Una ci prova, a mettere in pratica le buone intenzioni. Ieri, caro commentarium, questo blog ha compiuto dieci anni, me ne sono dimenticata e oggi, aprendolo, mi ero ripromessa un post morbido e festoso.
Poi però.
Poi, però, ci si imbatte nella rubrica di Massimo Gramellini, intitolata, nel caso, Bambole e bambocci. Che dice, integralmente:
“Il Pd ha presentato un disegno di legge per abolire dai libri delle elementari le immagini di bambine che cucinano e cullano bambole, nella beata convinzione che siano quegli stereotipi ad alimentare il maschilismo della società e le violenze contro le donne. A me sembra che ancora una volta si giri cerebralmente intorno al punto. E il punto non riguarda la scarsa consapevolezza del ruolo della donna, ma la totale ignoranza del significato dell’amore. La mancanza, cioè, di un’educazione sentimentale. I sentimenti sono stati espulsi dal discorso pubblico. L’orrore può essere raccontato in ogni sua forma, così come la retorica melensa. Ma il sentimento no. Il sentimento viene confinato alla sfera privata per false ragioni di pudore. Solo che, a furia di confinarlo, nessuno sa più cos’è.
Il maschio che picchia una donna è anzitutto un maleducato sentimentale. Uno per cui l’amore si esprime attraverso il possesso di un’altra persona. Mentre l’amore, come ci ha invano ricordato Platone due millenni e mezzo fa, consiste nel desiderare il bene della persona amata anche quando non coincide con il nostro. Consiste nel dare, non nel ricevere. Perciò l’amore è più forte del senso di sconfitta che ti infligge un rifiuto o un abbandono. Perché ti permette di accettare la perdita senza sentirti ferito nell’orgoglio né menomato nella tua personalità. Amare significa sapere accogliere e lasciare andare. E’ l’esatto opposto del possesso. E’ la forma più alta di libertà. Spieghiamo questo ai bimbi delle elementari, e lasciamo in pace le bambole”.
Dunque, non solo il nostro ignora decenni di discussione sul punto, liquidandoli come tempo perso, giochino da intellettuali annoiati e punto marginale. Non solo nega che esista una problematica sulla rappresentazione del femminile tuttora irrisolta (non so se Gramellini sia un estimatore di Stephen King: ma dal momento che ha sicuramente un account twitter, gli consiglierei di leggere quello che King ha twittato giorni fa: “2014, but some things don’t change: TV ads for cleaning products show only women using them. Hello, men don’t vacuum? Wake up, Madison Ave”). Gramellini conosce le cause, sciocchine noi a non averci pensato, e riconduce tutto al significato dell’amore, e alla nostra ignoranza in materia: secolare, verrebbe da dire, perché i femminicidi non sono faccenda nuova. Nuova, relativamente e parzialmente, è la consapevolezza, relativamente e parzialmente nuovo è il tentativo di fermare quelle morti: fino agli anni Ottanta, anzi, venivano giustificate, grazie al grazioso articolo sul delitto d’onore. Anni Ottanta. Ieri.
Dubito, dunque, che Gramellini abbia mai letto una sola riga di Elena Gianini Belotti e dubito che leggerà la civilissima missiva che gli ha indirizzato Manuela Mimosa Ravasio. Che, fra le altre cose, gli ricorda che il titolare di una rubrica così popolare ha una notevole responsabilità nello scrivere su argomenti che, in tutta evidenza, gli sono noti solo superficialmente. Perché nessuno vuole vietare le bambole: ma moltiplicare, semmai, i modelli che riguardano sia il femminile che il maschile, e non limitarsi a una sola rappresentazione. Io non conosco il testo di legge del Pd: e se davvero ci fosse scritto solo questo (vietiamo le rappresentazioni delle bambine che cucinano o cullano bambolotti) sarebbe limitativo. Perché la strada (santissimi numi, possibile che occorra ripeterlo fino allo sfinimento?) è semmai mostrare anche bambini che cucinano e bambine che guidano trattori giocattolo, come in decine di altri paesi avviene già. Bastava una ricerchina su Google per saperlo.
E buongiorno, appunto.
Maleducati sentimentali non se po’ legge. Ma proprio proprio proprio.
Gramellini non è su Twitter, perché Twitter è una perdita di tempo per uno che basta a se stesso. Con i risultati che sappiamo.
Bleah! Vengo qui e trovo le parole di Gramellini… Dire che venivo or ora da una discussione su FB riguardo a quel librino della Barbie informatica demente … a proposito di bambole e bambocci. I commenti (di uomini e donne) sono così indietro, così totalmente acerbi, inconsapevoli dell’argomento, che fa star male. Per dire secondo loro son cazzate, mentre la Mattel si è scusata per aver prodotto un libro non abbastanza empowering per le bambine! Cioè Gramellini se il CDA della multinazionale miliardaria che produce BARBIE capisce che in certe rappresentazioni femminili proposte a bambini e bambine c’è qualcosa che non va, fatteli due quiz… (qui articolo originale su libro di Barbie, in fondo le scuse della Mattel: http://gizmodo.com/barbie-f-cks-it-up-again-1660326671 )
Comunque buon compleanno Lipperatura, cento di questi giorni e grazie per tutto quel che mi hai dato!
Grazie 🙂 Allego il testo di legge del Pd. Dove, come leggerete, non si proibisce nulla ma ci si riferisce a Polite, che è stato utilissimo nel lavoro di monitoraggio dei libri di testo, all’epoca.
http://www.valeriafedeli.it/wp-content/uploads/2014/11/DDL-Sen.-Fedeli_Educazione-di-genere-e-libri-di-testo-POLITE.pdf
Individui come lui sono davvero pericolosi. Non perché tacciono una verità fatta di lunghi e accurati studi e dolorose esperienze, ma perché la ricoprono di altre parole ipocrite che la nascondono, la diluiscono, la strumentalizzano, la banalizzano – lanciate da un alto pulpito. E, con la sua prepotenza mediatica, lui “fa cultura”, producendo danni di lunga durata, e diventa arma per chi non vuole che si veda ciò che pure è davanti agli occhi di tutti e tutte.
Complimenti a lui “e a chi ce lo ha messo”.
Anche, per restare sulla cronaca, dare spazio sulla stampa e le Tv all’ingegnera Samantha Cristoforetti…
Vorrei ricordare che c’è stata una breve stagione della politica in cui le problematiche di genere sono state al centro dell’attenzione: nel 1996 con il Governo Prodi nasce il Ministero delle Pari Opportunità, ministero senza portafoglio, con Anna Finocchiaro, ministra.
Il 27 marzo 1997 la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri (direttiva Prodi), “Azioni volte a promuovere l’attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini”, rappresenta nella sua organicità le numerose problematiche che toccano le donne nei differenti contesti familiari, sociali, lavorativi. L’obiettivo n. 4 – Formazione ad una cultura di genere – riguardava direttamente la scuola.
La prima edizione del Progetto Polite (1998-1999), programma di ricerca cofinanziato dall’Unione Europea, sembrava mettere l’italia sulla strada giusta.
Successivamente…il nulla o quasi.
Auguri, Loredana.
Circa un anno fa:
http://cattaneo-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/11/07/se-il-buongiorno-si-vede-dal-gramellini/
Il tema è completamente diverso, ma lo svolgimento mi pare simile.
Gramellini andrebbe ‘democraticamente’ defenestrato! Sono anni che imperversa con contenuti discutibili e fuorvianti e pericolosi. Sarebbe ora che lasciasse spazio a chi ha un po’ piú di sale in zucca!
@ mauro, grazie, fantastico… finalmente mi son fatta due risate, immaginndo i biechi propalatori di algoritmi dal cuore a forma di granchio 😀
Gramellini avrebbe ragione da vendere se non avesse scritto 2 frasi: “E il punto non riguarda la scarsa consapevolezza del ruolo della donna…” [eh no, caro Massimo: proprio questo è “il” punto!!], ma soprattutto la chiosa finale “Spieghiamo questo ai bimbi, e lasciamo perdere le bambole” [certo che andrebbe introdotta una educazione sentimentale, ma le bambole c’entrano eccome!!]. Che soprattutto noi uomini siamo a un livello sconsolante di analfabetismo sentimentale è diventata un’asserzione quasi banale per quanto è vera; aggiungerei che quasi tutti gli uomini italiani e (ahimé) molte donne italiane pensano che questo “analfabetismo” sia congenito, dunque “naturale”, quindi “non correggibile”. Con tutte le conseguenze del caso. Ma liquidare la questione di genere in modo così incompleto e impreciso è offensivo per la stessa professionalità di Gramellini che a questo punto andrebbe seriamente rimessa in discussione: ha letto almeno i Rapporti sulle pari opportunità e sulla parità di genere in Italia?
Comunque, cara Loredana, voglio fare gli auguri per il decennale del tuo blog segnalandoti le interessantissime iniziative bolognesi che la Casa delle Donne e l’Associazione “Maschile Plurale” hanno attivato anche in alcune scuole superiori (mi pare): gocce nell’oceano, ma guai se non ci fossero.
…E a te, grazie di cuore x i continui stimoli che ci “lanci”.
A Rovereto ho aderito con la mia scuola a un programma sperimentale di formazione-ricerca-azione degli insegnanti sugli stereotipi di genere trasmessi dai libri di testo in adozione, dalle fiabe e dalla letteratura per ragazzi. Un corso che coinvolgeva le classi elementari e medie e che ha portato a un mare di materiali e riflessioni inequivocabili. Ha coinvolto maestre e prof. delle medie, in collaborazione con l’Iprase, istituto di ricerca e sperimentazione didattica (è l’unico rimasto in Italia dopo i tagli). Ci sarà una restituzione prima o poi in un mini convegno curato dalla dottoressa Chiara Tamanini dell’Iprase. I risultati sono sorprendenti per la chiarezza con cui rivelano come ancora la maggior parte dei testi offerti ai bambini e ai ragazzi riproducono stereotipi di genere come se nulla fosse accaduto o fosse stato detto e pensato negli ultimi, diciamo 40 anni?
Gramellini e spiegare le cose ai bimbi
più un adulto è infantile e irresponsabile, più sente il bisogno di spiegare le cose ai bimbi. Più è maturo e responsabile, meno deve spiegare: basta e avanza l’esempio che dà.
Più la propria vita è allo sbando, più aumenta – nell’adulto – la foga pedagogica. C’è un rapporto inversamente proporzionale, tra le due cose. Si cerca di mettere ordine nelle vite degli altri, quando ormai la propria uno se l’è giocata.
Mi domando se le persone che presentano certi disegni di legge siano mai entrati in una scuola. Lavoro da anni nelle scuole materne e posso dire di non aver MAI visto, nemmeno una volta e nemmeno quando ho lavorato con gente alle soglie della pensione, qualcuno che obbligasse in qualche modo bambini o bambine a giocare con qualcosa non scelto da loro. Ho sempre visto bambini giocare a sitrare, o con le bambole, o Barbie e bambine giocare con i Lego (che non ho mai saputo fossero “per maschi”, dato che già all’epoca di mai madre- che è del 1947- le costruzioni di legno facevano parte dei normali giocattoli di una bambina…), con i mostri o a calcio.
Mi chiedo cosa ci si guadagna con questa demonizzazione della bambina a cui piacciono le bambole, le Barbie, giocare alla cucina ecc…perchè con la proposta di legge di questo tipo è questo il messaggio che inevitabilmente si lancerà: se sei una femmina e ti piacciono queste cose sei sbagliata, sei indietro, sei schiava del patriarcato e noi, che siamo più intelligenti di te ti dobbiamo liberare. Non il massimo.
Gentile Tiziana, io mi domando dove, in quale punto di questo post e in quale punto di ogni cosa che ho scritto da anni a questa parte io avrei demonizzato le bambine che giocano con le Barbie. Per favore, piantiamola con le balle e prima di commentare pensate a dove commentate e con chi interloquite. Mai e poi mai nella mia vita ho parlato di proibire e tanto meno di demonizzare. Semmai, di MOLTIPLICARE I MODELLI. Quanto alla proposta di legge, nei confronti della quale nutro un altro tipo di perplessità (come si può, magari in ottima fede, proporre un progetto nella scuola mentre la si sta smontando?), se ha avuto la bontà e la pazienza di leggerlo prima della sua scenata, non mi sembra che si parli altro che di adeguarsi a Polite, progetto europeo che prevede semplicemente la stessa cosa: moltiplicare i modelli. Quanto a tutte le altre cose che lei vomita addosso agli altri e alle altre, mi dispiace dirle che sono suoi fantasmi. Non miei. Mai pensato di dover liberare nessuna, di giudicare schiave del patriarcato altre donne. In altri termini cara signora, lei ha clamorosamente sbagliato posto. Saluti.
Leggo il tono critico, nel commento di Tiziana, non la scenata né il vomito – francamente. Dice la sua senza fare alcun attacco personale. Riferisce un’impressione che in molti abbiamo o abbiamo avuto – da una decina d’anni a questa parte – seguendo le varie campagne streotipòfobe, che spesso sfiorano il ridicolo, quando non lo doppiano addirittura.
*stereotipòfobe
Diana, io leggo invece il non voler vedere che non esistono solo le campagne proibizioniste e che quelle anzi non sono la maggioranza. E ci si stufa a doverlo ripetere tutte le volte, ci si stufa assai.
Ascoltami, puoi prendere in considerazione con calma e per una sola volta l’ipotesi che se alcune persone reagiscono in un certo modo a certe campagne (martellanti, allarmiste e spesso superficiali e semplificatorie – come tu stessa hai denunciato) potrebbe anche essere colpa di quelle campagne e non dei fantasmi?
Che se una cosa dev’essere continuamente ripetuta potrebbe non essere stata comunicata nel modo giusto?
e via dicendo.
tempo fa ho tradotto un articolo di una femminista americana – che scrive su testate importanti – sul massacro di Isla Vista. In poche parole ne parlava come di un femminicidio (quando erano morti 4 maschi e 2 femmine), definendo il killer un “uomo che odiava le donne” (e non un giovanissimo affetto da turbe psichiche accertate) e il suo gesto il risultato di una cultura patriarcale, maschilista e criminale che opprime le donne. Questo articolo è stato ripreso da testate italiane importanti, linkato, cliccato, e via dicendo, e ha dato il via a un’assurda campagna via twitter (#notallwomen), sempre nel ramo maschiofobia.
Ora forse la femminista americana non voleva dire proprio quello che ho capito (povere noi che dobbiamo avere a che fare col genere maschile), forse tutte quelle che qui e oltreoceano l’hanno sostenuta e condivisa non volevano dire quello che ho capito, ma, insomma, se una cosa si muove come una papera, parla come una papera e si veste da papera forse è una papera.
Gramellini… “l’orrore, l’orrore…”
Accidenti, non avrei mai pensato che il mio commento venisse bollato come “scenata” o “lei vomita addosso agli altri”…! Signora, con tutto il rispetto,lei sarà pure una giornalista ma ha bisogno di imparare a usare le parole.
Comunque , come le ha detto un’altra persona, se in tanti e tante (perchè non siamo pochi la pensano come me forse è proprio perchè, da qualche parte e in qualche modo, con il neofemminismo si è esagerato e si sta continuando a esagerare. SE addirittura c’è stata uan “campagna” (chiamiamola così) di ragazze che ha postato in rete i motivi per cui rfiutano il femminismo, un motivo ci sarà.
Del resto, quando vedo che uno scienziato famoso viene messo alla gogna e costretto a scusarsi in televisione per aver indossato una camicia ritenuta offensiva per le donne dalle femministe (che per inciso, tra i loro cavalli di battagli hanno “una donna deve essere libera di vestirsi come vuole senza essere per questo giudicata da ciò che si mette”), il pensiero non può essere che si è persa la bussola…..
Ecco, il caso che cita Tiziana, del fisico inglese che deve scusarsi in lacrime di avere indossato una camicia ritenuta offensiva da alcune persone è emblematico. Davvero, la bussola è partita.
O magari io e Tiziana abbiamo capito male e nessuno lo ha attaccato, e nessuno voleva che si scusasse in pubblico o che subisse pressioni perché lo facesse. Insomma, è tutto un equivoco, e ad essere intolleranti siamo noi…
Mi permetto di intervenire nella querelle: credo che vi sia una generale sottovalutazione da parte del mondo femminile di quale china pericolosa stia prendendo la percezione sociale su di esso, sottovalutazione che sembra stia colpendo un po’ tutte le parti più vessate nella nostra società attuale. Sembra una Sindrome di Stoccolma generalizzata.
Ma non è affatto una novità: se rileggessimo attentamente “La banalità del male” o rivedessimo il film “Shoah” capiremmo che poco prima della barbarie s’è vissuto un momento di euforia libertaria cui è seguito un momento di totale sottostima di quanto stava montando per infine sfociare in una rassegnazione e nel tutto-contro-tutti pur di (tentare di) salvarsi di fronte all’evidenza dei nuovi (terribili) fatti.
Francamente non so in quale stadio ci troviamo, mi vien da dire che stiamo ondeggiando soavemente tra il secondo e il terzo, il che non mi consola affatto.
Che molti dei problemi attuali siano figli della cultura giudaico-cristiana di stampo schiettamente patriarcale mi sembra un’evidenza che sfiora la banalità: basterebbe leggere la Genesi per capirlo. Criticare il patriarcato non significa “avercela con gli uomini”, significa non accettare una preminenza culturale (spacciata pure per “naturale”, quindi senza alternative possibili) tra generi. Che poi sia difficilissimo andare controcorrente è un altro paio di maniche, ma, per favore, cerchiamo almeno di saper analizzare da dove provengono tante resistenze a un cambiamento culturale che è l’unica, flebile alternativa a una autentica ecatombe sociale che si sta preparando. Donne, gay, stranieri, handicappati, persone di diversa religione saranno i primi a toccarla con mano. Anche se si affannano a negare pure le evidenze.
Gentile Tiziana, confermo le parole che ho usato. Se si arriva su un blog che non ha mai usato i toni che lei lamenta, con la sua violenza verbale e la sua aggressività, non si può pretendere di essere trattata con dolcezza. Ripeto, si informi sui suoi interlocutori prima di commentare in quei termini. Personalmente, non ho scritto una sola parola sul fisico nè mai proibito nulla. Riporti le sue critiche a chi si esprime in quei termini. Non qui.
Luca, ti ringrazio per la pacatezza. Però sono stanca di stereotipi, di semplificazioni e di persone che per loro problematiche personali vengono a sfogarsi con brutalità qui. Che ci sia un problema è noto e credo di averlo scritto in decine di post. Ma proprio per questo non ho alcuna intenzione di servire da sfogatoio.
Cara Loredana, capisco perfettamente la tua stanchezza (e sai perché) ma purtroppo ho imparato sulla mia pelle in altro àmbito (quello gay) che siamo tornati al “grado zero”, ovvero a una sorta di “analfabetismo di ritorno” per cui non si riesce più a riflettere pacatamente su nulla che ci riguardi spostandoci un millimetro più distanti dalla punta del naso. Spesso con livore, perché le ferite fanno male (e tanto), specie quando vanno in suppurazione nel maldestro tentativo di nasconderle e di negarle. E’ quello che sta accadendo in particolare a tutte le minoranze e alla più grande maggioranza trattata da minoranza della nostra società.
Io mi sono dato un codice di comportamento: provo a buttare là, pacatamente, l’amo; se l’altra parte risponde e dialoga, benissimo; se l’altra parte resta sulle sue o risponde con rinnovato livore, la ignoro sperando che possa un giorno tornare a rifletterci sopra con calma e senza il peso delle sue ferite. Se continua ad attaccare, la stoppo con decisione.
Lo “sfogatoio” comunque mi preoccupa moltissimo perché è diventata la dimensione prevalente della comunicazione “social”: se fino a qualche tempo fa si favoleggiava che nella nostra “second life” avremmo riversato fanciullescamente i nostri bei sogni, oggi vediamo che invece essa è popolata dai nostri peggiori incubi, da tutto ciò che nella “first life” faremmo volentieri ma reprimiamo. Forse psicologicamente potrebbe essere pure un bene, ma se si passasse all’atto?