A mio rischio e pericolo, torno sul discorso della maternità. Perchè vorrei sottolineare un luogo comune: a parole, tutte sosteniamo che ogni madre è diversa e non esiste un modello unico. Nei fatti, è molto facile che ognuno proponga come corretta solo la propria esperienza. La maternità c’est moi.
Fin qui, ci sta. Ci sta molto meno quando il discorso diviene pubblico. Grazie a Paola, mi capita fra le mani una lettera pubblicata su Genitorichannel. Lettera di una dottoressa che, furente contro “Tata Lucia” per i motivi che leggerete, afferma fra l’altro:
“Se poi guardiamo fra gli adulti di oggi cresciuti secondo le opinioni (perché di questo si tratta) di TATA LUCIA cioè a “basso contatto”, scopriamo che nella nostra società le patologie affettive sono dilaganti, il consumo di psicofarmaci è fuori misura, le dipendenze da alcool, gioco d’azzardo, cibo ecc…, dimostrano come un’educazione dei bambini a basso contatto possa mettere a rischio il loro sviluppo affettivo”.
Alla faccia della libertà di scelta. O segui alcuni dettami, o tuo figlio diventerà un alcolista impasticcato, bulimico e schiavo del poker.
La risposta di Paola Banovaz, sul suo blog, e soprattutto i commenti che seguono, dimostrano, a mio parere, una cosa: che c’è un disperato bisogno di qualcuno che dica alle madri “come si fa”, si tratti della dottoressa o della tata. Ne avevo già parlato, in Ancora dalla parte della bambine: la solitudine della madri, l’insicurezza delle madri (dovuta a tanti fattori: sociali e culturali) sono “il” problema. L’altro, ma qui entriamo ancora in un altro terreno, è la tensione di dover crescere il Figlio Messia. Che sia perfetto. Che non sia turbato da nulla. Che abbia i migliori strumenti disponibili per avanzare nel mondo.
D’accordo, le madri perfette non esistono (a parole). Ma esistono i figli imperfetti, e non per questo meno amati. Credo che occorra accettare, soprattutto, questo: madri, e padri.
(Non litigate troppo, qui sotto)
Zauberei, è possibile avere anche dei dati sul nickname affibbiato a Biondillo dalle figlie (causa “alto contatto” con raviolini), visto che solo Girolamo ne è a conoscenza e questo non mi pare affatto giusto?
@zauberei sopra hai scritto: “Esisteranno certo famiglie che con un allattamento prolungato non hanno dato esito a problematiche psicologiche – ma questo è indubbiamente spiacevole da sentirsi dire, e credetemi da pronunciare, ma il genitore spesso non se ne accorge qualora invece quell’esito si verifichi”. fantastico, che tuffo carpiato! ecco, se hai fatto l’allattamento prolungato tuo figlio (e anche tu, magari) è patologico, e se non accetti la mia versione, beh, è chiaro che non riesci a vederlo, perché appunto sei patologica! cos’è, la catch-22 dell’allattamento? wow!
beh, lascia che ti dia un dato io: la durata dell’allattamento è un fatto culturale, non solo fisiologico. ci sono molte culture (e nel passato è stato così anche in Italia) in cui è normale e socialmente accettato allattare i bambini fino ai 3, 4, 5 anni di età. ne devo dedurre che sono TUTTI bambini patologici?
Loredana: forse è questo che intendi per inclusione dei modelli? perché qui non è molto evidente…
gioia l’esito di una diagnosi non dipende dal parere del paziente. Ma capirai che non posso fare diagnosi. Per il resto, ti sarà capitato di andare da un medico, il quale ti abbia prescritto una terapia, e quella si sia rivelata inefficace. Spero che tu non abbia cambiato medico per questo.
Il dato della variabilità dell’allattamento nelle diverse culture ce l’ho talmente chiaro da averlo citato nei post sopra, ma non ho particolare interesse a persuaderti di un orizzonte di senso troppo complesso per essere ridotto a propaganda, che sembra invece essere quello che tu proponi e richiedi da questa discussione.
Gioia, non so a quale passato italiano ti riferisca tuttavia – almeno per il periodo che va dalla fine dell’Ottocento alla fine della seconda guerra mondiale – gli studi smentiscono. Le contadine, e questo era un paese rurale, allattavano circa fino al 12 mese e poi smettevano passando direttamente ad alimenti solidi e oggi diremmo poco adatti ai bambini. Le classi alto borghesi, tranne qualche eccezione, usavano ancora la balia. Le operaie – spesso impegnate in piccole realtà industriali – smettevano di allattare quando tornavano al lavoro. Di media una settimana dopo il parto. Per la realtà contadina ti rimando al libro di Nuto Revelli, l’anello forte, Einaudi. Non so se si trova in libreria ma è ancora in catalogo.
@zauberei: eeeh? no, sul serio. non credo di aver capito nulla della tua risposta (segno che forse ho qualche patologia? mah…). ripeto: non capisco come tu possa trovare dei dati a sostegno di una teoria secondo cui l’allattamento prolungato è dannoso per la psiche. ma prolungato in che senso? età pre-scolare, 10 anni, 18?!?! e perché se è dannoso per un bambino qui in italia i moltissimi bambini allattati a lungo in mongolia non subiscono danni?
io richiedo una propaganda? no, QUESTA mi sembra una propaganda!
se il punto (di Loredana, almeno, tuo forse no) è: ci sono tanti modelli possibili, allora ridurre le alternative a patologie (l’allattamento prolungato è dannoso) oppure chi adotta comportamenti diversi dalla massa a una “madre che si annulla” non aiuta certo ad allargare il campo. mi sembra palese che il modello della mamma che non allatta a lungo, non fa co-sleeping, non porta il figlio a contatto ecc è il modello dominante qui in italia: allora perché accanirsi su una minoranza che fa una scelta diversa E consapevole?
barbara: nelle famiglie numerose (molte) non veniva allattato solo l’ultimo nato, ma anche i figli più grandicelli. non ho fonti da citarti, ma se vuoi ti metto in contatto con mia nonna. ma in ogni caso: l’allattamento prolungato è una realtà anche oggi in molti paesi. quindi possiamo andare a verificare sul posto se le patologie psichiche aumentano esponenzialmente…
Perdona Gioia ma negli studi storici una rondine non fa primavera. Ti ho riassunto il lavoro di alcuni colleghi. E’ possibile che emergano nuovi documenti e nuove fonti ma questo è lo stato dell’arte.
beh, io ho trovato proprio adesso facendo una ricerca su internet di 3 minuti un testo che dice che l’allattamento durava fino ai due anni (ovviamente non era allattamento esclusivo, ma quasi). Lo trovi qui: http://www.edizionimanna.com/Mario%20R.%20Storchi%20-%20L%27Infanzia%20Violata.pdf
e non è certo pro-allattamento.
una rondine non fa primavera, ma ascoltare serve. e apre squarci sul passato che forse nei libri di storia e nelle ricerche non emergono.
poi: in effetti nel mio cammino di madre i libri, i testi, le fonti e i pareri di filosofe e piscologhe hanno contato poco. ha contato molto di più l’istinto. i libri al limite sono stati utili nel confermare quello che il mio istinto – e quello di mia figlia – mi aveva già detto.
Tipico dell’Italia. Alle storiche non credo, a mia nonna sì e a pincopallo sì. Aloha.
tipico di una mentalità vetero-patriarcale: l’autorità conta più dell’esperienza, anche diretta. le fonti, a volerlo fare, si trovano eccome. ma mi interessa davvero farlo? le mie idee sono più valide se salgo sulle spalle di qualche espertone del ramo? non ne ho bisogno, davvero. ma se tu ne hai bisogno, accomodati, eh. qualcuno le biblioteche le deve pur usare.
Non si tratta di essere vetero-patriarcali: si tratta di credere all’esperienza accumulata negli anni. Altrimenti buttiamo a mare la storia, la scienza, la cultura umana per credere al primo guru che passa? Lipperini, questo è il punto che deve farti paura: nessuno crede più a nessuno, l’autorevolezza è morta, finita, kaputt.
in cosa consiste, Gianna, questa “esperienza accumulata negli anni”? quella dello storico di turno (che usa le SUE fonti, e non altre). quella di mia nonna? la tua? io non butto a mare nulla: ma nemmeno sposo acriticamente il primo studio che passa. non sono così ingenua da pensare che le fonti siano oggettive e non manipolabili. siamo qui per discutere di allattamento e genitorialità: credo di poter usare con efficacia la mia autorevolezza, senza nascondermi dietro quella altrui. questo è il punto che mi fa paura: quando chiunque, anche solo per difendere la sua preferenza per il colore rosso invece che per il giallo, deve citare le fonti. argh!
Le fonti servono a ragionare su un argomento, e a informarsi. La tua autorevolezza è pari a quella di qualsiasi altra madre, quindi non porterebbe da nessuna parte. Oltretutto, Barbara aveva parlato di studi storici a cui tu hai opposto l’esperienza di tua nonna: un’esperienza singola, contro un’esperienza storica. E’ questo a essere folle.
e la storia su cosa si basa, se non su annali e testimonianze di singoli (tra cui mia nonna, perché no) raccolte e messe insieme in preziose fonti? a richiesta di barbara, ho prodotto anche io una fonte. wow. che risultatone, adesso sì che mi sento giustificata ad allattare mia figlia oltre i 3 anni. ho una fonte! ma scherziamo? stiamo parlando di un’esperienza che ho fatto in prima persona. e sono più che disposta a condividere con altre (mamme e non). ragiono su questo argomento anche senza fonti, e sono ben informata. la mia autorevolezza serve a dire: ci sono anche altre strade, e sono altrettanto valide. folle, eh?
Parliamo di piani diversi: una cosa è la tua esperienza (individuale, valida per te). Una cosa è la Storia (fatti, dati, ricerche). Se siamo arrivati al punto di sostenere “non è così perchè lo dico io” siamo all’apoteosi del narcisismo e dell’individualismo.
La storia è fatta da individui ma è scritta da esperti. Che non sono signori cattivi che vogliono imporre il proprio principio vetero-patriarcale, ma in genere signori che studiano e mettono a disposizione i risultati dei loro studi.
Se basta dire: “sono mamma quindi ho ragione io”, è una catastrofe. (anche “sono nonno e quindi ho ragione io”, “sono biondo quindi ho ragione io” e via così).
Non esistono solo gli individui: esiste un mondo. Il mondo ha torto e io ho ragione? Va bene. Anzi. Va malissimo.
Scusa Lipperini, aggiungo.
“Le fonti sono manipolabili” è un’altra affermazione da far tremare le vene dei polsi. Esiste una cospirazione degli storici mondiali per impedire alle madri di allattare? Siamo a questo?
no, io non ho mai detto di avere ragione, o cha la mia scelta sia migliore. (nel caso, puoi citare la fonte di questa affermazione? sennò siamo all’apoteosi del pressapochismo). ma rivendico il fatto che sia una scelta, senza che debba essere tacciata di patolgia o anormalità facendo riferimento a fonti quanto meno opinabili (e sono generosa). forse non hai letto tutti i passaggi? e perché parlando di maternità siamo finiti sulla Storia? mi sfugge il nesso. o forse no: perché anche sul discorso maternità ronzano intorno troppi esperti o sedicenti tali. mi fa paura “sono psicologa è ho ragione io”. il mondo per fortuna comprende mamme che allattano a lungo e mamme che non allattano. forse le prime sono addirittura di più, ma forse hanno meno voce. io sono una di quelle. e mi prendo tutto lo spazio che mi serve. che ti piaccia oppure no, mi sa. narcisismo, dici? il mio?
Siamo finiti a parlare di storia perché tu hai detto che in passato si usava così. E ti ho risposto che no, almeno non sui grandi numeri, non Italia e non tra Otto e Novecento. Questo non costituisce in alcun modo una critica al modo in cui tu oggi scegli il modello di accudimento per i tuoi figli. Esiste anche un vasto campo di studi storiografici dedicati alle forme della genitorialità. Ma se ti dico che esiste una bolla papale del 1500 che vieta la divisione del letto coniugale con i figli, non sto criticando il co-sleepling. E’ che in quel secolo – in alcune situazioni – il sovraffollamento provocava molte morti infantili. Mi sembrano due piani diversi, non trovi?
ma certo, barbara. continuo a pensare che in passato la pratica era comunque diffusa, forse più di quanto attestino le tue fonti. se avessi voglia farei delle ricerche, ma posso dire che non ho voglia senza sembrare superficiale? la fonte che ho trovato io si attesta sui 2 anni (italia 800-primi del 900). e’ possibile che i 12 mesi citati da te non siano sempre la norma? la bolla papale mi dice che la pratica era molto diffusa, allora. ma come potrebbe essere altrimenti? co-sleeping e allattamento prolungato appartengono agli albori della nostra presenza sulla terra, e i motivi sono evidenti. tutto quello che è venuto dopo, è essenzialmente un fatto culturale (e in misura minore demografico). questo non vuol dire che “come faccio io è meglio”. vuol dire che quello che faccio io è forse statisticamente più diffuso, geograficamente E storicamente. ma lo farei comunque: me lo dice il mio istinto. e si ritorna qui: non c’è esperto più esperto di una madre. ogni singola madre, that is.
@Gianna: le fonti, o meglio, quello che ne voglio ricavare, sono manipolabili, ma non lo scopro certo io. se voglio dimostrare che le donne con i capelli ricci sono meno affidabili, o che quelle che si chiamano eleonora hanno le mani bucate, credi che non troverei delle fonti ad hoc che mi danno ragione? e altre meno utili, che quindi scarterò. succede con i medicinali, no? non è un metodo corretto, ma è usatissimo. quindi: cautela con le fonti. chi ha interesse a dire che le donne non devono allattare? beh, che ne dici di chi vende latte in polvere? è già stato fatto, in passato, ed è anche pr questo che l’italia ha una legislazione piuttosto chiara in materia. che cattivi, vero? mettersi di contro alla mamme che allattano solo per fare soldi!
ok, vado. loredana mi rendo conto di essermi dilungata anche troppo nel tuo salotto virtuale. ma credo, come te (spero!) che abbiamo tutte da guadagnarci dall’esistenza di tanti modelli validi di maternità. il mio è questo. magrai sarà utile ad altre mamme: lo spero. ciao!
Gioia, stiamo parlando di storia. Ho capito che avete il chiodo fisso della multinazionale perversa: ma stiamo parlando di storia. Nuto Revelli, hai presente? Sai almeno chi è? Sai perchè un discorso del genere è, nella migliore delle ipotesi, ingenuo?
Gioia, ho promesso un post a Loredana e lo scriverò spero – prole permettendo – per lunedi se avrai voglia di perdere tempo lo leggerai. Il problema comunque è tuo, a me non mi interessa persuaderti, la cultura è la tua, le cazzate sono le tue, la famiglia idem. Sei tu che sei venuta a fare domande a me, non io a te, le fai incazzata nera e per niente disponibile ad ascoltare…. ma a me che me ne frega? Poni domande lecite, a cui c’è la risposta di un mondo complesso di studi e di questioni articolate, non hai tempo? Fai come credi. Se vuoi delle informazioni cambi tono, se no telefona alla nonna che non sbaglia mai.
Gioia tu hai trovato una fonte secondaria (ossia una pubblicazione) rispettabile su internet ed è uno studio divulgativo. Non ci sono le mie fonti e le sue fonti. Mi spiace ma non credo sia questo il luogo per spiegare come lavorano gli storici. Che del resto non si occupano di consigliare le madri su come crescere i figli ma – se possono a mettere qualche punto sulle i – rispetto alla nostra visione del passato. Tante care cose.
Da insegnante delle medie (senza figli per mancanza diel benché minimo desiderio di riprodurmi) mi hanno sempre sbalordito due cose:
1) la facilità con cui assolutamente TUTTI tranciano giudizi sui genitori, sia in generale sia per il singolo caso
2) la rimozione del fatto che ogni “figlio” è anche un essere umano, con il suo corredo cromosomico e la sua individualità. Fermo restando che buona parte dei genitori mi sembrano ansiosi, vagamente ossessivi e infagottati nei più vari sensi di colpa financo per aver causato l’effetto serra e l’esplosione della centrale di Fukushima, non capisco proprio come si faccia a pensare che UN metodo di crescita vada bene per tutti. Ogni bambino e poi ogni ragazzo è fatto a modo suo. A me sembra evidentissimo. Le stesse cose non possono andare bene per tutti.
Scusate le banalità di una non-addetta ai lavori.
Il discorso sulla perdita dell’autorevolezza è gravissimo, non solo in questo campo: ci sto ragionando per un articolo sulla lettura di cui avete già avuto un assaggio nei mesi scorsi.
Una volta il pediatra delle mie bambine (un vecchio medico d’altri tempi) mi disse, con totale non curanza: “o alla natura diamo ascolto, oppure facciamo sempre un po’ come ci pare. Se i bambini fra i 3 e i 6 mesi mettono i denti vorrà pur dire qualcosa, no? Cioè che non devono più cercare il seno, ma cibi di consistenza differente. Altrimenti i denti li metterebbero più tardi.”
Fu disarmante.
Cioè se uno ha i denti allora solo cibi solidi?
biondillo
una volta quando dissi al pediatra che il piccolino s’era mangiato i granetti dei gatti mi chiese a che gusto erano! poi rise…credo di me!
@Zauberei: non sono una psicologa, quindi parlo dopo una mia riflessione e basta, ma credo che i “rischi” per il pargoletto dovuti a una “educazione a alto contatto” non siano da implicarsi all’attamento prolungato in sè o al lettone o alla fascia (o a altro che non mi viene in mente) ma all’annullarsi della madre o dei genitori per il figlio e questo può avvenire credo anche senza queste pratiche. Dopo un inizio a “contatto moderato” mi sono ritrovata con liberazione a intraprendere una via detta a”alto contatto”. In pratica non riuscivo più a far addormentare mio figlio da solo (dopo mesi spesi in quella direzione tra allattamento a orario, lettino, rutines ec ec) e la cosa stava rendendo non solo conflittuale il mio rapporto con un bimbo di 8 mesi ma anche stressante per me. Spesso leggo su internet commenti di mamme a alto contatto che dicon di “sacrificarsi” per il bene del bambino…ecco personalmente credo che non bisogna sacrificarci perchè non è questa pena che nostro figlio ci chiede. Certamente ci sono dei momenti difficili con i bambini ma da lì a sacrificarci ce ne passa. Probabilmete e sinceramente spero per me e la sanità di mio figlio (che a 18 mesi è ancora allattato e con me, quando ci sono, si addormenta così), sia questa la chiave… Non nego comunque che le sue parole mi abbiano messo un po’ in crisi (altrimenti non starei qua a scrivere). Aggiungo che nonostante il mio allattare mio marito è presente nell’educazione di mio figlio e che anzi tra i due sia proprio lui quello più “chioccia”.
Altra cosa: mi pare di aver letto della “frustrazione” come importante per la crescita di un bambino…non credo che la frustrazione vada impartita come lezione (lo trovo a dir poco stravagante) visto che è connaturata col vivere e la troviamo ogni giorno sin da piccoli. Non so ma a me pare che il concetto di frustrazione (vedi dolore) come mezzo per “elevare” la nostra psiche abbia un che di retrogusto cattolico.
Ilaria di trani senti – intanto la cortesia e la pacatezza del tuo post mi sono proprio piaciute moltissimo – sono una boccata di ossigeno.
Io non posso dare giudizi sulle vicende singole che vengono raccontate in rete. Prendo l’informazione capisco perchè la persona scrive e mi devo fermare, perchè non ti vedo. Devo sperare che tu abbia ragione, che non ti sbagli su te stessa, e non è un problema. Io continuo a pensare che questa costellazione di scelte di accudimento sia poco utile per i piccoli.
C’è una cosa però magari frustrazione l’ho detto io. Ma mettiamola in un altro modo. I bambini devono imparare a autoregolare i propri stati, da soli. A esplorare esperienze ignote confidando in se stessi. L’alto contatto procrastina di molto questo passaggio perchè il piccolo ha sempre un io vicario a disposizione. Nei primissimi mesi mi pare più che opportuno, ma dopo meno. La questione della frustrazione non è un desiderio di punizione (io per altro so ebrea:) è un regalo. Ti do il regalo di imparare a farcela da solo, e posso farlo solo io che sono tua mamma perchè sarò nei paraggi se non ce la fai, perchè sto vicina, ma non sono te. non sono attaccata a te. Ecco – spero che tu capisca cosa intendo. Non è che se un bambino non riesce a dormire le mezz’ore te ne devi fregare, perchè è cattiveria, ma 5 minuti… eh non succede niente. 5 minuti di pianto da solo, vuol dire scoprire di essere forti. E farcela. ecco.
In ogni caso ti ringrazio dei tuoi spunti.
@Zauberei ti ringrazio 😉 I 5 minuti di pianto, o anche un po’ di più non sono affatto quelli un problema, ma appunto accanirsi quando le cose non vanno come pensi è appunto deleterio, non so se è “cattiveria”perchè ci sono genitori che dicono di lascira piangere al buio da soli i figli per un’ora per il loro bene, oppure genitori che (magari giustamente) sono arrivati allo stremo delle forze. Conosco un po’ dal di fuori il mondo delle mamme “a alto contatto” e sì ci sono certe che neanche 5 minuti tolerano, ci sono quelle che si affaticano e si ammazzano per “non arrendersi al ciuccio” (?). A me di notte in chat su un forum è stato detto che ci stavo a fare, perchè non andavo a dormire vicino a mio figlio (!!?). Poi ci sono madri che si ritrovano a “alto contatto” senza volerlo pensando di sbagliare e che si sentono succubi del figlio. Infine ci sono madri (padri) a “alto contatto”che lo fanno senza problemi, serenamente e con gioia perchè è la modalità più vicina alle loro esigenze. Dall’altro lato invece ci sono quelle che appunto lascian piangere anche più di un’ora e non solo la notte, quelle (quelli) che danno sculaccioni a bimbi di un anno…
Il problema dell’alto contatto è che rischia di diventare una setta, una religione insomma con dei dogmi e dei peccati (vedi ciuccio, biberon, risvegli madre bambino sincronizzati ec ec)… e non nego che anche io ho rischiato di farmi risucchiare.
Per quanto riguarda la frustrazione ho capito cosa intendi, lo trovo ragionevole e io credo di vedere la cosa alla maniera della Montessori “aiutami a fare da solo” abituarsi a non sostituirsi al bambino (anche per la nostra salvezza!!) ma se lui richiede espressamente aiuto non accanirsi, che poi è proprio quello che hai detto alla fine. Insomma non è con la frustrazione di per sè che ti evolvi, ma è piuttosto con la soddisfazione conseguente ad avercela fatta da solo in qualche cosa.
E infine spero che le giornate intere al nido di mio figlio riequilibrino la tetta per l’addormentamento serale 😉 con buona pace dei miei sensi di colpa mammeschi.
Sapere che mandi la prole al nido si è una ottima cosa – e davvero riequilibra molto – e un genitore che fa piangere un bambino piccolo per un’ora è patogeno. Ecco l’addormentazio serale ecco, insomma ecco… fai te ma nzomma… ecco inzomma, eh… 🙂 comunque grazie. Il tuo commento è utile per capire come certe categorie sfumano da un eccesso all’altro dello stile di accudimento.
@zauberei: il tuo ultimo post nei miei confronti mi è sembrato inutilmente aggressivo. io non insulto mai le persone, posso non essere d’accordo con le loro idee, ma non scendo sul personale, mi sembra davvero poco utile. il tuo tono è molto meno amichevole del mio quindi no, non mi interessa leggere il tuo post perché ai miei occhi ti sei giocata ogni credibilità.
@loredana: ti sollecitavo a chiarire se altri metodi di accudimento sono legittimi qui o se vige il mamma-pensiero unico. non ho ricevuto risposta nel merito, ma mi sembra chiaro: è un blog abbastanza auto-riferito che mi sembra più un club per sole socie che uno spazio aperto a tutte. spiacente, ho passato l’età dei fan club.
Gioia, allibisco, se me lo permetti. Non mi sembra che nessuno ti abbia censurato, o altro: semmai c’è stato dialogo. Non c’è nessun pensiero unico, ma c’è anche il diritto di non essere d’accordo nel momento in cui dichiari che non credi alla storia, per esempio, no?
Gentile Loredana, ma a me il punto sembra: sono davvero efficaci queste categorie di “alto” e “basso” contatto? Descrivono la realtà, la raccontano? O almeno, ci aiutano a capirla? Fin da quando mesi fa, in gravidanza, ho iniziato a seguire con passione il blog Epidurale, ho trovato questi modelli teorici inadeguati e fuorvianti. La realtà mi pare fatta di genitori “a contatto misto” e in ogni caso, generalmente piuttosto poco consapevoli del “segno” delle proprie scelte. E anche quando consapevoli, per nulla ossessionati dal mantenere una tendenza coerente. Faccio un piccolo esempio banale. Quando ero incinta lo era anche mia cognata: io mettevo in conto la probabilità di chiedere l’epidurale, avendone parlato con i medici, avendo letto, essendomi informata su rischi e benefici. Lei invece si era bevuta acriticamente quanto le era stato detto al corso preparto sulla pericolosità dell’analgesia, inoltre sottostimava il dolore del parto e infine assegnava a quel dolore un importante valore di prova da superare, di iniziazione alla maternità. Fin qui potrebbe sembrare che io sono una mamma culturalista e lei una naturalista. Ora, mesi dopo, lei si è affrettata a sostituire il latte materno con quello artificiale: ancora seguendo un consiglio (stavolta la pediatra) ma soprattutto perché così si sente meglio con sé, col proprio corpo, col proprio figlio. Io viceversa allatto al seno, con molto piacere e senza avvertirlo come un sacrificio. I ruoli si sono rovesciati? O non sono mai esistiti?
Ora, se per la maggior parte dei genitori vale la complessità del molteplice, questo non significa che non esistano i fanatici. Da ambo le parti ovviamente. Ma anche qui, si dovrebbe distinguere tra parole e atti: sarebbe interessante verificare che chi predica in un certo modo su internet o sui libri, razzoli altrettanto a casa propria. Anche ammettendo l’esistenza di un manipolo di fanatici dell’alto contatto vs. un gruppetto di talebani del basso contatto, i quali prescrivono e applicano non una o due pratiche del modello ma sempre e comunque l’intero pacchetto, che peso hanno queste lobby? Che diffusione hanno, quanto condizionano la realtà, quanto influenzano di fatto i genitori e le loro scelte, e attraverso quali canali di potere?
Forse non è così delirante dire che una certa educazione ha degli effetti sulla crescita dei ragazzi: basta ricordarsi di aggiungere che quantificarli o qualificarli “scientificamente” è piuttosto difficile, tanti e tanto complicati sono i fattori da considerare, e prima di tutto l’unicità degli individui. Difficile ma non velleitario, altrimenti lo sarebbero tutte le scienze umane. Ma un conto è ipotizzare che un certo tipo di educazione produca certi effetti. Un’altra cosa è affermare che i problemi psicosociali della contemporaneità sono causati da “una cultura a basso contatto” oppure, viceversa, che “una cultura ad alto contatto” o neo-naturalista rappresenti una deriva antifemminista che seriamente ci minaccia e soprattutto che appartiene a un’oscuro e trasversale movimento reazionario, responsabile allo stesso modo dell’ostilità verso il testamento biologico, dell’omofobia e dei rigurgiti antiabortisti.
Per quanto riguarda la genderizzazione dei ruoli e la posizione della donna, sembra quasi che il punto del dibattito attuale sia rimasto immutato rispetto a quel che scriveva Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé raccomandando alle aspiranti scrittrici una rendita, e chiedendosi senza giri di parole se la donna liberata avrebbe potuto crescere dei figli in delle famiglie serene come quella in cui era cresciuta lei. Ed è abbastanza singolare che la Maria Montessori pioniera in Italia di un femminismo “scientifico”, che intendeva quest’ultimo come la possibilità per le donne di essere “madri sociali” anziché madri di casa e che, per non compromettere la propria carriera (rarissima per una donna a quel tempo), nascose l’esistenza di un proprio figlio e lo abbandonò completamente alle cure dei nonni, fosse la promotrice della stessa educazione libertaria che è oggi parte del pacchetto ideologico neo-naturalista, il quale ovviamente la madre la prevede in casa il più a lungo possibile.
Considerata la complessità storica e la trasversalità che stanno dietro a queste categorie odierne (il naturalismo che oggi ci appare tanto reazionario, non deriva pure dalla critica di sinistra alle istituzioni mediche, la stessa che ha portato a esiti come la legge Basaglia?), siamo proprio sicuri che i problemi che ci affliggono o ci minacciano siano inscrivibili in un quadro di cause-effetti delimitato dai modelli alto o basso contatto?
Sembrerà una banalità, ma il fatto è che quando ci scagliamo contro un modello, implicitamente lo riconosciamo come esistente e operativo. Quando la dott.ssa Bortolotti scrive contro Tata Lucia, assume che oggi la società sia ammorbata da una tendenza chiara netta e inesorabile di quel tipo. Quando Paola Banovaz e Loredana Lipperini scrivono contro la lettera della dott.ssa Bortolotti, contro cosa scrivono, esattamente? Contro chi enfatizza una serie di pratiche proponendole come modello “talebano”? E dunque contro il modello stesso, no?
Ovviamente nessuna di queste domande è retorica e mi piacerebbe avere il tempo da dedicare allo studio delle risposte. E’ il solo modo in cui mi pare sensato problematizzare la questione. Mi scuso se scrivo a discussione raffreddata e se mi sono dilungata!
Non credo il problema sia di natura privata – ossia come ogni coppia genitoriale decida di educare la propria prole, il punto è che i modelli producono politiche. Asili nido, spazi per i bambini nei negozi, la presenza di fasciatoi nei bagni, autobus dove sia possibile salire con un passeggino, giardini e giardinetti attrezzati almeno con un altalena, congedi parentali, interventi dove è necessario. Se l’immaginario è quello di una madre oblativa, che sacrifica ogni suo spazio alle necessità del figlio (indipendentemente dal fatto sia una creatura di pochi giorni o di cinque anni), se il padre viene eclissato al ruolo di procacciatore di denaro per la famiglia, tutto questo ha un impatto politico. E la politica mi sembra la grande assente da questo dibattito.
Lutilia ne stiamo discutendo nel mio blog.
Mi opreme risponderea lla tua ultima domanda:
“Quando Paola Banovaz e Loredana Lipperini scrivono contro la lettera della dott.ssa Bortolotti, contro cosa scrivono, esattamente? Contro chi enfatizza una serie di pratiche proponendole come modello “talebano”? E dunque contro il modello stesso, no?”
Quando io ho commentato alcuni punti della lettera della Bortolotti – rispondo per me ovviamente e non per Loredana – sono stata mossa dal sacro fuoco dell'”io aborro il si stava meglio quando si stava peggio”.
E la Bortolotti fa parte di quella nutrita schiera di “pensatori” che rimpiangono le divisioni di ruoli, la felicità delle mamme fatta di torte sfornate e figli seguiti con più tempo e attenzioni ecc…
Vedrai che in periodi di crisi e di licenziamenti a tappeto il modello mamma-papera tornerà presto iun auge…. Come spieghi ai cittadini che hai talmente tagliato sulle materne da essere sotto organico?
Semplice… fai inserimenti lunghi con la scusa dell’evitare traumi al bimbo… tanto che problema c’è a stare a casa per più di due settimane a settembre? Soprattutto se sei donna e ami sfornare torte ogni minuto del giorno?
Insoa solo per fare un esepio… poi nel mio blog amo scagliarmi contro tutto quello che è trash… e il poetico video sull’allattamento a rinforziono delle tesi della bortolotti… è trash tanto stucchevole è 🙂
concordo ovviamente con Barbara. E’ come l’aborto… certo è scelta personale… ma se la legeg non si applica e i luoghi di dibattito pubblico sono occupati da uomini in abiti talari e signore roccelle allora permettimi di dire che no, non èp affare privato.
Ma anche l’educazione dei figli è anche problema pubblico. Che poteva freagare a me per esempio di dare i miei soldi alla scuola pubblica o ai nidi comunali? Io che non avevo ancora un bambino?
Mi importava perchè tutti questi servizi all’infanzia e alal genitorialità, sono un sostegno alal dignità di tutti. Bambini prima di tutto e poi donne e poi tutto il resto….
Vedere una donna che allatta una bimba di tre anni a una conferenza più per bisogno imprescindibile suo che non dell’implume, che rimpiange il padre patriarcale, che si fa portavoce della educazione ad alto contatto (esporre òla figlia come un tazebao attaccato alal tetta difronte ad un pubblico venuto ad ascoltare la presentazione del suo libro… MA NON TI SI TORCONO LE BUDELA DAL CATTIVO GUSTO?) se permetti mi da i nervi… anche perchè il lungo inserimento di mio figlio alal materna (5 settimane!!!) è stato giustificato con l’intento di non traumatizzarlo…
Perchè i figli si sa…. se non stanno azzeccati alle cottole della mamma si
traumatizzano… anche se – è il caso di mio figlio – ha già fatto due anni di nido e tante ore di babysitter compresi alcuni giorni con la mamma che dormiva altrove.
E nessun pediatra ha più il coraggio di consigliare il bibe alle mamme disperate che non riescono ad allatare perchè hanno paura delel denunce e di quella legge scellerata che vieta pubblicità alimentare ai bimbi sotto i 6 mesi…
Scusate ma se un neonato non ciuccia la tetta, se la mamma non ha latte, ha le ragadi, non vuole, c’ha il silicone che si rovina, tutto quello che volete…. perchè non può avere consigli da un pediatra su quale latte scegliere? Come fare un bibe ecc?
Semplice… perchè l’OMS ha divorato e mandato al macero il cervello di molti legislatori e co…
Ora scappo
@gekina
i tuoi scritti e anche la tua battaglia sull’epidurale grondano passione, si sente. 🙂
Nonostante alcune tue valide ragioni non riesco a farmi partecipe in modo sereno.
I casi che tu citi sull’allattamento prolungato spesso sono estremi, e corriamo tutte noi il rischio di generalizzare, soprattutto quando affermi che *nessun pediatra ha più il coraggio di consigliare il bibe alle mamme disperate che non riescono ad allattare perchè hanno paura delle denunce…*
Ti portei il mio caso personale e quello di altre conoscenti dove il/la pediatra se ne è lavat* le mani oppure ti consegna direttamente il campioncino del latte formulato, ma non fa statistica.
Il disinteresse da parte dei pediatri non penso nascesse dal il timore di denunce, piuttosto dalla mancanza di tempo, sensibilità e anche di ritorno economico. Ma è una mia supposizione.
Sulla sc. dell’infanzia concordo i tempi sono troppo lunghi, infatti si vedono sempre di più tate e nonni che condividono l’esperienza dell’inserimento.
Puoi motivare cosa intendi per legge scellerata? All’epoca me la lessi bene , sono solo indicazioni di buon senso.
Il latte formulato è cosa buona e giusta nei casi in cui se ne ha effettivamente bisogno, la santificazione dello stesso operata dalle case produttrici ,a partire dagli anni ’60, no!
A tal proposito linko un bel post di Genitori crescono.
http://genitoricrescono.com/divieto-di-pubblicita-del-latte-artificiale/
@Loredana, famo a capisse:
– tutto questo bailamme nasce da una lettera aperta scritta da una dottoressa contro alcune informazioni non scientifiche date da Tata Lucia in TV. L’intenzione era quella di sfatare falsi miti educativi e segnalare alternative valide
– l’impostazione di Tata Lucia (ma non solo sua) è MAINSTREAM. Cioè questo tipo di messaggio “no, i bambini se li tieni troppo in braccio/li fai dormire nel lettone/li allatti dopo i 6 mesi ti crescono viziati e smidollati” è l’UNICO che passa in tv. ora io “allibisco” nel constatare che vi siete scagliate contro questa iniziativa come se non fosse chiaro che il modello a cui vi attenete è GIA’ quello imperante. di cosa avete paura, allora? Quale pericolo può rappresentare la Bortolotti con i suoi poco meno di 2000 followers su FB rispetto a Tata lucia su Canale 5? Vi rendete conto che la battaglia è impari?
– poi le critiche da pseudo-scientifiche sono scese sul personale (non solo e non tanto qui, ma anche sulla pagina della Bortolotti), ed è stato davvero spiacevole.
– ci sarebbe da riflettere, davvero, sul discorso pensiero unico-alternative. è inutile lottare per la rappresentanza, ad esempio, di vari modelli di donna, se poi non si fa lo stesso per i modelli di madre (senza cioè dipingere modelli diversi dal vostro come casi patologici/mamme che si annullano/ ignoranti che non citano le fonti).
– parole come inclusione e pluralità sono molto belle, ma rischiano di restare parole senza trasformarsi in fatti. questo è il tuo “salotto virtuale”, Loredana, e puoi farci quello che vuoi. Ma qui io – come “mamma alternativa” – non sono stata ben accolta né accettata in quanto “altra”. La mia esperienza ridicolizzata se non tacciata di patologia. Certo, non sono stata censurata perché qui i commenti sono liberi, avrei potuto postare anche la ricetta dello strudel. ma non basta per definirlo un luogo aperto.
– poco male per me. trovo altrove accoglienza e rispetto. ma molto male per il cammino dei diritti della madri in Italia, se questo, che passa per un blog progressista e aperto, rivela così tanta paura della diversità.
ps non ho mai dichiarato di “non credere alla storia”. è una semplificazione che non ti fa onore. se fossi te direi “smentisco categoricamente” ma è un linguaggio che non uso. ti ricordo però che la storia la scrivono i vincitori, ossia il pensiero dominante. non è stato così anche per l’esclusione delle donne, nei secoli?
L’affermazione “la storia la scrivono i vincitori” è una solenne sciocchezza. La storia la scrivono gli storici ed è sempre il presente che interroga il passato. Nuto Revelli e Bianca Guidetti Serri hanno scritto due libri bellissimi: il primo sulle donne contadine del Piemonte (l’anello forte) e la seconda un libro sulle donne della base socialista/comunista di Torino e dintorni. Si intitolano rispettivamente L’anello Forte e Compagne. Si fondano su interviste – quasi tutte registrate negli anni Settanta ma le donne coinvolte sono nate molto prima, alcune addirittura agli inizi del Novecento. Dentro ci trovi modelli di impegno, di lavoro e di maternità e genitorialità variegati, frutto di tempi diversi, di scelte (nel caso delle donne intervistate dalla Guidetti Serri) radicali e perigliose.
Pure i modelli genitoriali hanno una storia e anche i sentimenti. Tant’è.
era una citazione, barbara. molto più vera di quello che pensi.
la storia ha sempre escluso le minoranze. non sarebbero nati in tempi recenti gender studies e gli afro-american studies, altrimenti. lo storico è un individuo del suo tempo influenzato dalla cultura dominante. non è un super partes. ma rimani pure della tua opinione: la differenza è che io non bollo quello che pensi tu come una sciocchezza,
perché non è il mio stile, non ne ho bisogno, non mi serve.
davvero non capisco perché ogni volta mi citi tomi sulla vita contadina nell’ottocento: cos’è, un product-placement?
e poi: strano, ora mi consigli testi basati su interviste a donne la cui vita si estesa per tutto il novecento. vuoi dire come mia nonna? ah, ma pensavo che mia nonna non fosse materiale da saggio storico! bah…
(quella sopra è ironia, by the way: non spiegarmi per favore perché non è la stessa cosa)
per finire: tutto il mio intervento mira a sottolineare la legittimità della mia scelta nel qui ed ora. e sarebbe legittima anche se non ci fossero modelli simili nel passato (ma ci sono, anzi sono prevalenti, e partono dagli albori dell’umanità, non dall’ottocento). la differenza è che io applico questo modello in chiave contemporanea, quindi non perché costretta dalla natura, da una società patriarcale o dalla necessità economica, ma perché è un modello che mi soddisfa, mi fa crescere come donna e come persona, e last but not least rende felice anche mia figlia.
Gioia questa che il modello di accudimento da te scelto parta dagli albori dell’umanità è una tua fantasia. Poi ciascuno è libero di cullarsi nella propria ignoranza. A me, in fondo, che tu acquisisca delle competenze che non sono tue non mi cambia la vita e neanche la professione. Ci tengo solo a informare, chi è interessato tra la differenza di studi e fantasie personali. Buone cose.
Miriam,
il complottismo va molto di moda.
Non entro nel merito dello strapotere della Nestlè e di tutti i produttori di latte in polvere… anche se permettetemi di dubitare del potere che molti gli appioppano.
Esiste una legge che vieta di pubblicizzare qualsiasi alimento per i neonati sotot i sei mesi. Latte artificiale incluso.
Questo è il motivo per cui i pediatri hanno (o dovrebbero) tenere le bocche cucinte.
Ma.
Ma.
Il latte artificiale è un alimento e basta?
Senza entrare nel labirinto delle mamme che non allattano ma che se solo vgolessero potrebbero… ci sono neonati che non si attaccano. Per patologie in corso (una donna che conosco ha capito che il figlio era TETRAPLEGICO perchè non riusciva proprio a succhiare) ecc…
Allora è corretto negare informazioni mediche a chi si trova in simili situazioni?
Ma senza scomodare la disabilità… mio figlio per due settimane non ne voleva sapere di attaccarsi. Sono tornata a casa con le ostetriche dell’ospedale che mi consigliavano il latte formula1. Stop… alle mie domande se una marca era meglio di un’altra, se mi potevano spiegare come sterilizzare il bibe ecc… SILENZIO.
Signora noi queste info non le possiamo dare (e perchè?). Si ricordi di proporre sempre il seno e dare il LA con il contagocce (!) o un cucchiaino. E di prendersi un tiralatte anche manuale….
Poi certo, ci sono i pediatri con il campioncino di latte artificiale (questi campioncini devono essere una tentazione incredibile!).
Ma ci sono anche le ostetriche ospedaliere che ti terrorizzano durante i corsi preparto sul trattamento che potresti ricevere, e poi si offrono come bodyguard previo pagamento in nero. O i mille corsi pre e post parto con ostetrica accompagnatrice (sempre a pagamento).
C’è anche olto altro (il ginecologo che ti propone il cesareo perchè deve andare in vacanza).
Ma c’è molto di più; qualcosa che generalmente le donne ignorano o fanno finta di non vedere.
Le prestazioni ospedaliere vengono rimborsate coin il sistema dei DRG. X prestazione, Y compenso.
Ora mediaente un DRG per un aprto vaginale sena complicazioni viaggia poco sopra i ille euro. Un banale intervento ad un ginocchio vale il doppio.
Analizziamo lo spiegamento di forze per i due avvenimenti.
Intervento al ginocchio:
2 medici (anestesista per spinale – la stessa che si usa durante il parto e ortopedico). Forse un’infermiera (scusate non sono medico).
L’intervento è pèrogrammato, si da appuntamento tal giorno al paziente e dura poco.
Parto:
due ostetriche che seguono il travaglio/parto, un ginecologo (guardia obbligatoria) per l’espulsivo o in caso di complicazioni anche in fase travaglio, un anestesita.
Locali ad hoc (sala travaglio, sala parto, sala operatoria dentro il blocco parto, nido ecc…).
Domanda sciocca: perchè caspita il parto vale così poco? E perchè mai si chiede di equiparare i cesarei ai drg dei vaginali senza rogne? Perchè non il contrario?
Allora MIriam c’è una LObby che è più potente e attiva di Mr Nesquick. Sono le Regioni, lo stato, che stanno risparmiando sulle pance e sulla pèellaccia di madri e neonati.
E allora ecco che sì, q7uel divieto tassativo di non pubblicizzare o proporre alimenti ai neonati in qualsdiasi caso, di non considerare il latte in polvere come parafarmaco almeno (10 europ una scatola, qualcuno si pone il provblema della spesa che deve affrontare una famiglia nel caso il neonato non succhi mai?) diventa il patto scelelrato tra OMS e tazebao della aternità fatat di latte e tette pronte all’uso.
Per concludere: ho allatatto 8 mesi mio figlio. Di tutta l’esperienza gravidanza/parto/prima maternità… l’allattamento è stato magico.
Ma è la mia esperienza personale (a parte la difficoltà dell’inizio no ragadi, no mastiti, tanto latte) e coe tale non vale nulla (se non per me ovvio 🙂 )
Scusa Gekina, non ti ho capita bene.
A parte il fatto che devo mettermi gli occhiali doppi per leggere le numerose consonanti e vocali saltellanti dei tuoi scritti… 🙂
Permettimi, stasera sono stanca dirò solo una cosa.
Gli esempi che porti relativi all’allattamento sono sempre agli estremi.
Ad es. la sottoscritta ha avuto nell’ordine, tre mastiti, dieci (mah forse di più) giorni di ragadi e fino alla fine del 18 mese di allattamento uno/due piccoli ingorghi al mese. In più il piccolo era pigro, dormiva invece di succhiare. Del gruppo di madri del corso p.parto, circa una ventina, ero l’unica problematica, idem per la folta schiera di parenti ed amici/conoscenti. Il mio è un caso limite e non lo annovererei tra la casista quotidiana che si trova ad affrontare l’operatore/trice sanitario.
Insomma per superare questi scogli mi sono dovuta rivolgere prima al latte formulato (sia benedetto), ad Internet per capire come comportarmi e infine senti, senti alla Lega del latte.
Non ho trovato e insieme a me altre madri, nessun operatore che insistesse per l’allattamento naturale, la mia pediatra mi disse “signora se ha problemi si rivolga al suo ginecologo”.
Mancano informazioni sia sull’allattamento materno sia su quello formulato. Molti ospedali, però, hanno fatto passi da gigante sul primo punto, meno sull’offrire informazioni adeguate sui sostituti del latte materno.
Mentre non posso non osservare che i produttori di latte artificiale spendono gran soldoni in pubblicità e in convenzioni con alcuni pediatri (i campioncini fanno gola, davvero).
Il Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno, è da anni che esiste ma solo da quest’anno produce effetti tangibili come la sanzioni, ad es. ai generosi pediatri.
Il patto scellerato, se c’è stato, è quello tra i grandi marchi commerciali e alcuni pediatri velocissimi a difendere la presunta superiorità dei latti arricchiti.
Ad es. http://www.altroconsumo.it/bambini/latte-in-polvere-piu-costoso-s103812.htm
http://www.altroconsumo.it/latte-artificiale-s139553.htm
I link non sono recenti ma danno un’idea di quello che può succedere dietro le quinte.
gioia, pare che l’infanticidio fose largamente praticato tra i neanderthal.
I fenici sacrificavano il primo figlio nato, lo ucicdevano e lo seppellivano sotto casa.
Nella notte dei tempi si uccidevano i primi nati per la costruzione di un ponte.
Le balie sono ricorrenti in diverse culture. I bambini spesso non crescevano con i genitori….
Diciamo che il modello famiglia tipo Mulino BIanco è piuttosto recento.
Ben inteso… con le debite pinze preferisco di gran lunga il Mulino Bianco alal famiglia borghese della Vienne di fine XIX secolo…. o all’infanticidio dei Neanderthal o degli SPartani (la famosa rupe…)