MUGUGNI

Stato d’animo: un po’ (molto) insofferente verso cose che fino a qualche tempo fa facevo in automatico. Insomma, la vostra eccetera affronta un non piccolo malumore autunnale e una gran voglia di tornare nella tana a scrivere di quel che mi piace e non cose di cui, in fondo, mi interessa poco. Ma questo, in effetti, non vi riguarda.

Ieri sera, per consolarmi, mi sono concentrata su chiarori lunari, mormorii di torrenti e boschetti di cedri nel Kawabata giovanile. In attesa, nella famigerata pila traballante sulla scrivania, un bel po’ di roba: da Student guerrilla a Marilyn di Michel Schneider,  da Il piacere sottile della pioggia a Tutti giù all’inferno, antologia di racconti targata iQuindici e a cura di Monica Mazzitelli (intanto visitate il sito, a libro terminato vi racconto tutto).

A margine.
Se siete interessati ad approfondire il concetto di fan, anzi di Melville come fan, anzi, del perché Moby Dick è in un certo senso una proto- fan fiction, l’imperdibile post di Henry Jenkins, qui.
Intanto, mi preparo per domani sera: scena, Carpi, tema, Educazione, comunicazione, corresponsabilità. Al tavolo, il ministro Giuseppe Fioroni, Vittorio Zucconi, Gustavo Pietropolli Charmet, Franco Floris (Gruppo Abele) e la vostra eccetera. Vado a studiare.

8 pensieri su “MUGUGNI

  1. Provi a chiedere a Fioroni se vuole anche ripristinare il voto in calligrafia in pagella e gli spieghi che finché le classi avranno da 30 a 35 alunni ognuna, tutti gli sforzi per migliorare la scuola saranno semplicemente INUTILI.

  2. Moby Dick, da bambino, mi sembrava semplicemente la storia di un tizio che cercava di ammazzare un grande pesce prima che il grande pesce ammazzasse lui.
    Poi mi spiegarono che in realtà poteva essere una specie di antesignana denuncia contro il capitalismo che fagocita e divora tutto quello che è appetibilie o, almeno, masticabile.
    Tanto per fare il bastian contrario, successivamente pensai tra me e me che Moby Dick fosse invece una battaglia contro le nostre paure e angosce. O anche contro la nostra cattiva coscienza. Sempre più grande, sempre più grande fino a diventare gigantesca e a farci annegare tra i suoi gorghi.
    Come diceva quel comico a Zelig….vojo torna’ bambinoooooooooooooooooo. Voglio semplicemente la storia di un tizio che cercava di ammazzare un grande pesce prima che il grande pesce ammazzasse lui. 🙂
    ps1: non credo che i guasti della scuola dipendano dal numero degli alunni per classe.
    ps2: letto i nomi dei partecipanti alla kermesse di Carpi. Peccato che è stata negata la libertà a Renato Vallanzasca. Sennò veniva a Carpi pure lui 🙂

  3. Gregori, io sono un insegnante di scuola elementare. Credimi: quando lavori con 25 alunni è molto complicato mettere in atto il burocratese scolastico che ti impone di “individulizzare”, “programmare per centro di interesse”, e bla bla ancora. Le carte sono polvere, credimi. Quando hai 25 alunni e ti pagano 1000 euro al mese ti viene voglia di mollare e aprirti un negozio di telefonini. Per mia fortuna io sono un coglione.

  4. Sei sicuro Gregori? Forse mi sbaglio ma prova ad immaginare classi di 12/15 alunni dove si riesce a parlare, dove se c’è uno che resta indietro lo si riesce a seguire, dove le cose non si fanno di corsa, dove c’è modo di avere un vero rapporto tra genitori ed insegnanti, dove i docenti non sono stressati dal caos di 35 bambini/ragazzi, dove c’è tempo fra alunni casomai di provenienze diverse di riuscire a capirsi etc. Utopia? Intanto partiamo da liì.

  5. Ieri sono stata alla presentazione del bellissimo libro di Carraro “Il sorcio” sul mobbing. Ne parlavano Piperno e Di Consol, è stato interessantissimo, i due relatori hanno anche garbatamente polimizzato, peccato che non c’eri Lippa. Ti sarebbe piaciuto anche perché sono venuti fuori temi che ti sono cari. Ciao a tutti e buon lavoro.

  6. Per mia natura sono sicuro di poche cose. Nel merito della scuola, forse, sono condizionato dalla mia esperienza. Ricordo il quarto ginnasio, la mia classe con 36 alunni. Chi aveva voglia di seguire andava aventi, chi invece no, si perdeva per strada. I professori erano in grado di prestare attenzione a tutti, spiegando e interrogando, ottimizzando le risorse. E non andavo in un liceo particolare, ma semplicemente in un buon liceo. E’ probabile però che il vostro discorso sia giusto per quanto riguarda le elementari e le medie inferiori. Quelli sono gli anni della formazione e, forse, lo sforzo degli insegnanti (a quelli delle elemntari e delle medie riconosco un compito importante e difficile) può disperdersi in una classe numerosissima. Alle Superiori uno, più o meno, ha fatto una scelta. E la “selezione naturale” avviene da sè.

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