“È successo dopo la catastrofe, quando avevano ucciso il Presidente e mitragliato il Congresso, e l’esercito aveva dichiarato lo stato d’emergenza. Avevano accusato gli integralisti dell’Islam, allora.
«State calmi» dicevano alla televisione. «La situazione è sotto controllo».
Io ero sbalordita. Tutti lo erano, lo so. Era difficile credere che i membri del governo fossero finiti così. Come erano riusciti a entrare? Com’era accaduto?
È stato allora che hanno abolito la Costituzione. Temporaneamente, si diceva. Non c’erano neppure disordini per le strade. La gente stava in casa la sera, a guardare la televisione, sperando di avere qualche direttiva. Non c’era neppure un nemico con cui prendersela”.
(Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella, 1985)
Non sto riportando questa citazione per rivendicare intuizione e profondità alla letteratura fantastica, quella stessa che viene citata a man bassa (non Atwood, però) in queste ore, salvo venir ributtata nel calderone dove ribollono maghetti e astronavi dopo aver scritto, a proposito di quanto avvenuto ieri a Washington, “cieli, cieli, sembra di essere in una distopia”.
Non siamo in una distopia. Siamo in un presente che non solo gli scrittori e i visionari hanno già previsto, ma che hanno almeno intuito coloro che riescono a guardare nelle pieghe del chiacchiericcio, delle interpretazioni spicce, persino di quel dilettevole passatempo che consiste nel considerare gli avversari dei perfetti imbecilli.
Sono turbata da quanto ho visto e vedo al Congresso degli Stati Uniti. Credo che non sia un episodio da dimenticare, e che anzi sia un segnale preciso di una mutazione di cui avremmo già dovuto accorgerci. Sono turbata anche dalla ridicolizzazione, certamente facile, del manifestante vestito da sciamano, dei corpi e dei gesti di coloro che hanno attaccato il Campidoglio. Viene spontaneo, così come ci è venuto spontaneo sganasciarci sui leghisti buzzurri (fino a quando) e sui fascisti analfabeti (fino a quando), e così come ci vien facile dare dell’incel, dello zitellone, al maschilista (e su questo prima o poi interverrò lungamente).
Quello che è avvenuto, detto da semplice osservatrice e semplice lettrice, nonché antica frequentatrice di social, dovrebbe farci scattare diversi campanelli d’allarme sulle cose che si dissociano e sui centri che non possono reggere. Primo, che le nostre quotidiane e compunte incursioni nella rete non cambiano molto se adottiamo lo stesso linguaggio, rovesciato, di quelli che riteniamo di dover combattere. Secondo (stupido, ma val la pena ricordarlo): che siamo amabilmente al servizio di un capitalismo persino più feroce del precedente, quello che la rete e i social gestisce. Terzo (banale pure questo): che finché non proviamo a capire cosa sta accadendo e insistiamo con la de-umanizzazione dell’avversario quell’avversario diventa più forte di noi, se non altro perché è più esperto in quel tipo di pratica.
Sto dicendo che l’assalto di ieri non solo può accadere ovunque, ma che accadrà. Sto dicendo che compito di chi mette due parole in croce su carta o web dovrebbe essere proprio quello di dire ehi, aspetta, cosa stiamo facendo? Sto dicendo che sbaglio anche io, come tutti e ogni giorno. Ma che forse non possiamo permettercelo ancora per molto.
“Come ho detto altrove, c’era ben poco che fosse veramente originale o esclusivo a Galaad: la sua caratteristica fu la sintesi. Judd, d’altro canto, pare fosse meno interessato alla parte esteriore e più preoccupato dei problemi tattici. Fu lui a suggerire l’uso di un oscuro opuscolo C.I.A. sulla destabilizzazione di alcuni governi stranieri come manuale strategico per i Figli di Giacobbe, fu ancora lui a compilare i primi elenchi di eminenti «Americani» del tempo. Lo si sospetta inoltre di avere orchestrato il Giorno del Massacro del Presidente, che deve aver richiesto la massima infiltrazione del sistema di sicurezza attorno al Congresso, senza il quale l’applicazione della Costituzione non avrebbe mai potuto essere sospesa. Le Patrie nazionali e l’imbarco degli ebrei furono entrambi progetti suoi, così come l’idea di privatizzare il programma del rimpatrio ebraico, col risultato che l’intero carico di più di una nave di ebrei fu scari- cato nell’Atlantico. Per quanto sappiamo di lui, Judd non dovette preoccuparsene molto. Era un uomo molto duro, e Limpkin gli attribuisce l’osservazione: «Il nostro grande errore è stato di insegnar loro a leggere. Non lo commetteremo più».”
(Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella, 1985)