Credo di averlo scritto altre volte, ma vorrei tornare sulla necessità diffusa di stigmatizzare i libri a tema pandemia, iniziata già a marzo e ora al suo culmine . Stavolta davvero non parlo per me, perché ho spiegato talmente tante volte il come e il quando ho cominciato a scrivere La notte si avvicina che ne avrete abbastanza. Parlo però del moltiplicarsi di narrazioni in proposito, piccole e grandi, d’autore e no, che invariabilmente suscitano strali. Ma perché?
Si scrive sempre di quel che si conosce, anche se si trasporta in ambiti impossibili: un romanzo di fantascienza (bellissimo) come La luna è una severa maestra di Robert Heinlein ci parla di sociopolitica molto più di una narrazione realista. E non è detto che nelle piccole, a volte ingenue storie che vengono diffuse, e in moltissimi casi autopubblicate, non ci siano temi e spunti ed emozioni che non si riveleranno, o non si rivelino già ora, utili.
Quando si attraversa un tempo eccezionale, si prova a raccontarlo, con i mezzi che si hanno a disposizione. Così avviene nella grande peste nera del Trecento, quando le campane non suonano più, e i cronisti seppelliscono da soli i figli, e intanto aggiornano le cronache, e persino c’è quel monaco irlandese, John Clyn, che è l’unico sopravvissuto e che, morente a sua volta, spera che al mondo sia rimasto almeno un uomo in grado di raccontare. La peste nera uccise i cronisti, e Giovanni Villani a Firenze muore a metà di una frase, e i medici e i sarti e i notai e i cardinali, tutti.
Così racconto anche nel romanzo, perché mi colpì moltissimo la morte di John Clyn, che questo scrisse:
“E io, Frate John Clyn, dell’Ordine dei Frati Minori e del Convento di Kilkenny, ho scritto in questo libro quelle cose notevoli, che sono accadute ai miei tempi, che ho visto con i miei occhi. E affinché le cose degne di memoria non periscano con il tempo, e cadano dalla memoria di coloro che verranno dopo di noi, io, vedendo questi molti mali, aspettando la morte finché non arriva, ho affidato queste cose alla scrittura. E affinché la scrittura non perisca con lo scrittore, lascio la pergamena per continuare il lavoro, se per ventura qualcuno sopravvivesse, e qualsiasi creatura della stirpe di Adamo sfuggisse a questa pestilenza per continuare quanto ho iniziato”.
Si tratta di testimonianze. In forma narrativa, che sia mediocre non importa, ma testimonianze sono, e andrebbero trattate come tali. Non scherniamo con tanta frequenza i romanzi o i racconti d’interni, quelli che raccontano amori e tradimenti, perché dovremmo schernire questi?
Ps. Almeno un’eccezione la faccio, però, anche se mi ha strappato una delle rare risate di questi tempi. Un paranormal romance che racconta la storia d’amore e di sesso fra ricercatrici volenterose e…il coronavirus in persona. Ne esistono diverse versioni, Kissing the Coronavirus e Courting the coronavirus, per dire. Giuro che non avrei pensato si arrivasse a tanto, ma com’è noto sono una donna troppo fiduciosa.