Il tempo è pochissimo, come prevedevo. Riesco soltanto a segnalarvi un articolo di Lucetta Scaraffia su Il Riformista di oggi. Il succo: siamo sicure che alle donne interessino davvero gli asili nido? Non è così bello e gioioso che dei bambini si occupino le nonne?
Del resto, il nostro paese – aggiungo – non è fondato da decenni sul volontariato femminile in sostituzione dei servizi che dovrebbero essere forniti dallo Stato?
@Valeria
La Scaraffia mi sembra suggerire che l’accudimento di figli e nipoti (laddove esiste) venga socialmente ed economicamente contabilizzato. Non mi pare scandaloso, come non mi pare scandaloso che qualcuno preferisca chiedere aiuto ai nonni che all’asilo (spesso irreperibile)
Comunque a me della Scaraffia importa molto meno che di riflettere su ciò che avviene del Welfare, ed esercitare un minimo di immaginazione sociale.
Quindi si, hai ragione, è un pre-testo
Scusate! OT per Anna Luisa: no, il carrubo per fortuna non credo sia manipolato, fa le sue carrube e dovrebbero nascere carrubi…oppure romanzi, non si sa mai 🙂
@walter binaghi. d’accordo sul pre-testo e pure sulla riflessione sul welfare fatta dal basso. perché quando questa riflessione viene imposta dall’alto mi irrita, soprattutto perché in quest’alto avvengono sprechi e nefandezze raccontate tanto bene da zaub.
@demonio pellegrino
“Tanto per dire che non e’ che per forza lo Stato debba fornire certi servizi”
No, non è che lo stato debba per forza fornire certi servizi. Non citi però il fatto che negli USA il sistema di welfare è così carente che gli stessi americani si sentono fortemente penalizzati dalla mancanza di servizi. Pagare 400$ mensili solo per l’assistenza medica e vedersela togliere quando si perde il lavoro mi sembra cosa di una brutalità che da europea sinceramente trovo inaccettabile. In questo continente abbiamo già fortemente lottato per tutto il secolo scorso per ottenere un sistema di welfare che garantisca diritti minimi. Lo smantellamento sistematico del pubblico a cui si è assitito negli ultimi anni, personalmente, lo percepisco come una rinuncia ad un livello di civilità che era fra i più alti al mondo. Dopodiché, il fatto che la maggioranza degli italiani sostenga un governo che predica e pratica la delega al privato la dice lunga su come è mutato questo paese. Con annessi di menzogne insostenibili, per esempio quella, spettacolare, che gli italiani amano la flessibilità e deprecano il posto fisso, quando a concorsi per 50 maestre di asilo si presentano 6.500 candidati. A casa mia si chiama negare la realtà, o più banalmente, raccontare balle di regime.
@claudia
Tu dici: “Pagare 400$ mensili solo per l’assistenza medica e vedersela togliere quando si perde il lavoro mi sembra cosa di una brutalità che da europea sinceramente trovo inaccettabile”. La chiave e’ tutta in quel “da europea”.
Ti assicuro che prima di venire a vivere qui non pensavo che avrei trovato persone assolutamente di sinistra che trovano inconcepibile che lo Stato possa imporre l’assicurazione obbligatoria. Conosco personalmente colleghi che hanno votato Obama, e che – per scelta – non hanno assicurazione obbligatoria e che hanno la bava alla bocca al momento per la riforma Obama.
Quando si dice – come fai tu – “gli stessi americani si sentono fortemente penalizzati dalla mancanza di servizi”, si dimostra di parlare senza conoscere la realta’ americana, che e’ molto piu’ complessa e meno monoblocco di quanto la vogliamo noi europei.
Ci sono parecchi studi – anche disponibili su internet – che dimostrano che una certa percentuale di persone (alcuni dicono 30%) che in America non hanno un’assicurazione non ce l’hanno per scelta: perche’ scommettono di non averne bisogno, di solito fino ai 35 anni. Si dicono “sono giovane, non ho figli, non mi succedera’ nulla, e rischio”.
E’ proprio una forma mentis diversa. Ripeto, non lo dico io.
Ho detto nel mio precedente intervento che non sapevo se il sistema americano fosse meglio o peggio. Ho detto che e’ diverso. Personalmente sono contentissimo, al momento, di non vedere piu’ il 57% del mio salario di dipendente andarsene in tasse, come succedeva in Belgio. Qui decido io la mia pensione (privata), e la mia assicurazione, assieme a mia moglie (lavora anche lei).
Se poi mi si si vuole far passare per il responsabile di tutte le nefandezze che citi tu sull’Italia, si dimostra solamente che non si puo’ davvero piu’ parlare, neanche portando fatti e esperienze diverse.
Ed e’ un prolema grave, questo. Perche’ credo che le esperienze diverse, e non gridate, possano arricchire.
In ogni caso – secondo me, come ha sorttolineato Loredana, spostare tutta questa cosa sul terreno della cittadinanza quando si parla di Italia è fuorviante. Vale bene per la maggioranza dei partecipanti a questo forum, che però ha una estrazione circoscritta – e vale pure per me, che ci ho un marito tzk! perfetterrimo 🙂 . Ma la questione è tutta delle mamme e delle nonne. L’è tutto un togliere a loro di vi e di li.
Poi non so cosa intenda demonio pellegrino. Io ho viaggiato assai assai, e credo molti dei compartecipanti qui – ma boh non m’è capitato de diventà de destra dopo esse stata di sinistra.
@demonio pellegrino:
allora io devo avere conosciuto, frequentato e lavorato assieme a qualche rappresentate del restante 70%, che vive nel terrore che gli succeda qualcosa. Anche raccontare a se stessi che non succederà nulla e che puoi rischiare di stare senza assicurazione è molto triste.
Sul “problema grave” che sollevi non so che dire, probabilmente non hai colto il registro. (d’altronde l’alternativa è riempire i commenti di faccine sorridenti, ma non mi pareva che ne fosse bisogno.)
Zauberei, e quando avrei detto una cosa del genere? Ho detto che prima di arrivare in America non pensavo che una persona di sinistra potesse ritenere allucinante, alla stregua di un sopruso, l’idea dello Stato che impone l’assicurazione obbligatoria. E invece qui in America di persone di sinistra che la pensano in questo modo ce ne sono molte.
Spero di essere stato piu’ chiaro. Era una risposta a Claudia che mi preva facesse generalizzazioni sull’America. Tutto qui.
@Claudia: ma perche’ “raccontare a se stessi che non succedera’ nulla e’ molto triste” scusa? Chi lo dice?
A me invece pare, semplicemente, un’idea della vita e del rapporto cittadino/stato molto diverso da quello che esiste nelle socialdemocrazie europee, tutto qui. Un rapporto in cui il cittadino si aspetta molto meno dallo Stato, ma e’ anche disposto a dare molto meno. Non mi pare tanto triste. Poi, oh, sono percezioni.
@demonio pellegrino:
L’hai detto tu:
“Si dicono “sono giovane, non ho figli, non mi succedera’ nulla, e rischio”. ” Il discorso diretto che riporti tu non corrisponde al discorso indiretto che ho riportato io? (“raccontare a se stessi che non succederà nulla”). Magari mi sbaglio, eh?
In effetti sono percezioni. Il non aspettarsi nulla dallo Stato io lo percepisco come triste, e mi pare triste anche l’essere disposto a dare poco. Da dove vengo io su questi argomenti la Lega Nord ci ha costruito un retorica vuota. Se tu lo percepisci in altro modo poco male. A me lo smantellamento del pubblico in Italia sembra una cosa barbara perché questo paese con fatica aveva costruito un sistema di welfare che funzionava. In America non c’è mai stato, forse è per quello che la cosa a quel 30% degli americani pare normale. In Italia non è normale, cioè non è secondo la norma, per la precisione l’art. 3 della Costituzione Italiana, che ti ricopio qui:
“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Sarebbe bello che la mancata rimozione di quegli ostacoli non non si iniziasse a percepirla come cosa normale. Dopodiché, come dicevo, la maggioranza degli italiani sta dando credito a una parte politica che punta a smantellare il pubblico, quindi è evidente che le cose stanno cambiando, o sono già cambiate.
@demonio: ah scusa, ora ho capito il senso di quel “chi lo dice?”
raccontarsi che non succederà nulla non sarà triste, ma è una forma di autoinganno. perché poi, se succede, ti ritrovi da solo a far fronta a malattie costosissime, e allora o hai una assicurazione che ti copre tutte le spese o, qualora sopravvivi, vai in rovina.
il cammello non ha messo il muso nella tua tenda, come dicono gli americani a proposito dell’intrusività dello Stato, ma tu ci hai rimesso le penne. E può anche andar bene così per chi è insofferente ai girelli socialdemocratici, ma io mi domando una cosa. è OT ma la dico lo stesso: come mai i liberalissimi americani, che non sopportano che il cammello metta il naso nelle loro tende, poi lo finanziano lautamente per andare a mettere molto più che il naso nelle tende altrui?
l’importazione del welfare negli USA è una insoppotabile prevaricazione e l’esportazione della democrazia a colpi di bombe al fosforo non lo è?
ecco, se fossimo in un altro thread, vi pregherei di aiutarmi a capire questa cosa, ma siccome sono clamorosamente OT vi chiedo scusa.
Per me che vado OT ogni 3×2 non sei affatto OT, anzi! Si potrebbe anche aggiungere che lo stesso governo che sta qui e ora smantellando lo stato sociale allo stesso tempo finanzia il contingente italiano in Afghanistan (ma lo aveva fatto anche la sinistra, e qui andrei ancora più clamorosamente OT per tirare in ballo la questione del “vergogna” del pd a Bonanno con la questione del suicidio del mafioso, quando le volpi avevano a loro tempo affidato il ministero della giustizia a un colluso con la camorra, legittimando di fatto il desiderio di vedere la Lega Nord al governo. Ma gli OT sarebbero tali e tanti che stiamo qua fino al prossimo anno).
Stavo rileggendo i commenti dall’inizio, e mi viene da ricordare un paio di realtà: un bambino, tutti lo capiscono, ha bisogno di un controllo e un aiuto costante, quindi o nido o baby sitter, o nonni – l’orario è lungo, si sa, quindi a volte vedo anche 2 insieme dei 3 aiuti… Un anziano, se occorre una badante, è perchè spesso è ingestibile, ed è raro che si prenda una badante se non in casi estremi, e in casi assai estremi anche 2. Mai visto?
La storia in base alla quale sono nati gli asili nido è di una semplicità imbarazzante e segue le stesse logiche di delocalizzazione della produzione di cui qualcuno già in questa lunga e interessante discussione parlava tutto incazzato (c’ha ragione nei principi, comunque).
La famiglia “allargata” di cui si parla oggi (ci torno alla fine) è un ritorno, deformato, ma sempre un ritorno, a quello che c’era prima della famiglia nucleare imposta dalla rivoluzione industriale, in cui i giovani vanno in città e lasciano la casa avita nei borghi o in campagna e diventano forza lavoro, producono bambini che andranno in una scuola concepita con la stessa impostazione della fabbrica (la mattina presto si entra, col tempo pieno si sta lì fino a che il cielo si oscura), perché i bambini da qualche parte devono pur stare mentre i genitori si spaccano il culo tutto il giorno in altre fabbriche, e visto che i nonni stanno lontano chilometri.
Se oggi io riesco ad avere i genitori o i suoceri vicini, lo ritengo un trionfo, perché fra il far stare mio figlio otto ore in mezzo a gente che non è famiglia, e il far stare mio figlio per metà con gli uni e metà con gli altri, preferisco la seconda; e per i nonni stare con i nipoti NON E’ UNA SCELTA E NON DEVE ESSERLO ma è un impegno sociale. Oltre che un piacere; e qui per fortuna ci aiutano la genetica e il senso di famiglia, l’affetto istintivo ecc. E ribadisco la diversa varietà e qualità dei saperi e dei saper fare che i bambini imparano a scuola e in famiglia. Ovviamente bisogna che i nonni siano gente in gamba; ciascuno si controlli i suoi e verifichi.
Certo, se poi avete a 40 anni figli di 5 anni e genitori di 70 e che invece vogliono farsi i cazzi loro, questi sono anche affari vostri e mi dispiace molto per voi. Ritengo giusto che ci sia il tempo pieno e che sia un servizio statale, a un prezzo modico, ma non gratuito; l’unica giustificazione POLITICA (ma alquanto cervellotica e difficilmente sostenibile appunto in sede politica) per la gratuità del tempo pieno sarebbe che venisse ufficialmente riconosciuto che la situazione di frammentarietà della famiglia di oggi è dovuta proprio all’evoluzione storica della società industriale; invece qui ho letto un sacco di acide parole sul fatto che i nonni hanno il diritto di stare per i fatti loro mentre è lo stato che deve badare ai figli. Questo lo trovo commovente nella sua stramberia. Il discorso che molti di voi hanno fatto, sotto sotto, non solo è politico in difesa della “sacra” (??) libertà dei vecchi (libertà da cosa non si sa: a 70 anni un nonno non vede l’ora di stare con i nipotini e se non è così, be’, ma vada affanculo), ma è, secondo me soprattutto, economico.
All’inizio parlavo di famiglia allargata e non me ne sono dimenticato: credo che, che lo vogliamo o no, il futuro della società coincida con la presenza di seconde mogli, secondi mariti, fratellastri e sorellastre e ottetti di nonni, e che questo nuovo tipo di clan, che coi decenni si normalizzerà invece di generare conflitti idioti, diverrà una nuova risorsa sociale.
Infine sono d’accordo con Demonio Pellegrino (alla nostra età non vi fa schifo scrivere “quoto”?).
Saluti cordiali.
Rude, ma pieno di buon senso.
A Demonio Pellegrino vorrei dire che la società americana vive di inganni e di illusioni peggio di quella europea. Lo dimostra l’atteggiamento acritico prima e lo stupore poi con cui accolgono le politiche estere dei loro governi (e i loro effetti: ma perchè tutto il mondo ci odia?), lo scempio energetico e consumistico che continua a perpetrare nell’illusione (indotta) di una sempre nuova frontiera da colonizzare. Dentro ci metto anche le convinzioni di una middle-class sempre più esigua, che è convinta dell’inutilità della previdenza sociale e non vuol saperne dell’esercito di disperati che s’ingrossa alle sue spalle. No, amico, non è certo da lì che prenderemo esempio per ridisegnare un’idea di civile consorzio.
Pellitteri temo che non posso discutere con te – non ci incontreremo mai.
Invece capisco meglio cosa dice il demonio pellegrino che avevo frainteso. E gli chiedo scusa:)
Se un nonno a settant’anni, per esempio, ha una patologia molto seria, forse affanculo è meglio ci vada qualcun altro.
L.
Ah, quanto erano belli i tempi andati… prima che arrivasse l’industrializzazione a strapparci a forza dal piccolo mondo antico (in cui gioiose famiglie allargate conducevano un’esistenza solidale e pacifica nei borghi e nelle campagne) per inchiodarci alla catena di montaggio e trasformarci tutti in unità produttive, figli inclusi…
Bel quadretto, sì.
Mio padre ci è cresciuto in campagna, ha respirato un sacco di aria buona, si è arrampicato sugli alberi, ha fatto il bagno nei fiumi, e in quanto ultimogenito di una famiglia allargata ha goduto tutti i benefici di avere tante persone con cui condividere la vita. Dormivano infatti in parecchi (non saprei quantificare) in un’unica stanza non riscaldata se non dal calore umano. Una sua sorella morì di parto in casa (in campagna le partorienti non usavano andare all’ospedale), un’altro fratello morì a cinque giorni perché non gli fu diagnosticata in tempo una piccola menomazione fisica. Mio padre a scuola ci è andato fino a undici anni, età in cui è finito a zappare nei campi insieme a tutti i membri della gioiosa famiglia allargata. I suoi genitori sono morti entrambi a 60 anni, perché quella era l’aspettativa di vita per chi si spaccava il culo nei campi all day long. I nonni non hanno proprio fatto in tempo a farli.
Nessuna istituzione totale, men che meno statale, solo il dominio incontrastato delle implacabili leggi naturali, dei cicli stagionali, del lavoro che ti rompe la schiena, e di orizzonti di vita che non vanno al di là del paese accanto. Fatto il militare mio padre è fuggito dal borgo e c’è andato di gran carriera in fabbrica, in città, alla catena di montaggio, dove ha sviluppato una coscienza di classe, si è politicizzato, ha preso la licenza media ai corsi serali, ha iniziato a viaggiare per l’Italia e all’estero. E ha messo su una famiglia mononucleare.
Abitavamo in un palazzo all’estrema periferia della città. C’era il giardino condominiale dove, tornati da scuola, si poteva restare a giocare senza bisogno della sorveglianza di un adulto. Niente nonni voleva dire tempo pieno a scuola. Grande palestra di vita associata: eguaglianza di diritti e di trattamento per tutti a prescindere dalla provenienza sociale, dal colore della pelle (c’erano già i primi immigrati), dalle idee politiche famigliari. Istituzione totale? Non diciamo cazzate, per favore. Si imparava a stare con gli altri, a socializzare con persone che non ti erano parenti, come la maggior parte delle persone che avremmo poi incontrato e frequentato nella vita.
La differenza tra la società industriale di allora e quella post-industriale attuale era che impiegati e operai (i miei genitori, ad esempio) tornavano a casa alle cinque e potevano stare con i propri figli. Oggi è un lusso per liberi professionisti mooooolto “liberi” e per disoccupati. Per fortuna ci sono i nonni che riescono ad andare a prendere i nipoti all’asilo dopo che ci hanno passato otto ore, perché certi genitori che conosco prima delle sette di sera non staccano dal lavoro. Il problema non è il tempo pieno, ma casomai il tempo “prolungato” fino all’abdicazione dalla frequentazione reciproca dentro lo stesso nucleo famigliare. Un fenomeno che trasforma i nonni, volenti o nolenti, nel collante sociale tra le generazioni, figure di supplenza non solo sul piano organizzativo, ma addirttura affettivo.
I nonni, bisognerebbe far loro un monumento. Perché quello che fanno per noi e per i loro nipoti non lo fanno per “impegno sociale”, “genetica”, “senso di famiglia” (dio ci scampi da queste idee e da questo lessico fascistoide e ciellino), ma proprio per una libera scelta, dettata dall’affetto e dall’amore che provano. E ci starebbero quanto vogliamo con i nipotini, ma purtroppo molti di loro arrivano alla nonnità già avanti con gli anni, visto che ormai i figli si fanno molto tardi, e quindi sono già pieni di acciacchi, se non addirittura bisognosi loro stessi di cure.
Sì, probabilmente il futuro ci riserverà famiglie allargate atipiche… con tanto di badanti e collaboratrici domestiche (imparentate e non). Sarà una risorsa sociale, già lo è, e come sempre continuerà anche a generare conflitti. Alcuni dei quali idioti, altri più seri, dato che le famiglie reali non sono quelle della pubblicità, ma sono appunto, tutte, conflittuali. A volte a un livello d’intensità bassa, a volte alta fino all’esplosione.
Quello che però nient’altro se non gli asili e le scuole continueranno a fornirci nell’infanzia è l’esperienza di una vita comune extra-famigliare. Non per niente il tentativo in atto di smantellarli un pezzo alla volta è un atto politico deliberato, perché individua nella scuola uno degli ultimi ostacoli al dilagare incontrastato del familismo amorale (ancorché allargato) che informa di sé la visione sociale trionfante.
@Wu Ming4
“La differenza tra la società industriale di allora e quella post-industriale attuale….”
E’ quella tra la fase 1 e la fase 2 dello stesso processo.
O pensavi di avere l’autunno senza l’inverno?
Innamorarsi di un’antitesi liberatoria (in questo caso l’emancipazione dal familismo imposto dal sangue e dal suolo) pensando di fermarlo nel tempo, senza accorgersi che prelude alla pura e semplice atomizzazione dei rapporti sociali, non è molto dialettico.
Così come non accorgersi che il familismo amorale (mafioso) in cui molti si rifugiano è la compensazione al contratto ineseguibile delle democrazie di massa, che promettono uguaglianza senza poterla mantenere e ripudiano il paternalismo solo per sottomettere alla burocrazia.
Quello di cui io parlo (e non mi assumo la responsabilità di nostalgie altrui) è una comunità progettata, che però deve sintetizzare prendendo dal presente la libertà soggettiva e dal passato la continuità generazionale e riappropriazione della funzione economica.
Capisco, e apprezzo pure, l’assunto illich/iano di binaghi. E mi fa piacere la non assunzione delle altrui nostalgie, che trovo davvero retrive. Solo che non credo che quella speranza comunitaria passi dallo smantellamento selvaggio di diritti acquisiti in due secoli di lotte sociali. Su questa strada io vedo solo guerra civile, altro che comunità.
Marchionne che dichiara lo sciopero di Termini “fatto per guardare la nazionale”, mi fa vomitare. Un impianto che chiude tra un anno, dopo aver drenato l’impossibile di risorse pubbliche. Quando si tratta di incentivi, defiscalizzazioni, contratti e fondi perduti allora lo Stato va bene. La marcia di oggi e il referendum di martedì prossimo sono robe coreane, che fanno vergogna. Ha proprio ragione Zizek che l’unica forma di governo oggi è la demoralizzazione cinica delle masse.
Ma ripeto, al fondo di questa strada c’è il sangue.
L.
– Valter Binaghi. Io devo dire certi tipi di pessimismo li guardo con un certo sospetto: per due ragioni: la prima è la svalutazione delle capacità soggettive degli altri, l’altra è l’ipervalutazione delle proprie. A parte che parlare di asili nido evocando le istituzioni totali, è un ricatto morale e un tranello retorico che una persona del tuo spessore non dovrebbe permettersi, o vuoi che ti mandi un ex internato in un manicomio, o qualche diariuccio di miei parenti, freschi di lagher, a farti capire la differenza… io credo che la differenza tu la colga, ma ti piace l’allarmismo letterario. A me questo crogiolamento di certi intellettuali, anche fortemente a sinistra con le parole forti e dolorose delle storie dolorose pe rnobilitare le proprie e splendere della cassandritudo possibile – come posso dirlo? Mi fa incazzare ecco. Non so trovare parola migliore. Mi fai venire in mente Lukacs che disse di Adorno:
La scuola di Francoforte? Una stanza di lusso all’ hotel Abgrund.
Prenditi la responsabilità della tua di nostalgia. Perchè qui è l’unica che è di scena. La tua nostalgia per un umano un tempo capace di essere soggettivo e sentimentale, e oggi non lo sarebbe più – tranne suppongo il tuo caso, se non ricordo male insegni – la tua nostalgia per donne che sarebbero inesplicabilmente ottime mamme (nei tempi di checco e nino) ottime zie (sempre nei tempi di checco e nino) fantastiche nonne (come sopra) ma nun je chiede de fa le maestre eh?
Si trasformano in delle megere.
PS. Wmin4 bellissimo intervento.
@Zauberei
Mia moglie fa l’insegnante e scrive (poesie e romanzi), ma è stata anche una madre fantastica per i nostri figli. A me le donne piacciono così.
Mi piacciono anche incazzose (come te), ma non quando travisano sistematicamente il pensiero altrui, perchè hanno fantasmi vecchi o nuovi da esorcizzare. NON ho definito l’asilo un’istituzione totale. L’istituzione totale è lo Stato onnipotente e onnipresente cui si è obbligati a ricorrere quando le risorse comunitarie (familiari e non, ho parlato di Comune se leggi) sono disattivate o demonizzate per principio.
Quanto al pessimismo, fare il tifo per la squadra dell’ottimismo globalista in cui gioca anche Wu Ming4 non aggiunge una virgola alle argomentazioni. I miei punti di riferimento per interpretare ciò che sta accadendo sono Illich, Lasch e Latouche. Non (come ti piacerebbe farmi dire) i fratelli Grimm.
Valter Binaghi ti darebbi volentieri fuoco:) – ma mi sei forse incoercibilmente simpatico – forse per lo stile con cui tieni duro. Lo apprezzo davvero. Perciò prendo atto, anche della moglie scrittora, e attendo ulteriori occasioni di discussione – qualora certo, capitassero. Le istituzioni totali però non le ho evocate io eh….
Però alla fine temo di non aver esattamente capito cosa auspichi concretamente tanto diverso da noi, a prescindere dagli sguardi. Cioè all’atto pratico che suggerisci? Che ti piacerebbe? In cosa sarebbe diverso dal tremenderrimo nido sentina di vizi? Precoce emissario dello stato livellante? (LO SO CHE NON LO HAI DETTO! Ma cerca di capire: io ci ho il parco nonni ridotto all’osso, cioè io nce l’ho er parco nonni. il marito che nasce conttadino e il sabato me ritorna contadino a coltivare l’orto – cosa sana e giusta – e oggi è sabato e io mi puppo il magnificherrimo Pipik, di anni uno. Non mi dire goditelo, perchè l’ho già fatto fino a venerdi)
Zauberei, su Pipik mi hai fatto scompisciare. Davvero, grazie. Sono quelle cose che cambiano l’umore di una giornata. Ho come la sensazione che ti verrà suggerito: “continua a godertelo.”
Binaghi, chiedo scusa, però mi sembra si ciurli un po’ nel manico.
Ottimismo globalista un paio di palle.
Vado con l’accetta, e in francese: ma che cazzo si pagano a fare le tasse?
No perchè se è per finanziare Fiat Alitalia Impregilo e le banche, e per il resto purtroppo c’è la crisi, allora andatevi a comprare subito un elmetto e date quattro mandate alla porta di casa. E pregate molto.
L.
@Binaghi
Come suggeriva Luca, non ciurliamo nel manico, please. E’ evidente che non è questione di pessimismo o di ottimismo, ma che ogni fase storica ha i suoi lati positivi e negativi. Proprio per questo la nostalgia dei bei tempi che furono è una stronzata. Perfino Tolkien, di cui si è discusso a lungo in questo blog, che pure rimpiangeva il mondo preindustriale della sua infanzia, era consapevole di dover accettare il divenire storico (e credo che quando andava a curarsi gli acciacchi in un moderno ospedale inglese lo apprezzasse pure molto questo divenire…).
Considerare le conseguenze negative prodotte da una trasformazione storica un motivo valido per condannare in toto la trasformazione storica stessa, ecco, questo sì, significa essere dei reazionari. Siccome c’è la fase 2, allora il problema è la fase 1, e perché non la fase 0, o -1, e via via percorrendo a ritroso la catena della dialettica e storica (e del rimpianto)…
Vedere le potenzialità positive di ogni fase storica non significa essere ottimisti, ma al contrario provare a salvare ciò che c’è di buono in questo mondo senza smettere di vedere e criticare il peggio.
L’industrializzazione è stato un cataclisma epocale che ha prodotto traumi enormi, sfruttamento, alienazione, etc., ma che ha anche liberato forze sociali fino a quel momento congelate in un mondo angusto che di idilliaco non aveva proprio niente. La “libertà soggettiva” del presente nasce proprio da tale trasformazione. Non rendersene conto è semplicemente anti-storico.
Quanto alla “continuità generazionale”, è un concetto fumoso e scivoloso, perché se non si riesce a mettere in discussione i propri padri, il mondo che ci ha accolti e cresciuti, alla suddetta liberazione sarà impossibile accedere. Che il conflitto generazionale possa (auspicabilmente) non diventare guerra tra le generazioni è una sfida il cui esito dipende in gran parte dalla “riappropriazione della funzione economica”, appunto. E questo è tanto più vero in un paese come questo – unico al mondo – dove i padri (e perfino i nonni) non si decidono a passare MAI le leve del comando. Ma del resto, il familismo amorale si basa su un modello patriarcale pre-giuridico e personalistico, non sull’uguaglianza di diritti tra le persone e certo non sul ricambio generazionale. Quindi non c’è da meravigliarsi di niente.
@Wu Min4
Fumoso e scivoloso è fare la caricatura delle affermazioni altrui. Se vogliamo farla corta, io sarei non per la fase 0 (ridicolo) ma per la fase 3. Nonostante lo pseudonimo cinese, vedi se riesci a uscire dalla gabbia binaria (illuminismo si o no, industria si o no) e vedrai che c’intendiamo.
La parola è (se comunitarismo risveglia fantasmi) cooperativismo.
@Luca
Tu pensi davvero che io voglia fare sconti a gente come Marchionne e Tremonti? Se servisse, li metterei volentieri al muro. Il fatto è che io vedo qui, in questa deabacle dello stato assistenziale, non qualcosa di contingente ma qualcosa di strutturale, e proverei a pensare oltre.
@Zauberei
Anche Pipik c’ha una mamma fantastica.
A me nessuno mi faceva mai ridere, e guardate il risultato…
@Binaghi: per me la fase 3 comincia dal non buttare via il bambino (e l’asilo) con l’acqua sporca. Per il resto ci si può intendere benissimo, proprio perché io sono a favore di una visione complessa, e a sfavore di qualunque semplificazione (binaria, trinaria, nostalgica o prometeica). Quanto al cooperativismo, lo pratico da una vita e non in senso “cinese”, nonostante lo pseudonimo e nonostante genitori maoisti (che fortunatamente sono stato in grado di mettere in discussione). Ho sempre messo in atto una resistenza attiva alla prospettiva individualista che a partire dagli anni ’80 ha preso piede a queste latitudini, tanto è vero che faccio parte di un collettivo di scrittori che da quindici anni e più ragiona sulla costituzione di comunità aperte cooperanti, appunto.
Quindi, ripeto, per favore, non si ciurli nel manico e non si finga di non sapere con chi si ha che fare.
Da un certo punto in su diventi saputello e antipatico.
(Lei non sa chi sono io…)
Ma mi sta bene. Io faccio parte per me stesso, non ho appartenenze da rivendicare e pretendo sempre di essere preso per quello che precisamente faccio o scrivo, ma non è che sia contento così.
Se c’è una cosa che invidio a Wu Ming non è lo pseudonimo esotico (una volta avevo pensato di firmarmi Sambigliong, sai di che parlo) e nemmeno il successo (ognuno se lo deve meritare con quello che il mondo gli permette di essere), ma è proprio il collettivo, l’amicizia.
Mi ricorda un tempo in cui chiamarsi l’un l’altro “compagno” era quasi un sacramento.
A proposito, ti avevo già chiesto un indirizzo per mandarti una cosa mia che uscirà in settembre. E’ possibile?
@Binaghi: cosa intendi per stato assistenziale? Secondo te gli asili nido sono utili o no? M
@ binaghi: tra noi WM ci chiamiamo “compadres” e non è un sacramento, per fortuna, ma appunto un attestato di amicizia e cooperazione. Quello che facevo notare era proprio l’opposto del “lei non sa chi sono io”, ovvero: “lei sa benissimo chi sono io”. Vale a dire: si sa cosa facciamo e come la pensiamo. Che senso ha attribuirci posizioni vetero-marxiste o industrialiste? Cos’è, amor di polemica? Il mio discorso era evidentemente diverso, a favore di una visione più complessa e non semplicistica. Ho esordito parlando della scomparsa dello spazio del “comune”, cioè quello che sta a mezza via tra Stato e famiglia/individuo. E’ appunto lo spazio della cooperazione che non può, non deve, ridursi al solo ambito famigliare (i nonni che badano i nipoti, i figli che badano i genitori anziani, i genitori che accendono il mutuo ai figli, etc. etc.). E’ quello lo spazio in cui si cambiano le cose, il terreno da recuperare. L’alternativa a “più Stato e più famiglia”, nonché a “più libero mercato”, è “difesa dei diritti e cooperazione sociale”.
@Binaghi: cosa intendi per stato assistenziale? Secondo te gli asili nido sono utili o no? Ma mi sembra che tu abbia già risposto e ci siamo incartati. Non invidiare nessuno, né gli pseudonimi esotici, né il successo, ma proprio il collettivo e la parola “compagno”? Lo stesso compagno però è saputello e antipatico. Troppa confusione, speriamo che i nonni siano in balera. Eci a schiarirti le idee, l’aria è fresca.
Esci, usciamo dalla nonnità. Pardon
@binaghi: quando esce il libro puoi scrivere all’indirizzo del collettivo e ti diciamo dove puoi spedirlo per farcelo avere.
A Wu Ming 4 negli ultimi mesi, in contesti differenti, gli hanno dato prima dell’orientalista, poi del cattolico e ora pure dell’ottimista globalista… va bene che ha un’identità multipla, ma qui si sta esagerando ;-))
Di fronte agli attestati di amicizia e cooperazione e libri da spedire mi tiro indietro con un poco di imbarazzo.
Francamente, io non capisco nemmeno cosa ci sia da discutere. Io e mia moglie abitiamo a Milano, le nostre famiglie sono in Sardegna. Abbiamo appena iscritto il bambino al nido. La sola alternativa era la baby sitter, ma dato che entrambi lavoriamo in casa, si trattava di un’alternativa alquanto teorica. Certo, potevamo fare a meno del nido, come no? Bastava che mia moglie smettesse completamente di lavorare… o bastava lasciare Milano e tornare in Sardegna. Ma dato che le tasse le paghiamo, vediamo di pagarle per un buon motivo, ok? Anch’io mi associo: mammasterdam for president!
Il problema è che non si può generalizzare tanto: in Italia ci sono differenze regionali molto forti: alcune aree hanno asili nido, altri comuni no, o non c’è mai posto; alcuni centri fanno sconti per il gasolio da riscaldamento agli over 75, altri no, a livello nazionale ti tolgono la legge 104 se hai un parente in ospedale perchè se sta in ospedale non devi fare assistenza, in certi posti poi invece ti ‘obbligano’ a stare sempre lì e quindi sei fregat* due volte. Alcune regioni hanno servizi di assistenza domiciliare ottimi, altrove l’assistenza sociale è sorda e muta, certi iscrivono le badanti a degli elenchi, in altri c’è solo il parroco o il passa parola, e così via. Un po’ come l’adsl e internet…
@Vincent
Più che un provocatore mi sembri Provolino (o sei troppo giovane per ricordartelo?).
Con Wu Ming1 e 4 ci si scrive e si discute da tempo, m’interessa quel che fanno e qualche volta anche loro si sono interessati a me. Ti spiace?
Gli asili nido, in questa situazione, più ce n’è e meglio è.
Contento?
E’ sicuramente gioioso e bello che i nonni si occupino dei nipotini ….. io sono cresciuta con mia nonna, una maestrina-filosofa, che continuo a ricordare con una dolcezza infinita, tant’è che ho messo a mia figlia il suo nome ma ….. come fanno le mamme come me, rifiutate dalla suocera che non vuole manco conoscere la nipotina di soli 4 mesi e che, la cosa più carina che ha saputo dirmi durante la gravidanza è stata:”Io ho perso mio figlio nel momento stesso in cui lui ha conosciuto lei” (- cioè io che sto scrivendo)? Persone come la sig. Realda, ovvero mia suocera, non sanno proprio cosa significhi una nuova vita tanta è la loro cattiveria ed allora ….. ci vogliono gli asili nido.
Vorrei solo aggiungere un messaggio per la sig. Realda – mia suocera – : che tutta la sua cattiveria si trasformi in salute per la mia bimba, e si ricordi che si raccoglie SOLO quello che si semina ….. Verrà un giorno in cui la sua cattiveria le si ritorcerà contro, in cui lei avrà bisogno ed allora sia io, che suo figlio, che la nostra piccina, saremo troppo impegnati altrove per occuparci di lei.
una nuora rifiutata
@binaghi: purtroppo non sono così giovane, il pupazzo Provolino me lo ricordo e mi stava simpatico. Non mi spiace per niente che discuti da tempo con WM 1 E 4. Ma quale provocatore, dico la mia e spesso mi escono delle fesserie. Un commento definitivo per uscire dall’impasse:buona domenica.
In Francia, e suppongo anche in altri paesi (ho esperienza diretta solo della Francia in tal senso), esistono gli asili cooperativi. Gruppi di genitori fanno i turni come “maestri” del nido: tot ore alla settimana, con un calendario ben organizzato. Queste cooperative di genitori che non hanno nonni in zona affittano locali (credo anzi che siano messi a disposizione dallo stato, o comunque a un prezzo assai modico) che, opportunamente arredati e attrezzati, diventano «il tempo pieno» per i loro figli. Una cosa che unisce la logica metropolitana alla sensibilità hippie, se volete.
Sui nonni vecchi e malati: ehi, mi dispiace delle situazioni personali spiacevoli; il supporto dei nonni ovviamente può avvenire se si ha la fortuna di averli in salute discreta. Per quello non ho mai detto che occorrerebbe sopprimere gli asili statali. Ho detto solo che non devono esistere solo per permettere ai nonni di farsi i cazzi loro se sono nelle condizioni di dare una mano ai figli badando ogni tanto (o anche sistematicamente, tot ore al giorno ogni giorno) ai nipoti.
Per passare dal pre-testo al con-testo mi pare degno di attenzione il fatto che sul Corriere della sera sia stato aperto un blog dal titoloIl secondo welfare.
Ora, non è che voglia contestare la legittimità di questa discussione o disconoscere l’interesse di alcuni interventi che mettono a tema il welfare, primo e secondo, e lo problematizzano. Quello che mi ha messo veramente in allarme è stata l’entrata a gamba tesa del ministro Sacconi con un articolo dal titolo Perché ci vuole meno Stato e più società.
Sinceramente io non ho capito che cosa intenda Sacconi con la parola ‘società’. Il tono dell’articolo è molto ambiguo, c’è un pericoloso slittamento semantico da ‘società’ a ‘famiglia’, i due concetti tendono continuamente a sovrapporsi.
D’altra parte mi chiedo a quale società e a quale Stato possa alludere un esponente di una classe politica che ha fatto proprio il motto della Tatcher ‘non esiste la società ma solo l’individuo’ e, nello stesso tempo, si è insediata come un topo nel formaggio nell’organismo statale sgranocchiandone a quattro palmenti le finanze e i puntelli istituzionali (e dunque, da questo punto di vista, in effetti di Stato ce n’é rimasto ben poco).
Per questo, fatta salva la buona fede delle autrici e degli autori, mi fanno molto arrabbiare i pistolotti sulla nonnità, maternità, zietà e cuginanza varia.
A fronte di tutto questo, secondo me, dovremmo essere capaci di sviluppare un discorso pubblico (intendasi: politico), che si opponga in modo progettuale al delirante bric a brac ideologico di Sacconi & Co.
Perché sennò rischiamo di scivolare nella individualistica arte di arraggiargi per cui noi italiani siamo famosi nel mondo.
E anche su questo topos mi aspetto, a giorni, un bel pezzo da una delle prestigiose firme del Corriere.
Non c’è dubbio che la destra (ma non da oggi o ieri) tenda vigorosamente a formulare discorsi incoerenti su elementi quali la famiglia come ammortizzatore che dovrebbe sopperire a una riduzione dell’intervento statale nell’ordinamento sociale e nelle sue routine ri/produttive (istruzione, asilo per i bambini a tempo pieno ecc.). Dunque ribadisco, come anche molti altri qui hanno fatto, che i servizi/diritti garantiti come asilo, tempo pieno scolastico ecc. debbano essere sempre sicuri e a prezzo modico. Su questo mi pare che non si siano levate voci di dissenso. Il discorso era partito dal ruolo dei nonni nella società di oggi e qui le opinioni differivano. Ma credo che se c’è qualche punto comune fra tutti i partecipanti a questa discussione (anche i visitatori appassionatamente saltuari come me, visto che qui si parla di fumetto e animazione meno di quanto mi piacerebbe: Loredana!!! ^__^) è proprio la disapprovazione, direi viscerale, per le manovre del governo e per l’ideologia retriva che le sostanzia.
@Marco Pellitteri. In effetti il mio intervento non voleva essere una critica alle opinioni espresse qui, che in linea generale rivelano una concordanza di fondo.
Solo che ho un rovello nella mia testa, che ogni tanto viene fuori in modo inconsulto, ed è che a fronte di un discorso pubblico che, per quanto sgangherato a livello ideologico e teorico, porta avanti un progetto preciso e molto organizzato (smantellamento dello stato sociale e di quello di diritto) non ne vedo un’altro che in modo altrettanto determinato opponga una forma di resistenza o un progetto diverso.
Ovvio che questo è un deficit gravissimo di politica e non è imputabile, né purtroppo colmabile, da questo commentarium. E il ‘noi’ del mio intervento precedente non era riferito a ‘noi che interveniamo su questo blog’ ma ad una sinistra sempre più evanescente.