E’ morta Christa Wolf. L’intervista del 2010 a Der Spiegel in occasione dell’uscita tedesca de La città degli angeli.
Il suo nuovo libro narra innanzitutto delle inquietudini da lei vissute dopo la “Wende”, la riunificazione tedesca.
«Il mio libro affronta temi molto diversi. Il piano narrativo principale è il mio soggiorno negli Stati Uniti nel 1992-‘ 93. Ma procedo a ritroso fino alla mia gioventù, quando, profughi di fronte all’ avanzata dell’ esercito russo, ci trovammo davanti il vuoto. All’ università incontrai molti coetanei che dopo l’ esperienza del nazionalsocialismo, auspicavano una società radicalmente diversa. Per noi fu nel corso degli anni una dura presa di coscienza».
Di che cosa? Che dalla Ddr non sarebbe venuto nulla di buono? Abbiamo la sensazione che lei sia evasiva. Nel suo libro non emerge ben chiara la sua posizione odierna nei confronti della Repubblica Democratica Tedesca. A Ovest lei è sempre stata vista come una oppositrice moderata del regime, ma è rimasta a vivere all’ Est e fino ad ora non ha mai detto esplicitamente che considera la Ddr uno stato illegittimo e autoritario, una dittatura.
« Günter Gaus ha scritto che questi concetti oggi sono come il cappello simbolo dell’ autorità imperiale, quello che nella storia di Guglielmo Tell ciascuno era tenutoa riverire. Nulla in contrario. Ma sono concetti che celano tutte le distinzioni che mi stanno così a cuore. Ho sempre avuto questa sensazione parlando con la gente, non solo proveniente dalla Ddr. Non lascio spazio alla nostalgia. Ma quando descrivo fatti concreti, senz’ altro in maniera critica, forse riaffiorano i ricordi. E con i ricordi visioni che possono condurre a fare distinzioni».
Ai tempi della Ddr aveva molti amici comunisti che erano stati perseguitati sotto Hitler, avevano conosciuto l’ esilio e poi a Mosca erano stati vessati dai loro stessi compagni e in seguito persino rinchiusi nelle prigioni della Ddr. Come riusciva sopportare cose del genere?
«E poi mi chiederà quello che tutti mi chiedono da vent’ anni a questa parte, e cioè perché io sia rimasta nella Ddr. Ma racconto tutto nel mio libro: i conflitti che ho vissuto e che mi hanno portato a scrivere. E naturalmente all’ epoca riflettevamo se andar via o restare. Ce lo chiedevamo continuamente».
Che cosa l’ ha trattenuta?
«Spiego anche questo, racconto di come allora cercassimo sull’ atlante possibili luoghi in cui trasferirci. Ma non sapevamo dove. Il mio libro Nessun luogo. Da nessuna parte esprime appieno il mio stato d’ animo di allora. Nella Ddr non ho più avuto alcun ruolo attivo – non ho più partecipato alle assemblee, non ho più votato, a parte quando ho dovuto prendere una posizione critica. Dai dossier della Stasi su di me emerge che non venivo affatto considerata una moderata oppositrice, come diceva lei, bensì sempre più una nemica del regime.E proprio perché avevo occasione di vivere una delle pochissime rivoluzioni della storia tedesca, valeva la pena che restassi. Anche questo è scritto nel mio libro».
Dopo la riunificazione nel 1992 partì per gli Stati Uniti, la quintessenza del mondo occidentale. « Molti avevano l’ idea assurda che sarei rimasta negli Usa, in esilio. Non ci ho pensato un attimo. Già da tempo avevo ricevuto l’ invito ad accettare una borsa di studio di nove mesi della fondazione Getty a Los Angeles».
Proprio in questo periodo in Germania scoppiò una polemica contro di lei, per ciò che aveva raccontato nel suo libro, con disperazione, ma anche con un certo senso dell’ umorismo. Nel maggio 1992 aveva appreso che negli archivi della Stasi esisteva un dossier che la identificava come informatrice e documentava la sua collaborazione sporadica con la polizia segreta tra il 1959 e il 1962. Dall’ America rese pubblica la cosa attraverso un giornale. La reazione dei media fu dura e intransigente, ad un tratto Christa Wolf non era più l’ esimia scrittrice, bensì solo “Margarete”, il suo nome in codice.
«A turbarmi, anzi, a rendermi furiosa, fu il fatto di essere bloccata a quel punto, che non venisse presa in considerazione la mia evoluzionee che non si fosse sentita la necessità di informarsi sugli altri dossier esistenti».
42 fascicoli che testimoniano come lei sia stata spiata per un periodo di tempo molto più lungo? « In seguito emersero i voluminosi verbali delle intercettazioni telefoniche. Ma si scriveva solo quasi esclusivamente del piccolo fascicolo contenentei miei colloqui con la Stasi, risalenti a 30 anni prima. Non è stata una lezione da poco per me: i giornalisti a cui erano stati messi a disposizione immediatamente i dossier relativi al mio ruolo di informatrice avrebbero potuto interessarsi anche a quelli che mi vedevano nei panni della persona spiata. Ma non si è voluto illustrare il percorso che negli anni Sessanta e in seguito mi ha portato ad essere spiata».
Nel libro racconta di come ha vissuto la cosa allora, negli anni 1992-‘ 93. Oggi vede tutto con occhi diversi?
« Ovviamente oggi posso essere più tranquilla. Ma non sarebbe interessante narrare la tranquillità». Nel suo libro mescola l’ uso della prima e della seconda persona, usa il “tu” rivolgendosi a se stessa, spiazzando il lettore. Perché?
« La prima persona, io, è il presente, la seconda, tu, coincide con il piano del ricordo, e vado particolarmente fiera dei brani in cui entrambe compaiono nella stessa frase. Mi piacerebbe scrivere secondo le dinamiche della mente. Nella mente accadono contemporaneamente le cose più diverse, ma purtroppo la scrittura è necessariamente lineare. Vorrei un testo simile ad un tessuto, una trama in cui i fili si sovrappongono e si intersecano in modo da formare un motivo che non nasca da un solo filo; ci provo in Trama d’ infanzia ».
Lei descrive la realtà di allora anche con una certa ironia. Racconta ad esempio come tentò di spiegare ad una americana cosa le veniva rimproverato in Germania e cos’ era una Im, una collaboratrice informale della Stasi.
« Già, a volte vivevo una situazione assurda. Ero lontana dalla Germania, ma a Los Angeles ricevevo tutti gli articoli che parlavano di me. E talvolta mi faceva bene parlare con i colleghi di altri paesi perché vedevano le cose dal di fuori».
Ma non è stato il momento peggiore della sua carriera di scrittrice?
«No, era peggio a metà degli anni Sessanta. Allora capii che la Ddr non si sarebbe evoluta come molti di noi avevano creduto e auspicato. Capii che le contraddizioni erano irrisolvibili – dopo il 1968 non poteva esserci alcun dubbio a proposito».
Tuttavia lei scrive: «Abbiamo amato questo paese». Lo dice come voce interiore dell’ io narrante. Una confessione riluttante?
« No, forse è più calzante citare Hermlin: “Amore non fa mai rima con accondiscendenza”. È naturalmente un pio desiderio ma la mia speranza è che una frase del genere possa contribuire ad un approccio più differenziato a questo paese».
Cosa ha amato della Ddr?
« Inizialmente l’ utopia. E molte persone che si sono impegnate per questo e hanno subito un’ aspra delusione».
Ha mai avuto timore di non riuscire a portare a termine questo libro cui teneva tanto?
« Penso spesso alla morte e quasi ogni giorno ho la consapevolezza del poco tempo che mi rimane. Mentre scrivevo pensavo: beh, forse me lo fanno finire».
A chi si riferiva? Dio o gli dei non esistono per lei. Chi popola il cielo sopra il suo capo?
« Diciamo che sono le parche. E non dimentichi l’ angelo, quello che si presenta alla fine del libro, l’ angelo nero».
Certo. Ma l’ interrogativo resta: è grata del fatto di essere riuscita a finire il libro?
« Sono grata, ma non per questo. Sono grata per il semplice fatto di essere stata al mondo e per come si è svolta la mia vita. Ho parlato molto di conflitti ma fondamentalmente penso di essere stata fortunata nella vita. Avere questa famiglia, un marito così, questi amici, è una fortuna incredibile».
Guardando oggi alle sue molte vicissitudini ha la sensazione di aver percorso tutto l’ arco dell’ esistenza umana?
« Non mi sono spinta agli estremi».
Non ha vissuto le gioie e i dolori più grandi?
«Il dolore più grande in ogni caso mi è stato risparmiato».
Cara Loredana,
riporto qui le parole con cui Sandro Ferri e Sandra Ozzola hanno voluto salutare Christa Wolf:
Diamo il triste annuncio della scomparsa di Christa Wolf a Berlino, all’età di 82 anni. Christa è stata un’amica magnifica, e una scrittrice che ci ha cambiato la vita in questi ultimi trent’anni. Abbiamo mille bellissimi ricordi di lei in Germania, in Italia e altrove, le vacanze trascorse assieme anche con il marito Gerhard, le discussioni letterarie e politiche sempre appassionate, e anche le risate e i momenti conviviali. Fin da Cassandra le sue parole, i suoi sentimenti e i suoi pensieri ci hanno profondamente influenzati e trasformati e poi l’abbiamo seguita come suo editore italiano in tutto il suo coraggioso cammino. Lascia in tutti noi un esempio di rigore, intelligenza, umanità e sensibilità insuperabili.
Sandra Ozzola e Sandro Ferri
grazie per questo ricordo e la struggente intervista
nicoletta
grazie, Christa Wolf, per i tuoi splendidi romanzi e le tue lucide considerazioni. Mancheranno sicuramente a noi lettrici.
Nessun luogo. Da Nessuna parte ci sarà un posto anche per te .
ho vissuto in una città della “ex DDR” per tre anni. è un sentimento strano anche camminare per le strade. dove c’era la stasi oggi c’è un albergo di lusso, nella mia strada abitava vladimir putin agli esordi della carriera nel kgb, la gente mi parla dei tempi del baratto e dice “zur DDR Zeit”: “ai tempi della DDR”. nessuno dei miei amici la rimpiange. ma quasi tutti non amano il mondo che hanno trovato. chissà che si immaginavano, mi dicono.
Dresda è una città che resta nel cuore e nella testa.
Forse un ulteriore spunto di riflessione può essere anche che la città dove è nata la Wolf, Landsberg an der Warthe, adesso, e da sessant’anni, si chiama in realtà Gorzów Wielkopolski.
Se n’è andato anche il grandissimo Shingo Araki nella stessa giornata. Senza nulla togliere alla Wolf, i giornali italiani hanno dimostrato la loro notevole arretratezza culturale ancora una volta (Repubblica se n’è accorta due giorni dopo, con un necrologio appena passabile).
Per chi non conoscesse cos’ha fatto Araki per meritarsi una citazione su Lipperatura, lascio un nome: Lady Oscar.