT, non sia in altre faccende affaccendato. Domani, infatti, mi moglie termina il nono mese di gravidanza. Comincia il countdown…
Sono d’accordo con Michele e per citare Palahniuk: “La letteratura contemporanea non può dimenticarsi di essere in competizione con la televisione, i videogame, la musica rock e il Wrestling”.
Personalmente cambierei competizione con influenze.
“Non credo neanche che la televisione e il cinema siano poi così distanti dalla letteratura, che non ne siano parte, per dire”
Bisognerà discuterne una buona volta, di questa importantissima affermazione di Monina.
OT: hey, Michele, come va la pancia? Cresce? 😉