Mentre scuole e università tornano in subbuglio in tutto il Paese, un post co-gestito con Giap.
Qualche sera fa, il 19 novembre, Girolamo De Michele ha presentato il suo libro La scuola è di tutti. Ripensarla, costruirla, difenderla (Minimum Fax) alla libreria Modo Infoshop di Bologna. Con lui c’erano Wu Ming 1 e tante persone che nella scuola lavorano e vivono tutti i giorni. Questa è la registrazione dell’incontro, spezzata in capitoli per una maggiore comodità d’ascolto. Il file intero è nell’audioteca/podcast dei Wu Ming.
Aggiornamento: una cartella zippata con gli mp3 dei singoli capitoli è scaricabile qui.
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1. IL VERO NOIR (27’00)
MP3
Intro di WM1, con “diminutio presentatoris” e Zang! Tumb! Tumb! – GDM: E’ questo il vero noir – Perché dico “noi” – Come ho imparato a leggere certi rapporti – Un libro sulla scuola che non sia solo “per insegnanti” – Cominciamo con gli sganassoni: il “Corriere della sera” e l’emergenza-bullismo – La scuola disinnesca il bullismo – Sì, la scuola è un ammortizzatore sociale, ecco perché viene attaccata – Il processo di fascistizzazione della scuola e della società – La “Costituzione” del Veneto.
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2. IL COUS COUS E GLI AGNOLOTTI (18’38”)
MP3
WM1: La Lega non più “celtica” ma “neo-asburgica” – Enzo Bettiza rimuove la merda – Un’offensiva contro la storia – L’attacco ai manuali dei licei – GDM: A proposito di impero austro-ungarico – La fesseria del popolo celtico-veneto – Nel 2000 i giovani ex-missini… – I tre manuali incriminati – Un calo proteico anti-patriottico! – Gustavo Selva e la parola “bolscevico” – Nemmeno Sabatucci sa cosa ha scritto – Nei manuali non si parla della Serenissima! – Io posso verificare perché ho i libri, altri no – Che cos’è una stronzata – Zaia e le “memorie di Adriano” – Il cous cous e gli agnolotti – La prosa di Maria Stella Gelmini.
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3. DAI CIELLINI ALL’ORARIO FERROVIARIO (15’20”)
MP3
WM1: La Lega, le radici e il ritorno del rimosso – Devastazione della scuola pubblica e interessi padronali – GDM: Il business della formazione – Comunione e fatturazione (copyright Binaghi) – L’analfabetismo di ritorno e la fila in biglietteria – Si laureano i figli dei laureati – L’istituto professionale come parcheggio per figli di migranti -I finti incidenti stradali.
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4. BOLLETTINO METEOROLOGICO DELLE LOTTE (15’23”)
MP3
WM1: We do need a weatherman – La cornice comune dei conflitti – L’impaginazione che separa – Un elenco di quello che si muove – Il comune multiplo – Acqua pubblica e scuola pubblica – Il colonnello Bernacca. GDM: Un’assemblea alla Sapienza – L’imbarazzo di Luca Serianni – Uscite di casa vestiti a cipolla – Si fa fatica a trovare un cislino – La frammentazione degli scioperi – La FIOM e la scuola – Da solo non può farcela nessuno – Il compito più alto della scuola – Una battaglia per l’acqua che non è apparsa come tale – Bersani si è scordato l’acqua.
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5. INTERVENTO DI MIRCO PIERALISI, INSEGNANTE DI SCUOLA PRIMARIA (10’00”)
MP3
I magnifici 7 – La scuola è la terra – Ogni giorno hai la parola per poter ricominciare – Non si può andare avanti per slogan quando ci troviamo di fronte al vivente – Composizione di classe dei genitori – Sul ritorno al voto numerico – Nemmeno Bertagna! – Scavare e svelare i bluff – Il problema della cornice – C’è chi è parte del problema – Avvertire gli studenti: tra di noi ci sono anche gli stronzi.
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6. DOMANDE E RISPOSTE (29:20)
MP3
Domanda sull’ossessione del “contraddittorio” e della “seconda voce”, come se le voci non fossero che due – GDM: Un consiglio di lettura: gli scritti di Albert Camus su “Combat” – Camus e Fenoglio – “Visto da destra, visto da sinistra” – Ho rifiutato un confronto con Max Bruschi, factotum della Gelmini – Io parlo male anche del csx – Castelli e la “precaria carina” – Il foruncolo e la cancrena – La riforma della scuola risolverà il problema Saviano alla radice.
Interviene una studentessa: il blocco degli appelli alla Sapienza interferiva con le vacanze ovine – GDM: Pecore non si nasce ma si diventa – Vasco Rossi e Spinoza – L’Onda sta ripartendo – Un patto infame – Se vuoi ti puoi imboscare.
Interviene un insegnante di sostegno alla scuola media – Tagli su disturbi ritenuti “minori” come la dislessia – Ri-interviene Pieralisi: su dislessia, riforme, rivolta intellettuale. GDM: Pensavo di dover fare controinchiesta invece il ministero fa tutto da solo – E’ come se all’indomani di Piazza Fontana… – La scuola elementare migliore d’Europa – Come taroccare i dati sul rapporto insegnanti-studenti.
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7. MA IN FONDO GOMORRA… (11:34)
MP3
Domanda: Ma poi? Che fare? Non sarà come La casta questo libro? – GDM: Ma in fondo Gomorra… – Piantare querce, non coltivare rucola – Assemblee, ieri alla Malatestiana di Cesena – Al posto della Gelmini non ci voglio andare. WM1: Da scrittore che ha piantato una quercia… – Un libro così è una cassetta degli attrezzi – Non dare più per scontato quel che si fa ogni giorno – Provate a inseguire questo libro in rete – Perché il paragone con La casta è improprio – L’odio per i politici è sempre un diversivo – Questo è un libro che nasce dal basso e scritto da una comunità.
Dolente dichiaro che il copyright Comunione e Fatturazione appartiene a Marco Travaglio.
P.S. A Milano con De Michele e Biondillo c’ero anch’io.
Girolamo è un grandissimo!
Lo nomino seduta stante campione lancia in resta di tutti noi peones della scuola!
Dal New Italian Epic al New Italian Scholastic è già un bel passo.
Girolamo è un grandissimo, confermo.
Mi ascolto tutto con calma.
E’ da un po’ che ci stavo riflettendo.
Voglio Girolamo Ministro!
Né campione né ministro, grazie: senza tutti gli insegnanti, collaboratori, studenti che hanno nome e (talora) cognome nel libro, il libro non sarebbe quello che è. “Girolamo De Michele” è, in questo libro più che altrove, un intellettuale collettivo.
…ha detto che non lo vuole fare il ministro.
Fondamentale il punto in cui parla della questione del patto sociale per cui a fronte di uno stipendio basso e di scarso (anzi nullo) riconoscimento sociale, l’insegnante gode della tranquillità di un lavoro in cui non viene valutato da nessuno e nessuno in sostanza gli rompe i coglioni: patto infame, che rende gli insegnanti ricattabili, quando la realtà è, come dice giustamente Girolamo, che la maggior parte degli insegnanti rompe ogni giorno, non standosene mai tranquilli, e oggi meno di prima, combattendo una guerra silenziosa e feroce ogni giorno contro l’ignoranza e il bombardamento di informazioni fasulle o ritoccate ad arte che i nostri ragazzi subiscono ogni giorno . Non è un caso che la scuola pubblica dia così fastidio e si stia cercando di smantellarla.
P.S. Sarà pure un intellettuale collettivo, ma le royalties andranno a lui*-°
“Dolente dichiaro che il copyright Comunione e Fatturazione appartiene a Marco Travaglio.”
Ma noo, ma come… e io che al momento della battuta (ero alla presentazione) ho sussurato tra me e me: “quoto Binaghi!” e invece… sempre il solito Travaglio!
Su Micromega (dove è on line questa intervista segnalano il libro di Ferruccio Pinotti “La lobby di Dio”. Ma io, Travaglio o meno, l’ho sentita da Binaghi, e me la tengo come una frase di Binaghi.
“Ma io, Travaglio o meno, l’ho sentita da Binaghi, e me la tengo come una frase di Binaghi.”
Ma sì, hai ragione… e allora quoto Binaghi! ;-))
Provo a dare un contributo più serio, al di là delle battute.
CL è il principale strumento per cui la privatizzazione della scuola viene spacciata come operazione di libertà culturale anzichè quella politica di classe che è, ma è pura leggenda che la scuola privata identifichi zone di eccellenza, come dimostra dati alla mano Girolamo nel suo libro (pag. 169 e seguenti). Prima dell’esplosione del modello ciellino (che coincide con l’era berlusconi, essendo il cavaliere uno storico alleato del movimento – già negli anni Ottanta finanziava “Il Sabato”) la situazione degli istituti cattolici era miserevole. Non fingevano nemmeno di essere altro che scuole per ricchi. Nel 1985, prima di entrare in ruolo, sono stato assunto in prova (tre mesi dopodichè sarebbe scattata l’assunzione) all’Istituto Gonzaga di Milano, una delle scuole cattoliche più prestigiose, retto dai Lassalliani. Ricordo ancora quando Fratel Armando, direttore della sezione ragionieri, mi richiamò per essere stato troppo duro con un alunno (somaro e indisponente), dicendomi a chiare lettere che i ragazzi pagano salato, appartengono a famiglie importanti e gli si deve riguardo. Ricordo anche quando – seppure sconsigliato dai colleghi – intervenni in collegio docenti per denunciare la pessima caratura pedagogica con cui lì era impostato il rapporto con alunni e famiglie. Il giorno dopo il direttore dell’istituto mi consegnò una lettera di rinuncia alla mia collaborazione: non avevo superato il periodo di prova. Ero squattrinato e senza altre risorse sul momento, ma non ho mai chiuso una porta alle mie spalle con maggiore sollievo.
@valter
Con questo vuoi dire che dopo l’esplosione del modello ciellino la situazione delle scuole cattoliche non è cambiata?
secondo me il tuo discorso è un po’ semplicistico e farei una differenziazione tra scuola dell’obbligo e successiva.
Io non gravito nell’ambiente, ma ci sono di riflesso. Ho 2 figli: uno , dopo aver seguito il percorso elementari cattolica medie e liceo statali, frequenta la Statale a Milano e l’altro una cattolica paritaria.
@ adelchi
Sono proprio i test Ocse-Pisa, tanto graditi a Gelmini e Co., a dirci che nelle scuole parificate i risultati, a fronte della somministrazione di test identici, sono più bassi rispetto alle pubbliche. Con una precisazione: che in quasi tutto il mondo (tranne 4 paesi, tra i quali il nostro) le scuole private sopravanzano largamente quelle pubbliche. E questo accresce di molto il valore del divario.
L’esperienza raccontata da Valter (ma non potevi dirmelo prima, ‘sgrazié?) io posso confermarla, per fortuna non sulla mia pelle, ma come esaminatore di diverse scuole private, comprese quelle della rete di Comunione e Fatturazione, e dalle confessioni dei colleghi costretti a subordinare il rendimento all’ammontare della retta mensile. Se poi si trovasse qualche collega delle scuole private disposto a fare comin’ out sulla quantità e qualità della retribuzione, si potrebbe forse scrivere un altro libro.
@Giro
Una volta c’era il contratto AGIDAE nelle scuole cattoliche, che era già meglio di altri contratti in essere nel privato, ma sicuramente peggiore di quello statale (e infatti i docenti, cattolici o meno, una volta vinto un concorso statale se ne andavano al novanta per cento). Adesso non so se l’AGIDAE esiste ancora o meno, nel caso si potrebbe fare un confronto.
@Adelchi
Anch’io ho avuto in seguito altre esperienze, ad esempio all’Istituto Magistrale Olgiati di Busto Arsizio, tutt’altra cosa: però oggi non c’è più.
Il modello ciellino vive di un senso di appartenenza in cui si mischiano settarismo confessionale e possibilità economiche. Visto che non vi ho mai insegnato non giudico la qualità didattica, ma non posso non osservare che essa negli ultimi anni si è costituita a spese delle risorse destinate alla scuola pubblica.
Giro, ti “giro” una mail che è appena arrivata a me ma penso che tu possa (e debba) rispondere proprio qui:
Valter,
ti scrivo perché sono piuttosto sconvolto dalla lettura del libro di Di Michele, La scuola è di tutti. Sono circa a metà e già mi lasciava molto perplesso. Stamani vedo quelle perplessità concretizzarsi in mp3 su Lipperatura.
Ora, è possibile che io non capisca – il che, avendo io una laurea in filosofia smentirebbe di per sé le tesi di Di Michele – e per questo motivo chiedo a te, che invece sembri aver capito molto bene. Se del resto tutti dicono che il discorso di Di Michele è fondamentale, un motivo ci sarà.
1. Mi aiuti a capire come sia possibile dire che i figli dei dirigenti finiscono gli studi, e che invece i figli degli operai non si laureano, e dirlo come se si dicesse che lavorativamente i primi sono avvantaggiati e i secondi svantaggiati? Ma in quale paese? In Italia, dove domina una cultura del lavoro in cui se hai studiato non hai voglia di lavorare e non ti assumo e al massimo finisci in un call center? Questi discorsi sono gli stessi che convincono genitori sprovveduti, senza un aggancio politico e senza un’azienda, a mandare i figli al liceo classico e all’università, e ritrovarsi poi con i figli disoccupati.
2. La scuola non prepara al lavoro, e probabilmente non dovrebbe farlo. La scuola invece, secondo Di Michele – se ho capito – non solo prepara al lavoro, ma addirittura dovrebbe abbandonare i programmi per insegnare il deuteroapprendimento in vista delle nuove tecnologie che si affermeranno. Ma di fatto i ragazzini non imparano a scuola come usare l’iPhone, lo imparano fuori, e se la scuola non insegna Manzoni, quello fuori non lo imparano. Come stia in piedi questa tesi per cui la scuola dovrebbe insegnare non ciò che solo la scuola si preoccupa di insegnare, ma quello che chiunque può imparare fuori dalla scuola, questo mi sfugge.
3. Di Michele dice che l’analfabetismo di ritorno non è quello per cui la gente non sa scrivere, ma quello per cui le persone non sanno leggere gli orari dei treni o non sanno fare la compilazione della dichiarazione dei redditi. A me dire che questo è analfabetismo di ritorno suona distorto, perché non c’è alcun “ritorno”, la scuola non insegna a leggere gli orari dei treni o a fare la dichiarazione dei redditi. Dire “di ritorno” mi pare che significhi implicare che la scuola abbia fornito queste nozioni e che poi siano andate perdute. Di Michele dice che la scuola le fornisce? O che dovrebbe occuparsi di questo piuttosto che di Dante? Non ho capito.
4. Come è possibile dire che l’analfabetismo di ritorno è non saper leggere i giornali quando la nostra società è fatta proprio di persone che non fanno altro che leggere giornali e non libri, che capiscono solo l’informazione e non capiscono l’utilità per la vita di tutto ciò che non è mera informazione?
5. Come è possibile dire che per leggere un contratto di lavoro bisogna avere degli studi approfonditi alle spalle e chi andrà all’istituto tecnico non sarà in grado di farlo quando è esattamente il contrario, e cioè che chi va all’istituto tecnico e acquisisce una mentalità tecnica e legge contratti di lavoro da quando aveva diciotto anni è in grado di leggerli, mentre chi esce dall’università quando si trova di fronte un contratto, se se lo trova, ché non è detto, è tutti i giorni alla CGIL o dal padre per cercare di farsi spiegare e capire faticosamente quello che c’è scritto?
Ti ringrazio comunque, sperando tu abbia il tempo di rispondermi. Sarà che ci sono dentro fino al collo, che sto faticosamente cercando di aprire un’attività e mi scontro ogni giorno con la mia ignoranza del tecnico, che ho paura, che mi interrogo tutti i giorni su come sia potuto finire qui invece che fare l’elettricista a quattordici anni, sarà tutto questo, ma Di Michele mi ha reso davvero inquieto.
Un abbraccio.
J.
@girolamo
Riporto sempre l’esperienza personale riflessa dai miei figli, soprattutto quello grande, visto che il piccolo non ha ancora fatto il salto di qualità.
Il grande ha frequentato la scuola paritaria (non so se già al tempo si chiamasse così) al tempo del I governo Prodi (anni ’90) e il ministero aveva imposto una specie di test apparentemente informale per verificare lo stato dell’arte nel privato. Se non ricordo male, l’esamino è stato fatto poco dopo il termine dell’anno scolastico. Risultato: la commissione esaminatrice, composta tutta da insegnanti provenienti dalla pubblica, ha fatto i complimenti alla scuola per i risultati ottenuti. E’probabile che sia stato un caso. Francamente spero di no, visto che il piccolo frequenta la stessa scuola e gli insegnanti sono, grosso modo, i medesimi.
Il grande, proseguendo il percorso scolastico nel pubblico, non ha avuto nessuna difficoltà: il liceo è lo stesso che abbiamo frequentato nel giurassico io e valter.
p.s. personalmente non ho alcuna preferenza per la scuola privata, anzi. La scelta è stata fatta per puri criteri logistici (brutta parola).
@valter
Direi che invece di dare sovvenzioni dirette alla scuola privata sarebbe più giusto poter detrarre una parte delle spese d’iscrizione dalla dichiarazione dei redditi: in fondo chi la sceglie scarica lo stato da un onere.
Caro J. (post delle 3:44 pm a firma Valter Binaghi)
Premesso che sono De Michele, e non Di Michele, provo a risponderti punto per punto. Non riporto le domande per non fare un post chilometrico, i lettori faranno un po’ di su e giù.
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1. Se hai letto bene i rapporti che cito, che sono di diversa provenienza e di diverso periodo, e che quindi si sostengono a vicenda, l’Italia è affetta da una rigidità sociale seconda, in occidente, alla sola Gran Bretagna. È un fatto che il successo scolastico di uno studente, e il livello del suo titolo di studio, è il più delle volte coerente con quello della famiglia di provenienza. È un fatto che non è vero che il figlio del non-laureato ha le stesse probabilità di laurearsi del figlio del laureato. Ugualmente, e non sulla base dei “si dice” o dei “tutti sanno che”, ma in base ad analisi su dati di fatto (leggibili in versione integrale dai rapporti citati, dei quali fornisco i link), il posto di lavoro, e quindi la posizione sociale, che viene occupata da un giovane che entra in società è spesso coerente piuttosto che difforme da quello della famiglia di origine. I fatti hanno la testa più dura dei discorsi.
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2. Forse non hai capito bene, o forse non ho spiegato bene io. La scuola insegna Manzoni, e su questo non ci piove. Su come lo insegna, invece, le cose si diversificano. Si può insegnare Manzoni come un testo del quale apprendere i contenuti, o come un testo sul quale lavorare per apprendere determinate competenze linguistiche: l’approccio improntato a “imparare a imparare” è questo. Lo stesso per ogni altra disciplina. Si può insegnare il tal contenuto come un contenuto da conoscere e ripetere in un certo modo, o come una via per imparare a ragionare, costruire argomentazioni logiche, e via dicendo. Ricordo che la capacità di saper usare una logica binaria è utile tanto al programmatore quanto al logico matematico, quanto al costruttore di impianti elettrici. Ciò che si impara fuori dalla scuola può tranquillamente entrare all’interno della scuola: che siano le competenze informatiche o i libri che uno legge a casa al di fuori dello studio. E credo che sarebbe meglio per tutti se la scuola insegnasse non a usare Google (quello si impara fuori), ma a usare criticamente Google (come non farsi fuorviare dalla quantità, dalle gerarchie dei link, come fare una ricerca estesa, ecc.).
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3. In questo caso il problema è che confondi “nozioni” con “capacità”. La matematica, fatta in un certo modo, non insegna a leggere l’orario dei treni o a fare il 740 (questi sono contenuti): insegna ad orientarsi in un grafico o in una tabella, comunque essi siano fatti, o ad utilizzare in un contesto diverso dal “compito in classe” – come può essere la redazione di una dichiarazione dei redditi – le conoscenze matematiche, che pure servono per non sbagliare i conti. La scuola italiana, nel passato, non ha fatto abbastanza bene questo lavoro: a distanza di vent’anni, le conoscenze svaporano, e le competenze non acquisite presentano il conto. Questo per dire, anche, che un sistema scolastico si valuta sul lungo periodo della generazione, non sul breve momento del test.
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4. È possibile dire che una percentuale maggiore della media europea non sa leggere l’articolo di fondo del giornale perché gli autori della ricerca sulle competenze alfabetiche della popolazione adulta (la cui serietà è certificata da Tullio De Mauro) hanno sottoposto ai lettori testi di quella complessità (che non è elevata, ma è impegnativa), e i lettori non hanno saputo svolgere in modo adeguato alcune operazioni di comprensione. Per essere chiari verso chi non ha letto la ricerca (che trovate qui, verso il centro del post), un terzo degli esaminati ha dimostrato di avere una competenza modesta, e un altro terzo dimostra di avere un modesto patrimonio di competenze linguistiche. Con queste capacità si può senz’altro leggere il più diffuso settimanale italiano, che è “Chi”, o leggere i titoli a struttura elementare del “Giornale” o di “Libero”, senza capire che spesso gli stessi articoli contraddicono i titoli.
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5. Un conto è firmare contratti di lavoro, un altro è leggerli, un altro ancora è capirli, ancora un altro è capire come potrebbe essere diverso il contratto rispetto a quello che hai firmato. Molti giovani firmano contratti di lavoro variamente configurati, senza sapere di non avere diritto a contributi per la pensione, o all’indennità di disoccupazione: lo scoprono poi, quando all’ufficio di collocamento si sentono chiedere se hanno letto bene il contratto, se conoscono la normativa, ecc. Chi oggi si iscrive ad un istituto professionale è fortemente incentivato a scegliere percorsi di studio abbreviati, o forme di cosiddetta alternanza scuola-lavoro, che di fatto lo lasciano, a 15-16 anni, allo stesso livello di alfabetizzazione che aveva quando è entrato nell’istituto (ma con un pezzo di carta in mano). Dopo di che, ci sono quelli che si fanno da soli, e va benissimo: ma di sistema, chi scegli l’istruzione tecnico-professionale sceglie, oggi, un percorso di istruzione a bassa intensità.
bellissimo il libro di De Michele, mi mancan giusto 30 pagine. un saluto!
Come il colonialismo storico così il colonialismo culturale con una sola operazione realizza più obiettivi: occupa un territorio nuovo (l’istruzione, la testa delle persone) lo ricostruisce come gli conviene (in una scuola privata metti i contenuti che vuoi), alleva nuovi consumatori ai quali infine vende un nuovo prodotto, simbolico invece che materiale.
– indottrinamento a parte, chez CL, sui “ragazzi che hanno sempre ragione” perché clienti, le scuole private sono private sono private:
http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2010/01/18/vivalascuola-33/
e saluto con rinnovata speranza le migliaia di giovani che nonostante gli ultimi venti anni di colonialismo culturale oggi non hanno avuto paura delle botte della polizia – con tristezza e rabbia e vergogna le cosiddette forze dell’ordine che negli ultimi dieci-dodici anni hanno riscoperto l’intelligenza servile del manganello
Giro, di là da noi propongono un reading collettivo a staffetta in Largo Respighi…
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=2019&cpage=1#comment-2977
@ lupo
Hai proprio ragione, le scuole private (aggettivo) sono private (participio passato)
Ho ascoltato parte dell’intervista, ma preferisco leggere il libro, che sicuramente dovrò ordinare via internet.
Mi ha destato particolare “cura” il riferimento agli imperativi transnazionali di mercato, la cui “longa manus” intravedo nelle manovre finanziarie(e non solo) degli FSE e dei PON, manovre che hanno aperto un nuovo fronte di belligeranza nelle scuole italiane: pare che alla “guerra tra poveri” si sia affiancata quella fra “esperti, disseminatori, facilitatori, tutor”, gestori, a vario titolo, dei fondi europei.
Già da tempo si è creato un binario parallelo a quello della “vecchia” scuola pubblica, un binario sopraelevato, più veloce, quasi una Tav dell’istruzione che dovrebbe rottamare lo scartamento ridotto della Pubblica Istruzione.
O ciò è frutto del mio immaginario?
Spero che De Michele possa fugare i miei sospetti.
ergo,quelle che si addensano all’orizzonte “sono nuvole cariche di merda”.Ciò si evince dal generoso delirio zen di Girolamo.Bersani è l’uomo che fa per te Stellina
http://www.youtube.com/watch?v=g1_tYi9zWcg
@ melchisedec
no, non sono in grado di fugare i tuoi sospetti. Credo proprio che non siano sospetti.
@ diamonds
Infatti Bersani (Samuele) è citato nel libro. L’altro Bersani, invece, no: un motivo ci sarà.
Ho acquistato il libro di De Michele e lo sto leggendo.
GRANDIOSO! Avrei delle domande di chiarimento, ma mi sa che dovrò rompermi la testa da solo per capire.
Libro ben scritto sia sotto il profilo saggistico che letterario.
Ma noo, ma che Ministro?! 🙂