Panorama, il numero in edicola ieri: nella sezione Vivere meglio, appare uno di quei servizi vichiani, pubblicabile con pochi ritocchi ogni tot anni, o mesi, Siamo quelli del ricambio generazionale (varianti: la carica dei trentenni, o attenti a quei dieci, etc.). A firma di Antonella Matarrese, vi si presentano i nuovi e giovani talenti di cinema, arte, moda, design, teatro, letteratura. Terzo paragrafo del capitoletto dedicato ai libri: “L’arte di arrangiarsi è al centro anche della nuova promessa della Feltrinelli, Marco Archetti (Vent’anni che non dormo), il quale non paga dazi a quella gran noia che è il romanzo di formazione (sic). E va a testa bassa contro opinionisti e sociologi”.
Ora. Se c’è un pericolo non nuovo nell’editoria italiana, a modestissimo parere della sottoscritta è individuabile nella sindrome da spaghetti western: quella che, dopo il successo di Sergio Leone, riempì le sale di cloni di valore infimo rispetto all’originale (in qualunque scala di valutazione, arte alta, bassa, media, venisse posto l’originale medesimo). Sto evidentemente scoprendo l’acqua calda: scoppia il caso Harry Potter, ed ogni editore italiano fa incetta di maghetti, streghine e draghi senzienti; dopo la Tamaro, fiumi di prosa al miele cola dagli scaffali; dopo Bridget Jones, overdose di penne argute per single taglia 46. Eccetera
Questo non significa che stiamo con un piede nell’abisso eccetera. Significa che ad essere travolta non è la purezza della letteratura italiana eccetera: ma la credibilità dei singoli. Se Feltrinelli non si fosse fatta travolgere dall’ansia di trovare il secondo Federico Moccia, non avrebbe cercato di spacciare Marco Archetti come tale. E il medesimo, forse, si sarebbe risparmiata la stroncatura senza appello di D’Orrico. E, cosa più importante, un libro non difendibile.
C’è un ricambio gene-razionale in atto. Di geni e di ragione.
mi sono letta il blog, con le ragazzine che scrivono all’autore che è bellissimo. dado, a me pare che i problemi siano questi più che scrivere di costantino, scusa.
io dico solo che le recensioni di d’orrico in 25 parole sono semplicemente ridicole…
[compresa quella di archetti dai soli ringraziamenti]
così come la colonnina delle lettere, ma cosa costa al magazine lasciare 2 pagine ai libri?
Niente di strano: non ho letto il libro in questione, ma tra tanti cloni di cloni, era inevitabile. In fondo, niente di nuovo. Ogni tempo ha la sua propria “mostra delle atrocità”.
Saludos
Iannox
Uhm, Loredana parli di “single taglia 46”.
Ma le femmine taglia 46 con un seno abbondante, una terza-quarta, sono bellissime! I più grandi musei del resto (e i luoghi della prostituzione) sono pieni di papagnone dalla pelle di luna e senoni accoglienti. Quindi diciamo che con Bridget non hanno inventato nulla, hanno solo ridicolizzato la potenza sessuale delle taglie un po’ rotonde (per farlo non potevano che inserire la femmina abbondante in un contesto tecnico-lavorativo-demenzialmente carrieristico). Qui mi fermo perché il discorso diventa tecnico, vertendo sulle opportunità del seno ingombrante che in genere consegue alla 46 (occorrerebbero foto di posizioni, di incastri, di fusioni).
Ci tenevo alla puntualizzazione: come fa notare Scarpa in tanti suoi libri siamo soprattutto corpi (e questo è il motivo per cui danno tanto fastidio i suoi libri non saggistici).
‘notte
uff… ‘sta storia dei corpi inizia a stufare. sono vent’anni che se ne parla…
Anche stavolta, Loredana, sei riuscita a stanarmi. Il romanzo di Marco Archetti lo avevo ricevuto una decina di giorni fa, ma chissà perché l’avevo istintivamente poggiato sulla pila dei libri da rivendere. Forse per la copertina, non so: non mi attirava. Comunque, dopo aver letto il tuo spunto, stamattina l’ho preso in mano e animato dalle migliori intenzioni l’ho affrontato.
Purtroppo, mi sono arreso nel giro di dieci minuti. A pagina 14 leggo il seguente passo:
“Interruzione della masticazione delle melanzane, immobilità, occhio sbarrato, condensa sulla fronte, un mestolo di fuoco che le rivoltava gli interni, e cadde su se stessa nel dramma intestinale. Paonazza, incapace di respirare, comunicò a mio nonno che doveva assentarsi, la voce malferma. Fece segno alla figlia, cioé a mia madre, di starle vicino.
– Che c’é? Devi andare a cagare?
fu la sobria richiesta di precisazione del conte mentre stralci di melanzane gli riempivano la bocca e venivano sommariamente condannati allo strapiombo della trachea, ingoiati vivi senza passare attraverso la magistratura molare.”
Mi sembra un confusionario mix fra il Paolo Villaggio di “Fantozzi” e il Pennac di Malaussiene. Fatte le debite proporzioni, ovvio.
Ecco, a me non piace esprimere giudizi e probabilmente è ingeneroso giudicare un libro dopo solo venti pagine. Però una cosa la posso dire, senza offendere nessuno: nel passo che ho appena estrapolato c’è tutto ciò che io NON cerco in un romanzo. Non mi interessa un ventinovenne animato da una così spasmodica voglia di esibirsi, di fare il “bravo scrittore”, il virtuoso, il giocoliere della parola. Il mio gusto mi porta altrove, verso scrittori che (come suggeriva Simenon) “quando trovano una bella frase la tagliano”.
Buona domenica a tutti.
Leni, fa’ un giro in qualche museo, scoprirai che non sono vent’anni ma molti molti di più.
Ti ricordi – resto in tempi recenti ma ultraventennali – le donnone microcefale di Picasso che giocano sulla spiaggia, le donne gravide di Dubuffet, le donne antigraziose di Carrà, le donne sgualcite di Willem De Kooning, la Donna-luna di Pollock, le donne sezionate di Magritte, le donne allo specchio di Delvaux, le ipercromatiche Nana di Niki de Saint Phalle, le donne (?) di Urs Lüthi, di Marcel Duchamp… )
moccismi? mocciosismi! c’è un mucchio di gente capace davvero e questi pompano ‘sta roba.
Cosa vi aspettavate da uno che ha vissuto prima in una soffitta senza abitabilità, quindi in una Panda, poi tra lItalia e LAvana, dove ha tenuto lezioni di scrittura?
Lezioni di scrittura?
Finirei per essere più cattiva del solito.
A proposito di corpo, questo è un raccontino di hard-boiled filosofico che scrissi nel ’98 (quand’ero ancora “Luther Blissett” e non “Wu Ming 1”), direttamente in inglese (per quanto “personalizzato”).
Visto che qui tutti sborrano, sborro pure io, tie’! :-))))
leggete “Maggio Splendeva” Archetti… non è un “moccioso”. Danno fastidio anche a me i fenomeni di scopiazzature e produzione in serie di fenomeni che hanno venduto. Ma Archetti non c’entra. di comune con i suoi coetanei scrittori ha solo l’età(!)
stay hungry, stay foolish
v.
cara lipperini, sono un semplice lettore, uno di quelli definiti come forti (30 libri all’anno sono miei!).
io seguo la letteratura e ogni tanto mi trovo invischiato in equivoci che voi, i cosiddetti addetti ai lavori (ma addetti a cosa, poi?) alimentate. io ho letto, come valeria qui sopra, “maggio splendeva” di archetti. conosco solo “lola motel” e appunto, l’ultimo. e trovo che archetti sia molto bravo. il suo problema e’ che e’ italiano. fosse americano, andava tutto in modo diverso, e avrebbe ottenuto almeno il rispetto di essere letto. scusi, ma non sopporto il pessimo giornalismo culturale. (e se anche l’ha stroncato d’orrico? d’orrico e’ a mio avviso un clown. non si allinei con superficialita’ a tali pessime compagnie.)
il guaio e’ che non accade solo con archetti, questo incidente della banalita’ – vostra, di recensori supponenti e di nullologi.
in francia queste cose non succedono. li’ un critico si sentirebbe quantomeno imbarazzato a non leggere un libro e a parlare bene o male che sia dell’autore.
luca b.
Luca, forse in Francia si vergognerebbero anche i pessimi commentatori che difendono libri che ammettono di non aver letto.
Non ho parlato male di “tutto” Archetti: ma di “un” libro del medesimo. Che ho letto, a differenza di te.