Ci sono molti modi per declinare la parola libertà, e non possiedo certo il necessario sapere per farlo al meglio. Mi limito a proporre due esempi, celebri in modo – fortunatamente – diverso: il sogno di libertà di Martin Luther King e l’urlo di Vittorio Sgarbi nell’Arena di Giletti.
Il termine è identico, la declinazione, com’è evidente, no.
La parola “libertà” viene usata anche, giustamente, a proposito dei lettori. Credo che, riprendendo quanto si discuteva nei commenti al post di ieri, sia importante capire di quale libertà si stia parlando. Libertà dai vincoli dell’Accademia? Libertà dalla presunta “cricca” di editori-critici-addetti ai lavori? Libertà di scelta, libertà di critica? Luther King o Sgarbi?
Per capirlo, provo a fare un secondo esempio, che ho citato più di un anno fa nella rubrica su R2. Sentite qui: “Che storia orribile e irreale! Ma come fanno gli animali a parlare? Io ho un pappagallo che parla, ma non riesce a pronunciare frasi complete”. E’ una stroncatura e si riferisce a La fattoria degli animali di Orwell: viene riportata, insieme a molte altre, su un blog americano che pubblicava le recensioni più feroci dei classici effettuate dai lettori di Amazon. Esercizio interessante, se non altro per le motivazioni portate dai delusi da Orwell: “Ci sono solo animali che corrono e dicono “comrade”!” . “E’ stato scritto da un uomo malato di mente che odiava la società”. “Lo ha suggerito Al Gore?”.
L’ esperimento si può ripetere anche in Italia. Fra le recensioni a La fattoria degli animali su IBS, c’ è chi ha tributato un due a Orwell: “trama praticamente inesistente, libro pesante e noioso, decine di pagine assolutamente inutili che si possono tranquillamente saltare senza che si perda una sola briciola sia della storia che del significato del libro”. Sulle pagine italiane di aNobii si trova altro. Sotto La montagna incantata di Thomas Mann: “Mio dio, 2 mesi e sono a pagina 120, cosa aggiungere? Succedera` mai qualcosa in questo libro???? “. Infinite Jest, di David Foster Wallace: “Confesso che questo libro l’ho comprato per soddisfare una mia curiosità: se uno scrive 1300 pagine, è perchè non ha niente da dire? E se non ha niente da dire, perchè ci appioppa anche 100 pagine di note a fine libro?Ah, dimenticavo di dire che naturalmente la critica considera questo il suo capolavoro. Figurarsi gli altri…”
Cosa significano questi commenti? Che esiste anche un lato oscuro della forza e che non è utile a nessuno blandire i lettori, come si sta facendo da anni: non è vero, in poche parole, che il lettore abbia sempre ragione. Cifre alla mano, la lettura in Italia NON aumenta, o aumenta di pochissimo: dal 45,1% al 46,8%, ci dice l’Istat. Aumenta, invece, la voce dei lettori: ed è certamente un bene, ed è più che certamente una gigantesca potenzialità. Ma come viene usata, quella potenzialità? Che tipo di lettore-navigatore si va prefigurando?
Un lettore che, appunto, si autoproclama “libero”: dai vincoli del mercato, dalla critica, dalla casta (quanto torna spesso questa parola). Un lettore, come accennavo ieri, che tende però sempre più spesso a sovrapporre se stesso a quello che legge: e che quasi mai, quando il giudizio è negativo, effettua un distinguo fra personali affinità con il testo e valore del testo stesso, ma sottintende un’autoconvinzione: “io lo scriverei meglio”. E spesso, spessissimo, con l’aiuto della vanity press (o editoria a pagamento che dir si voglia), lo fa, o è convinto di farlo.
Attenzione: non sto affatto invocando il ritorno del marchio di qualità impresso da una critica che ancora oggi è, in molta parte, poco adeguata a comprendere quel che accade nel mondo letterario. Sto cercando di riflettere sulla necessità di consapevolezza. Quando il famoso “You” campeggiò sulla copertina di Time, molti ne individuarono il lato oscuro, per esempio, nella cosiddetta “televisione della gente comune”: i reality, l’ansia da riflettore, l’arrivo della non competenza sul piccolo schermo.
Bene, bisognerebbe cominciare a ragionare anche in ambito letterario sullo stesso pericolo: perché il rischio, come sottolineavo ieri, è che si stia perdendo la capacità di leggere. Ovvero, di affidarsi ai libri: che si ha tutto il diritto di abbandonare, criticare, rifiutare. Ma quando la deriva porta a giudicare il Faust di Goethe come “un inutile sfoggio delle sue capacità e della sua cultura, pieno di visioni e stupidaggini” (lettore su Ibs) qualche dubbio andrebbe posto. Davvero i lettori italiani sono maturati? Davvero sfuggono, tutti, all’avvelenamento dei pozzi degli ultimi vent’anni, che ci hanno martellato con l’idea che ognuno abbia il diritto, ora, subito, di essere felice, ricco, potente e famoso? Ne siete convinti? Io sto cominciando a pensarci e mi piacerebbe farlo insieme.
Ps. A proposito degli ultimi vent’anni e del futuro: su Giap!, c’è un intervento di Wu Ming che si chiama L’occhio del purgatorio, la rivolta e l’utopia. Consiglio caldamente l’ascolto.
chhi = occhi
@ Marotta: Un buon rapporto di coppia non ammette intermediari. Se qualcuno ti viene presentato come sensazionale e poi è un demente, Amen. Il rapporto nemmeno inizia.
Invece oggi, la situazione, è ben diversa. Si attua la pratica dello stalking.
Si passa l’intera ESISTENZA a dare addosso allo scrittore (quasi a impedirgli di continuare la sua attività) perchè non “è come noi lo vogliamo” e a demonizzare i suoi lettori (incompetenti, coglioni ecc.).
Io non ho mai visto un/a ex che si accanisce a vita contro il suo/a ex e demonizza i suoi futuri e potenziali compagni/e.
Paradossale, no?
Piuttosto conosco persone che non smettono di cercare…
@Albarello: Un rapporto finto si tronca. Punto. Dalla tua riflessione intorno alla similitudine del rapporto di coppia si avvince la filosofia “tutti gli uomini sono uguali, tutti bastardi. Che m’innamoro a fare?”
L’editoria nostrana non è un’agenzia di matrimonio, non è un sistema orwelliano che impone cosa leggere e chi seguire.
Non esiste il “mi sono DOVUTO comprare”.
A volte ho la sensazione che questa querelle contro gli scrittori sia mossa più da non lettori/aspiranti scrittori che da veri lettori.
Un vero lettore è consapevole del rischio che comporta la lettura.
Giusto un dettaglio Anonimo, il “mi sono DOVUTO comprare” è un concetto che ha tirato fuori Daniele e non io. Non ho mai sostenuto di essere stato obbligato a comprare alcunchè.
Nella ricerca web ho visto questo interessante articolo sulla libertà del lettore e mi è sembrato giusto, in quanto lettore e nient’altro, esporre la mia idea. Altrimenti è come organizzare una sagra della grappa senza nessuno che porta la grappa. Io sono la grappa, alla salute!
Inoltre dall’inizio dei miei commenti mi pare chiaro che ho sempre e solo ribadito il concetto secondo cui io reputo giusto il non essere preso in giro in quanto consumatore.
Sono conscio del rischio che comporta la lettura, ma ultimamente di questo “margine d’errore” ce ne si sta approfittando troppo e lo si usa come alibi per coprire ogni magagna. Un conto è andare con uno sconosciuto in un appuntamento al buio, un conto è che lo lo sconosciuto ha l’AIDS e non mi informa di questo pretendendo pure di farlo senza protezioni.
Hai voglia poi a giustificare dicendo: “Colpa tua che sei andato con uno sconosciuto!”
E come potevo conoscerlo se nessuno mi dice niente? O se peggio viene presentato come altro?
Questa è la mia rimostranza. Si può scrivere/creare quello che si vuole, ci terrei solo ad avere la massima chiarezza nel momento in cui viene presentato.
Sucker Punch è un film trash? Benissimo, dal trailer si evince perfettamente che lo è, quindi vado a vederlo conscio di ciò.
The Tree of Life è un film d’autore? è quello che mi aspetto, conoscendo Terrence Malick e il suo modo di fare cinema, non pretendo niente di più o meno.
In entrambi i casi ho il rischio che il film non mi piaccia, ma questo è un rischio che conosco e che sono disposto a correre.
Io non me la prendo con lo scrittore che ha scritto “eventualmente” una roba terribile, me la prendo con chi ha deciso di pubblicare quella cosa terribile spacciandola per opera prima geniale. E ci tengo a sottolineare il fatto che non ho voluto tirare fuori io Nihal ecc. è stato Daniele a fare questo esempio.
Ora, in quanto lettore gradirei almeno, visto che pare io non ne abbia altri, avere il diritto di scrivere ciò che penso, lamentandomi quando necessario. Forse ciò che dico sarà spinto da ignoranza, da stupidità ecc. ma questo lo stabilirà chi leggerà il mio commento. Non si può, a mio avviso, dare la colpa ai lettori di scrivere cavolate se i primi a farlo sono i professionisti della Cultura. Se non ho più il diritto nemmeno di scrivere che Orwell non mi è piaciuto (che poi non è vero, a me è piaciuto) allora tantovale che smetta di leggere, non ha senso nemmeno sviluppare un senso critico. Vado allo stadio a gettare motorini in campo e mi sfogo così (estremizzando).
personalmente – i mugugni generici e qualunquistici non mi piacciono (e in rete se ne vedono fin troppi); né gli sfoghi personali o le tirate da pseudo opinionisti della domenica ) …
Inoltre: che tutti possano parlare, non mi pare una grande conquista se i ¾ dicano idiozie: il problema non è il comunicare ma l’essere compresi …
C’è gente che non legge nemmeno i commenti: interviene giusto per lasciare il suo scarabocchio o graffito …
Non mi infastidisce troppo, invece, chi – con garbo – dia anche notizie del proprio lavoro (che non vuol dire solo: farsi pubblicità, non mi pare ci sia nulla di male, in tempi di distrazione) …
Avete accennato all’editoria: vorrei dire che la nostra è un’ottima editoria (lo diceva anche Emanuele Trevi) – a livello europeo, forse solo i francesi ci superano. L’editoria americana, poi, meriterebbe un discorso a parte, dove convivono James Patterson – stravenduto in tutto il mondo – e De Lillo … Ma – ripeto – noi abbiamo un’editoria che ci offre ancora un buon manufatto e non solo da Sellerio ma spesso anche da Mondadori (si pensi alla recente traduzione della Colorni del capolavoro di Mann: La montagna magica, nei Meridiani) … Certo, ci sono poi le operazioni di marketing con tam tam mediatico etc. etc. Ci sono libri di personaggi famosi in altri campi, che vendono bene, o libri con storie che incontrano il favore e l’interesse del pubblico … Come ha detto giustamente Loredana, l’editoria deve anche vendere: e aggiungo: l’editoria è anche molto empirica e tiene conti numerici …
L’importante è che non scompaiano anche i libri di qualità (e intendo anche le ristampe o le riscoperte di autori del passato o le nuove traduzioni) …
Dall’altra parte e da anni, si assiste a un fenomeno strano: la proliferazione di scrittori (e la nascita di scuole di scrittura, un po’ come i funghi), ma anche la crescita esponenziale di aspiranti registi, artisti etc. etc. E questo – naturalmente – non facilità né il lavoro dei critici – militanti, giornalisti o accademici – né rende facile l’orientamento dei lettori … Quanto ai milioni di poeti sparsi sul territorio, credo che sia un male o un vizio minore: ma la poesia meriterebbe un discorso a parte … Crovi, anni fa, diceva che – a suo avviso – il livello medio dei poeti italiani (editi) fosse più alto di quello dei colleghi romanzieri: non mi sono mai fermato a riflettere su questo … Ci sono cose belle nella poesia dei nuovi, forse perché non c’è l’assillo del mercato …
E ancora: è vero – come diceva Gilda Policastro – che molti specialisti o accademici da anni ormai frequentano la Rete, anzi: ormai non è così strano trovare nelle cit. bibliografiche indirizzi web … Ma è anche vero, però, che permane una grande diffidenza degli accademici per il materiale online: intendiamoci: non che venga letto e poi – eventualmente – cestinato ma che non venga proprio considerato, a priori …
O che, pur ritenendolo buono – sia trascurato per una forma di spocchia e snobismo molto italiani, o per pigrizia, o perché non in linea con il pensiero istituzionalizzato e cristallizzato delle accademie (che naturalmente, tendono a conservare un certo sistema di pensiero anche per i propri giochi di potere … Fino a quando non appaiano – all’interno dell’accademia stessa – personalità coraggiose e talmente forti da mettere in crisi codesto sistema di pensiero …
Si parlava di fortini e di assedio: non è una metafora sbagliata e non riguarda solo la rete ma anche l’enorme bombardamento mediatico di cui anche la rete fa parte, forse in maniera meno invasiva …
Pensa, oggi ti arrivano decine di inviti ogni giorno, per eventi artistici o pseudo tali, ti giungono nuove di un nuovo capolavoro letterario ogni settimana, vai in librerie e ti pare di essere in enormi supermarket; molti librai non sono all’altezza neppure nelle ordinazioni, figuriamoci nei consigli (ricordo che a Bologna – ma esisteranno anche qui a Roma – c’era un libraio che sapeva perfino scovarti un libro scomparso, o dirti date di pubb. etc. etc.) … A Firenze, invece, mi dicono che spuntano nuove librerie … Questo per dire che bisogna un po’ fare le proprie scelte fidandosi della proprio intuito o fiuto o del personale patrimonio culturale accumulato negli anni … Difendendosi, però, dall’assedio così come ci si difende dalle telefonate indagine di mercato …
E poi la Tv (che però si occupa poco di fatti artistici), le pagine culturali dei giornali, di cui Loredana può dire più di me …
Ad ogni modo, a me pare che il limite più grande delle cose in rete sia il “mordi e fuggi”: la vita delle scritture in rete è molto provvisoria, paradossalmente visto che molto materiale è facilmente reperibile con una semplice ricerca: la rete si presta all’istintività, ai commenti spesso vomitati più che pensati … Un post diventa subito “vecchio” …
Certe volte si ha come una sensazione da dopolavoro, simile alle chiacchiere da bar …
In un certo senso, il termine navigare ha una sua valenza anche metaforica: è come stare su un’imbarcazione su un vasto mare e incontrare vari tipi di pesci o isole, scogli, vortici …
D’accordo ovviamente sulla responsabilità individuale (quella vale per tutto, anche per i giornali, non solo per la rete) vorrei porre una domanda a Loredana: bien, hai aperto una quaestio interessante ma puoi darci qualche idea concreta di metodo?
Intendo: nel concreto, nella prassi, come si traducono le cose che hai detto?
Sarebbe interessante sapere, da chi ha l’età “giusta”, quali libri leggeva e come li sceglieva prima dell’ avvento della sopravvalutatissima rete. 😉
“TuttoLibri” (inserto de “La Stampa”) ma più spesso (come del resto faccio oggi), andare per librerie, fiutare un libro, leggere la quarta di copertina, l’indice e la bibliografia se è un saggio, le prime due pagine se è narrativa. Difficilmente prendo una sòla. Per esempio, se ho letto Tolkien e leggo due pagine non dico di Licia Troisi ma anche di Terry Brooks, chiaramente vedo la differenza. Il che però presuppone prerequisiti culturali e confronti stilistici che non s’improvvisano. Come aveva già scritto Baricco ne “I barbari”, prerequisiti e contestualizzazione sono percorsi alieni a chi è cresciuto a botte di mouse e telecomando. Il che significa che non è in Rete che s’impara a difendersi dal friccico istantaneo e dal pressapochismo della Rete, ma a scuola, se la scuola resta il presidio di certe competenze a mio avviso irrinunciabili.
E’ bello che nessuno mi ha potuto rispondere che mi sbagliavo e che Licia Troisi scrive bei libri.
@ Loredana, nessun “dalli alla Troisi” lei ha proposto il suo manoscritto e questo invece di venire restituito al mittente è stato pubblicato in pompa magna, buon per lei, male per l’umanità. Ma se un libro è concretamente una bufala rispetto alle vendite, alla fama, alla distribuzione e alla pubblicità, allora va detto, chiunque lo vede, non siamo ipocriti per favore.
Il problema è che nessuno qui sa argomentare che il libro è bello, allora perché non convenire che è una ciofeca?
Licia Troisi è un esempio di letteratura mediocre di successo che si propaga senza freno. La letteratura mediocre poi si confonde con quella buona e non si distingue più nulla, specialmente i giovani non distinguono più nulla.
Se qualcuno qui ha letto e ama ‘le cronache delle terre emerse’ lo dica per favore e ci spieghi perché è un buon ciclo fantasy all’altezza del successo che ha avuto e non che è bello perché sono cavolate per bambini che non capiscono e si intrattengono, perché è offensivo per Licia Troisi, in primis, per i lettori poi e anche per la letteratura.
Non è colpa dell’editore commerciale che fa il suo lavoro, voler cambiare l’editoria commerciale sarebbe come vole confondere Mc Donalds con la trattoria sotto casa. Però è assurdo che la letteratura spazzatura circoli e prenda il posto di quella normale.
Poi ci lamentiamo che la gente scrive che Thomas Mann è illeggibile, o che Orwell è strampalato. Possibile che non vedete nessun nesso?
Dico questo perché chi opera nel settore dell’editoria a tutti i livelli è responsabile di quello che circola, ci credo poi che tutti pensano di saper scrivere meglio, ripeto, perché spesso magari è vero.
E’ come al grande fratello, se si creano dei personaggi famosi che non sanno fare nulla, allora tutti pensano di saper stare al loro posto e meglio di loro.
Il primo libro che ho letto dopo l’infanzia è stato ‘la storia infinita’, avrò avuto dodici anni, l’ho comprato dopo aver visto il film al cinema.
E’ stata un’esperienza meravigliosa, la lettura di un’opera che tratta il pubblico giovane con dignità e rispetto, come è giusto che sia e che è leggibile a tutte le età.
Il film è stato un grosso prodotto commerciale per ragazzi che comunque ha mantenuto una certa qualità e cura nella sua realizzazione.
Il fatto è proprio questo, come mai la critica motivata e spiegata viene presa come astio, livore e cattiveria contro il povero autore?
L’autore dovrebbe essere felice di sentire nei canali ufficiali delle critiche circostanziate alla propria opera, non critica morale, ideologica, ma letteraria, che si interroghi sull’efficacia del libro e della sua funzione nel contesto letterario in cui viene proposto. Questo aiuterebbe i lettori a scegliere bene.
Abbiamo già detto che con internet tutto diventa salotto e ognuno dice la sua spesso con arroganza o senza sapere di cosa si parla, ma non prendiamoci in giro, il rapporto è sempre tra lettore e opera.
Il giornalista è prima di tutto un lettore, e il suo lavoro è commentare la sua esperienza di lettore. Se nessuno dice pubblicamente sui giornali, alla radio e alla tv, i grandi mezzi di comunicazione, che certi libri di successo sono pietosi, ma succede solo nei blog personali dove ci mette la faccia solo il blogger-amatoriale-lettore, allora abbiamo un problema, un problema di sincerità e oggettività.
@Anonimo, nessuno stalking, semmai l’assenza di critica è un po’ più sinistro direi… NEssuno dà addosso agli scrittori ma alle opere brutte passate per grandi opere certo sì. E’ molto diverso se no si confonde il rispetto per il talento ed il lavoro con il rispetto mafioso.
@Valter Binaghi Tra Brooks e la Troisi c’è un baratro siderale, e Brooks è un mediocre…
@Margiotta secondo me più aspiranti ci sono e meglio è, ci vogliono altrettanti editor in grado di filtrare le opere ben fatte dalle cagate, anche le quelle ventibili. , e ci vogliono giornalisti in grado di mostrare gli errori degli editor, eccetera.
D.
Valter: “andare per librerie, fiutare un libro, leggere la quarta di copertina, l’indice e la bibliografia se è un saggio, le prime due pagine se è narrativa”
Esattamente quello che facevo e che faccio pure ora. Ai tempi della giovinezza seguivo anche i consigli di una mia insegnante e di un paio di bibliotecarie. Ah, oggi mi fido anche del giudizio di alcuni amici. 🙂
Daniele: “E’ bello che nessuno mi ha potuto rispondere che mi sbagliavo e che Licia Troisi scrive bei libri”
Potere e volere non sono la stessa cosa 😉
Perchè forse ci interessa parlare dei libri che ci sono piaciuti invece di lasciare la pisciatina contro l’autore che sarebbe addirittura male per l’umanità, il che è una cosa che fa notare il pisciatore e gli procura il suo momento di gloria?
Fatemi capire una cosa: la libertà e il diritto del lettore coincidono col dire che uno scrittore danneggia il genere umano, invece di eventualmente parlare del proprio gusto e del perchè non gli è piaciuto? Siamo messi malissimo.
Da quando un critica è una pisciatina, e perchè la critica deve nascondere desiderio di e visibitá e la lode no?
Penso davvero che la mancanza di una critca popolare rigorosa basata sull’opera c’entri con la riflessione di Loredana in merito ai giudizi critici sui libri e le rispettive responsabilità. Mi sembra importante rilevare che criticare un testo non vuol dire criticarne l’autore.
Io continuo a cercare qualcuno qui che ha amato Nihal e le sue avventure.
D.
Daniele: eccomi 🙂
🙂
@ Ugo se leggi il thread vedi che ho parlato del perché non mi è piaciuto il libro.
Io certo userò espressioni colorite e esagerate, certo dico cose esageratamente semplificate ma molti si attaccano solo ai termini esagerati senza mai esprimersi nel merito di quello che ho detto.
D.
@ Martina,
ripensandoci, se i romanzi inutili fossero circondati di pisciatine probabilmente risparmieremmo tempo e denaro.
D.
Daniele, trovo che per prima cosa tu abbia sviato la discussione per fare un attacco preciso verso un’autrice, e questo non mi piace affatto. Anche se è la miglior testimonianza di quanto sostenevo nel post. Papale papale. Pregherei, ora, di tornare al punto: se hai altro da dire sui romanzi in questione, sicuramente troverai molti luoghi nella rete dove ti accoglieranno con osanna. A me partecipare ai killeraggi non interessa. Anzi: ho scritto un post per condannarli, in effetti.
(fine della discussione sui romanzi di Licia Troisi, se non fosse chiaro)
Proverò con un esempio pratico:
Io credo che il film “The New World” sia molto pesante/soporifero e che la colonna sonora non sia del tutto adatta alla carica emotiva che la pellicola vuole trasmettere. Personalmente al posto del compositore James Horner avrei chiamato John Williams. Di lui ho apprezzato molto di più: “La sottile linea rossa”.
Questo è un commento che mi sento di dedicare al suddetto film. Non mi pare di aver colpito a morte Terrence, né di aver mostrato l’interesse nel fare il regista in futuro. È un parere che mi sono fatto come spettatore e che gli avrei detto anche di persona. Non penso che questa cosa avrebbe demolito la sua carriera (e di certo non è mia intenzione ciò). Potrei aver scritto una cavolata in quanto sono solo uno spettatore e non un addetto ai lavori? Ma certo che è possibile! Avrei allora dovuto stare zitto ed applaudire come una scimmia ammaestrata? Non penso, perché credo che il regista voglia che la sua opera piaccia a coloro che vanno a vederla e non agli addetti ai lavori. Probabilmente il mio commento non gli avrebbe fatto piacere, ma non penso nemmeno che si sarebbe strappato i capelli dalla disperazione. Avrebbe potuto ignorarlo, prenderne atto o spiegarmi il motivo della sua scelta e il perché io non abbia capito/apprezzato il suo film. In ogni caso da questo scambio di opinioni ne sarebbe uscito qualcosa di buono per qualcuno in futuro.
La “Madama Butterfly” quando uscì nella sua prima edizione fu pesantemente criticata e solo in seguito: “Il fiasco spinse autore e editore a ritirare immediatamente lo spartito, per sottoporre l’opera ad un’accurata revisione che, attraverso l’eliminazione di alcuni dettagli e la modifica di alcune scene e situazioni, la rese più agile e proporzionata. Una delle più importanti modifiche è tuttavia puramente musicale e riguarda la linea vocale dell’aria del suicidio di Butterfly.
Nella nuova veste, Madama Butterfly, interpretata da Solomiya Krushelnytska, venne accolta entusiasticamente al Teatro Grande di Brescia appena tre mesi dopo, il 28 maggio, e da quel giorno iniziò la sua seconda, fortunata esistenza.”
Dunque, se oggi possiamo ascoltare una meraviglia come quest’aria:
http://www.youtube.com/watch?v=kCSdz2hM_o4
non è merito degli applausi che Puccini ha ricevuto, ma della critica che ha subito, della sua tenacia nel non arrendersi per migliorare e del suo editore che non ha rinunciato al progetto. Ora mi chiedo, se perfino un Maestro come Puccini è stato criticato e nessuno ha gridato allo scandalo per questo, perché oggi si discute sul diritto di critica da parte dei lettori verso le opere scritte? Il lettore/popolo non è per antonomasia un cretino che “se ti da il suo consenso vuol dire che ha capito, che è consapevole, è anche intelligente. Sennò è scemo.” (Giorgio Gaber: “La Democrazia”). Io credo che il lettore abbia il diritto di critica così come chi la riceve ha il diritto di replica.
“Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo.” Evelyn Beatrice Hall, Scrittrice.
Marco: “Il lettore/popolo non è per antonomasia un cretino”, vero, ma è anche vero che potrebbe esserlo. La domanda che mi viene spontanea, senza alcun intento polemico, è: l’odierno pubblico/lettore è paragonabile per competenza a quello che criticò l’opera di Puccini?
Tra l’altro a volte penso che oggi ci sia chi critica opere senza nemmeno averle ascoltate.
Mi dispiace molto Loredana, ma non condivido.
Nel post tu parli di: “Un lettore che tende però sempre più spesso a sovrapporre se stesso a quello che legge: e che quasi mai, quando il giudizio è negativo, effettua un distinguo fra personali affinità con il testo e valore del testo stesso, ma sottintende un’autoconvinzione: “io lo scriverei meglio”. E spesso, spessissimo, con l’aiuto della vanity press (o editoria a pagamento che dir si voglia), lo fa, o è convinto di farlo.”
Questo è un blog dove si discute di letteratura, contemporaneità e società per cui partecipare alla discussione non mi sembra un modo per sovrapporsi a qualcosa ma l’unico di usare correttamente il blog.
Io non mi sovrappongo a nessuno e distinguo benissimo tra affinità personali e valore del testo. Non so se scriverei meglio e non mi interessa, neppure mi affiderò mai a vanity press.
Non stiamo parlando di Goethe, neppure di Mann o di Orwell. Altro che sviare, io ho solo fatto una riflessione, ovvero:
magari la voce di alcuni lettori si alza perché quella della critica popolare tace e fa passare di tutto.
Mi sembra di essere sul punto.
Nessun killeraggio solo critica ad opere nella speranza di opere migliori.
Ho detto da subito che stavo parlando di mie opinioni e le ho argomentate fornendo anche riferimenti.
Se non va bene alzo le mani e mi tappo la bocca.
D.
Valberici, se partiamo dal presupposto che il lettore POTREBBE essere un cretino e per questo motivo, lo priviamo a priori del diritto di scrivere, automaticamente autorizziamo la guerra preventiva perchè un popolo POTREBBE possedere armi di distruzioni di massa. Davvero vogliamo rendere un reato il condizionale?
Prova ad immaginare le conseguenze di una decisione simile. Speravo che Minority Report fosse solo un film di fantascienza, non un possibile futuro. Sinceramente, a me fa rabbrividire l’idea. Preferisco rischiare che i cretini come me scrivano commenti piuttosto che privare di tale diritto anche le persone intelligenti.
L’odierno pubblico non sarà competente come quello dell’epoca, ma credo che nemmeno gli artisti di oggi siano competenti come Puccini, sempre senza alcun intento polemico. Siamo peggiorati o migliorati rispetto al passato? Non me la sento di rispondere con facilità a questa domanda, ma sono sicuro che essa coinvolga tutti gli esseri umani e non solo una parte.
Marco: “se partiamo dal presupposto che il lettore POTREBBE essere un cretino e per questo motivo, lo priviamo a priori del diritto di scrivere, automaticamente autorizziamo la guerra preventiva perchè un popolo POTREBBE possedere armi di distruzioni di massa. Davvero vogliamo rendere un reato il condizionale?”
Hai perfettamente ragione, bisogna sempre considerare tutte le possibilità, anche quella che chi legge con piacere i libri di “pincopallo” non sia probabilmente un cretino 😉
Daniele, per cortesia, basta. Non hai espresso nessuna critica ragionata: hai linkato a un blog e hai detto che determinati libri sono un danno per l’umanità. Se la critica popolare è questa, non credo che Puccini avrebbe riscritto Butterfly davanti a queste argomentazioni.
Devo una risposta ad Andrea Margiotta: volevo semplicemente porre la questione. Come vedi, già aprirla comporta non pochi problemi e cambi di prospettiva. Se riusciamo a ragionarci serenamente, sarebbe già un piccolissimo passo.
Una cosa che mi fa molta impressione ogni volta che in varie forme si tocca questo argomento, è quanto sia ancora diffusa e radicata la convinzione che il ruolo e il compito della critica sia quello di dirci se un libro, un film, un’opera sia bella o brutta. Se ci deve piacere o no.
Gira e rigira, siamo sempre lì. E ancora più impressione fa il fatto che siano molti anche i critici convinti di quest’assurdità.
E’ come se io chiamassi un falegname per sapere se i mobili o i tavoli di casa mia gli piacciono. O un idraulico per farmi dire se la lavatrice è bella.
Compito della critica è smontare e rimontare un’opera, provare a illustrarne i meccanismi, utilizzare un sapere tecnico e disciplinare per individuare genealogie, similitudini, differenze, e proporle ai fruitori di quelle opere che sono interessati, ma non dispongono di quei saperi.
Invece no.
Arriva critico tizio e dice, quella roba lì è merda, non è Letteratura!
Scusa, e perchè?
Perchè è intrattenimento!
Ah, ecco. E che vor dì?
O anche il contrario.Quello è un grande, un genio assoluto!
Minchia, mai sentito nominare.
Perchè non capisci una mazza, sei un ignorante irrecuperabile.
E’ così che alla lunga tutto è diventato un pappone indistinto in cui critica e pareri dei lettori formano un fuso pastrocchio che contribuisce alla dittatura dell’opinione estemporanea. E noi stessi finiamo col pensare che debba essere qualcun altro a dirci cosa ci deve piacere o no.
Perchè, badate bene, ogni parere che un lettore esprime, anche il più irriverente e tranchant, è più che legittimo e non ha bisogno di nessun permesso. Basta che premetta a quel giudizio un semplice e necessario “per me”, e dunque non si atteggi a verità incontrovertibile.
Fantozzi al termine dell’epica proiezione al cineforum sale sul palchetto e pronuncia la fatidica frase: “Secondo me la Corazzata Potemkin…”
Appunto. Secondo me. Con o senza c’è un abisso, lo stesso che separa l’assoluto dal relativo.
Ma il problema non sono loro. Non sono i lettori, non lo sono mai. Anche se è giusto richiamarli a una responsabilità.
Ma quelli che credono di essere Giudici, e quindi di dover emettere sentenze. Piuttosto che Giuristi, e quindi dover spiegare le leggi ai cittadini.
L.
Luca non so se hai seguito la discussione ma nessuno ha giudicato l’intrattenimento in quanto tale.
Anche io disprezzo la critica letteraria o di altro genere che pretenda di dare alle opere il diritto o meno di circolazione, tanto più perché spesso questa critica non è basata sull’opera ma su pregiudizi ideologici, sociali e generazionali.
Personalmente apprezzo una critica letteraria, comparativa che approfondisce poetiche, opere ed autori mettendoli in relazione e dalla comparazione fanno scaturire anche chiavi di lettura ulteriori in aggiunta a quelli presupposti dall’autore.
Però c’è una critica che è opinione, che è giornalismo, recensione, guida alla lettura, che dovrebbe in qualche modo guidare l’acquisto, bilanciare i proclami pubblicitari di chi quei libri li vende, e anche aiutare gli autori in un confronto onesto basato sull’opera.
Il mio mondo ideale vorrebbe che la signora Rossi che entra in libreria col figlio, quando questi si foga verso l’ultimo best seller dell’autore di grido, con tanto di sagome di cartone giganti e frecce luminose e fascette iridescenti, permetta alla signora Rossi di dire, “carletto, lascia perdere ho sentito alla radio o alla tele che questo libro sui cowboy stellari è brutto, fidati di mamma, sui cowboy stellari è meglio quell’altro che è uscito prima, in sordina, e non ha tutta questa pubblicità. Oppure: sì carletto compriamolo perché ho sentito che è veramente un bel libro, qui davvero ti sembra di essere un cowboy stellare, dopo lo leggo pure io, quasi quasi.”
Poi carletto e la mamma faranno come vogliono ma almeno sono aiutati dai mezzi di comunicazione di massa a capire se il best seller di turno è o meno passabile, in questo modo la critica mainstream si riprende un ruolo che le compete, si sensibilizza il palato del pubblico fornendogli strumenti di libera scelta, si aiuta a pensare prima di comprare quello che ci offre la sagoma di cartone, e si crea condivisione tra generi, gusti e generazioni.
E non ultimo sicuramente si abbasserebbe anche il volume di certa critica di ‘hate media’.
D.
Secondo me il rapporto scrittore-lettore non è affatto un rapporto di coppia, o perlomeno è di un tipo molto asimmetrico: è lo scrittore, o meglio la sua opera, che prende l’iniziativa, che si propone, che seduce il lettore con promesse che poi deve mantenere. Non è che lo scrittore deve scrivere come il lettore vorrebbe, ma se il lettore riscontra nell’opera sciatteria, scarsa dimestichezza coi temi che vuole trattare, carenza di documentazione, ingenuità, strafalcioni, è chiaro che resta deluso o si sente preso in giro e s’incazza.
Ci sta dunque anche la stroncatura feroce, così come la lode sperticata, perchè è comprensibile che mentre smonta e rimonta un’opera (bella questa immagine di Luca!) trapeli dal lettore-critico la passione per quella che ci ha incantato, o l’indignazione per quella che ci ha deluso ferocemente. Ci sta, purchè si argomenti, si faccia sempre un discorso, un ragionamento, ci si metta un minimo di impegno e di elaborazione, altrimenti più che critica è un rutto postprandiale di (s)gradimento: liberatorio per chi lo emette, ma di scarsa utilità collettiva. Tra i siti con recensioni “dal basso”, in alcuni prevale decisamente il rutto; in altri, come Anobii, a mio parere si trova anche una ricchezza di recensioni interessanti e ben fatte.
Valberici, ma infatti se noti io sto discutendo con te serenamente, a prescindere dal fatto che hai dichiarato di apprezzare i libri dell'”innominata”.
Sono abituato a lavorare sul recupero o mantenimento delle facoltà residue con le persone, percui discuto sempre e comunque con tutti a prescindere… Sto scherzando ovviamente, non prendertela. 😉
Comunque il mio “lavoro” qui è finito. Ho difeso strenuamente i miei diritti e quelli degli altri lettori. Spero di essere riuscito almeno ad instillare il dubbio sulla nostra facoltà di ragionamento e che in futuro prima di mostrare di nuovo l’intenzione a chiudere la libertà di critica vi torni in mente tutto questo, e vi facciate una bella risata. ^^
Ps: Loredana, non puoi parlare di Daniele come un possibile ascoltatore dell’epoca di Puccini. Le condizioni sociali/psicologiche/culturali sono per forza di cose diverse. Non si può contestualizzare solo una parte, bisogna farlo con tutto. Altrimenti potrei andare in giro ad affermare che Leopardi se oggi fosse qui sarebbe un grande poeta. No, se Leopardi fosse nato oggi scriverebbe degli sms a Silvia pieni di romanticume e acronimi, sarebbe sul depresso andante. Magari giocherebbe a un MMORPG online e non morirebbe giovane grazie alle ricerche in campo medico. Ad ognuno il suo, Puccini ebbe un suo auditorio, l’innominabile ha il web. Secondo me, torno a ribadirlo, è scorrettissimo paragonare gli artisti di oggi a quelli del passato e non farlo con il pubblico o viceversa. O siamo tutti competenti o siamo tutti imbecilli, scegliete voi cosa preferite.
“Secondo me la Corazzata Potemkin…”
– – – –
Questa sequenza mitica del cinema fantozziano ritorna nelle vostre conversazioni. Se mi posso permettere, direi che nessuno di voi abbia colto il senso di quello sfogo.
Marco Albarello: la verità, secondo me, è che non esiste la competenza tutta da una parte e l’imbecillità tutta dall’altra. Fraintendere questo concetto significa non aver colto il senso della discussione. E’ stato ribadito per decine di commenti come questo sia un tentativo di riflessione sull’auto-responsabilizzazione della rete e non su una sua regolamentazione “dall’alto”.
Del resto, continuare a parlare di un autore come “innominato”, conferma ugualmente quel che intendevo dire.
Il “per me” di cui giustamente parlava Luca diversi commenti fa, è quel che dovrebbe fare la differenza. Mi sembra che si pretenda di sostituire un po’ troppo spesso quel “per me” con l’oggettività. Il motivo della discussione è tutto qui.
@ luziferszorn
tranquillo, abbiamo capito. sfogo contro la Kultura imposta a forza attraverso totem intoccabili in un periodo che non ho vissuto che poco conosco ecc. peccato che oggi c’è un fatto: l’insieme a di coloro che conoscono la battuta è più grande dell’insieme b di coloro che hanno visto il film di fantozzi; insieme b ancora più numeroso dell’insieme c di coloro che hanno visto il film russo. solo che Paolo Villaggio stesso in un’intervista dimostrò di non averlo visto parlando di un film di lunga durata, che infatti è quello che pensa o si immagina molta gente quando invece dura poco meno di un’ora.
“Se la critica popolare è questa, non credo che Puccini avrebbe riscritto Butterfly davanti a queste argomentazioni.”
Non mi pare di aver frainteso. O.o Hai deliberatamente mischiato il moderno con l’antico senza contestualizzare il tutto. La critica di Daniele è moderna così come lo è chi l’ha ricevuta. La critica che rivette Puccini è antica così come chi l’ha ricevuta. Dire che la critica di Daniele non avrebbe spinto Puccini a riscrivere la sua opera è un paradosso, in quanto Puccini non potrà mai ricevere tale critica per l’impossibilità di viaggiare su linea singola nel tempo, e non serve a niente ai fini della discussione.
E se ho usato un determinato epiteto per un autore, è solo perchè colei che dirige il blog ha imposto di non parlarne oltre. Pertanto ho fatto una battuta usanto il termine “innominabile”. Questo a casa mia, si chiama mettere paletti su paletti fin quando l’interlocutore per forza di cose sbaglia qualcosa in quanto circondato da regole di gioco non stabilite inizialmente.
è come mettermi in mano una pistola fumante e gridare: “Ecco, visto??? è un assassino!!! Lo dicevo io!” Questa non è legittima difesa, è una porcata di retorica. Sono contento di aver trovato persone intelligenti come Valberici o altri con cui discutere, ma questo blog mi pare decisamente un filo troppo liberticida per i miei gusti.
PS: I commenti qui sono un’ora indietro, vengo dal futuro. xD
Addio, e grazie per tutto il pesce. ^^ Torno a leggere Il Manifesto, che mi pare ben più moderato.
Liberticida perchè non voglio che qui si insulti Licia Troisi o qualunque altro autore, prescindendo dal giudizio di valore sui suoi testi?
La critica di Daniele non è moderna: dire che un autore è un danno per l’umanità non è moderno. E’ detestabile.
Ps. Si ha un’idea di come funziona, a questo punto. Quando si pone un paletto – perchè non volere campagne di odio verso l’autore è un paletto – si urla alla censura. Allora, per quel che mi riguarda il discorso è chiaro. Possiamo anche decidere di infischiarcene, per carità.
Un “per me” si oppone di per sé all’oggettività. Quando uno scrive “per me” (escludendo i casi di carineria) significa che non è affatto sicuro di quel che sta sostenendo, teme la forza delle idee e proietta sugli altri il proprio panico per il vacuo interiore. In quei casi meglio sarebbe tacere e pensarci sopra un altro po’. L’oggettività non è una peculiarità immanente del genio, ma l’amore per la ricerca, l’indagine e la comunicazione dei dati in nostro possesso. L’oggettività di oggi è trita, ripete all’infinito concetti e parole che erano già logori dieci anni fa. Va da sé che il nuovo appaia allora come fortemente soggettivo e difficilmente giudicabile utilizzando i metri in nostro possesso. Ad ogni modo questa discussione è immersa nel terror-panico. La libertà vera fa sempre paura. Basta fare un giro su you-porn per rendersene conto.
Luziferszorn, mi fai battere i denti per il terrore.
Ma nessuno qui ha offeso Licia Troisi, santo cielo! Daniele ha parlato del suo libro e ha definito come male per l’umanità il fatto che esso (il libro) venga pubblicato a prescindere dal fatto che non sia egregio, non il fatto che Licia scriva.
E a prescindere da questo:
Facciamo finta per un attimo che io sia un Cuoco di fama e che il più rinomato ristorante mi tenga nella sua cucina.
Mettiamo che un giorno arrivi un commensale che mangi un mio piatto ed affermi urlando: “Secondo me chi ha cucinato questo piatto non sa cucinare!”
Ma che offesa è??? Io come cuoco al massimo ci rimango un attimo male, ma di certo non ha detto: “Secondo me Marco Albarello è uno stronzo!”. Quante volte sarà capitato a tutti e dico a TUTTI di ricevere sul proprio luogo di lavoro una critica, io stesso non ne sono stato esente agli inizi. Per esempio a volte sbadatamente dimenticavo di indossare i guanti o di cambiarli in quanto monouso. E dunque la caposala mi riprendeva dicendo: “Marco, mi raccomando, cambia sempre i guanti ecc.” Non è che per questo mi sentivo offeso a morte e andavo a piangere in bagno cercando conforto tra i colleghi per parlar male della caposala. Prendevo atto della sua “critica” e miglioravo, fin quando non ha più avuto motivo di farmela.
Scrivere è un lavoro come gli altri? Certo che lo è! Allora perchè tutti si sentono in diritto di criticare il lavoro altrui ma mai di riceverne nel proprio? Se voi venite all’ospedale e mi vedete con la divisa sporca di sugo, davvero non mi direste nulla “perchè non siete del settore”? Ma dai, allora dipingiamo il mondo di rosa e facciamo finta che tutti sono bravissimi e simpaticissimi. Qui si sta esasperando il politically correct e lo si sta facendo diventare un inno alla gioia.
Io non conosco la Signora Licia Troisi e non ho niente contro di lei, dico sul serio. Le auguro di vivere mille anni e di essere felice! Ho solo detto che mi è spiaciuto leggere il suo libro in quanto dalla pubblicità fatta sono rimasto deluso. Se poi ella è sì permalosa da offendersi per questo, mi spiace, ma non credo sia un mio problema o una mia responsabilità.
Per me, vuol dire soggettività infatti.
“Vuol dire io credo che” ma sono disposto a negoziare la mia idea di fronte ad argomentazioni più valide.
L’oggettività non è che l’incontro, la mediazione, di più soggettività.
…’La paura della forza delle idee’ eccetera è una menata … pazzesca…
‘L’oggettività di oggi’, che vuole dire?
L’amore per la ricerca presuppone non raggiungere mai l’oggettività, ma essere sempre stupiti e pronti a rinegoziare le certezze, se non che ricerca è, se no è una crociata.
‘Il nuovo e il soggettivo’ è una menata…
Se fosse facile giudicare il nuovo non sarebbe tale, sarebbe vecchio e conosciuto…
Terror panico ne fai solo tu Luziferszorn, con le tue frasi enigmatiche.
La pornografia è la libertà degli schiavi.
D.
Mai sentite tante idiozie tutte in una volta: complimenti a chi ha la pazienza di sopportarle e di continuare a rispondere e commentare.
Il cuoco di Alberello. Ma che c’entra il politically correct? Un libro non è un piatto di spaghetti allo scoglio con le cozze andate a male. Può piacere o non piacere e quando non piace è giusto criticarlo. Ma ci sono modi e modi per farlo, e tutti questi sputazzi pieni di bile PER ME non aggiungono niente all’idea che un lettore dovrebbe potersi fare su un libro.
E tutto questo è orribilmente noioso. Ci sono blog dove la gente va per farsi due risate sugli scrittori massacrati di turno, non per informarsi, perchè la gente vuole sangue e si diverte così. E’ inutile che veniate qua a dire che questa è la critica popolare. Non siamo cretini, appunto: i cosiddetti blog di critica sono la versione web delle arene dei gladiatori.
Mi dispiace che la mia critica troppo colorita sia passata per odio gladiatorio e e sete di sangue. Avrei dovuto capire meglio il contesto ed essere più chiaro. Io scrivo qui come se parlassi a cena tra amici e non va bene, non é il modo giusto per una tribuna come questa dove tutto si amplifica. Il linguaggio colorito che mi é proprio usato contro un libro diventa pece e piume contro qualcuno la mia volontà.
Basta così, questo é stato l’esempio vivente e provato di cosa intendeva Loredana con lo scrivere il thread sulla responsabiltá la libertà.
D.
Contro qualcuno e contro lamia volontá. Pardon.
Contro qualcuno, il che non era la mia volontá. Pardon.
“Mai sentite tante idiozie tutte in una volta: complimenti a chi ha la pazienza di sopportarle e di continuare a rispondere e commentare.”
Stupendo, prima fai i complimenti e poi lo fai a tua volta, prendendoti i complimenti da sola! 😀
“Bravo Marco che non ti arrendi!”
“Grazie Albarello, hai tutta la mia stima!”
“Ma che c’entra il politically correct?”
“L’espressione politicamente corretto (traduzione letterale dell’inglese politically correct) designa una linea di opinione e un atteggiamento sociale di estrema attenzione al rispetto generale, soprattutto nel rifuggire l’offesa verso determinate categorie di persone. Qualsiasi idea o condotta in deroga più o meno aperta a tale indirizzo appare quindi, per contro, politicamente scorretta (politically incorrect): cioè, alla stregua di questa visione, inaccettabile e sbagliata.”
Mi pare che c’entri come il cacio sui macheroni (che non so cucinare!), visto che si voleva evitare ogni offesa agli scrittori (categoria di persone) anche a discapito della libertà di espressione.
“Può piacere o non piacere e quando non piace è giusto criticarlo. Ma ci sono modi e modi per farlo, e tutti questi sputazzi pieni di bile PER ME non aggiungono niente all’idea che un lettore dovrebbe potersi fare su un libro.”
Su questo già aveva risposto bene Daniele dicendo che questi “sputazzi pieni di bile” nascono in conseguenza al fatto che manca una critica “moderata”. Ci sono modi e modi di critare, sono d’accordo, ma in questo momento nessun altro lo fa e non perchè non ci sia motivo di farlo, ma per timore di offendere. Dato dunque che non c’è nessuno che “rappresenta i lettori” in nessun “modo”, ecco che i lettori cominciano a rappresentarsi da soli, con i danni che ne conseguono. Vogliamo dare di questo la colpa ai lettori? Va bene, ma secondo me non ha senso. Non hanno voce e spaccano tutto, dategli una voce e vedrete che si calmeranno cominciando a dialogare civilmente.
“E tutto questo è orribilmente noioso.”
Nessuno ti obbliga a leggere e a rispondere. ^^
“E’ inutile che veniate qua a dire che questa è la critica popolare.”
Ma veniate chi? Io sono venuto qui da solo, Daniele l’ho trovato per strada e mi spiace di averlo “coinvolto”.
Per quanto mi riguarda chiedo scusa anche io se i toni che ho usato sono stati troppo coloriti, ma l’ho detto da subito che non sono un intellettuale. Sono abituato a dare pane al pane e vino al vino. Auguro a tutti buon lavoro (qualunque esso sia) e torno nel mio trogolo a ruzzolare felice. Un simpatico Oink e un bacino sulla guancia. 😉
@ martina
“Un libro non è un piatto di spaghetti allo scoglio con le cozze andate a male.” No? E cos’hanno di tanto diverso? Per entrambi sono necessari ingegno, passione, conoscenza degli ingredienti, perizia tecnica. Non si pretende che siano tutti Escoffier, ma se ordini un piatto di pasta al sugo e ti arriva scotta, non dici che può piacere o non piacere, ma che in quel ristorante hai mangiato male.
Francesca, la differenza è che se a me non piace la pasta, per esempio, non posso dire che tutta la pasta del mondo fa schifo. Nel post si parlava di Thomas Mann che “non ha la trama”. Non mi pare che qualcuno abbia detto che chi ha scritto una (per me) fesseria del genere debba tacere, ma che magari dovrebbe pensarci su.
Albarello, ma che discorso è? Manca la critica moderata e dunque bisogna tirare le freccette su Thomas Mann e Licia Troisi? Io anche sono una lettrice, ma non mi sogno di sentire su di me l’urgenza di scrivere da qualche parte che Simenon è un incapace, per fare il primo nome che mi viene in mente.
“Nel post si parlava di Thomas Mann che “non ha la trama”. Non mi pare che qualcuno abbia detto che chi ha scritto una (per me) fesseria del genere debba tacere, ma che magari dovrebbe pensarci su.”
Ho detto in un mio intervento che una sparata simile la considero alla stregua di un rutto, non è questo che intendo come critica argomentata! Mi preme però fare una distinzione: una cosa è un libro che non ti piace, non te lo senti affine ecc. ma ne riconosci il valore letterario, o la perizia, o la novità, o altri “pregi” oggettivi (sarebbe a dire che non ti piace la pasta anche se è ben cotta); un altro conto è un libro che oggettivamente ha dei difetti qualitativi, paragonabili all’errata cottura della pasta. Insomma di non finire per dire che tutto dipende dal gusto personale.
Questa è l’osservazione importante!!! E quali sono i criteri oggettivi, oltre alle cose più ovvie come la grammatica? Perchè secondo alcuni criteri oggettivi Saramago non sa scrivere perchè non rispetta la punteggiatura giusta.
Sono molto d’accordo con il commento postato venerdì alle 11:51 da Barbara. E’ importante anche la sede in cui vengono espresse determinate valutazioni. Qualche mese fa mi è capitato di non riuscire a finire un importante classico della letteratura fantasy, cosa che mi ha indotto a formularne un giudizio piuttosto sbrigativo e stizzito e a postarlo in Internet. L’ho postato sulla bacheca di Facebook (dove tra l’altro sono presente sotto pseudonimo). I miei amici l’hanno letto e, suppongo, si sono fatti una risata. Però non mi sono sognato di scriverne su IBS o su altri siti dedicati alle recensioni di libri, poiché mi è sorto il vago sospetto che la mia opinione negativa su quel testo fosse dovuta non tanto alle manchevolezze del medesimo, quanto ad una mia (magari momentanea) incapacità ad apprezzarlo.
Bisogna soltanto capire che, quando si posta su un sito istituzionalmente dedicato ai lettori, si sta scrivendo per rendere loro un servizio e non per dare sfogo ai propri umori. Fra l’altro, lo status di FB esce subito di scena, mentre una recensione su IBS rimane lì “für ewig” e non è più modificabile: se ci scrivi delle scemenze, ti inchiodi alla gogna con le tue stesse mani.
Torno al post di Loredana. Per quel che mi riguarda, non mi dà fastidio la maggiore o minore bizzarria di un giudizio (tutti i giudizi sono legittimi, in fondo), quanto la struttura che pare esserci sotto: “Tutto quello che IO penso (voglio, desidero) ha valore assoluto’, “Penso che questo libro sia una ciofeca’ DUNQUE ‘questo libro E’ una ciofeca’.
Lasciamo perdere che questa struttura spesso sottostà anche ai giudizi di certi critici (sulla funzione dei quali sono d’accordo con le cose dette da Luca, e anche sulla differenza tra lettore e critico), la domanda è: che tipo di libertà è questa?
A me pare dello stesso tipo di quella predicata da Vodafone diversi spot fa “Tutto intorno a te” declinazione pubblicitaria del verbo tatchariano, per cui, mettendo insieme due famosi slogan della lady di ferro, viene fuori questa sintesi paradossale: esiste solo l’individuo in un mondo dove non ci sono alternative.
E allora YOU sfogati in rete, che fuori non c’è trippa per gatti.
Per chi ama la rete e la libertà questo è molto preoccupante.
@martina
non ci sono criteri oggettivi per stabilire la qualità di un’opera, neanche la grammatica.
Uh, ‘sta deriva culinaria mi ha fatto venire fame, e la voglia di mettere altra carne al fuoco.
Dunque, io se vado in una trattoria casareccia sono in grado di capire se i due chili di carbonara che mi pappo sono di mio gusto, e se non lo sono protesto vivacemente.
Se vado in un ristorante “raffinato”, di quelli dove non basta lo stipendio di un operaio per un bicchiere di vino, ci capisco poco o nulla, e se un piatto non mi piace me ne sto zitto, perchè non so se ha il sapore che deve avere oppure no.
Allo stesso modo quando leggo mi limito a commentare quello che soddisfa il mio gusto.
Faccio giusto? Faccio sbagliato? Dovrei commentare e “recensire” anche i piatti “raffinati”? E, riguardo a questi ultimi, se non ne capisco nulla devo credere a chi mi dice se sono buoni o sono cattivi? E se lo faccio come posso sapere che l’esperto non mi stia prendendo in giro? Poniamo poi che l’esperto mi dica che la carbonara, uno dei miei piatti preferiti, è cosa rozza e volgare, che faccio? Non la mangio più e avviso tutti di evitarla? 🙂
Aggiungo ancora una considerazione.
Fin qui i commenti che ho letto prendono in esame l’aspetto estetico. E quello etico?
Se sapessi che il cuoco ha preparato un piatto raffinatissimo e buonissimo, ma che contiene una sostanza tossica…che faccio? Avviso tutti o lascio correre?
Bene, ora vado a magna’… 🙂
@ paperinoramone,
i criteri oggettivi per stabilire se un’opera è valida ci sono eccome.
altrimenti se è tutto soggettivo vale bene pure il giudizio di quello che scrive che Orwell non è capace a scrivere perché fa parlare gli animali…
C’è un giudizio di gusto che riguarda il “mi piace” “non mi piace” e quello è insindacabile perché soggettivo.
Però c’è anche un giudizio tecnico e riguarda la capacità di un opera di fare il suo mestiere, ovvero di “raccontare con efficacia”. Trasportare con efficacia un lettore, altrove e poi riportarlo a casa con un valore aggiunto rispetto a prima della lettura.
Ognuno coi propri mezzi si può misurare sul giudizio tecnico che non c’entra con il palato, anche il giudizio tecnico resta sempre soggettivo ma cerca una validità oggettiva.
Per un libro si può parlare di:
coerenza interna in merito alla vicenda,
coerenza in merito alla narrazione al ritmo,
coerenza in merito all’ambiente in cui si svolge la storia.
capacità dell’autore di rendere una vicenda viva e reale approfondendo
le motivazioni dei personaggi e le vicende dell’ambiente in cui si muovono.
efficacia, intensità e profondità delle emozioni in gioco nel libro.
presenza della giusta quantità di tensione,
capacità di costruire un romanzo secondo un struttura di stasi, conflitto e risoluzione finale, che proietti la lettura verso un’apice emozionale, anziché procedere a tentoni e singhiozzi fino a spegnersi rasoterra.
capacità o meno di dare spessore e vita ai personaggi e loro coerenza rispetto alle premesse.
capacità dell’autore di rendere personaggi vivi piuttosto che fasulli.
capacità dell’autore nella prosa e correttezza ed efficacia nel linguaggio,
originalità, e capacità di usare bene gli stereotipi in tutti gli ambiti del libro.
profondità e universalità del messaggio poetico se ce n’è.
Vedi quante cose ci sono che possono o meno funzionare? E tante altre io non le so…
Poi non toglie che ci possa piacere anche il peggior romanzo del mondo ma questo non vuol dire che non esistono criteri per tenere in piedi un opera.
D.