LO SPIRITO DEL NATALE (IL MIO SOMIGLIA A FRANK’N’FURTER), L’EDITORIA, LE TRE P. E BUON ANNO

E buon anno, per ricominciare.
Come annunciato, sono stata presente soprattutto sui social, riservandomi un ritorno sul blog in un tempo più rilassato. Non che non lo sia stato, perché un’operazione ti costringe a fermarti, e questa è un’ovvietà, e a ripensare i tuoi ritmi e tutte quelle cose che già sapete, inclusa la resistenza che si oppone (io oppongo almeno) a ogni cambiamento, anche positivo. E questa è una brutta storia, che riguarda non solo me, ma lo spirito del tempo.
A proposito. Ho sempre immaginato il mio spirito del Natale – comprensivo di passato, presente e futuro perché siamo in tempi di risparmio – identico a Frank’n’furter, il protagonista di Rocky Horror Picture Show che proprio nel 2025 compie cinquant’anni. Uno spirito con tali fattezze provocherà accuse sparse di gender e transfemminismo, cosa che va molto di moda da ultimo:  ma l’immaginario è l’immaginario, e uno spirito del Natale come il vecchio Frank ha molti vantaggi: mette di buon umore e canta bene, e a confronto i trascurabili svantaggi (lustrini seminati sui tappeti, lampade spostate per centrarsele sul viso mentre canta “I’m going home”, qualche portacenere rovesciato durante un time-warp preserale) sono poca cosa. Del resto, uno spirito del Natale in guêpière vale quelli canonici, e magari è persino beneaugurale rispetto a un Clarence qualsiasi.
Dunque, si abbassino le luci e parta la musica.
Caro spirito del Natale (passato-presente-futuro),
dovrei fare un bilancio, in effetti, ma l’anno appena finito lo conosci meglio di me. La parola esatta è stallo, e vale per parecchie delle cose che mi vedo attorno: per non essere generalista e dunque superficiale, mi limito all’editoria, per adesso. E non dire “How sentimental”, perché quella battuta è di Magenta, non tua.
Vedi, spirito del Natale, tutti i santi anni ci si stracciano le vesti sullo stato delle cose che riguardano i libri: quest’anno sappiamo di aver perso per strada un milione di lettori, e sappiamo anche che, per paradosso o forse no, le novità sfioreranno il numero centomila. E fin qui, davvero niente di nuovo. Perché è vero che non solo i lettori professionisti (quelli che leggono per lavoro) non riescono materialmente a far fronte a tutto quello che viene pubblicato, ma forse anche le case editrici. Bisogna pubblicare, si pubblica.
Giusto, perché?  Si continua a pubblicare perché così si pensa di salvarsi, o di ritardare i guai. Detesto le autocitazioni, ma da queste parti lo si sosteneva nel gennaio 2011, parlandone con Marco Zapparoli di Marcos y Marcos: “Sa perché gli editori pubblicano sempre più titoli? Perché pensano erroneamente di poter compensare le rese che riceveranno e di far quadrare il budget: in poche parole, se in un anno non è stata raggiunta la fatturazione prefissata, in quello successivo si “picchiano fuori”, per usare il termine aggressivo oggi di moda, più titoli a una tiratura alta. I librai stanno al gioco per un po’, ma infine si stancano e rendono. Un abbaglio molto simile a quello degli swap finanziari: che alla fine si sono rivelati carta straccia senza alcun valore. Il libro ha un valore, invece: deve essere trattato con rispetto proprio perché ha bisogno di maturare”.
Dunque, caro il mio spirito del Natale, le cose non sono cambiate, nonostante l’acqua fluita sotto i ponti, le acquisizioni, le proteste, le fughe dei lettori . Gli autori continuano a chiedersi come mai il loro libro non si vede più sugli scaffali a un mese dall’uscita e a usare i social network come ultima ancora di salvezza, forse sapendo e forse no che se migliaia di persone dicono la stessa cosa (“comprami!”) l’appello risulta vanificato. Quando le cose vanno male, c’è sempre qualcuno a cui dare la colpa, ovviamente: un circoletto di felici pochi che manipolerebbe tutto il manipolabile, gli uffici stampa distratti (distratti? E’ un miracolo che riescano a fare il loro lavoro semmai), le scrittrici che fagocitano attenzione (non ridere, spirito del Natale, lo dicono sul serio: anche se poi quando devono fare il bilancio del primo quarto di secolo alle scrittrici dedicano quattro righe-quattro). I lettori fanno quello che possono, ma se dovessero acquistare tutte le novità di letteratura contemporanea, spesa a parte, non riuscirebbero materialmente a leggerne che una percentuale minima.
Dunque, cosa posso chiederti, caro spirito del Natale, se non di recare in dono a me, che sono una parte minima e irrilevante in questa spirale, tre p, ovvero pazienza, passione, parole?
La pazienza perché i discorsi vanno ripetuti fino alla noia, per il semplice motivo che raramente vengono ascoltati o letti. Secondo te, caro spirito, qual è altrimenti la causa della recente levata di scudi contro un discorso semplicissimo come il poco riconoscimento critico e intellettuale verso le scrittrici? Tutti (molti, almeno) a evocare pollai, femministe stupide e scoccodeanti che vogliono le quote rosa ovunque, a minimizzare perché queste non sono le cose che contano. E mica si accorgono di somigliare a Matteo Salvini quando attaccava Laura Boldrini (“È l’essere più inutile che la Camera ricordi negli ultimi anni. Ma vi pare normale? È indegna di rappresentare la Camera. Interrompe i deputati per come deve essere chiamata, ma dai? Con tutti i problemi che ci sono stare lì sui nomi maschili o femminili mi sembra da malati mentali”). Con tutti i problemi, già. Ditelo a Stephen King, quando nomina Shirley Jackson tra le sue ispiratrici: non lo fa perché è politicamente corretto, ma perché la stima (spirito del Natale, ho detto “Salvini” e “politicamente corretto”, ma non è un buon motivo per prendere a calci il divano: lui non ha fatto niente).
La passione, che c’è ancora, deve crescere ulteriormente, questo ti chiedo: perché è l’unica possibilità, in tempi fermi, per leggere e scrivere prescindendo dalla popolarità di quel che leggi e scrivi. Saranno solo cento, duecento, mille al massimo a comprare il tuo libro? Sia. Scrivere è acqua di vita, dice il solito King. Ed è gratis. Ed è l’unica cosa che conti.
Le parole, infine. Che non si perdano, che non diminuiscano, che non si appiattiscano, che abbiano sempre un peso: cosa non semplice, spirito del Natale, perché siamo portati a essere sempre più semplici e scarni, e a buttarle via, le parole che sono il nostro respiro. Fa’ che io ne abbia cura, fino al prossimo Natale e a tutti quelli che mi toccheranno.
Infine, le richieste che già conosci.
Rendi felici coloro che amo, cerca di allontanare almeno un po’ i presuntuosi, i boriosi, i livorosi dalla mia e loro strada, e posa la mia scatola dei trucchi.
E buon anno di nuovo.

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