L'ESEMPIO DI DESMOND E LA PESTE DELLA VISIBILITA'

Matthew Desmond è un sociologo americano che con Sfrattati ha vinto il Pulitzer 2017: ha vissuto 18 mesi fra otto famiglie di Milwaukee, nelle roulotte  dove si sono rintanate quando hanno perso la casa dopo la crisi del 2008.  Desmond fa esattamente quel che dovremmo fare noi: e con quel noi intendo coloro che si stanno interrogando non tanto su cosa fare (ricostruire una sinistra) ma sul come farlo e sulle parole e le strategie da usare, sapendo di essere comunque incasellati, e di dover uscire da quell’incasellamento.
Mica facile: giusto ieri sera, su Facebook, una ragazza scriveva che io faccio parte della sinistra della ZTL, scollata dal mondo reale. Hai voglia a spiegarle non solo che vivo a Pietralata e tutte le cose che già sapete della mia vita, che non si consuma in una mobil home, certo, e di questo ringrazio gli dei, ma che certo di privilegi ne vede pochini (per dire, una capsula dentale non posso permettermela, e come me la maggior parte di quelli che vengono considerati ripugnanti radical-chic sventagliati al fresco delle loro terrazze con affaccio su piazza Navona). Hai voglia a dirle, ma di cosa altro mi sono occupata e mi occupo, io come altri,  se non di realtà: la risposta è sempre quella, hai il privilegio. Della visibilità, suppongo: ma con la visibilità non paghi le bollette, le tasse di successione che ti piovono addosso inaspettatamente, e neanche la capsula dentale. E poi, sinceramente, avete stufato, con questa storia della visibilità: e magari una tirata d’orecchio a chi metteva in bocca alle Winx, undici anni fa, frasi come “a grande potere corrisponde grande popolarità”, andrebbe decisamente data.
Andiamo avanti. Sull’Espresso di domenica, Michela Murgia parla dello schieramento come atto politico, e fa benissimo. Sabina Ambrogi, giustamente, mi chiede e si chiede dove: nel senso, se ben comprendo, come si fa a far percepire lo schieramento se la visibilità (ed ecco che torna) viene data a poche figure isolate.
Non pretendo di avere le risposte, perché quelle andranno cercate con pazienza e, come ho avuto modo di scrivere più volte in questi giorni, non sarà una faccenda breve. Però Desmond indica una strada che va percorsa. Penso agli scrittori che sanno raccontare i famosi penultimi, o a mio parere saprebbero farlo benissimo, e non sono pochi. Penso a loro (a noi, non ci si tira indietro, palla a tutti, come si diceva ieri) e penso a cosa sarebbe, intanto, il dare parola agli sfrattati, ai disoccupati, agli esodati, agli avvelenati, ai terremotati maledizione, le cui parole sono state usate da altri, e continuano a esserlo. Penso che è certamente poco, perché finché ci si incista su questa faccenda tu sei visibile io no, che è la vera peste che ci fa bruciare di febbre, non se ne esce. E qui, davvero, le risposte mi mancano. Ma da qualche parte occorrerà cominciare.

2 pensieri su “L'ESEMPIO DI DESMOND E LA PESTE DELLA VISIBILITA'

  1. Cara Loredana,
    ti leggo ogni giorno e condivido quello che scrivi praticamente sempre.
    Vorrei condividere con te due impressioni, che mi danno un minimo di fiducia nel prossimo e nel futuro di tutti noi.
    Innanzitutto, oltre al popolo degli arrabbiati, ci sono tante, tantissime persone che silenziosamente vivono e lo fanno al meglio che possono. Che aiutano senza farsene un vanto. Che sono consapevoli dei problemi e vorrebbero risolverli senza fare nessun proclama. E sono persone della cosiddetta società civile. Da qui bisognerebbe ripartire.
    La seconda impressione è di ambito squisitamente politico: vivo in una città che è stata amministrata dal centro-sinistra per decenni, fino a domenica scorsa. Ieri un giornale locale ha fatto interviste a cittadini per strada, chiedendo come vedono il futuro con il nuovo sindaco di destra. Mi aspettavo parole forti, rabbia, discorsi dettati da “ora glielo faremo vedere noi agli stranieri!” e simili. Invece, anche dagli elettori di questo nuovo sindaco, ho sentito solo parole pacate, molto buon senso, un desiderio di esprimersi con correttezza.
    Ne sono rimasta sorpresa e felicemente stupita. E mi sono detta: non tutto è perduto.

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