Su Carmilla, Alessandra Daniele su immagine femminile, pubblicità e molto altro.
Per Minimum Fax è uscita la nuova edizione di Mosca più balena di Valeria Parrella, per cui ho scritto la prefazione. Ve ne posto la parte iniziale qui.
Buffo. Mentre penso alle donne di Mosca più balena (e penso che sono tante, che sono indimenticabili, che hanno molto in comune anche se sono giustamente diversissime), leggo dell’ultima ricerca universitaria che riguarda il femminile.
Le ricerche universitarie sono a cadenza mensile, e spesso ho il sospetto che vengano commissionate ad uso e consumo dei quotidiani che le attendono con gioia, per confezionare il bel pezzo di colore su come l’amore per il rosa sia genetico e su quanto meravigliose siano le differenze cerebrali che donano alle donne l’eloquio e agli uomini l’azione.
Ecco, mentre rileggevo i racconti di Valeria Parrella, ero reduce da uno di questi articoli, che commentava con rapita felicità la ricerca della School of Psychology dell´Università dell´Ulster: il titolo era “Le sorelle sono la chiave di una famiglia felice”, la tesi quella che le femmine sanno “schiudere il segreto dei rapporti”, conoscono “l´alfabeto dei sentimenti, a loro viene naturale, sono portatrici di storie e di generazioni e certo non è un caso, sono sempre donne e lo saranno, madri anche delle parole. Aprono le emozioni come fossero luoghi, ci vanno ad abitare, le fanno circolare in casa: amore, dolore, paura non fanno in tempo a diventare fantasmi, non si depositano nel silenzio, non si impolverano. Le ragazze dicono che succede, e perché, e come, e quando, e ancora, e tu? “
Santa pazienza, ho pensato.
E poi, appunto, ho ripensato alle donne di Mosca più balena, che sono tutt’altro, che sgusciano via da questo torrente lavico di luoghi comuni, di frasi fatte, di argomentazioni parascientifiche. E sono così vicine alla realtà, alla realtà gelata dove abitualmente non si guarda perché non conviene, perché fa male.
Nel modo apparentemente discreto con cui Valeria Parrella sa fare male.
Perché questo fanno gli scrittori, o dovrebbero fare: guardare dove gli altri non guardano. O meglio, dove gli altri posano gli occhi tutti i giorni, distrattamente, registrando che quel che vedono è esattamente come se lo aspettavano, che è così che funziona, che l’ordine naturale delle cose è predeterminato dalla notte dei tempi, e che non c’è da fare altro che riprodurlo.
Mentre rileggo Mosca più balena (che, sì, è stato amatissimo subito, è stato recensito ovunque con ammirato stupore ed eletto a simbolo di una nuova napoletanità letteraria: ma quasi mai osservato per quel suo particolarissimo, vivo, crudo narrare il femminile), mi viene in mente uno dei luoghi dove lo sguardo si posa e poi si distoglie.
Uno spot televisivo.
Nel caso, la pubblicità di uno yogurt: uno di quelli cremosi, eccessivamente dolci, che si offrono ai bambini molto piccoli. Ecco, in quello spot c’è appunto una bambina molto piccola, con i capelli biondi a boccoli. Una principessina. Ed è sotto un tavolo. Le gambe delle sedie fanno da sbarre. Insomma, la bambina è in gabbia. Poi, arriva il bambino, che è altrettanto piccolo e che naturalmente fa il suo ingresso a cavallo di una scopa. Per salvare lei. Infatti, toglie via le gambe delle sedie, e la libera. Per ringraziarlo, lei gli porta lo yogurt sul vassoio, e porgendoglielo china il capo, e la mamma, fuori campo, commenta: “Che bello vederli crescere insieme”.
Ecco. Penso a come tutto questo abbia a che fare con le donne di Valeria Parrella. Quelle dei suoi racconti. Quella che sarebbe venuta dopo, la madre de Lo spazio bianco, che fa i conti con il suo cervello e con la sua carne, e con lo strano conflitto che si crea fra il primo e la seconda quando nasce un figlio, e con la sospensione innaturale della maternità che colpisce le madri di prematuri, che da qualche parte, dentro di loro (a me, almeno, è accaduto) ascoltano una strana voce che sembra dire: “Brava. Sei voluta andare fuori dagli schemi? Hai visto cosa succede? Prendi nota. Non farlo più”.
Anche queste sono gambe di sedia, che ti confinano sotto il tavolo: dove può essere persino piacevole rimanere, perché fuori è troppo faticoso vivere.
1.Compreròmmelo!
2. Ho già scritto dello sconforto sommo che mi creano – a. le criptoricerche universitarie di campo neurofisiologico, oppure psicologico, che dicono una serie di stronzate – smentibili da altre ricerche ben più controllate – e non sai mai se le stronzate sono imputabili a: 1. un controllo epistemologico sulla proceduralizzazione della ricerca, pari a quello che potrebbe fornire il mio gatto Ulisse, 2. un controllo deontologico sulla qualità dell’informazione scientifica, inferiore a quello che potrebbe fornire il mio gatto Ulisse.
3. Anche se la lieve diversità sulla questione eloquio e la questione spazio c’è. Credo abbastanza lieve da sparire dietro reciproci condizionamenti e superamenti. Ma c’è.
Sì, effettivamente il problema della “scientificità” è un nodo non da poco, ed è accoppiato con quello della “politicizzazione” dell’argomento – anche se qui parliamo della ricezione giornalistica di una ricerca scientifica, più che di una ricerca. Che è peggio!
Però per dire, oggi il corriere torna sull’argomento donne-emozioni-sensibilità ma con più grazia: http://tinyurl.com/n9ahc2 – mi pare che informando così un qualche servizio utile lo si renda, anche se la chiusa è un po’ disarmante…
Ciao Loredana, seguo il tuo blog da parecchio, e ti voglio ringraziare dal profondo perchè in momenti di sconforto è stato un vero salvagente per me.
Riguardo all’articolo, bè, corro a leggere il libro!! Altra cosa… dopo la lettura di “Ancora dalla parte..” veniva naturale, guardando la tv, notare i ruoli rivestiti dalle bambine e dalle donne negli spot, programmi tv, etc.. Ma, ad un certo punto, ho DOVUTO spegnere la televisione. E’ vero che a 19 anni la rabbia sale più facile, ma come si può sopportare quello che poi viene analizzato anche ne “Il Corpo delle Donne”? Come possiamo noi continuare a guardare la televisione? …E’ da un po’ che non ci riesco più, e quando poi parlo con donne che accettano questa condizione, giuro che non capisco. Proprio no.
Anche a me pare che non sia tanto la ricerca in sé (che pure ha i suoi tarli), quanto una pseudodivulgazione parecchio intimidatoria. “L’ha detto La Scienza”! L’ha detto Dio, l’ha detto Aristotele, l’ha detto la Televisione… mica fa tanta differenza in fondo.
Mosca più balena è uno dei libri più scipiti che mi siano capitati tra le mani.