Riflessioni a margine della Giornata della Memoria. A margine davvero. Per esempio, mi interrogo a proposito dei molti, moltissimi frammenti che sfuggono dalle maglie della rete. La notizia relativa a iMussolini non mi stupisce, né mi stupiscono le bustine di zucchero: basta farsi un giro nel forum di Topgirl, o su Facebook, per capire che esiste un grado zero della memoria in una società che di memoria a lungo termine resta priva, nonostante tutto.
E’ una strana società, la nostra: immemore ma ossessionata dalla cattura del ricordo. Una società che filma la nascita del figlio, il viaggio, gli episodi piccoli e grandi senza davvero viverli, sognando, un giorno, di rivedere la propria vita in poltrona. Una società che ambisce a trasformare il presente in passato. “E’ sempre stato così”, mi ha detto tempo fa Maurizio Ferraris. “Solo che oggi abbiamo protesi tecniche raffinate che rendono possibile fermare l’attimo anche a costo di non viverlo. Conserviamo a futura memoria: e lo scopo inconscio è intimamente funerario: lasciare traccia di noi dopo la morte”.
Icona: un racconto di Borges, Funes el memorioso. Un uomo con una memoria prodigiosa, costretto a ricordare ogni singolo istante della sua vita. Non solo il bicchiere sul tavolo, ma tutti gli acini dei grappoli d’uva che formano la pergola sopra il tavolo. Non potendo dimenticare nulla, finisce col non avere ricordi.
Mi chiedo, allora, come si fa a trasformare la memoria in qualcosa di vivo. Perché esiste una contraddizione tremenda fra il ragazzino che svolge religiosamente il tema in classe del 27 gennaio e, tornato a casa, scarica iMussolini sul cellulare.
In attesa che qualcuno me lo renda comprensibile, perché poi non ce l’ho molto chiaro in testa, io continuo con questa chiave di interpretazione: il postmoderno, ovvero il tempo in cui convivono in modo paratattico molte specie di cose, senza gerarchie tra loro, senza relazione.
C’è il tema sulla giornata della memoria e ci sono i Mussolini, c’è Hitler e c’è Gandhi, ci sono quelli che fecero la resistenza e ci sono i ragazzi di Salò, ecc. ecc. ecc.
Se non stabilisco una relazione tra la shoah e Mussolini, è chiaro che poi è assolutamente indifferente per me fare un tema molto partecipato sulla giornata della memoria e scaricarmi entusiasta i mussolini.
Ecco, alla tua domanda rispondo che magari possiamo cominciare dallo sforzo di differenziare e mettere in relazione le cose. Come fare non lo so, ma senza questo sforzo mi sa che saremo davvero condannati a essere dei Funes in eterno.
“Esiste un grado zero della memoria in una società che di memoria a lungo termine resta priva, nonostante tutto. “
Faccio anch’io un intervento a margine della Giornata della Memoria.
Due giorni fa, a pag.48 dell’ultimo numero (23 gennaio 2010) di *D. La Repubblica delle donne*, leggo un articolo della giornalista Liana Messina. E’ una recensione del film *L’uomo che verrà* incentrato sulla strage di Marzabotto. Ecco l’incipit dell’articolo:” Spike Lee ci ha provato, ma la strage di Marzabotto si è rivelata troppo lontana dal suo mondo per riuscire a ricrearla con toni di verità. Giorgio Diritti, autore del piccolo film-evento *Il vento fa il suo giro*, torna su quella terribile pagina della nostra storia (770 civili morti in sette giorni, vittime della furia delle SS) scavando a fondo, in modo doloroso.”
La giornalista confonde la strage di Marzabotto con quella di Sant’Anna di Stazzema…
Brivido, Anna Luisa.
A proposito di mettere in relazione le cose, come suggeriva Valeria.
Sapessi come mi sono arrabbiata nel leggere l’articolo. Tra l’altro, il titolo del film di Spike Lee è “Miracolo a Sant’Anna” e non “Miracolo a Marzabotto”!!
L’unica speranza, ma alquanto vaga, è che i possessori degli i-phone non siano una rappresentanza maggioritaria del popolo della rete.
Peraltro, tra le applicazioni, quella dei discorsi di Mussolini non è neanche la peggiore.
Faccio notare la furbizia (?) del giovane autore che non ha brevettato l’applicazione a Giugno, ma giusto qualche giorno fa sapendo benissimo che la stampa ne avrebbe parlato (lui evidentemente la storia la conosceva).
Che dire sulla memoria?
I bambini di oggi, nati verso la fine degli anni ’90 hanno nonni nati anche nel dopoguerra. Che in teoria dovrebbero passare il testimone, ma nella pratica non lo fanno.
La scuola potrebbe fare qualcosina in più. Tipo insegnare molto meglio una materia di cui oramai frega a pochissimi. Magari facendo vedere dei film (e di belli, ce n’è). E infine spiegando e raccontando.
*
p.s. La giornalista peraltro poteva fare anche lo sforzo di andare a leggere il titolo del film di Lee: “Miracolo a Sant’Anna”…
chiedo scusa ma l’ultimo commento di Anna Luisa è stato postato mentre ero off-line.
Ekerot: il punto che tocchi è verissimo. Penso però che si potrebbe rovesciare il problema. Vero, i nati dal 90 in poi non hanno una memoria storica viva della Shoa. Ma, i loro genitori ricordano molto bene i bombardierei che ci passavano sopra la testa con destinazione Jugoslavia. Dove i campi di concentramento furono fatti. Grazie (nota il grazie) ai flussi migratori, molti dei ragazzini hanno genitori che quella guerra l’hanno vissuta sulla loro pelle. Basta partire da lì. E’ ferita viva, memoria viva.
La storia è dinamica. Se diventa monumento è la fine.
Carissima Loredana,
quando ci si “accanisce” per far vivere una cosa vuol dire che quella cosa è morta. la terra, il paesaggio, l’antica cucina, la grammatica, toccare e abbracciare gli amici…tutto passato, trapassato… come la memoria collettiva che si è diluita, parcellizzata in miliardi di link…Non ci vogliamo rendere conto che la fantascienza è già qui e ci attardiamo, anzi, ci abbarbichiamo al passato o a un presente “fisico” che è già finito. Evviva, galleggiamo nel web (wonderful end brain).. il cervello è diffuso, è il “corpo” del mondo, ma perchè si attarda a interrogarci? Un tele-bacio andreina
Non sono sicura anzi non sono affatto sicura, che lo stesso ragazzo che scarica mussolini sia in grado di fare un buon tema sul 27 gennaio. L’unica possibilità è nel caso in cui il tema richiesto sia una sequela di date. Ma di fatto i giovani sono diversi, noi tutti siamo diversi, le relazioni con il passato sono diverse alcune certamente maggioritarie rispetto alle altre, ma non noecessariamente rappresentative delle altre.
Però certo due quiz sull’ala maggioritaria uno o una se li fa. Mi piace questa cosa del post che riferisce alla tendenza di guardare alla vita piuttosto che vivere. La quale si abbina paradossalmente a un vettore inverso fisso il presente e non le conseguenze, fisso il mio pensiero e non le implicazioni del mio pensiero.
Suggerisco di riflettere su questa deresponsabilizzazione dilagante dell’implicazione. Capita tutti giorni. Si dice: 1.sono antirazzista poi si dice 2.li negri sono più belli eh, e siccome lo sguardo è fisso sul presente della affermazione 1. che protegge l’affermazione 2. Non si riflette sulle implicaizoni dell’affermanzione 2.
A proposito di implicazioni e stereotipi razzisti. Non è che tra i cartoni animati antiebraici in salsa Goering e l’attuale pubblicità della macchina con i ragazzi di colore che mettono incinte le bianche ci corra tutta sta differenza.
G.L., in teoria concordo.
Ma nella pratica: “i loro genitori ricordano i bombardieri diretti in Jugoslavia”. Forse, però non hanno vissuto quella guerra. Era aldilà del mare, ma pareva lontana anni-luce. E presto si dimenticò.
I figli degli immigrati sono sempre una testimonianza di una memoria “presente” da cui sono fuggiti. Ma.
Sono loro che comprano gli i-phone?
Evidentemente no. E certo in una classe di storia e di storie potrebbero raccontarne tante, o se non loro, almeno i loro genitori.
Ho la vaga sensazione, però, che sia una fanta-scuola, questa…
*
Andreina, ma in quale web vivi?
Io vivo anche in un web dove quella memoria è a mia disposizione con un clik.
E il senso de 27 Gennaio ha da porsi molte domande che risalgono a molto prima del 2.0…
Posso spezzare una lancia a favore dell’iMussolini? Non voglio fare polemica fine a se stessa – voglio vedere l’altra faccia della medaglia. Il punto è: chi scarica i discorsi del Duce?
Nostalgici, ventenni che non hanno la più pallida idea di cosa fosse il fascismo, persone che comprano in edicola calendari di Mussolini (a Roma, ovunque). Va bene.
Ma anche altri, forse? Anche persone che hanno un interesse storico, l’intenzione di capire? Leggere il Mein Kampf è una buona idea, per come la vedo io. E certo non ti rende nazista.
Insomma: un’ambiguità di fondo fa parte dei tempi che viviamo. Che sono quelli in cui ci dimentichiamo che Mussolini non era un ‘dittatore buono’. Ma anche quelli in cui puoi sentire la sua voce, in cui chiunque può accedere a un documento così prezioso. Anche via iPhone. Ecco, io, con i giusti distinguo (che, mi pare, non sono stati fatti – e qui sì che c’è malafede) trovo che un’applicazione del genere possa essere utilissima a trasformare la memoria in qualcosa di vivo. Utile e pericolosa, come tutte le cose potenti. Ma viviamo, appunto, tempi strani e potenti.
@D’Andrea G.L:“La storia è dinamica. Se diventa monumento è la fine.”
Questo per me è un ottimo modo di raccontare la guerra in Jugoslavia (le parole sono bellissime). Un esempio di narrazione “dinamica”, non statica/polverosa del passato.
http://www.youtube.com/watch?v=4UoEZy3BHCA
Zauberai: se lo scopo del 27 gennaio è fare “un buon tema” allora è già morto e sepolto.
Ekerot: non così Fanta. Però, in parte hai ragione. Il problema è che bisogna lavorare con i materiali che si hanno. Meglio un ricordo che l’esperienza diretta. 🙂
Francesco: penso sia diverso. Chi si legge il Mein Kampf lo può fare anche per capire (e sono d’accordo con te, sarebbe utile leggerlo), chi si scarica iMussolini è una testa di cazzo priva di senso della realtà. C’è una legge che punisce questa roba, si chiama Legge Mancino. E’ ora (passata) di farla rispettare. Punto.
C’è contraddizione anche fra chi propugna valori progressisti e poi censura senza scrupoli chiunque non la pensi come lui/lei.
A me pare che Loredana stesse chiedendo come trasformare la memoria in qualcosa di vivo, perché poi è chiaro che bisogna fare tutte le distinzioni del caso, distinguere, distinguere e distinguere, e pure quantificare e qualificare (quanti sono? quali sono?).
D’altra parte c’è da dire che nemmeno tutti gli italiani e i tedeschi fossero dei criminali ai tempi. Di tante brave persone è sempre stato pieno il mondo.
Sono pure convinta che non si dovrebbe mitizzare o demonizzare alcunché, per cui il Mein Kampf non solo può, ma deve essere letto.
In modo critico.
Perchè anche i tempi da cui nacque il fascismo e il nazismo erano tempi strani e potenti, e quanta retorica c’era a proposito di questa potenza e terribilità. Per cui, oltre che notarne la magnificenza terrifica, da cui chissà quanto bene potrà nascerne (e io sono una che questi tempi li ama), bisognerebbe capire come intervenire su quelli che ci sembrano i rischi che si nascondono nelle cose potenti.
Oppure lasciamo fare al caso, al destino, alle divinità tutte e vediamo quale volto potrà uscire fuori da questo ur-crogiolo. Magari sarà pure quello di un angelo, chissà. Basta incrociare le dita.
Per quanto riguarda non i nostalgici ecc. ma i ragazzini, ho la seguente impressione:
Da un lato c’è la sofferenza degli altri, che è lontana, sfocata, pura parola che non viene percepita come legata a una realtà dolorosa.
Dall’altro Mussolini, o il fascismo, o schifezze analoghe, di cui spesso questi ragazzini hanno un’immagine idealizzata che non ha più quasi niente a vedere con la realtà dei fatti, è solo una ‘moda’ o qualcosa che fa sentire ‘fighi’
Mi sembra un misto di ignoranza e mancanza di immedesimazione/empatia, condito da una forte dose di superficialità. Penso che viziamo troppo questi ragazzi, e loro finiscono per vivere in un mondo che non ha più connessioni con la realtà, un mondo dove le loro azioni/parole/idee non hanno mai conseguenze, non ne viene mai chiesto conto.
Nei commenti precedenti credo ci sia già molto di tutto questo, scusate se ho ripetuto, avevo un’idea nella testa ma metterla per iscritto non mi è riuscito molto bene!
Oh, intendiamoci, ho capito e condivido lo spirito del post.
Ma dico una cosa (soldato GL, parlo con te!): ‘proibire’ un’applicazione del genere è un gesto violento e illiberale.
Al di là delle mie opinioni personali, opinabili come tutte, c’è un fatto: la Rete, e più in generale le nuove tecnologie di comunicazione, portano alla diffusione rapidissima dell’informazione. Nel bene e nel male – e anche con il rischio di perdita della memoria (come GL mette in luce nel suo post). Rischio. Non certezza.
Ma i rischi portano guadagni enormi.
E io trovo che sia un guadagno enorme poter avere un discorso di Mussolini su un iPhone, poterlo ascoltare mentre si va in treno al lavoro, usando una parte del proprio tempo libero per capire un fenomeno tanto atroce, strano e importante come il fascismo.
Quindi il punto è: chi scarica quell’applicazione? Siamo sicuri che queste migliaia di persone siano migliaia di fascisti in fieri (ingenui, in buona fede, quel che sia)? O forse tra loro c’è anche l’avanguardia di una nuova generazione (non intesa in senso di ‘età’, che un pischello medio l’iPhone non se lo può permettere) che accede all’informazione facilmente e vuole farlo, e gli interessa farlo? Ecco perchè, paradossalmente, dicevo che proprio l’iMussolini può aiutare la memoria. Armi e rischi sono dalla stessa parte, sono le stesse cose. Come dire: una mano aperta accarezza, chiusa tira pugni, ma se tagli la mano per evitare il pugno, perdi anche la possibilità della carezza… viviamo tempi ambigui, se mai ce ne sono stati di diversi.
Penso che una parte del problema sia quel tema in classe da svolgere in obbligo a un rituale ormai decotto. Docenti e allievi che, in tanti casi, arrivano alla vigilia del 27 senza aver approfondito insieme la materia, e raffazzonano qualcosa per la cerimonia pubblica. Liquidata la quale, ci sta, è plausibile che i ragazzi flirtino con le icone di Mussolini. Se hanno percorso la questione Shoah pattinandoci sopra, perché non dovrebbero soffermarsi anche su quest’uomo di ferro, nerissimo e very cool? Scontornato in un’estetica vincente, estrema, di comando. La Storia è un’altra cosa, ma loro forse non lo sanno, e poi, vuoi mettere, esibire la maglietta con l’immagine di un divo che turbi qualche genitore e docente?!!
@Francesco I nostalgici, come dici tu, i calendari di Mussolini li hanno sempre avuti, e i discorsi in cd pure, da quando esistono gli mp3 anche in quel formato là, e da quando esiste l’iphone, anche in questa applicazione. Non ci vedo niente di nuovo ma neanche di didattico, tantomeno utile.
Però mi chiedo se in germania un iHitler glielo farebbero passare.
Sul mio facebook (amici miei quindi) leggo comunque molti post o link dedicati alla giornata della memoria, anche da qualcuno che vota pdl. Poi ho la sensazione che molte cose si fanno per moda, ma in questi casi mi dico che va bene uguale. Ma appunto in questo paese, e se ne è discusso molte volte anche qui, non si riesce a sviluppare una coscienza critica sulle cose. Quindi andavano bene i calendari del duce, e va bene ora l’applicazione per l’iphone. Più o meno lo stesso sentimento che porta quasi tutti a soprassedere alle marachelle berlusconiane, insomma non ci si indigna mai (copertine di libero incluse), si pensa in effetti a scattare le fotografie e non a vedere il panorama.
A proposito di confusione: che dire di un preside di scuola superiore che stamane, nel discorso di commemorazione della Giornata della Memoria,
ha detto a decine di classi, tramite altoparlante, che il campo di Auschwitz fu liberato dalle truppe anglo-americane? E l’ha pure ripetuto!
Vediamo se, accortosi poi dell’errore (stando a testimonianze di docenti), che interpreto come lapsus freudiano, dato il viscerale anticomunismo del medesimo preside, egli riterrà doverosa una rettifica.
@Francesco. A me non pare che qualcuno qui abbia ventilato l’idea di proibire un’applicazione del genere e comunque non io, visto che sono una assolutamente affascinata da tutte le forme di tecnologia, anche se ci capisco poco o niente.
Quello che non condivido è l’idea che la tecnologia abbia, di per sé, una funzione salvifica ‘a prescindere’, per cui basta stare a guardare che ne verranno fuori meraviglie.
Tu stesso presupponi un’intenzione nell’uso che si fa dei più diversi materiali scaricabili dal web.
Io spero ardentemente che tutti quelli che vanno in giro con gli auricolari da cui sgorga la voce di Mussolini ci mettano almeno un briciolo di intenzione critica nell’ascolto.
Immaginare che non avvenga per tutti così e chiedersi cosa fare perchè questo avvenga può darsi pure che sia becero autoritarismo pedagogico, ma – se così è – quest’accusa me la prendo tutta.
Sono convinta che ci sia malafede o quantomeno un intento poco nobile da parte dell’autore dell’applicazione, tuttavia mi trovo in parte d’accordo con Francesco.
Tra i tanti che scaricano questi documenti non possiamo escludere che qualcuno senta poi il desiderio di approfondire ed esercitare una sana critica.
Elaborazione.
Educazione alla complessità.
Senza questi aspetti qualsiasi memoria è mero dato tecnico. e molto facilmente si trasforma in falsa coscienza, come va ripetendo ovunque in questi giorni Moni Ovadia.
A noi il nostro colonialismo assassino, dicevo nei giorni scorsi, lo viene a raccontare Gheddafi (!), e berlusconi gli regala 5 miliardi di euro senza dire una parola. Sono quelle due robe lì che ci mancano.
E impediscono di mettere in relazione Shoa e Rosarno. e tante altre cose.
@valeria: attenzione. Bisogna sempre stare attenti con i distinguo. Dipende dal grado della scuola. Un bambino ha bisogno di “macro”: buoni da una parte, cattivi dall’altra. E la IIGM è l’ideale in questo. Passati alle medie si può iniziare a mostrare anche l’eccezione (che ci sono ed è bene ricordare – ricordare nel senso di tenere in vita come ho detto sopra), ma sempre tenendo bene in mente che c’era un limite, un confine. Alle suoperiori, se tutto il lavoro precedente è stato fatto come si deve allora è NECESSARIO problematizzare e far capire che Primo Levi deve la pelle a Stalin che era un gran farabutto puro lui. Partire già con i distinguo, spiana la strada ai revisionisti.
@ Francesco: (altro che soldato, come minimo colonnello, caro mio, tsk tsk!) – quello che tu dici è giusto solo se lo prendiamo in un’ottica “adulta”, di un adulto che ha ben conscia la responsabilità che la parola “relativismo” ha in sè, con una struttura psichica formata, adulta ed un bagaglio minimo di conoscenze storiche. Altrimenti, anche qui non facciamo altro che dare la sponda a quelli che in nome di una presunta “libertà di pensiero” non vedono l’ora di poter prendere a fucilate gli immigrati.
Il problema non è il discorso di Mussolini, occhio. E qui ci tengo a sottolineare il concetto. Il problema è il mezzo “banalizzante” e il modo ancora più “banalizzante” con cui viene recepito. “Faccetta nera” nei musei o in allegato ad un libro sul fascismo, ha un valore. “Faccetta nera” usata come suoneria del cellulare, ne assume un altro. Esempio pratico (visto che stiamo parlando di immaginari…). Se vai al museo e vedi un busto di Mussolini, ha un valore. Se lo vedi in una piazza, un altro. Sul libro di storia, un altro ancora. Se lo vedi sulla scrivania dell’appuntato dei Carabinieri che ti sta interrogando, pensi (pensate) davvero che si tratti di Libertà Di Pensiero o qualche problemino ve lo crea?
Fu sull’indignazione che Mussolini costruì il fascismo, non dimentichiamolo.
Non ho accusato nessuno di voler ‘proibire’ cose, Valeria, ci mancherebbe!
Dico solo una cosa. Se c’è la tecnologia per riprodurre i discorsi di Mussolini, i discorsi di Mussolini verrano riprodotti. Indignarsi per l’iMussolini non serve. Pubbilicizzarlo, cercando di connotarlo nel modo giusto, sì. Non solo serve, ma anzi, secondo me, è una possibile soluzione al problema posto nell’articolo. Sono cresciuto con il cyberpunk, e anche se ora sono, appunto, cresciuto, continuo a essere convinto che ‘più’ informazione sia sempre un bene, almeno in potenza. E avere facile e immediato accesso a un documento storico formidabile come i discorsi di Mussolini è, in sè, una cosa che ha splendide potenzialità, per la conoscenza, per l’informazione, per l’abbattimento di alcune barriere che ancora esistono (per dire: Accademici, che accedono facilmente a varie collezioni di biblioteche, e privati, che si attaccano).
Questo, anche di là delle intenzioni di chi originariamente ha pensato all’applicazione… ed è il bello della tecnologia dell’informazione. Salvifica non è, non lo credo neanche io. Ma duttile, sì.
Colonnello GL: del tutto d’accordo su questo – io non considero banale neanche il problema del crocifisso in classe, pensa un busto di Mussolini.
Ma resto convinto che più discorsi di Mussolini fai ascoltare, più umano rendi il mostro. E quando un mostro diventa umano, abbatterlo è molto più facile. Informazione, conoscenza: si torna sempre là. Ma sono cresciuto leggendo Gibson, mi hanno deformato fin da piccolo…
Nella ‘violenta e illiberale’ Germania una cosa del genere porterebbe in galera. Ci stanno molto attenti perchè sanno di avere gli occhi del mondo addosso anche se oggi, visto l’assoluto rifiuto dei tedeschi di ridiventare nazisti il mondo ha sostanzialmente deciso di ignorare la ‘Germania reale’ per concentrarsi esclusivamente sulla ‘Germania esempio’. A differenza di altri paesi i nostalgici non riescono a superare lo sbarramento del 5% e non sono al governo in alcun Land: alle ultime elezioni hanno dimezzato i loro già pochi voti.
E’ un effetto curioso vedere alla tivù tedesca l’eterna parata di film e telefilm sul nazismo, dagli Eroi di Hogan a Schindler’s List, da La Vita è Bella a Shoa, dal Giorno più Lungo a Inglorious Basterds – i tedeschi consumano quotidianamente una ricca di dieta di manufatti culturali in cui sono il Male. Alla fine la cosa un certo effetto lo fa.
I ‘fedeli alleati’ se la sono cavata con poco. I giapponesi con ‘ci avete buttato addosso l’atomica!’. Ungheresi, rumeni, bulgari etc con ‘ci hanno invaso i russi!’. Gli spagnoli con un ‘beh, in guerra non ci siamo mica entrati’.
E gli italiani, i peggiori di tutti, si sono convinti di averla vinta la guerra, al fianco degli Alleati: ‘noi siamo sempre stati contro! abbiamo fatto la Resistenza, visto? Il povero Mussolini s’è sbagliato, ecco tutto!’
E il mondo ha deciso di accettare fin da subito la versione italiana: quante volte avete visto degli italiani cattivi fascisti nei film americani?
(e in Italia quando c’erano erano censurati, vedi Casablanca con il ‘Signor Ferrari’ ribattezzato e il ‘capitano Tonelli’ cancellato del tutto)
Così, passato liscio il periodo brutto, oggi la maggioranza degli italiani può smetterla di far finta di amare la Resistenza e i calendari di Mussolini si vendono in edicola ed ex antisemiti sono ministri e, naturalmente, possiamo scaricare, da quei veri liberali che siamo, l’app dei discorsi del Duce – una libertà negata ai poveri tedeschi…
Quanto alla simpatica teoria che di ‘informazione’ più ce n’è meglio è va giusto bene per i romanzi cyberpunk, nel mondo reale non sta funzionando granchè…
Il fatto che sia d’accordo con G.L. (quando dicevo ‘distinguere’ mi riferivo ai potenziali utenti di quei ‘mussolini’) penso possa essere una risposta a Francesco.
Anche io punto tutto sulla conoscenza, ma penso pure che la conoscenza di un fenomeno non si identifichi nella pura e semplice esposizione a questo.
Sono ancorata come una cozza allo scoglio a questa definizione, di Hegel se non ricordo male: “conoscere è trasformare un alcunché di noto in un alcunché di conosciuto”.
Ecco, è questo salto di livello che mi pare che manchi oggi.
Caporale Francesco: ecco dove penso i nostri pensieri divergano. Tu accorpori “conoscenza” e “informazione” che, però, due cose non sono. Siamo in un periodo in cui è molto facile accedere alle “informazioni”, ma la conoscenza è quella cosa che va oltre, che trova il filo conduttore che porta da “informazione” a “informazione”. La Rete è un potentissimo mezzo di “informazione”, ma sono ancora scarse le possibilità di “conoscenza”. L’informazione senza conoscenza porta a radicare le storture e le cattive interpretazioni (per non parlare delle leggende urbane: i treni del Duce erano in orario che a loro volta portano alla mancata comprensione del popolo italiano che ad Hitler l’idea gliel’ha data Mussolini…), questo perchè l’informazione in sè non è nulla, mero dato. E’ la conoscenza che permette di problematizzare ed evitare storture, ma una massa di informazioni non è conoscenza. Il grosso problema è proprio la confusione dalle tue cose. Per cui poi mascherandosi dietro un’apparenza di “libertà” si nascondono i peggiori istinti. Hai mai sentito un dittatore che non si appellasse alla “libertà”? Io no.
Sascha: aggiungerei, al tuo ragionamento sulla Germania, che c’è stata una reale e concreta autocritica che ha portato, naturalmente, al fatto che nessun partito politico accetterebbe mai di allearsi con i groppuscoli neonazisti. Cosa che invece, in Italia, proprio per una mancata presa di coscienza, è avvenuto e avviene.
Valeria: come diceva un vecchio fumetto underground “Baby, non puoi battere Hegel!” Quel salto di livello è, secondo il mio parere, molto al di là da venire. Ma le battaglie lunghe sono anche quelle che danno maggiore soddisfazionie.
Lo sguardo delle istituzioni sulla storia (almeno in Italia) è sempre miope, per mantenersi funzionale ad una storia semplificata e teleologica. Una capacità di profondità che riesce ad arrivare a 2000 anni fa con una nitidezza spaventosa, quando si parla di “radici cristiane” ma anche della “romanità dell’impero” o anche i nostalgici di Mussolini o dei regimi comunisti. E’ questa selezione della prove storiche che m’inquieta, più dell’incapacità di ricordare o dell’ignoranza, che chi usa dei fatti storici come puntelli ideologici come li smuovi?
Sascha: mi pare che abbiamo valori molto diversi. I tuoi mi agghiacciano, ma è reciproco, mi pare: mi sembra di notare un certo autoritarismo ‘da sinistra’ che ho sempre considerato pericoloso quanto quello ‘da destra’. E da abbattere. Senza offesa, eh – pareri personali.
Colonnello GL: certo che informazione e conoscenza non sono la stessa cosa. Ma qui si entra in un vespaio in cui noi due siamo spesso entrati… In breve: l’informazione non sarà conoscenza, ma senza informazione, niente conoscenza. E la conoscenza è una roba delicata, perchè è sempre qualcuno a proporla, a costruirla. Non è un dato, è un Mito a sua volta. L’unica scelta etica sta nel decidere che Miti vogliamo costruire… ma qui andiamo sì fuori tema. Una cosa mi pare certa: se i discorsi di Mussolini sono in giro, c’è una possibilità di conoscenza in più. Ed è un nodo importantissimo. Prima, per accedere a cose di questo tipo, dovevi far parte di un certo tipo di classe culturale. Oggi no. E’ uno dei pochi motivi per cui sono felice di vivere oggi e non ieri…
Francesco, io credo che su questo punto non ci intenderemo mai: l’accesso fisico alle informazioni è un presupposto necessario, ma non ancora sufficiente per la conoscenza. Per conoscere i dati, elaborarli, ci vuole pure un software. E pensare che del software si può fare a meno è una ingenuità molto pericolosa, perché è poi su quello che si costruiscono le nuove discriminazioni e le nuove classi culturali.
E, visto che su questo punto sono inamovibile, chiudo qui.
@ Francesco
Mettiamola in breve: sono contento che i tedeschi abbiano avuto modo di ragionare sul loro passato e giungere a delle conclusioni PRIMA della diffusione di massa della Rete con tutte le sue inestimabili informazioni e molteplicità di ‘punti di vista’ (sic!)…