LETTERARIETA'

Francesco Erbani firma l’apertura delle pagine di cultura. Si parla di società letteraria, di premi, e di “senza”. Partendo da un documentario.
«Credo di non aver mai letto un vincitore dello Strega degli ultimi dieci anni»: le labbra strette e l´occhio strizzato, Tiziano Scarpa avrà certo messo in conto che, dicendo questo, la stesse cose potrebbe ripeterle il vincitore dello Strega 2010, infilando anche il suo Stabat mater, Strega 2009, nel buco nero e indistinto dove giacciono i romanzi lasciati intonsi.
Sono i paradossi di quel che resta di una società letteraria. La battuta di Scarpa, raccolta nel catino fumigante del Ninfeo di Villa Giulia, è fra quelle che introducono Senza scrittori, un film documentario di Andrea Cortellessa e Luca Archibugi, critico letterario il primo, regista il secondo, una bella inchiesta prodotta da Rai Cinema e Digital Studio che stasera viene proiettata all´Azzurro Scipioni di Roma, in coincidenza non casuale con la trepidante vigilia del Premio Strega che, appunto, giovedì incorona il suo sessantaquattresimo vincitore.
Senza scrittori è un prolungamento del catalogo stilato da Alberto Arbasino nel suo Un paese senza, un elenco di tutte le cose di cui l´Italia è mancante. Racconta il predominio che la macchina editoriale, soprattutto quella dei grandi gruppi, ha assunto nel mercato della letteratura, dove non ci sono più opere o scrittori, critici o riviste, ma solo libri, solo produzione industriale, solo una filiera perfettamente assestata, e nella quale, però, quella che un tempo si chiamava la società letteraria ha pensato bene di accomodarsi, spintonando un po´ e anche dando di gomito, ma trovando un cantuccio nel quale sistemarsi.
Un cantuccio troppo stretto per Antonio Scurati, che ancor prima di essere battuto per un voto da Scarpa, confessa che, sì, è vero, «da qui uscirò triturato anche dal punto di vista del mio stato d´animo», ma che trova il coraggio di annunciare il suo disprezzo per una «società letteraria dalla quale stasera prendo congedo, vada come vada». Un cantuccio stretto anche per il giovane Giorgio Vasta, che lamenta come «la letteratura venga assunta solo se si incarica di essere manutenzione della realtà e che quando ha l´ambizione di essere qualcosa d´altro, le viene sottratta la fiducia». Un cantuccio che sia Scurati che Vasta guardano sempre dall´osservatorio del Ninfeo di Villa Giulia.
Cortellessa, camicia e pantaloni rossi, si aggira come un bonario diavoletto fra i tavoli imbanditi dello Strega, filma le calzature che stropicciano il brecciolino, sovrappone la camminata di un metaforico pavone e domanda a Francesco Piccolo se questa è una messinscena da commedia all´italiana, ottenendo come risposta che «qui c´è l´Italia, non la commedia, che in fondo era più dolorosa». Fra scalpiccii e risatine stiracchiate, ecco invece il corrucciato Valentino Zeichen: «Decadente? No, non è una società di grandi decadenti, questa è una società frolla, senza scheletro morale, priva di grandi progetti, di idealità. Una società stanca».
Lo Strega mostrerà pure lo spettacolo di una letteratura in cui, sentenzia il vincitore Scarpa, «tutto è vanità». Ma è un po´ come la nazionale di calcio, raccoglie quel che trova. E allora ecco che Cortellessa, sempre di rosso vestito, interroga giornalisti come Stefano Salis e critici come Marco Belpoliti, si sofferma spaurito fra i banchi di Fnac e deliziato fra quelli della Coop – accompagnato da Romano Montroni -, ascolta i due proprietari della storica libreria Tombolini di Roma e il responsabile della Demoskopea. Insomma insegue quella filiera produttiva che incasella lo scrittore e la sua opera, dal momento in cui questa prende forma a quando viene distribuita e recensita, meglio se esibita con il suo autore da Fabio Fazio o dalla Dandini o sul palco di un festival.
E allora il punto culminante non può che essere una visita a Segrate, dove c´è la Mondadori, cioè «la Xanadu dell´editoria italiana, la centrale dove si fanno i grandi giochi della nostra letteratura». Qui interroga Antonio Franchini, responsabile della narrativa Mondadori, che vive la grande scissione, annota Cortellessa, dell´essere scrittore e dell´essere editore. E qui si introduce anche un parola che non si sentiva da tempo: letterarietà. Che cos´è che rende letterario un testo? Può essere la letterarietà a distinguere fra scrittori di successo e scrittori che si concentrano sulla qualità e la sperimentazione, per esempio?
Letterarietà, risponde Franchini, «è un´idea discussa, allargata, non più condivisa». Ma il fatto che le discriminanti siano venute meno che effetto fa? (domanda Cortellessa) «Rende il tutto più divertente, più anticonformista». Il controcanto è affidato a Francesco Cataluccio, ex direttore alla Bruno Mondadori e poi da Bollati Boringhieri: «La società italiana è diventata più cinica, non poteva che diventare più cinica anche l´editoria».

791 pensieri su “LETTERARIETA'

  1. @ Wu Ming 1
    Non solo Gilda, qui, ha capito una cosa. Magari sbagliando, ma ha capito questo. Che non si tratta di «stampare con un font diverso», ma di appropriarsi di uno sforzo corale, e babelico, e schiumante una quantità di umori, e di metterci un bel cappello “editoriale” sopra («Una co-produzione Carmilla – Lipperatura – Wu Ming, luglio 2010. http://www.carmillaonline.com.
    loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura. http://www.wumingfoundation.com/giap»).
    Tu – come fai alquanto spesso – puoi far finta di non capire questa obiezione. Ma non facciamo un passo avanti se sostieni che l’obiezione non ci sia. (E oltretutto, per la mia gioia selvaggia, restiamo sempre en abîme.)

  2. (avevo scritto il mio commento prima che fosse postato il pdf: ho scritto lentamente)
    .
    Non è una printable version. C’è – nella grafica, nell’introduzione, nel “marchio” (che sì, secondo me sarebbe opportuno modificare, dato che non si capisce cosa c’entri Carmilla in tutto ciò) – un appropriarvi di quanto qui si è costruito. Quando tu dici “Ma se io intervengo su un blog, è perfettamente normale e non dovrebbe stupire nessuno che qualcuno stampi la discussione.” sono perfettamente d’accordo con te: che *qualcuno* stampi la discussione, non che qualcuno ne faccia un epub, mettendoci sopra la sua firma, un’immagine da lui scelta, un’introduzione e tutto il resto. Dai, su.
    .
    E in riferimento al punto 8: beh, nel mio piccolo penso che un uso più consapevole degli strumenti tecnici del web non sia disgiunto da un uso più consapevole del web. E sempre nel mio piccolo raramente sono sfavorevole all’alzare le soglie, soprattutto quando sono soglie che si raggiungono con quattro click.

  3. Scusa Loredana, ora anche un mio commento è «in attesa di approvazione». Il motivo sono i tre link presenti. Reca l’orario «3.41».

  4. @Cortellessa: il problema dei finanziamenti volti a valorizzare delle opere meritorie per motivi di linguaggio o di stile (almeno per il cinema, ma penso, con le giuste proporzioni, che ciò varrebbe anche per la letteratura) è che deve esserci anche un pubblico pronto a recepire tali opere, perché in ogni caso quei soldi andranno in qualche modo recuperati… e qui si apre un discorso culturale molto più vasto…

  5. @Irene
    “sono perfettamente d’accordo con te: che *qualcuno* stampi la discussione, non che qualcuno ne faccia un epub, mettendoci sopra la sua firma, un’immagine da lui scelta, un’introduzione e tutto il resto.”
    Come diceva Ansuini, sono soglie sottilissime, ne convengo, ma non siamo qui per discuterne? Non è per questo che ho postato la prova? Per avere i vostri pareri? L’ePub comunque non c’è, c’è solo il pdf. L’illustrazione si può togliere, Carmilla e WM si possono rimuovere. L’introduzione davvero mi pare solo “di servizio”. Cosa rimane? E’ arbitraria la scelta del font? Stiamo parlando di estremi appigli, mi sembra.
    Ma che qualcuno dica che i suoi commenti possono stare in una pagina html di Lipperatura e non in un pdf scaricabile da Lipperatura, scusami, è grottesco. E’ contro ogni idea e prassi di rete che abbiamo conosciuto negli anni.

  6. @ Simone Ghelli
    Certo. Settecento commenti fa parlavo di «formazione dei lettori», ma si è preferito dipingere me, e altri, come 1) leccaculo accademici 2) spregiatori del volgo ignorante e bue.

  7. @all, una noticina da ufficio diritti
    Non sono sicuro sia un’opzione disponibile quella di _non_ partecipare al pdf, visto che questo thread è liberamente disponibile on-line.

  8. In ogni caso, almeno nel cinema, come già sottolineava Melmoth, è stato ampiamente dimostrato che, pur con tutte le buone intenzioni, si finisce per favorire l’amico dell’amico, ché poi faceva una pellicola che se stava una settimana in sala era ora colato, ma spesso in sala manco ci finiva… insomma, almeno in Italia, temo che il sistema dei finanziamenti sia destinato a finire a tarallucci e vino…

  9. Scrive Gilda Policastro:
    “Ribadisco e tra un po’ se si continua a insistere – questo sì, maliziosamente- su questo punto, ri-posto l’intervento delle 2:26 così questo refrain dell’imbarazzo lo facciamo tacere.
    No al pdf, sì a una discussione sugli argomenti affrontati argomentata, distesa, civile FUORI dalla rete, suscettibile di evoluzione in pagina scritta e stampabile quanto si vuole.”
    Perché no? al di là di questa discussione, che ha d’interessante anche “le modalità della lotta”, non si può ripartire da qui?

  10. @ Simone Ghelli
    Ho sollevato subito il pericolo del taralluccivinismo (Gian Arturo Ferrari presidente del Centro del Libro… per non parlare degli autori scelti dalle apposite commissioni del ministero degli Esteri per gli aiuti ai traduttori stranieri…), ma ciò non toglie che una soluzione in tal senso, in tempi medi, vada ricercata. Se la comunità dei critici non fosse stata preventivamente ipostatizzata a casta malevola e mandarinesca, se non vi fosse da anni una non più strisciante delegittimazione degli intellettuali (vedi il «culturame» di scelbiana memoria rispolverato da Brunetta), se non si fosse inoculata nel sistema una sottocasta di critici snob trashisti ed embedded nell’industria culturale (e fenomeni contigui attualmente non ben identificati), magari non sarebbe così visionario ipotizzare una consulta di persone del settore, autori e critici, chiamate a decidere se il lavoro svolto da un editore nel precedente quinquiennio (per es., tanto per escludere il mio caso personale, riguardo alla qualità delle traduzioni) meriti o meno di essere premiato con un incentivo a continuare in quella direzione.

  11. Anche se, parere mio, la modalità “discussione dentro alla rete” la preferirei, da fruitore. anche senza possibilità d’intervenire. La discussione fuori, proprio per queste sue modalità private, rischia di diventare che ne so, quattro monologhi differenti.

  12. Cortellessa: io direi che però non è sufficiente dar la colpa al culturame… insomma, gran parte della critica c’ha messo del suo per trovarsi in questa situazione di “delegittimazione”, e prima di affrontare proposte di commissioni e simili sarebbe utile ripartire da lì…

  13. @ Simone Ghelli
    Possiamo discutere sino a quando vuoi, su problemi e aporie della critica. Però vorrei che si facessero, al riguardo, nomi e cognomi. «Gran parte della critica» non mi soddisfa, come formulazione.

  14. @Ansuini
    Ti ricordo un esempio recente: il cosiddetto caso Nori (ovvero il dibattito con Cortellessa su Nazione indiana, a proposito della dicrezionalità nell’eleggere un qualsivoglia contesto – anche un giornale di destra- per la propria “libera” espressione di pensiero). A un certo punto, quando la discussione cominciava a eccedere in personalismi di sorta, la si esportò in una libreria per accordo comune delle parti, dal momento che si intuiva che i temi in questione nella rete si stavano avvitando attorno a certe petizioni di principio e che invece con un dibattito libero, aperto (e de visu) sarebbero stati affrontati in modo più strutturato. Fu un momento di confronto dialettico tra i partecipanti, ma anche un modo per portare nella società civile la discussione su temi evidentemente politici (ma poi non ero io l’elitaria, l’aristocratica?).
    Peraltro sto ancora aspettando che Wu Ming mi spieghi qual è la differenza tra leggersi un papiro cartaceo di 600 commenti e passa e un rotolone schermaceo (neologismo testé coniato) della stessa entità.
    Ma non stavamo lì a magnificare le magnifiche sorti e progressive dei download, fino a un momento fa? Ora abbiamo bisogno del taccuino per orientarci? Quoque tu, pioniere del web. Maddài.
    Quando mi avrà chiarito questo punto, passerò a chiarirgli la non irrilevanza del font (sineddoche, evidentemente, per ”la scrittura” in un luogo, piuttosto che in un altro).
    Dialogo.

  15. @Cortellessa: io mi riferivo, più che a nomi e cognomi, al ruolo della critica in generale (non solo quella letteraria), a una sua necessaria ridefinizione, a partire, perché no, da una riflessione sul web stesso, che in certi ambienti si continua a considerare come “critica di serie B”, ma che per molti rappresenta ormai il canale privilegiato di approccio all’opera… e qua ritornerei sul suo documentario, dove mi sarebbe piaciuto vedere e sentire una riflessione in merito (ma capisco, dai commenti precedenti, che l’obiettivo era quello del mercato più “tradizionale”). Insomma, io temo che i criteri di scelta di una commissione che non prendano in considerazione tutto ciò, sarebbero quanto meno dei criteri parziali…

  16. @Andrea Cortellessa, ripiglio al volo dal tuo post 5 luglio ore 3.05… dall’angolazione della musica. Ma Beethoven non è proprio quel personaggio che (seguo una pista battuta da Alessandro Baricco) è un genio perché riesce a parlare a tutto il suo pubblico possibile, sia i nobili che erano i tradizionali usufruitori di musica, sia la borghesia che è il pubblico che comincia ad avvicinarsi a quel mondo? Beethoven al suo tempo piaceva alle masse. E sì che ci sono stati compositori coevi ben più raffinati, ma non sono questi ultimi a esser presi per i più grandi genii della loro epoca.
    Oggi magari non riusciamo a insegnare alla scuola media ad apprezzare le più raffinato composizioni di Haydn (e tantomeno a insegnare ad apprezzare in genere, ahimè), però fino a farti gustare Beethoven non si fatica troppo: perché lui aiuta…
    Ora, lungi da me dire che DFW o King o altri via via citati o autocitatisi in questi comment sono gli scrittori più geniali della loro/nostra epoca – però nessuno dei due, per esempio, ha fatto bandiera e vanto della propria illeggibilità (vincibile grazie alla costruzione della famosa “scala”, su cui vorrei soffermarmi, ma siamo già tanto oltre) – che è cosa ben diversa dal “lavoro sul linguaggio” che tutti qui invochiamo, ma con intenti diversi…
    Per me, l’eccessiva consapevolezza teorica ha fatto sì che la nostra neoavanguardia (dopo l’iniziale scontro contro l’establishment letterario) sia di fatto diventata la beniamina dell’accademia perché sotto sotto parlava quel linguaggio, ma ignorando bellamente i destinatari extra moenia dei testi, i lettori comuni. Ecco, Balestrini, a differenza di Beethoven, non mi pare che ti aiuti né ti esorti a costruirti una scala per raggiungerlo… Qualcun altro, a vari livelli, ci ha provato.
    Io, dalla mia, leggo Il nome della rosa (anche) come un enorme ‘fanculo di Eco allo sperimentalismo elitista di troppi testi nati dal Gruppo ’63 e che effettivamente portano alcune intuizioni brillanti del suo Opera Aperta verso canali morti… forse l’uso che, all’opposto ne fanno il 90% delle fiction TV americane è, all’estremo opposto, banale e cheap, per questo parlo proprio de Il nome della rosa come via di mezzo – e infatti, venne criticato sia per essere un libro che nessuno capisce, sia per essere divenuto un bestseller…

  17. Appunto Gilda (ti chiamo per nome perché ci siamo già parlati) la ricordo quella vicenda, fu molto più appassionante seguirla in rete che sapere cosa si fossero detti cortellessa e nori, onestamente, anche perché il tema era generale. comunque vedete voi, la “modalità della lotta” appunto andrebbe condivisa fra chi si vuole cimentare e dire la sua.

  18. @ Paolo S
    Io però ho parlato del «Beethoven tardo». Baricco è libero di pensare (penso l’abbia fatto nell’ultimo suo lavoro, per così chiamarlo, quello uscito nelle sale cinematografiche, che però non ho avuto il piacere di delibare – e che mi dicono, incredibile dictu, essere stato un flop) che – «dopo», addirittura a partire dalla Nona Sinfonia – Beethoven si sia bevuto il cervello. Ma io penso al contrario che invece quello sia il Beethoven più grande: Grande Fuga, Quartetto op. 132, Hammerklavier, Op. 111. Certo, «Per Elisa» sarà sempre “più popolare”, ma appunto questo è un altro discorso.
    Sul Gruppo 63 temo che non troveremo mai un punto d’intesa. A me pare che proprio il Balestrini da lei citato sia uno di quegli autori modernisti che, a un certo punto, ha intravisto proprio nelle modalità “epiche” (cfr. ad es. I furiosi) una strada d’uscita dallo storicismo teleologico-progressivo connaturato alle poetiche dell’avanguardia. Gliene ha dato atto Saviano nella prefazione all’edizione di Sandokan uscita di recente da DeriveApprodi, non però l’autore del saggio proprio a questo fenomeno dedicato, e che immagino lei conosca: New italian epic.
    Quanto alla scala e all’albero, infine, temo che lei dia una lettura molto soggettiva – legittima, certo, ma che non condivido – dell’apologo. Non sono le opere a doverci dare gli strumenti per costruire la scala, siamo noi lettori che dobbiamo darci da fare. Gli strumenti ce li dovrebbero dare la scuola, l’università, le letture che facciamo lungo tutta la nostra vita. In definitiva siamo noi che li diamo a noi stessi. Si chiama «libertà».

  19. Ma scusate, gli amici critici avrebbero fatto i complimenti in privato alla Policastro per cosa? Boh! E soprattutto a noi che ce ne frega? Io gia’ mi figuro tutta questa ggente tendenzialmente meschina che si telefona e si scrive per tranquillizzare la Policastro sul suo posizionamento.

  20. Scusa Paolo S, mi davi del tu e io ti ho dato del lei, non volevo fare il sussiegoso credimi, mi sono sbagliato

  21. Vedi che bei film che ti regaliamo, AMA? Continua a proiettarteli, e a credere che questo qui sia tutto il mondo.

  22. Policastro vs Wu Ming1?
    Cortellessa vs Wu Ming4?
    Vincent&AnnaLuisa vs Aldo&Garufi?
    LIVE?
    E dove si fa? In un autogrill sull’A1, tipo verso Firenze? Al Dall’Ara? Alla Sapienza? Io ci sto solo per il Dall’Ara, è vicino casa. Poi lo riempiamo, ed è il posto adatto per le metafore calcistiche.
    Comunque mi sembrate matti. Ok, il caldo, la maratona, lo avevo pure previsto.
    Vorrei solo ricordare a qualcuno che questa cosa, questa discussione, è GIA’ avvenuta. PDF, html, dò il consenso, lo nego, la facciamo fuori, la ripetiamo in rete…
    Si entra in una sorta di spazio-tempo dickiano. Bello eh, però vi ricoverano!
    In ogni caso, se organizzate al Dall’Ara fatemi sapere.
    L.

  23. @Wu Ming 4
    arrivo tardi alla discussione però volevo dire lo stesso grazie per il modo sempre corretto, a diferenza di Wu Ming 1, di dire le cose e di spiegarle, ho apprezzato moltissimo la tua chiarezza e trovato molto interessante e condivisibbile tutto quello che hai detto. certi tromboni pensano che la letterarietà stia nello scrivere libri incomprensibili.
    solo una cosa non capisco, ma perché continuamente parli male di Moccia? perché Moccia per te è così male? a me è piaciuto molto Tre metri sopra il cielo, l’ho letto e l’ho trovato un libro importante e serio, a dispetto di quello che ne dice un sacco di gente snob (cose che pensavo anche io, prima di leggerlo, e che la lettura del libro mi ha fatto cambiare idea). Potresti darmi una risposta articolata del perché Moccia è cattiva letteratura?

  24. toh, intanto giusto due minuti mi arriva nei feed la notizia di una discussione su Friendfeed trasformata in ebook da un utente diverso da quello che ha fatto partire il thread, pare (per ora) senza psicodrammi correlati.

  25. E’ singolare la pretesa di Gilda Policastro, e anche un tantinello ipocrita.
    Qualche mese fa Gilda ha commentato il mio status su FB, nella quale esprimevo un certo sdegno per l’utilizzo fatto dell’immagine di Saviano da parte di un noto e stimato critico letterario.
    La discussione si è infiammata sino al punto che la Policastro ha deciso di farne un articoletto ed esportarlo nel sito web del critico da me biasimato. Io avrei invece voluto un dibattito su una rivista come Nazione Indiana.
    Nonostante le abbia scritto:
    “Messa così non mi interessa. Gli spunti offerti erano pubblici e devono proseguire per un dibattito pubblico. Se non intendi andare in tale direzione, non proporti neppure di fare sintesi della discussione su siti terzi. Anzi ti chiedo espressamente di non farlo, perché sarebbe riportaticcio da retrobottega. E la bottega è solo la vostra”.
    Lo ha pubblicato lo stesso 🙂
    http://luperini.palumbomultimedia.com/?cmd=blog&id=12
    Gilda, stavolta sei inscusabile.
    http://luperini.palumbomultimedia.com/?cmd=blog&id=12

  26. BRAVO DIMITRI.
    .
    Questo taglia la testa al toro.
    .
    Mi rimetto a quanto deciso da Loredana, che è la tenutaria di questo blog e ha l’ultima parola in merito:
    il pdf andrà on line, non c’è *nessunissimo* motivo per cui non debba andarci. Questo è stato un dibattito pubblico in un ambito pubblico a cui tutti hanno partecipato spontaneamente, ed è già leggibile e stampabile da chiunque. Html o pdf non fa alcuna differenza se non dal punto di vista della maggiore usabilità/leggibilità di quest’ultimo.
    Il pdf recherà solo il nome e l’URL di Lipperatura;
    non conterrà nessun riferimento a co-produzioni Carmilla/Wu Ming (cosa che aveva una motivazione *tecnica* ma va bene lo stesso, niente appigli a chi li cerca);
    non avrà alcuna introduzione;
    terminerà con l’esplicita indicazione che dopo il 550esimo commento la discussione è proseguita.
    Tutto il resto è
    lana
    caprina
    e lagna
    capziosa
    da ipocriti
    (come testè
    dimostré
    da Dimitri).
    Quel che si è scritto si è scritto. Tutti (stavolta Garufi compreso) sono perfettamente in grado di assumersene la responsabilità.
    Grazie a tutt*

  27. @Wu Ming, non vuoi sentire la controparte?
    O almeno Dimitri, dilla per bene, please.
    A Romano Luperini (e alla sottoscritta) è stato fatto il solito processo in contumacia in rete, per un video con saviano che nessuno aveva visto per intero. La discussione si è estesa a vari temi (precariato, dinamiche di potere legate all’univesrità etc.). Ho chiesto PUBBLICAMENTE nel thread di poterne riassumere i contenuti in un breve articolo DA ME FIRMATO (e di cui dunque mi assumevo intera la responsabilità), citando qua e là stralci dalla discussione in rete senza firmare per esteso, ma solo con sigle (non DIMITRI CHIMENTI, ma DC). Poi ho inviato a Chimenti stesso, per conoscenza, l’articolo A MIA FIRMA PRIMA di consegnarlo al sito dell’editore Palumbo (il cui video si era stati così solerti a incriminare a priori, senza averlo visto, salvo poi negarsi a un pubblico dibattito sui contenuti). E Dimitri mi ha risposto che non era interessato a un dibattito su un sito con quattro utenti, ma solo a un’eventuale dibattito su Nazione Indiana. Gli ho fatto a quel punto presente che non avrebbe mai avuto nessuna controparte e che si sarebbe trattato, in replica, dello stesso dibattito già avvenuto sul suo sito, visto che né Luperini, né l’editore Palumbo vanno su Nazione Indiana.
    Quanto alla pratica di trasbordare affermazione SINGOLE da un medium all’altro, l’ho appresa proprio in questo spazio.
    Una volta mi trovai a commentare uno status di Loredana Lipperini sui romanzi dedicati ai giovani (Avallone, Giordano etc.), e me lo ritrovai riportato (con la firma per esteso) in un articolo postato da Lipperini stessa su Lipperatura. Lipperini non aveva chiesto il mio consenso, ma la ritenni pratica ortodossa, dato lo statuto semi-pubblico di Fb.
    DIVERSO, WU MING, è trasformare una discussione in rete in un pdf.
    Il mio consenso su questo, non lo avrai mai.
    E ho spiegato allo sfinimento le ragioni, mentre Chimenti, prima di esporsi al ridicolo propagandando il falso come aveva già fatto in passato, dovrebbe farsi una cura di fosforo.

  28. I miei commenti vengono moderati per mere ragioni tecniche, mi hanno appena spiegato. In attesa dello ”sblocco” del commento delle 8.29, preciso (perché non l’ho fatto ivi) che il dibattito su Romano Luperini e il video con Saviano si era svolto con Chimenti (e una serie di altri ”amici” -nel gergo di Fb) precisamente su Fb, proprio come quello sulla letteratura giovanile poi citato dalla Lipperini, senza nessun tipo di rimostranza da parte mia, come potrà confermarvi lei stessa. Eppure anche lì se ne dissero di enormi, mi sarei potuta adontare per il coinvolgimento coatto. Ma così non fu.
    Il caso in questione, è tutt’altro.
    E insieme a me, molti dei partecipanti alla discussione (per non parlare dei lurker, o come si dice…) l’hanno evidenziato, confermato, compreso, stigmatizzato. Dunque un problema c’è: prendetene atto, e correggete il tiro. Non é più onesto che tenere il punto con tale pervicacia, che non fa onore ai signori e maestri della comunicazione web.

  29. Andrea, nessun problema, figuriamoci. Grazie per la costanza con cui rispondi qui, nonostante le fronde. Non vorrei essere pregiudizialmente pro o contro una parte, ho le mie posizioni e i miei motivi, grazie per il colloquio.
    Una nota sul diapason Beethoven–Baricco: Baricco nel suo film (un flop? Boh, di sicuro non un successo al botteghino. Per me un film interessante ma sovraccarico) sostiene (o dimostra? Lui sventola le prove…) che la Nona stessa fu un flop, alla sua prima e che le trovate musicali di questa, come il coro sul testo di Schiller, non valgano assolutamente le invenzioni compositive di altre sinfonie, che oggi sono ben meno “citate”. Insomma, dice Baricco, l’Unione Europea ha come inno un flop, che solo per una costruzione scocioculturale posteriore divenne unanimemente o quasi considerato un capolavoro. E Baricco sta lì a raccontare come appunto dobbiamo usare molta cautela ogni volta che ascoltiamo un giudizio, persino universalmente accettato…
    *
    Non è obbligatorio trovare un punto d’intesa sul Gruppo 63 o la neoavanguardia, meglio discuterne. I furiosi sono sul Web, ai tempi non mi fecero questa fulgida impressione ma li rileggerò e ti dirò meglio (così come cercherò anche il volume di Manganelli citato da Gilda, si sente che è un libro che le è caro e credo che valga la pena buttare l’occhio, anche solo per questo…).
    Accettati i pregi che si possono attribuire per l’innovazione linguistica e stilistica, da un punto di vista storico che effetto ha avuto il Gruppo 63? Io in una parola lo riassumerei con “sofisticazione” delle patrie lettere. È stata una rivoluzione alquanto privata ma dalle conseguenze pubbliche ingenti, ha aperto una faglia, e io sto ancora aspettando un ponte con cui trasbordare gli scolari delle medie o i miei genitori ragionieri – i quali, per dire, se propongo loro Palomar di Calvino anche lo leggono, poi sospirano e dicono “scriveva tanto meglio da giovane… perché è finito a scrivere a ‘sto modo?” beh, ecco, la risposta più vera che possono accettare è “perché non gli interessava che voi lo leggeste”.
    Poi loro sono persone a modo, e non lo dicono, ma perché di Calvino non dovrebbero pensare “Che stronzo!”?

  30. Kataweb non accetta l’upload del pdf perché supera la soglia massima dei 100k per oggetto caricato. Quindi può essere *linkato* e *presentato* qui su Lipperatura, ma deve essere per forza un altro server a ospitarlo. Che nessuno strumentalizzi questa motivazione prettamente tecnica.

  31. Due precisazioni tecniche. Come ho spiegato a Gilda Policastro e, prima di lei, a Tiziano Scarpa, quando gli IP iniziano per le stesse cifre di quelle di un utente che qui non è accettato per gravi motivi, i commenti vengono moderati automaticamente. Essendo in conduzione, non ho potuto sbloccarli che saltuariamente. Chiedo venia per l’inconveniente.
    Quanto al pdf, in tutta onestà, non riesco a capire il punto: si tratta degli stessi, identici contenuti che si trovano qui sopra, semplicemente più leggibili e, volendo, stampabili. Che a realizzare tecnicamente il pdf sia Wu Ming è dunque il problema? Ad ogni modo, nessun commento è stato sintetizzato o modificato in modo alcuno. Dunque?

  32. Per le ragioni già dettagliate alle famose 2:26 da me e poi ribadite da Cortellessa e irene alle 3:21, da Cortellessa alle 3:41, infine da Irene alle 3:43.
    @Ostuni la regolamentazione dei diritti nel web è materia quanto mai ostica e controversa: se a te constano riferimenti puntuali, ti pregherei di postarli a beneficio di tutti. Ma mi pare ormai chiaro che qui non si tratti di pdf (ibidem).
    Dunque, mi spiace, Loredana, ma ribadisco, da parte mia, e per quello che può contare qui dentro, il mio NO.

  33. E dunque, Loredana, visto che il cattivo sono io per antonomasia (sono uno di quelli a cui può esser detto che i suoi libri e la sua intelligenza sono al colpevole servizio del capitale, ma che non può ricordare come si fa carriera nell’università e nell’editoria scolastica, a quanto pare) io un sospetto ce l’ho.
    C’è qualcuno che non vuole la pubblicazione dei propri commenti in formato fruibile facilmente e liberamente, perché questo renderebbe nullo il valore dei mitici epistolari-privati-che-col-piffero-ve-li-faccio-vedere (che tanto direste che sono cacca) e delle mitiche tradizioni orali di quella volta in cui Io, Guido e Lapo ci confrontammo con lo Spirito del mondo a cavallo, e cacca a voi che non c’eravate e non ve lo siete fatto raccontare da Sanguineti mentre prendeva un caffé con Cassola (e cacca anche a Bassani che era permaloso, e peggio per lui se aveva ragione e i 63 torto).
    E c’è qualcun altro che è contrario (anche se non lo dice, lascia che lo dicano gli altri e intanto manda avanti) perché se i suoi commenti diventassero pubblici e, soprattutto, gratuiti, poi non potrebbe chiederne il guiderdone a un eventuale editore militante che gli chiedesse il permesso di pubblicarli, ché comunista sì, ma fesso no.
    E chissà se quel mio amico che giovedì scorso mi ha sentito dar loro in un pubblico dibattito del carabinieri & carabinieressa e m’ha chiesto: ma che male t’hanno fatto?, ora sta leggendo… Mi sa che gli mando il pdf, se prima non arriva a bloccarne la pubbicazione un decreto-bavaglio (lo si chiama così sul giornale comunista su cui scrivono, o no?).

  34. Gilda,
    … mentre Chimenti, prima di esporsi al ridicolo propagandando il falso come aveva già fatto in passato, dovrebbe farsi una cura di fosforo”.
    Ti accorgi o no che parli come Ghedini?

  35. Insomma, Gilda, che bisogno hai di consigliarmi cure al fosforo (o magari darmi del testa di cazzo)?
    Questo è letteralmente buttarla in vacca.
    Potresti almeno arrenderti all’evidenza che hai fatto una mossa goffa, perché a tua volta hai pubblicato un riassunto delle mie posizioni (cosa che mi fa “ribrezzo”), in un contenitore la cui politica non condivido. Tutto ciò nonostante ti avessi chiesto di non farlo.
    Non è andata così?
    Vuoi che pubblichiamo il nostro INTERO scambio epistolare?
    Io ti porto rispetto, e lo metto in condivisione solo se me ne dai il permesso.

  36. Abbiamo capito che il fosforo lo trovavi eccessivo, bastava rammentarti com’è andata. Me ne scuso, anzi. Ma lo scambio epistolare (che riguardò tra l’altro anche un terzo, che amerei molto intervenisse in questa discussione) non diceva nient’altro che quanto abbiamo appena riportato e che non credo, francamente, rilevi molto in questa discussione. Trovi o non trovi rispondente l’analogia con la situazione che ti ho citato? Non continuate a fare terrorismo, non puoi pubblicare uno scambio espistolare privato, semplicemente perché non aggiunge nulla a quanto abbiamo già narrato: tu dal tuo punto di vista, io dal mio.
    Ho scritto un articolo firmandolo di mio pugno, me ne sono assunta interamente la responsabilità, te l’ho partecipato per correttezza nei tuoi confronti. Punto. Non stavo chiedendo il permesso, né credevo di averne bisogno, forte del precedente ”lipperaturesco”. Dopo la tua ferma opposizione, mi sono decisa a siglarti nel pezzo, invece che mettere il tuo nome per esteso (misura che Lipperini, nel caso analogo, non osserva nei miei confronti, ma ripeto che non ho nulla da eccepire in questo senso).
    Purtroppo questi commenti temo li leggerai domani, perché comunque sono ”in attesa di moderazione” per i motivi che mi ha spiegato Loredana. E dunque forse sopraffatti da altri cento non li leggerai affatto, temo.

  37. @Dimitri: occhio Dimitri, visto la grazia (di un T34) della Policastro, non vorrei che con “cura al fosforo” si alludesse allo stile *shake and bake* !
    P.S.
    E poi dicono che leggere Sven Hassel non serve…

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