MARIAS, L'ITALIA, LA MEMORIA

Su Repubblica di oggi, Alessandro Oppes intervista Javier Marias. Con un sospiro, posto.

«Un paese cupo, antipatico, di cattivo umore, che ha perso il senso della solidarietà, e dove persino, l´espressione può sembrare un po´ forte, emerge qualche sintomo di razzismo». Javier Marías lo dice con rammarico, ma ne è profondamente convinto: la “decadenza” italiana è un dato di fatto secondo l´autore della trilogia Il tuo volto domani. E nasconde una minaccia che lo scrittore non ha timore a sintetizzare in una sola parola: «Fascismo».
In un articolo pubblicato su El País, lei parla di una “brutta e povera Italia”. Che paese è l´Italia che lei ha conosciuto, e che ora rimpiange?
«I miei primi viaggi risalgono agli anni Ottanta. Andavo a Venezia, e lì ho trascorso diversi periodi di vari mesi: in tutto un paio d´anni. Ma poi ho continuato a visitare il paese, spesso, fino ad oggi. L´Italia mi piace moltissimo, posso dire che – fuori dalla Spagna – è il paese dove mi sento più a mio agio, insieme alla Gran Bretagna. Per questo ho difficoltà a capire come un paese così squisito, e così dotato di senso dell´umorismo – lo dico come un grande elogio – sia potuto diventare tutto il contrario. Insomma, l´Italia per me era un paese “leggero”, nel senso che vi sembrava prevalere l´allegria. Ora ho la sensazione che sia diventato pesante».
Dove individua i sintomi, e le ragioni, della decadenza?
«In Italia è stata ormai chiaramente abbattuta la frontiera tra ciò che si può dire o non dire in pubblico. Il linguaggio da bar, quello che io preferisco chiamare “linguaggio da caverna”, si è trasferito alla politica. È una forma superiore di demagogia, perché non si tratta solo di dire alla gente ciò che vuole sentire: il fatto che i politici adottino in pubblico il linguaggio crudo e brutale che dovrebbe essere confinato nel privato, gli dà legittimità. E ricompare nella bocca dei cittadini, ma con una veemenza molto superiore. Il pericolo è innegabile, perché può sempre accadere che ciò che si è detto si decida di metterlo in pratica, che si passi dalle parole ai fatti».
Crede davvero che esista la seria minaccia di un rigurgito del fascismo?
«Spererei di no, però… sì. Esiste, eccome. La parola fascismo è una parola abusata. In Spagna la si utilizza ormai semplicemente come un insulto. Ma quando io l´ho utilizzata, ho ricordato il periodo del fascismo storico. Ci sono una serie di atteggiamenti, dichiarazioni, misure, che mi riportano alla memoria Mussolini, mi dispiace molto. Quello che sorprende è che certe cose possano accadere senza che la gente percepisca il pericolo. Parecchi di noi non hanno vissuto il periodo tra gli anni Trenta e la Seconda guerra mondiale, però sappiamo come nacquero certi regimi. Qui si annunciano misure contro i rom, si criminalizza un intero gruppo etnico: non dimentichiamo che i gitani furono una delle etnie perseguitate dal nazismo. Immaginiamo che si dicessero degli ebrei le stesse cose che si stanno dicendo in questi giorni dei rom: il mondo intero insorgerebbe».
Questo che significa, che non abbiamo appreso la lezione del passato? O forse che 60 anni sono sufficienti per dimenticare?
«Darei per buona la seconda: la gente dimentica, dimentica molto facilmente. E soprattutto non associa, non stabilisce un collegamento tra gli eventi della storia e i fatti del presente».
Come pensa che si sia potuto imporre, in Italia, il fenomeno Berlusconi?
«Immagino che le ragioni vengano da una classe politica che, per quanto abile, è molto instabile. Dopo i lunghi anni di governo democristiano, il crollo del Psi di Craxi, la perdita di prestigio della sinistra seguita al crollo del muro di Berlino, lo scandalo di Mani Pulite, la gente ha cominciato a diffidare dei professionisti della politica. Berlusconi non lo è, o per lo meno non lo era. Lo stesso Bossi ho l´impressione che non lo sia: è più che altro un demagogo. Gente che non capisce neppure che cos´è una democrazia. Possono essere pure arrivati al potere in modo democratico, ma questo non basta: la patente di autentici democratici bisogna guadagnarsela giorno per giorno, con i fatti. Visto come stanno le cose, preferisco di gran lunga che siamo governati da politici professionisti».
Lei parla di populismo, ma ammette che, di questi tempi, l´Italia non è un caso unico: con tutte le differenze, cita Hugo Chávez, la Polonia dei gemelli Kaczynski e lo stesso presidente francese Sarkozy.
«Ricordo un dibattito al quale partecipai, due anni fa, insieme a William Boyd. Riconoscevo, allora, di avere sempre avuto una grande ammirazione per la Francia: ma aggiungevo che il fatto che Sarkozy fosse in quel momento il politico più ammirato (ancora non era stato eletto presidente) mi inquietava profondamente. Temo che il tempo mi stia dando la ragione. Il caso dell´Italia è ancor più plateale, perché tutto sta avvenendo in modo più gridato, più scoperto. Quello che temo di più è che tutte queste cose possano essere contagiose, che possano contagiare altri paesi. Si sa, l´imbecille ha successo nel mondo. Le idee più stupide trionfano».

18 pensieri su “MARIAS, L'ITALIA, LA MEMORIA

  1. Quello mi spaventa, nella marea montante di razzismo, xenofobia e paura del diverso (che nessuno dei campioni della Patria dichiara, ma è alla base di tutto), e di fascismo strisciante che pervade sempre più questo nostro paese disgraziato, oltre al fenomeno in sè, è quella che sembra essere una carenza/insufficienza di strumenti di contrasto. Mi spiego meglio: la sfida, per dirla anche con WM4, dovrebbe essere quella di provare ad innalzare il gusto del pubblico, invece che inseguirlo (in letteratura) o fare politica vera, invece che compiacere i bassi istinti dell’elettorato. Una sfida del genere, che condivido, oggi è minoranza: la pancia del paese, quella che comanda e governa e decide, la liquida come roba da snob, intellettualistica eccetera. Con gesti infastiditi. Questo mi spaventa. E non so come affrontarlo.

  2. Quanti si opposero veramente al fascismo? Quanti furono i partigiani?
    Oggi, buona parte del paese è contro Berlusconi e ciò che rappresenta e, anche se siamo minoranza, siamo tanti. Non possiamo dimenticare che la nostra democrazia è ancora adolescente, poco incline alle regole…
    Dobbiamo vigilare, mai abbassare la guardia e opporci: manifestando, parlando, scrivendo, educando, spegnendo la televisione….

  3. Attnzione che prima del ritorno del Fascismo esiste un più prevedibile pericolo di un risorgimento del terrorismo politico. Noi siamo un Paese a rischio perchè, do’ ragione a Lalla, la nostra è una Democrazia giovane giovane e implume, ma, soprattutto, la crisi economica ci ha incattivito paurosamente. L’Italia non è Paese che possa reggere una recessione quale quella in cui siamo immersi, ed è facile, a questo punto, che il reazionario del nord dia la colpa al napoletano imbroglione, che il napoletano onesto dia la colpa all’imprenditore del nord sfruttatore e privo di scrupoli, che il democratico di Sinistra dia la colpa al leghista Borghezio, che il votante di Destra dia la colpa alla Sinistra che ha mal governato e sobilla i centro sociali, che la gente comune, stanca di andare in banca a chiedere un mutuo per la casa che non otterrà, dia la colpa ai rom che la casa la ottengono senza chiederla ecc. ecc. Non se ne esce così. Siamo su una polveriera. Ho scritto la ma tesi sugli ” anni di piombo ” e i segnali ci sono tutti. Si iniziò proprio con “occhio al fascista “. Cerchiamo di rasserenare gli animi, chi può farlo, con gli scritti, con le testimonianze, con la voce, lo faccia.

  4. Lalla ci suggerisce di spegnere la televisione e invece secondo me è proprio lì che passa il discrimine. Sono stata a vedere la casa nuova di una mia collega esplicitamente e fortemente di destra e ho notato con orrore che c’era una televisione in ogni singola camera, escluso il bagno, e che non c’era né un giornale né una rivista, anche se hanno un abbonamento internet flat rate. E lì mi si è accesa la lampadina. La stragrande maggioranza degli italiani ha come unica o prevalente fonte di informazione la televisione. Da dove credete che sia arrivata questa grande ondata di razzismo? Come mai noi che non guardiamo quasi più la TV siamo quasi stati sorpresi dalla marea montante?
    Dobbiamo invece imparare a conoscere la televisione, soprattutto quella della mattina e del pomeriggio per smontarne i meccanismi perversi. Noi non guardiamo la televisione e non sappiamo con cosa crescono i nostri figli adolescenti, che cosa sentono e metabolizzano i nostri genitori anziani. Quanti pensate che siano quelli che leggono i blog e comprano i libri come Ancora dalla parte delle bambine?

  5. Conoscere la televisione è importante, concordo con voi. Ma il punto è: una volta che ne conosciamo i meccanismi, come possiamo influenzarli dall’esterno? La tv è un mezzo di comunicazione centralizzata, possiamo scegliere se vederla o meno, ma non possiamo cambiarne i contenuti. E dunque?
    (non è domanda strafottente, è proprio che non so darmi delle risposte)

  6. Mah, risposte pronte mica ce ne sono, mi sa. La nostra eccetera, che ci ospita gentilmente su questo blog, forse conosce meglio di tutti noi i mezzi di comunicazione “centralizzati” (come li definisce il commento precedente). Credo che ognuno debba fare la sua parte nell’ambito in cui vive, testimoniando, spiegando, convincendo, senza snobismi o puzze sotto il naso. Mica facile, ma va fatto. Tante volte, però, l’esempio funziona. Poi non c’è solo la televisione, no? E, in ogni caso, guardarla serve. Le cose si sconfiggono se si conoscono, credo.

  7. secondo me, sergio, il problema è che le discussioni che ciascuno di noi può intraprendere con le persone che gli stanno vicine hanno un’efficacia limitata e flebile, pronta a dissolversi dopo l’ennesima emergenza rilanciata dai tg e ripresa dai programmi pomeridiani o i pseudo approfondimenti politici del dopocena. Bisogna operare nell’immaginario delle persone, Le chiacchierate, le discussioni e il confronto quotidiano non è capace di incidere in questo senso (almeno non in maniera pesante), mentre la tv ci riesce (ci riescono anche stampa, editoria e web, ma ad un livello, comunque, non confrontabile). La TV però è nelle mani sbagliate e anche quelli che potrebbero operare un cambiamento in questo senso dall’interno, parlo di giornalisti e autori televisivi, tendono penosamente all’autocensura e all’inseguimento di paradigmi creati da altri. Aggiungi, inoltre, che da anni certe istanze, chiamiamole di sinistra, ma si tratta semplicemente di buon senso, faticano a trovare un linguaggio moderno e accattivante e, in confronto con l’immediatezza di certe istanze, chiamiamole di destra, ma si tratta semplicemente di idiozia, risultano vecchie, piene di moralismo e definite da persone che non sa come vive la gente normale. E’ questo che la massa percepisce.
    Mi chiedo se sia così difficile confezionare un prodotto che sia allo stesso tempo Pop e che riesca a veicolare idee complesse invece delle solite realtà unidimensionali alle quali ci ha abituato il prodotto televisivo medio…

  8. Sarebbe bello, però, se la parola “fascista” anche in italia venisse usata più spesso come insulto, per ridarle quella valenza negativa che ha ormai quasi del tutto perso…

  9. @ginko, sono abbastanza d’accordo. se parliamo di letteratura (o narrativa) una sfida del genere (prodotto pop con idee complesse) è esattamente quella di cui mi ha parlato Wu Ming 4 nella conversazione che abbiamo avuto nel mio blog (vedi url associato al mio nome), ed è in pratica la sfida che tutti i Wu Ming perseguono nei loro libri. Ma le stesse vibrazioni io le trovo in Camilleri, Carlotto, De Cataldo e altri che spiace non citare. E non è cosa da poco. Se parliamo di televisione, ahimè, fatico a trovare esempi.

  10. In questo blog, qualche tempo fa, a proposito delle ultime elezioni, ho usato la parola FASCISMO. La uso spesso perchè sono convinto che questo stia piano piano prendendo forma in italia. La uso spesso e ricordo sovente quella canzone di Fausto Amodei: “Ma no che non è finita a Piazza Loreto, si è vinta una battaglia ma non la guerra ecc ecc ” Sono convinto che senza Comunità Europea saremmo fottuti da un pezzo. E vorrei suggerire uno splendido libro di Allen, Come si diventa nazisti, edito Einaudi, per capire bene i meccanismi subdoli e tranquillizzanti, soporiferi, che portano all’esplosione di una dittatura.
    Scusate il prolisso sfogo.
    Rofolfo

  11. La sfida letteraria per creare testi pop-complessi mi pare sia già in atto, come dimostrano gli autori citati anche nei commenti precedenti.Ma il mio timore è un altro: la lingua scritta (per quanto pop, per quanto trasversale e versatile possa essere) riuscirà mai a conquistare chi è sopraffatto dalla liquida superficialità di certa tv?
    (Quella fetta di italiani lì, l’abbiamo persa?)
    Insomma, chi ha un televisore in ogni stanza, potrà mai avvertire l’esigenza di varcare le soglie di una libreria?

  12. Dipende da quello che passa in TV, appunto. Poi, non generalizziamo. Si può guardare molta televisione e andare molto in libreria, no? Hai detto bene. @Giovanni, usando il termine “sopraffatto”. Ho letto oggi su Repubblica di un negoziante che si preoccupava della sicurezza, furti, emigrati, stupri, insomma la solita zuppa. Alla domanda se a lui o a qualcuno che conosce era mai successo nulla, la risposta era no, ma basta vedere cosa dice la TV. Un caso di sopraffazione bello e buono. Sul tema della lingua scritta io resto ottimista. Il successo di certi scrittori lascia speranze. Per il resto, continuo a cercar risposte.

  13. Le chiacchiere – che tra un pettegolezzo e uno scambio d’informazioni erano comunicazione e confronto – si facevano nelle piazze dei paesi, nelle trattorie sotto casa, sul sagrato delle chiese, nelle sezioni di partito…
    Ora non ci sono più, e se ci sono sono deserti, nemmeno i luoghi fisici di questo confronto.
    Le città, dopo le otto di sera, hanno unaspetto da “day after”.
    Tutti davanti alla tv oppure nei mega centri commerciali.
    Al sabato, in discoteca a scaricare la tensione, non credo a parlare.
    E chi parla più? Tra il silenzio e l’urlio, o il brusio televisivo che fa da sottofondo alle immagini, ormai c’è solo il vuoto.
    C’è in atto una trasformazione profonda della società che porterà ad una realtà diversa che dovrà essere affrontata con strumenti diversi.
    La televisione potrebbe servire per una alfabetizzazione informatica del paese, ma c’è la disponibilità a fornire nuovi strumenti di comunicazione?
    Non dimentichiamo che riuscì ad amalgamare linguisticamente un paese che si esprimeva attraverso dialetti tra loro diversissimi.
    Messaggi attraverso immagini su schermi televisivi, ma a condizioni di
    reciprocità tra Destra e Sinistra.
    Quindi non spegnere, come mi suggerite la televisione, ma accenderne una alternativa per combattere ad armi pari?

  14. Come sempre Marias ha centrato l’obiettivo in modo mirabile. Succede ai grandi scrittori essere abili nelle analisi e nella preveggenza.
    Fascismo
    Una parola che anche da noi era un insulto, tempo fa. Ora è di nuovo sinonimo di ‘gente con gli attributi’, come era consono al virilismo e maschilismo fascista che più che in Berlusconi vedrei di più nell’atteggiamento di Bossi e dei leghisti in genere.
    Linguaggio becero, rozzo, sprezzante nei dibattiti politici: ho rivisto recentemente una tribuna politica negli anni ’70: ebbene i due contendenti erano davvero due gentiluomini che dibattevano di politica in modo ‘educativo’. Rispetto del tempo di intervento, rispetto dell’ avversario, del moderatore…
    Il fascismo montante si avverte in questa Italia priva di memoria, quella che ci avrebbe permesso di ricordare quando noi eravamo i romeni, gli albanesi, i rom: in America, in Svizzera, in Australia, dove svolgevamo i lavori più umili e venivamo trattati da reietti. Ma nessuno di questi popoli si è mai sognato di mandare via tutti gli italiani perchè tutti mafiosi.
    La scarsa memoria, la scarsa conoscenza storica, la scarsa cultura portano al qualunquismo, alla semplificazione, all’equazione, all ‘ordine’, alla pulizia etnica e sopratutto delle Idee…
    Il fenomeno Berlusconi è un insieme di tutto questo, e in più: egli incarna il mito del self made man, dell’Uomo della provvidenza, del Risolutore dei problemi italiani.
    Berlusconi è un post fascista in un’Italia che da semidemocratica egli vuol rendere fintodemocratica. E per gli italiani, ormai rassegnati, fatalisti, qualunquisti, il delegare a un Uomo solo il governo della nazione non è putroppo cosa nuova…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto