Stanotte ho sognato che tornavo a Manderley. In effetti. Da oggi, per un giorno a settimana, conduco da studio. Sono dunque a via Asiago, ritrovando i vecchi passi di ogni giorno, i corridoi, la scrivania piena di libri, le luci al neon. I colleghi. Fa un effetto strano. Sono contenta? Sì, se penso ai compagni di lavoro fin qui sentiti solo al telefono. No, perché mi ci vorrà tempo per capire cosa ha significato davvero quel che abbiamo alle spalle. Auspici? Che finisca, fra sei mesi o sette, ma finisca. Ma quello che vorrei soprattutto, e mi rendo conto che continuo a dirlo, e a volte penso di dirlo vanamente, è che qualcosa dentro di noi sia cambiato, o cambierà. Eppure, leggendo come ci rapportiamo gli uni agli altri, l’inverso di uno stormo dove ogni componente ha istintivamente la propria parte di responsabilità, faccio fatica a crederci.
Stanotte ho sognato che si torna continuamente a Manderley, e che oltre a un incipit, in “Rebecca” di Daphne du Maurier, c’è un explicit: “Non c’era la luna e il cielo sopra di noi era nero come inchiostro. Ma, all’orizzonte, era attraversato da lampi di porpora simili a schizzi di sangue. E il vento salmastro del mare ci soffiava la cenere in faccia”. Ho sognato che la cenere ci impedisce di guardare, e che restiamo immobili sotto un cielo nero, senza fare altro che dichiarare la nostra impotenza, e su quella dividerci.
Manderley, a questo punto, appare come il tuo disagio; e neppure tanto sussurrato.
Se non altro, non sogni di tornare a Dunwich …
Comunque, ti capisco; io che sono un forte ed instancabile sognatore notturno e diurno (a volte mio malgrado), ho letto questo tuo post tralasciando ogni penosa interpretazione da dilettante psi-qualcosa (il luogo di lavoro, brrrr) e mi sono soffermato sui Sogni di deserti purpurei, città senza nome ed ardite architetture che la mia mente mi propone quando le sciolgo le briglie del controllo cosciente.
E mi ci trovo a mio agio, in quei luoghi solitari ed alieni; anche se ci sono due lune di troppo.
E cosa ne ricavo?
Sarà l’età anagrafica, sarà l’onnipresenza della stormo (come lo indichi tu), ma il vero bisogno di una sorta di “farsi da parte” preme su di me sempre più.
E forse ne hai necessità anche tu, Loredana.
Alfredo
Temo che tu non abbia capito il senso del post. Non sento il bisogno di farmi da parte, ma di comprendere quel che ci sta accadendo.
Va bene … mi sono sbagliato. L’interpretazione corretta, è sempre quella dell’autrice, ovviamente. E’ il mio secondo shampoo, nella giornata. 🙂
Alfredo.