NUMERO NOVANTATRE

Lei si chiamava Stefania e oggi è il numero novantatre. La novantatreesima donna uccisa in Italia nel 2011, fatti salvi gli errori di calcolo. Navigando tra i siti d’informazione, ho trovato ancora la dicitura “delitto passionale” e mi sono chiesta di quale orribile passione si possa parlare per definire la storia di una studentessa di ventiquattro anni massacrata a coltellate dall’ex fidanzato “non rassegnato”.  In rete gira anche un ricordo pieno d’amore a firma di un’amica blogger, che vi linko.
Solo il 15 dicembre scorso il New York Times ricordava che la violenza contro le donne è in aumento negli Stati Uniti. Da noi, la morte di Stefania è una piccola notizia (almeno su molti quotidiani), in molti casi neanche degna della cronaca nazionale.

97 pensieri su “NUMERO NOVANTATRE

  1. vero, Loredana. cominciamo a riappropriarci del significato delle parole. che si usano spesso a sproposito, anche in casi così drammatici.
    l’aggettivo di “delitto passionale” stona anche con l’etimologia. patior, da cui passione & derivati, è un verbo che indica patire, soffrire, implica quasi una sorta di empatia. empatia che manca del tutto a chi commette azioni di questo tipo. non “delitto passionale” ma “egoistico”.

  2. A me disturba molto questo uso selvaggio di categorie psicologiche che, immagino siano complesse. Ora chi spara alla sua ex o in genere spara al prossimo suo è evidente che non sta bene con la testa. Ma tale asserzione a- che un tecnico spiegherebbe molto ma molto meglio di me – non è mica un’assoluzione o sostenere che lo sparatore non ha responsabilità penale. Ho la sensazione ci sia un nodo irrisolto tra psicologia e diritto penale – almeno quello italiano – perché la diagnosi (se e quando fatta da persona competente) viene percepita solo in termini bianco/nero. Capace o incapace di intendere e volere, sembra essere l’unica cifra di lettura mentre – credo – gli assetti delle personalità omicide siano più complessi. Ciò non esclude un condanna in sede penale.

  3. Una considerazione pero’ va fatta. Se e’ vero che il femminicidio e’ in aumento nel mondo, non cosi’ succede in Italia, dove semmai tende a diminuire. L’Italia occupa uno degli ultimi posti in Europa per incidenza di donne assassinate. I dati: nel 2009 sono state 119, lo scorso anno 115, quest’anno 93.

  4. è quel nodo irrisolto di cui ha parlato pochissimi giorni fa Zauberei, credo, prendendo spunto dalla vicenda di Casseri. Il non riconoscimento – parlo da profana, spero di essere corretta se sbaglio – da parte del diritto di tutta l’area grigia dei disturbi di personalità, che non sono sanità né follia.
    E non dovrebbero comportare un’attenuazione della pena come accade nel riconoscimento dell’incapacità di intendere e di volere.

  5. Buffo. Anche su Facebook c’è la corsa a precisare che, ehi, in fondo in Italia non stiamo così male, e, ehi, muoiono anche gli uomini. Come se questo rendesse il fenomeno del femminicidio meno rilevante.

  6. E’ un fenomeno tristemente rilevante come lo sono lo stupro dei bambini e altre atrocita’. Il fatto di constatare che in Italia e’ in diminuzione dovrebbe tuttavia confortare non stizzire. Che gli uomini stiano pian piano prendendo coscienza della propria vigliaccheria e’ un bel risultato per tutti.

  7. Beh Loredana, su Facebook parlano anche di maschicidi; i maschicidi non esistono, in quanto gli uomini vengono uccisi nella maggiorparte dei casi da altri uomini, a volte da donne, per le motivazioni più svariate, ma mai per il solo fatto di appartenere al genere maschile.
    Fenomeno che avviene invece per bambine, ragazze e donne. Limitate nella loro libertà, discriminate, oggetto di violenze e stupri, fino all’assassinio, per il fatto di appartenere al genere femminile. Di femminicidio in Italia vorrei ricordare che ne parla l’Organizzazione delle Nazioni Unite nella CEDAW, con particolare riguardo alla legittimazione sociale di cui gode nella nostra società.

  8. Si può dire di avere bene in mente quanto sia grande la violenza sulle donne e come, troppo spesso, si concluda con un omicidio senza sposare il concetto di femminicidio? Ho letto i lavori in merito tuttavia resto molto perplessa. Opinione personale, eh.

  9. fuori dagli agghiaccianti numeri viene fuori un minimo comune multiplo utile a far pensare che i social network di prima e seconda generazione siano spesso utilizzati da questi soggetti che la mia cultura di sinistra mi impedisce di chiamare mostri anche se al di fuori di tutte le analisi sociologiche non ho difficoltà a definire vigliacchi codardi,pusillanimi.Se mangiassi teoria della cospirazione tutti giorni mi verrebbe da pensare che forze più o meno occulte complottano affinchè la rete spaventi e perda parte del suo potenziale in grado di regalare magnifiche svolte.Ma purtroppo è sempre un problema di cultura che va attaccato alla radice.Sarebbe interessante inoltre verificare se in società liberate dai complessi che un’adesione supina alle posizioni religiose comporta simili fenomeni criminali siano altrettanto estesi.Ma del resto molti potrebbero farmi osservare che viviamo in uno stato laico in cui trovano cittadinanza anche le opinioni qualificate del clero,per perpetuare una barzelletta che non fa ridere

  10. Quando si determina un omicidio come femminicidio?
    Non ci devono essere alla base motivazioni di genere o qualche influsso culturale fondato su una discriminazione?
    Il fatto che in natura, cioè, nel territorio non controllato dalla ragione umana ma di un altro tipo, il più forte abbia il sopravvento sul più debole è una regolarità statistica. Nulla da eccepire, credo. Uccidere esseri più deboli è un mestiere che uomini e donne hanno perpetuato per qualcosa come cinquantamila anni. Quindi, pensare che si possa far finta che questo non conti niente, in questi casi, mi sembra quanto meno insensato. Le donne si comportano allo stesso modo con gli esseri più deboli. Razionalmente o no.
    Quindi, perché siano valide queste altre statistiche su fenomeni culturali che sfociano nella violenza sulle femmine, ci vorrebbe una suddivisione netta fra ciò che si può annoverare fra casi di questo tipo e ciò che non ha alla base nulla che riguarda una discriminazione di genere, ma semmai con il comportamento irrazionale di un singolo che è dotato, naturalmente, di istinti violenti che possono sfociare nell’omicidio e che per volontà sua e di nessun altro ha scelto di fare quello che ha fatto.
    Poi ognuno ragioni come vuole, ma per me, il femminicidio non c’entra nulla con questo fatto: uno studente universitario che ammazza una donna di cui si pensa innamorato e suo nonno…, per farsi trent’anni di galera. Mi pare chiaro che qualcosa di non a posto ci sia. E non diciamo che non era innamorato perché l’ha ammazzata. Succede anche questo. Non per niente l’innamoramento passionale è confinato da molti medici nella sfera delle ossessioni. Quindi, quando si dice che è uno è folle, generalmente, si intende dire che compie un gesto irrazionale in prede a un furore che non è possibile razionalizzare. Il fatto che i giudici concedano o non concedano le attenuanti è secondario, in questo discorso.

  11. Un paio tra la moltitudine di esempi sul clima di comprensione verso chi agisce la violenza e la contestuale colpevolizzazione della vittima.
    Aprile 2011, un noto presentatore su Rai1 parlando di “poveri uomini lasciati dalla donna che amavano disperatamente”: se “perdono la brocca e l’amazzano. E vabbè, che gli vuoi dì? …questo crinale si supera non perchè uno è cattivo, ma perchè te ce portano”.
    Ottobre 2011, la presentatrice di un programma in onda su Rete4 parlando di una donna percossa dal marito quando questo ne ha scoperto il tradimento: “Due schiaffi a lei in confronto al danno morale che ha provato lui non sono niente”.
    Legittimazione della violenza di genere in onda, il “se l’è cercata” si estende oltre il confine dello stupro, arriva anche ai maltrattamenti e all’omicidio.

  12. Bè Gino, concordo che chi uccide in quel modo che è anche infine autodistruttivo non è del tutto a posto. Lo penso anche di Casseri. Ma fatto sta che ci sono dei discorsi e delle persone, degli intellettuali, dei politici, che dicono che un negro è un essere inferiore e che ci invadono e persino che bisognerebbe uscire e prenderli a fucilate. E allora quando il non del tutto a posto di turno esce e lo fa, fa proprio questo, non è un caso.
    Così ci sono dei discorsi e della gente e che so dei giornalisti (e fino a pochi anni fa delle leggi, non della natura, ma umane, italiche, con attenuanti per chi ammazzava la moglie fedifraga), che dicono che se sei un vero uomo sei tu che comandi la tua donna, porti i pantaloni e non devi lasciarti mettere sotto da una femmina, la quale (per natura) dovrebbe essere sottomessa. Allora ogni volta che un marito o fidanzato o pretendente respinto ammazza la “sua” donna, non si può dire solo che il tipo non è del tutto a posto.

  13. Scusate, ma ci tengo ad ampliare la visione limitata del termine “passione”:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Passione_%28sentimento%29
    Mi sembra un filino limitativo e semplicistico definire passione come l’amare qualcuno.
    Anche perchè, sempre secondo il mio modesto parere, nessuna pretesa di oggettività, trovo più passione in una cosa del genere:
    http://www.youtube.com/watch?v=2bGj09I6cAY
    Che in due persone che ogni mattina si svegliano accanto una all’altra nello stesso letto e a malapena si parlano.
    Premesso questo ovviamente il gesto è da condannare, così come qualsivoglia tipo di violenza, non importa nè la mano che la compie, nè il corpo di chi la riceve. Concordo con Brown sul fatto di dover rallegrarsi che mentre in america il fenomeno aumenta, in Italia esso diminuisce.

  14. Non ho capito bene il discorso di Gino: è il fatto che i maschi sono più dotati da un punto di vista muscolare e, dunque, di forza che uccidono le donne che li lasciano? Allora dovrebbero uccidere anche i soci più mingherlini che li truffano, i venditori di auto usate taroccate, i commessi sgarbati, ecc. ecc., la vita sociale è piena di sopraffazioni, non vedo perchè quando un presunto sgarbo o un abbandono avviene da parte della donna ‘amata’ allora scatta la violenza e l’omicidio.
    D’altra parte se l’innamoramento passionale è confinato alla sfera delle ossessioni, dobbiamo pensare che le donne ne siano immuni, perché omicidi ‘passionali’ da parte delle donne abbandonate, tradite, umiliate, vittime di danni morali ecc. ecc. non ce ne sono molti.
    Il fatto, poi, che siano gli uomini, molto più delle donne, a compiere ‘gesti irrazionali in prede a un furore che non è possibile razionalizzare’, non sembra validare la vulgata che vuole l’uomo molto più razionale della donna. Vulgata in base alla quale le donne sono state molto spesso discriminate come troppo emotive e incapaci di gestire situazioni che richiedono il freddo dominio della ragione.

  15. Francesca, a me pare che in questo caso si possa parlare di “femminicidio” soltanto grazie a una costruzione sociologica a posteriori molto fragile che tende a strumentalizzare ogni evento tragico che riguarda le donne per motivi ideologici.
    Casseri non era del tutto a posto, ma i motivi ideologici razzisti sono stati predominati nel determinare l’omicidio. Quindi si può parlare di omicidio razzista (razzicidio?).
    Chi ha ucciso Stefania e suo nonno, anche lui non era del tutto a posto, ma anche se avesse agito in base a motivazioni ideologiche o sociologiche, non sarebbe stato determinante nel motivare un gesto che ha già una sua motivazione che non c’entra nulla con l’ideologia misogina. Inoltre non bisogna essere maschi e violenti e misogini per trattare l’oggetto del nostro amore in maniera possessiva o per essere violenti nei confronti di qualcuno. E si può essere misogini senza essere violenti, fisicamente e non, nei confronti delle donne, non considerandole degne d’attenzione.
    Costringere ogni cosa a essere quello che non è, questa è ideologia.
    Molti genitori pensano che i figli siano loro possesso perché loro proiezioni carnali, perché vivono nella loro casa e mangiano la loro roba, ma non per questo li picchiano, molte donne pensano che un microbo umano sia il loro corpo perché vive nel loro corpo, ma non per questo abortiscono, molti uomini e donne pensano di possedere i loro compagni semplicemente perché si sentono posseduti dall’altro e vogliono che la cosa sia reciproca, ma non per questo usano le mani in casi di tradimento. E poi i casi opposti possono essere comuni o no, ma vanno determinati con precisione.
    Che all’omicidio di Stefania e del nonno si sommi una certa visione della donna è irrilevante e ininfluente nella determinazione delle motivazioni dell’assassino. Se fosse stato un femminista, probabilmente l’avrebbe ammazzata lo stesso. E, comunque, sarebbe, semmai, più corretto parlare dell’influenza che viene da una certa cultura dell’amore inteso come possesso, posto che nemmeno questa determina un omicidio, come già detto. Quindi se proprio vogliamo categorizzarlo, si dovrebbe chiamare omicidio per motivi possessivi, ossessivi compulsivi.
    Parlare di femminicidio, quando la motivazione dell’omicidio non ha nulla a che vedere con la discriminazione di genere (la uccido perché è donna), è fuori luogo.
    E se l’ideologia è quella che si vuole combattere, non pare una mossa molto intelligente volerla combattere con un’altra visione ideologica del mondo contrapposta.
    Sulla questione delle anti-ideologie che diventano ideologie, in particolare sulla contrapposizione fascismo/anti-fascismo, aveva già detto bene Pier Paolo Pasolini. La questione è: Pasolini ha detto una cazzata?

  16. nel primo commento si invita ad usare le parole con la cautela e l’appropriatezza che meritano: giusto.
    Allora smettiamola una buona volta di parlare per intere categorie e di dire, ad esempio, “gli uomini”, “le donne”.
    Brown, cosa cavolo significa “Che GLI UOMINI stiano pian piano prendendo coscienza della propria vigliaccheria …….” ?

  17. Temo che proprio i concetti di follia, passione, raptus siano una deviazione bella e buona dai fatti: oltre il 70% delle donne sono vittime aggredite nella propria casa, in ambito familiare, da mariti, fidanzati, conviventi. Cioè luoghi e persone che conoscono, di cui si fidano. Se al posto di raptus mettiamo ‘violenza maschile’ è più chiaro?
    Alcuni dati e considerazioni anche qui:
    http://sociale.regione.emilia-romagna.it/documentazione/pubblicazioni/femicidio.pdf/view

  18. @gino”Parlare di femminicidio, quando la motivazione dell’omicidio non ha nulla a che vedere con la discriminazione di genere (la uccido perché è donna), è fuori luogo.”
    La questione è molto più articolata, e non può essere ridotta al pensiero cosciente di un singolo (“la uccido perchè donna”); il femminicidio affonda le sue radici nel contesto culturale e sociale patriarcale, nella sopraffazione dell’uomo verso la donna in virtù di una superiorità legata al genere sessuale, nella considerazione della donna come proprietà (proprietà privata e società di stampo patriarcale sono fortemente connesse) che deve essere protetta e rivendicata con lo stupro e con l’omicidio.
    La giurista democratica Barbara Spinelli fornisce una sintesi del concetto di femminicidio: “ogni pratica sociale violenta fisicamente o psicologicamente, che attenta all’integrità, allo sviluppo psico-fisico, alla salute, alla libertà o alla vita della donna, col file di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla sottomissione o alla morte della vittima nei casi peggiori“.
    L’Organizzazione delle Nazioni Unite a proposito dell’Italia: “…rimane preoccupato per l’alta diffusione della violenza contro donne e ragazze, e per la persistenza di atteggiamenti socio-culturali che giustificano la violenza domestica, così come per la mancanza di dati sulla violenza contro donne e ragazze immigrate, Rom e Sinti.
    Il Comitato è altresì preoccupato circa l’elevato numero di donne uccise dal loro partner o ex-partner (femminicidio), che potrebbe essere indice di un fallimento da parte dello Stato nel fornire un’adeguata protezione alle donne vittime dei loro partner o ex-partner.”
    Altro che ideologia. E per cortesia, cerchiamo di uscire dal recinto dell’ultimo fatto di cronaca; uno spunto per avviare una riflessione, ma che non si riduca tutto a quel frangente. Silvia Elena, ventenne strangolata da un uomo che non ha accettato un ‘no’, è stata uccisa appena qualche giorno prima di Stefania, e probabilmente già molti se ne sono dimenticati.

  19. Valeria, l’uomo non è più razionale della donna. Sono gli esseri razionali più forti che sanno di esserlo che devono controllarsi più di quelli più deboli. Generalmente gli uomini sono più forti delle donne, e sopratutto sono diversi, e quindi devono controllarsi di più, cioè tenere a freno gli istinti. A volte la donna sopperisce a questa mancanza di forza con altre cose, tipo piatti, bastoni, zoccoli, veleno per topi (succede) e tante altre belle cose. Non per questo, il maschio che ragiona si mette a prenderla a pugni, ovviamente. E viceversa.
    Dietro allo sviluppo umano ci sono migliaia di anni di selezione. Credo sia ragionevole pensare che come tutti gli esseri viventi anche il maschio umano sia sottoposto a questo tipo di forze che farà più fatica a controllare delle femmine che le hanno sviluppate in misura ridotta e diversa (si parla di forza fisica e sopratutto di istinti protettivi violenti nei confronti delle donne che le donne a loro volta proveranno nei confronti dei figli).

  20. Perdonami, Gino, ma alla differenza per natura io non credo. “gli uomini sono” e “le donne sono” sono affermazioni arbitrarie. Come detto millanta volte, siamo tutte e tutti creature sociali e culturali, e le nostre diversità si devono a quanto abbiamo avuto e abbiamo intorno.

  21. @ Gino: “Quindi si può parlare di omicidio razzista” , certo che sì! Anche la legge considera il razzismo come aggravante nelle agressioni.
    Poi per femminicidio, secondo te questo tipo di uccisioni non ha nulla a che vedere col fatto che la vittima sia donna, con il maschilismo e la misoginia? E allora neppure lo stupro? Perchè non è che stupro la mia amica perchè è donna, ma perchè mi ha illuso e poi non me la dà, perchè è una puttana, perchè se la cerca, ecc. Eppure entrambi hanno un’incidenza infinitamente più alti da uomo a donna che da donna a uomo. Solo una questione di forza fisica?

  22. Le violenze avvengono in casa perché la convivenza mette alla prova tutti. Avvengono fra chi ha un legame stretto, proprio perché il legame affettivo viene distorto dalla volontà di possesso.
    Mettetevi alla prova. Trovatevi insieme a una dozzina di femministe e conviveteci per un mese in una casa di trecento metri quadrati con tre bagni. E poi vedete se uscite fuori ancora così convinte di esserlo.
    Un’idiozia? Non credo. Io sono stato in convivenza per un mese con soli uomini e per una settimana (insieme a un altro, per fortuna) con un manipolo di donne. C’è qualche fatica a credere che io abbia visto più violenza femminile in una sola settimana che maschile in un mese? Delle donne ricordo le battute alacri, le lotte per il bagno, per sparecchiare, l’asciuga capelli, i rasoi, le medicine, i soldi, il tipo di panino, e quella puzza, e quella parla, e quella vaffanculo e via dicendo. Un delirio che avveniva quasi sempre alle spalle del soggetto in questione che poi veniva eventualmente pizzicato dalle signorine in maniera alquanto subdola e sadica. Stereotipi? Provate, provate. Mettetevi alla prova.
    Degli uomini ricordo qualche scazzo, qualche battuta idiota, e una sola rissa dopo una partita di presunto rugby.

  23. Lipperini, la sua è una visione diversamente determinista e costruttivista. Io non sono mai arrivato a tanto neanche parlando di natura fisica. Comunque, se non ci sono differenze naturali determinanti quanto quelle culturali e sociali, per quali ragioni femmine e maschi non gareggiano insieme alle olimpiadi? Sono ormai considerati dalla comunità internazionale alla pari, dovrebbero gareggiare insieme, alla pari.
    Si pensa che l’unica differenza fra maschi e femmine sia culturale, sociale, estetica e fisica? Ma Flannery O’Connor dice che c’è una differenza anche fra il modo di scrivere di una narratrice e poetessa e corrispettivo maschile, e che questa differenza, lungi da essere discriminante, non va annullata ma assecondata. Anche questa è una stratificazione culturale, un’imposizione dell’ambiente? La O’Connor sarà pure una cattolica di ferro ma di indiscutibile acume, e non mi pare che come scrittrice abbia qualcosa da invidiare a qualche corrispettivo maschio (a parte, dice lei molto ritrosa, William Faulkner).

  24. No Lipperini, è lei che sta evitando la questione. So benissimo che le mie esperienze non rappresentano il mondo esaurientemente, anche se ne sono segno e simbolo, per questo le ho suggerito, a lei e alle sue amiche, di fare una prova.

  25. Gino, secondo lei io vado a parlare in un blog di idraulica di argomenti che non conosco? Le rispondo io: no, non lo faccio. Allora, dal momento che lei sta interloquendo con una serie di commentatori e commentatrici che discutono di questi argomenti da cinque anni a questa parte (e prima, dal 2003, c’era Luigi Bernardi, naturalmente), o cambia toni oppure non costringe il commentarium a ripartire tutte le volte dai fondamentali. Mi scusi l’asprezza, non intende essere tale anche se l’uso che lei fa di termini come “amiche” e “femministe” è onestamente sgradevole. Ma è davvero sconsolante rifare ogni volta i distinguo sulle differenze per affrontare un argomento grave, e urgente, come quello dei femminicidi. La saluto.

  26. Sto con Gino e con il suo diritto di dire quello che pensa, tantopiù che i toni da lui usati sono del tutto civili e normali.
    E scusi Lipperini, io “frequento” questo posto da un giorno, ma questa lamentazione sui “fondamentali” su cui sareste costretti/e a ripartire mi sa tanto e ancora una volta, di “parrocchia”, snob, chiusa e con la puzza sotto al naso.
    Ma va bene anche così, solo che se parrocchia deve essere, che lo sia, ma in carne e ossa, non come blog. O altrimenti censurate i commenti secondo voi poco intelligenti.
    Cosa significa, riferito a Gino, intervenire in un blog dove non si conosce (o non si conosce così come vorrebbe il titolare del blog stesso) l’argomento di cui si parla?
    E se anche fosse?
    Se si hanno convinzioni vere, penso si possano facilmente sintetizzare questi “fondamentali” per spiegarli o ai duri di comprendonio o ai nuovi frequentatori.

  27. Be’, Rita, dissentiamo. Io non trovo civile parlare di “amiche” e “femministe” in quei termini. Così come trovo poco educato parlare di parrocchia e di snobismo a proposito di un luogo che lei frequenta da poche ore.
    Questo commentarium è cresciuto nel tempo discutendo: basta una piccola ricerca interna o su google per ritrovare tutti i post in cui si è parlato di differenza per natura e per cultura, se davvero si desidera leggerli.
    Il che non è in topic con l’argomento proposto, che riguarda le donne uccise nel nostro paese e non la frequentazione delle terribili conoscenti di Gino. Permetterà che i piani siano diversi?
    La saluto caramente
    Ps. Essere in topic significa non parlare di un argomento laddove si sta discutendo di altro. Lei proponeva, nel post sulla “domesticity”, di discutere di pensioni. Punto molto importante, ma che in quella discussione particolare entrava poco. All’essere in tema tengo molto: perchè la discussione stessa possa portare da qualche parte. Se lei non è d’accordo con questa impostazione, me ne dispiaccio, ma le regole sono queste, e in ogni “casa” virtuale le regole vanno rispettate. Grazie.

  28. ochei Lipperini.
    La mia domanda sull’età pensionabile però c’azzeccava per me, dato che la motivazione che TUTTI danno, anche giornali o siti di estrema sinistra, è quella del “dovere” delle donne – sancito da sempre e per sempre a quanto pare – di fare il doppio lavoro, compreso quindi quello domestico.
    Saluti.

  29. Espressa in questi termini, e non a gamba tesa come prima, è comprensibile. Le dirò comunque che io sono favorevole all’innalzamento dell’età pensionabile (ovviamente sono TOTALMENTE contraria alla mancata indicizzazione delle pensioni, che è il gesto più grave compiuto dal governo Monti fin qui). Purché immediatamente venga accompagnato da interventi sul welfare che vadano ad alleviare il welfare volontario delle donne stesse. Purtroppo, si è realizzata una cosa tralasciando l’altra.

  30. Già, impressionante, ma forse un sintomo anch’esso dell’indifferenza e dell’astio antifemminile che avvolge questo tipo di crimini. Se neanche di fronte a una morte così ingiusta si è capaci di stoppare certe polemiche o di limitare il proprio Ego…

  31. Si può distinguere di argomenti tutta una vita senza sapere di cosa si discute. Almeno fintanto che non si è costretti a rispondere a delle domande molto semplici sull’uso di termini che vogliono dire una cosa e quindi ne escludono altre. Femminicidio vuol dire ammazzare una donna perché è donna? Sì.
    Se poi ci piacciono i termini stratificati e carichi di costruzioni, si dovrebbe almeno usare un’altra parola per determinare la cosa originaria in quanto tale. Altrimenti si fa una bella confusione, e di proposito, il più delle volte: come chi usa la parola fascista al posto di violento, nazista al posto di razzista, o comunista al posto di ideologo fanatico. Automatico associare alla parola fascista la figura di un losco figuro con il manganello, anche se Gentile non era certo un violento armato ed è stato ammazzato da violenti che certo non erano fascisti ma che chiameremo tali perché ce lo impone qualcuno che non è il vocabolario. Molti vocaboli sono pure nati così, ma vogliono dire oggi un’altra cosa da quella originaria, e se rimangono nell’ambiguità non saranno i migliori da usare (da un punto di vista non ideologico, naturalmente).
    Se non si “distingue” sempre e comunque, come si fa a nominare le cose per quelle che sono e quindi a giudicare? Se uno ha lavorato per una ditta idraulica sa che c’è una differenza enorme fra dire palo e dire tubo. Non è proprio in questo che sta la ragione? Nel distinguere le cose? E quindi nel dare i nomi giusti? Un conto è sbagliare vocabolo e un conto è usarne uno ambiguo di proposito. Non troverei alcun problema se non si tirasse in ballo il femminicidio per dare a un certo fatto, a un dramma vero e non teorico, un significato che non ha. A meno che non sia chiaro che per femminicidio si intenda qualsiasi omicidio in cui la vittima è femmina. A quel punto, però, che senso avrebbe parlare di femminicidio? Avrebbe più senso parlare di violenza maschile, visto che i maschicidi sono molti di più; interrogarsi sul perché gli effetti della violenza dei maschi siano molto più radicali e statisticamente rilevanti rispetto a quelli della violenza delle femmine.
    Però a questo punto, il castello di carte costruito appositamente per mettere in discussione una cultura e non il problema, non starebbe più in piedi, e il fattore genetico e il fattore selettivo, e chissà che altro, non sarebbero più delle piccole fesserie di cui si può evitare di discutere.
    Ovviamente il compito dell’ideologo, buona fede o no, non è quello di risolvere il problema ma di usarlo per altri fini.
    Sono cattivo nel dire questo? Più importante è sapere se è corretto quello che dico oppure no. Se è una ideologia oppure no. Se mento oppure no. Se lei, Lipperini, dice certe cose per ideologia o perché vuole realmente combattere un problema.
    Se uno preferisce i sussieghi e gli ossequi all’ironia, si accomodi. Ma visto che si può condurre una battaglia civile anche a discapito della verità, mi posso sentire in dovere di replicare, di obiettare, a discapito del galateo. Non mi pare un delitto così sproporzionato…
    Poi, lei, è libera di accusarmi di aver usato in maniera scorretta termini esatti che risultano sgradevoli, in quanto il tono pareva ironico o, peggio, sarcastico. Le faccio notare, però, che la verità non dipende né dall’urgenza né dal sarcasmo. La buona educazione sì. E io sono molto educato: quindi mi perdoni se le posso aver dato la sensazione di voler prendere in giro lei, le sue amiche e le compagne femministe.
    Non lo faccio apposta. Non mi creda.

  32. Gli uomini sono in seria difficoltà di fronte alla complessità contemporanea, scusate la banalità ma credo sia profondamente così o almeno così la vivo nella mia esperienza individuale. Quando mi sento aggredita da un uomo, e purtroppo capita, sul piano solo verbale e già questo mi infastidisce molto, mi sento dire che sono prepotente, che decido tutto io, che sono individualista e penso solo a me stessa. Ora credo che dietro a tutto ciò ci sia una grande insicurezza dovuta ad un profondo sentimento di inadeguatezza. E parlo proprio di un fenomeno culturale e sociale. Certamente questo senso di oserei dire inferiorità che gli uomini sentono nei confronti delle donne c’è sempre stato, così come i femminicidi e la violenza di genere. Pero forse oggi ci sono delle differenze rispetto al passato.
    Forse pero sono off topi , in quel caso chiedo scusa e alla prossima.

  33. Non avrei nessun problema ad accettare la categoria di femminicidio, se pensassi che corrisponde a qualcosa di reale. Purtroppo credo che in questo come in molti altri casi la parola crei la cosa. Quel che esiste è che c’è una evidente incapacità ad accettare la libertà sentimentale dell’altro, e che le donne ne sono le vittime più numerose. E’ diverso dal pensare che esse vengono uccise in quanto appartenenti al genere femminile. Nel primo caso bisognerebbe interrogarsi in profondità sul nulla che ha sostituito l’educazione sentimentale (religiosa e non solo) di un tempo, che vedeva nell’unione stabile della coppia l’unica forma possibile di realizzazione affettiva. Nel secondo caso individuare nel genere maschile in quanto tale un elemento potenzialmente morboso, l’eccessiva fiducia nel quale è gravida di pericoli per il genere femminile in quanto tale. Io a questa partizione non ci sto, anche perchè mi pare che proceda con un occhio tappato. Proprio in questo blog molto spesso si denuncia l’utilizzo spregiudicato e avvilente del corpo femminile e del linguaggio seduttivo nella comunicazione pubblica: credete che in quella priovata sia così diverso? Vogliamo avallare l’idea (falsa) di un genere femminile maturato e abbronzato al sole della democrazia e della competenza relazionale e di un maschio che invece non si schioda dalla caverna e dalla clava del patriarca? Facciamo due più due, per favore, e cominciamo a ragionare in termini di comunità possibile anzichè di identità di genere.

  34. Gino, e poi vado a casa. Per favore la si pianti con questa faccenda che io voglio sussieghi e ossequi. Si legga i commenti, invece di leggere se stesso: il disaccordo c’è, e c’è continuamente, su questo blog. Non voglio i sussieghi ma voglio interlocutori civili e lo ritengo un mio diritto e un diritto di chi commenta non in modo omaggiante ma rispettoso delle regole della discussione. Questo è un blog personale e privato. Non sono e siamo obbligati ad ascoltare, per dirla alla Guccini, “chiunque ha un tiramento”.
    Poi.
    I maschicidi non esistono, per il semplicissimo motivo che non si uccide “per genere” nel caso degli uomini. Il femminicidio, dal momento che la violenza contro le donne esiste, è una piaga reale, è certificata da organizzazioni internazionali, è in crescita in tutto il mondo e riguarda proprio il genere. Se le va, vada ai link che le allego, e poi, sempre se le va, torni a discutere. Ma sul punto, e non sul narcisistico piacere di sentirsi parlare, o scrivere. Perchè in questo thread si parla di gente che crepa, di sangue e non di fottutissima letteratura, chiaro?
    E mi scuso io se stavolta sto veramente perdendo la pazienza.
    http://femminicidio.blogspot.com/
    http://donna.wikia.com/wiki/Femminicidio

  35. Non dico abbronzate, però un pochino più competenti sì: le donne si sono interrogate per anni sulla propria identità di genere, che io sappia gli uomini lo stanno facendo in forma molto limitata e da ben minor tempo.

  36. Si Vale. Questo è assolutamente vero.
    Quando me lo chiedono, dico spesso che la cosa migliore degli anni Settanta sono state certe compagne che ti riportavano a terra dai tuoi utopismi rivoluzionari mostrandoti quanto invece fossero involute le tue relazioni e la tua conoscenza di te stesso.
    Dopodichè ho l’impressione che nel femminismo qualcosa si è sclerotizzato. Ci sarà un motivo se un movimento che allora sembrava aver conquistato il mondo sa parlare così poco alle ragazze di oggi.

  37. Benvenuti questi link, visto che si parla di cose concrete, da cui una discussione dovrebbe partire, non arrivarci.
    Vorrei aggiungere che la frequentazione di questo blog non è sempre facile, nel senso che i temi toccati sono spesso dolorosi e di forte impatto.
    E’ giusto discettare e lanciarsi in ragionamenti complessi, però quando il soggetto sono le donne vorrei anche dire semplicemente, almeno una volta, e pure sorridendo: veniamo al mondo e scopriamo di avere l’anima da molto meno tempo dell’uomo. Di avere il diritto al voto solo da ben poco, di essere state sottratte all’omicidio impunito solo da una trentina d’anni (il delitto d’onore). Scopriamo di dover essere ‘naturalmente portate’ per una marea di cose, come fossimo topolini col formaggio. E come topolini dovremmo riprodurci, poi se non ci sta bene rischiamo pure la vita. Ecco, ho messo tutte queste cose arcinote insieme perchè, francamente, a volte qualcuno dimentica che siamo persone, e basta.

  38. Loredana, che peccato! Non si riesce a discutere – e a dissentire – causa soggetti poco simpatici e decisi a sviare la discussione. Senza negare la violenza oggettiva subita dalle donne, ho molte riserve sia sul termine “femminicidio” sia sulla definizione dello stesso. Non nego affatto che una parte – non ho i dati, scusati – delle donne assassinate sia opera di ex mariti, compagni, amici, parenti. Che sia insomma una violenza maturata, nata e cresciuta in ambiente domestico o amicale. Tuttavia anche la pedofilia nasce e prospera negli stessi ambienti – e non mi pare si parli di bambinificio. Il paragone paradossale e forse incongruo è l’unico mi sia venuto in mente per cercare di spiegarmi. Ed è vero anche che esiste un’ampia tolleranza nei confronti delle “violenze meno gravi”. Addirittura molte vittime di quest’ultimo tipo non erano neanche consapevoli. Mi pare lo abbia raccontato una delle ricercatrici (forse Zauberei? ) che si occuparono del questionario Istat sulla violenza alle donne. Ma femminicidio fa troppa assonanza con genocidio – il che francamente chiama in causa gli Stati.

  39. 1) “discriminazione e violenza posta in essere contro la donna “in quanto donna”.”
    2) “Prende questo nome solo se l’assassinio è scaturito per motivi legati al fatto di essere donna.”
    E’quello che ho detto io. Ma ha letto? E io ho detto: cosa c’entra il femminicidio con questo omicidio? Vuole spiegarcelo? Vuole dire, Lipperini, che l’omicida ha ammazzato la propria donna perché era una donna e non perché voleva mollarlo e lui era un possessivo ossessivo compulsivo e violento? Dettagli importanti, ma non ugualmente tali. Il fatto che lei fosse donna non è infatti il motivo che l’ha spinta a ucciderla. Mi pare. Anche se la seconda definizione è ambigua.
    Se poi sta cercando di mettermi in difficoltà con la gente che crepa e con il mio narcisismo, dispiace per lei.
    Io non volevo arrivare a questo punto, lo sa bene. La rispetto e rispetto le sue idee. Tant’è che se non mi vanno giù, glielo dico. Quindi oppongo al suo contrattacco personale, giustificato dall’aver toccato un tasto dolente e dall’aver usato più volte un tono ironico e sarcastico, quello che lei stessa ha più volte ricordato sul gioco dialettico che scade nelle ripicche. Che non ripeto, perché lo sa benissimo.
    Si rilegga poi, Delitto e Castigo, così vedrà la differenza fra le teorie sociologiche di cui avete discusso lei e Wu Ming e altri, per giorni e giorni, fino ad arrivare, di associazione in associazione, alla lista degli sdoganatori del killer, facendo sparire un dramma vero, vivo, che Dostoevskij ha già dipinto in modo formidabile e che magari anche Wu Ming, se facesse il suo mestiere, al posto che l’ideologo, riuscirebbe a fare. E’ la letteratura, infatti, cara Lipperini, che non ha paura di stare sul pezzo, anche al costo di non sembrare “pratica e cambiamento” della realtà. La letteratura è quella delle parole alate, cioè quelle che colpiscono nell’ombra e nel punto giusto e che valgono più di mille riflessioni di un sociologo. La bellezza che può cambiare il mondo. Che può salvarlo. E quindi la bellezza della letteratura, anche.
    Forse siete voi ad aver dimenticato che la letteratura (non la chiacchiera da salotto ma la Cosa) vale cento, mille, un milione di volte una teoria sociologica spiccia fondata sui fenomeni subculturali e che altro, che si dimentica completamente della realtà, e che è il tipismo di quell’atteggiamento che si cerca di combattere, cioè una visione distorta del mondo. Viva la letteratura, perciò. Mai letto Vita e Destino? Se lo legga. Mai portata una bibbia in un regime totalitario comunista? Mi spiace.
    Se poi il problema è che certe cose non sembrano pratiche, io sto dalla parte di chi dice che “la bellezza cambierà il mondo”. Che la bellezza non sembra pratica, ma che i suoi effetti lo sono più di qualsiasi cosa. Lei e Wu Ming da che parte state?
    Così, tanto per sapere se si sta parlando con Critici e Scrittori o con qualcos’altro di non meglio specificato.

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