LA NOTTE SI AVVICINA: IL LATO OSCURO DEL MATERNO

Qual è uno dei sintomi della disaffezione dello spirito, e dunque della peste, in La notte si avvicina? Uno su molti, e nucleo centrale del libro, è la parte oscura della maternità. Ne ho parlato con Giuliana Misserville qui, pochi giorni fa, ma il discorso sarebbe molto più lungo. Quando si parla abitualmente di “parte oscura” del materno si parla, e con fatica, e con difficoltà, della depressione delle madri, o dell’incertezza nel ritrovarsi in un cammino che è molto più complicato e faticoso di quanto viene ancora descritto. Ma non è questo a turbarmi. E’ qualcosa che ho cominciato a osservare all’inizio dei famosi anni Zero di cui scrivevo ieri, e di cui ho già scritto addirittura in Ancora dalla parte delle bambine. In questo brano:
“Vado a trovare Roberto Polella, che presso il Tribunale dei Minori è sostituto procuratore della Repubblica. E che conosce un bel po’ di storie. Storie di grandi.
“Abbiamo un problema di genitori. Genitori che contestano fino a creare problemi di sicurezza all’insegnante. Per parlar chiaro, gli tagliano le gomme dell’automobile. La scuola? Minimizza. Altrimenti dovrebbe riconoscere il proprio fallimento. Abbiamo un problema di madri, soprattutto. Sono apprensive, e aggressive: fanno piazzate in classe perché ritengono che il figlio venga discriminato. Infine, abbiamo il problema delle denunce, dove i genitori di altri bambini chiedono l’allontanamento di chi disturba le lezioni.”
In pratica, gli chiedo, vi viene chiesto di fare da arbitri in una guerra dove i bambini sono la posta in gioco. “Come Tribunale – dice- siamo al centro di tensioni esasperate. La famiglia non ha autorevolezza. La scuola è in crisi. Per il bullismo, dicono. Ma il problema non è questo. Il bullismo è sempre esistito, a dispetto della mancanza di memoria dei mass media. Da sempre, a scuola, si picchia e si ruba. Ma ai miei tempi il bottino erano le merendine. Oggi il valore degli oggetti è molto più alto: e il reato diventa quello di rapina con estorsione. Semmai un fenomeno nuovo, pesantissimo, è quello dello stupro fra minorenni. Sa come funziona? Si sceglie una vittima e per prima cosa, con metodo, la si annienta moralmente. Prese in giro feroci, battute pesanti: giorno dopo giorno. Poi le si dice: la smettiamo in cambio delle tue prestazioni sessuali. Lei, in genere, accetta. Dopo la prima volta, si chiamano gli altri compagni. Lei torna. Altrimenti è fuori dal gruppo. Nessuno dei torturatori si chiede mai: “cosa stiamo facendo?”. Anche il pentimento è strumentale, chiaramente invogliato dai difensori e dalle stesse famiglie. “E’ stata una ragazzata. Sono giovane”. Questo è quello che dicono. E i familiari aggiungono: “sono vittime, sono stati provocati, la ragazza si è offerta, ci sta”.
E gli altri compagni? “Silenzio. Mi è rimasto impresso il caso di una bambina di tredici anni, in provincia. Le hanno rotto le costole durante il cambio delle ore, perché non si ribellava e subiva ciecamente gli insulti e le vessazioni. Un gruppo di quattro. Nessuno l’ha difesa. Se vuole sapere perché si arriva a questo, le dico come la penso. Perché non viene capito il disvalore dei soggetti più deboli e labili, con minor capacità reattiva: la vigliaccheria è ai massimi livelli. Ma si arriva a questo anche e soprattutto perché le madri iperproteggono figlie e figli fin dalle elementari. E quando sono alle medie, li provvedono di soldi e telefoni costosi. Poi c’è un terzo motivo: sa cosa farei, se potessi?”. No, non lo so. “Bene, prenderei per il collo i vertici Rai e Mediaset e li inchioderei al muro. Editori, dirigenti, autori. E imporrei il canone etico: un vero codice, non una formalità. E se non lo rispettano li caccerei tutti. Le faccio l’elenco:  Maria De Filippi. Maurizio Costanzo. Lo staff di Buona domenica. Bruno Vespa, con il caso Cogne trasformato in soap opera. Con questi modelli, cosa devono pensare i ragazzi? Quel che penso io, è che da questa situazione non si torna indietro”.”
Il mondo è andato avanti, da allora. E non siamo tornati indietro. Nel romanzo racconto soprattutto questo, di come possa accadere che il materno diventi terribile, diventi un’arma contro gli altri, diventi il modo di spianare il terreno ai propri figli distruggendo gli altri. Accade. Accade di frequente. E questo, per me, è uno dei sintomi della peste, anche se è difficile e scomodo da dire, e ancor più da raccontare. Ma non è un giudizio il mio: nessun romanziere dovrebbe mai giudicare, ma assumere su di sé il lato tenebroso del mondo, per provare a restituirlo.

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