PENSARCI PLURALI: SU LA STAMPA E NEW YORK TIMES DUE ARTICOLI SUL PERCHE’ NON VOGLIAMO FIGLI

Per uno di quei casi che non sono casi, ma che è giusto chiamare sincronicità, escono due articoli quasi contemporaneamente. Il primo è di Simonetta Sciandivasci su Specchio de La Stampa, e si intitola Diventiamo un villaggio capace e degno di crescere i figli di tutti. Il secondo è di Motoko Rich sul New York Times e si intitola I governi possono convincere le persone ad avere più figli? Entrambi dicono una cosa importante: gli incentivi non bastano. Non bastano gli asili nido e i congedi parentali e tutto quello che ancora non c’è e potrebbe esserci: ci vuole qualcos’altro, e quel qualcos’altro è nel nostro atteggiamento.
Sciandivasci scrive una cosa verissima, anche se fa male: il villaggio è ostile alle bambine e ai bambini (lei, giustamente, usa il femminile sovraesteso: io, che non voglio rotture di scatole nei commenti che parlano di questo invece che del contenuto, faccio l’ecumenica, per ora). Scrive, in particolare:

“Ai fabbricanti di incentivi, gli ideatori di più, sfugge o non interessa che gli italiani spaventati da un Paese che invecchia sono gli stessi italiani inviperiti da una bambina che piange in metropolitana, feriti a morte da una ragazzina che gioca su un treno, turbati fino al trauma da una madre che allatta”.

Scrive, dunque, che siamo talmente rinchiusi nel nostro ego, esteso al massimo ai NOSTRI familiari, che non sopportiamo più le altre famiglie.

“Siamo un Paese che odia i bambini e si vede da quei più così sciatti, reiterati, odiosi. Si vede dall’urbanistica, dalle piazze, dai palazzi, dai parchi, dai ristoranti, dalle panchine: si vede dallo spazio pubblico insicuro e poco fruibile per le bambine e chi le accompagna. ”

E’ vero. Rintanati nel mondo piccolo dove ci sentiamo onnipotenti, bravissimi, intelligentissimi e certamente poco compresi nel nostro fulgore, detestiamo persino le piccole persone, vedi mai ci rubassero aria e, crescendo, ottenessero più riconoscimenti di noi. O dei nostri figli e figlie, che spesso viviamo come nostra proiezione, come coloro che si faranno strada dove noi non siamo riusciti.

Motoko Rich, in un certo senso, conferma.

“Si sostiene che se offri un congedo parentale retribuito o un asilo nido gratuito, i tassi di natalità saliranno magicamente. Ma per circa 30 anni il Giappone è stato una specie di laboratorio per queste iniziative, e la ricerca mostra che persino politiche generose producono solo lievi incrementi”.

Certo, ci sono motivi concreti. Per esempio:

“Sono cresciuti  gli impedimenti ad avere  figli. I costi degli alloggi stanno aumentando a dismisura e la gig economy ha fatto sì che i giovani si preoccupassero della propria sicurezza finanziaria e di quella della loro potenziale prole. Il costo dell’istruzione dei figli e della loro preparazione a un mercato del lavoro più competitivo e iniquo continua ad aumentare”.

Insomma, in ballo c’è non solo il modo in cui vediamo il futuro, ma il modo in cui ci vediamo oggi. E se non riusciamo a vederci plurali, sarà un guaio: e dire che il mondo senza umanità starà meglio, perdonate, è una scusa.

Un pensiero su “PENSARCI PLURALI: SU LA STAMPA E NEW YORK TIMES DUE ARTICOLI SUL PERCHE’ NON VOGLIAMO FIGLI

  1. Siamo una società sempre meno a misura di bambin*, è vero; al tempo stesso tuttavia sono sempre più visibili movimenti che si oppongono alla procreazione non per odio, bensì per una forma di misericordia universale verso i potenziali esseri umani e il Pianeta tutto, ad esempio il VHEMT (Voluntary Human Extiction MovemenT) e gli antinatalisti – per loro è una verità, non un pretesto.

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