La vostra eccetera colleziona alcune dichiarazioni sulla famigerata proposta Brunetta a proposito di donne, parità e pensioni.
In tutta franchezza, non posso che sposare, in pieno, la posizione di Emma Bonino. Questa.
“Il governo italiano – dice Emma Bonino – deve dare entro il 20 gennaio una risposta alla sentenza di condanna della Corte di giustizia europea sulla equiparazione dell’età pensionabile tra uomini e donne dicendo se e cosa intende fare. Il ministro Brunetta ha l’incarico della Funzione pubblica, settore interessato dal ricorso e dalla sentenza. Si è aperto un dibattito che mi sembra politichese e ideologico senza vedere la realtà dei fatti. In Italia – aggiunge Bonino – la situazione dell’accesso delle donne al mercato del lavoro è penosa, come avevamo scritto nella nota aggiuntiva al programma di Lisbona durante il governo Prodi, con la collaborazione di tutti i ministri Pollastrini, Damiano, Bindi”. Secondo Bonino, la discriminazione delle donne riguarda tutti i segmenti del mercato del lavoro, a cominciare dall’accesso (è il 46% contro una media europea che è del 60%). “Di fronte a ciò – prosegue Bonino – lo Stato italiano dà un risarcimento peloso alle donne mandandole in pensione prima degli uomini”, ma di fatto costringendole “con una pensione più bassa” a fare da baby sitter e badanti ai figli delle loro figlie. “Una situazione discriminatoria, insostenibile e certamente non amica della donne. Per le donne è inutile e dannoso difendere lo status quo. Altrimenti tra un anno e mezzo ci troveremo anche con la beffa di pagare una multa di milioni di euro che potremmo invece usare a soluzione parziale delle carenze di asili nido”.
Sono molto d’accordo – dalla prima all’ultima parola.
Cioè in particolare sulle ultime parole.
Alcune riflessioni.
1. Non penso che la pensione a sessant’anni derivi realmente da un peloso riconoscimento, ma dalla radicata convinzione che le donne lavorano quanno insistono per un desiderio di decorazione e di cappellini. Non sono indispensabili e possono andarsene prima e poi se stancheno.
2. accettare la pensionabilità alla stessa età per tutti, rende le rivendicazioni femminili più forti politicamente perchè di conseguenza riconosce di più l’equiparaizone della carriera – ampliando il gap con i sacrifici causati dall’assenza di strutture per la famiglia (asili nido, strutture per gli anziani – e non se ne parla mai ma l’assenza di strutture per i pazienti psichiatrici pesa moltissimo sulle donne)
Mah, di fatto sarà anche discriminatorio per alcune carriere, ma indovinate un po’ chi finisce col pagare l’uguaglianza? Le donne scarsamente professionalizzate, che spesso svolgono lavori pesanti e vedranno allontanato il momento in cui potranno smettere di essere schiave almeno del lavoro. Siamo sicuri che la diversa età pensionabile non discenda da antiche conquiste sindacali? Chiaro che i tempi possono essere cambiati (anche se aggiungerei subito “non per tutti”), ma che fine ha fatto “lavorare meno per lavorare tutti”? A me sembrava quella l’idea vincente!
Troverò giusto equiparare l’età pensionabile quando sarà equa anche la ripartizione del lavoro domestico. Fin tanto che le donne si faranno il mazzo in fabbrica (o ufficio) ma anche in famiglia, qualche anno in meno di fabbrica (o ufficio) ci sta tutto. Anzi, ci vorrebbe anche qualche anno in meno di famiglia.
Cara Alessandra condivido appieno quanto tu hai espresso con vivida e lucida analisi. Io sono per la parità maschile e femminile ma non mi sento di condividere questo voler mandare in pensione le donne alla stessa età degli uomini almeno fino a che questi ultimi non condividono appieno tutti i lavori domestici e familiari che si accollano le donne.
Quindi prima parliamo di strutture che aiutino la donna che lavora, asili nido e quant’altro, poi della ripartizione del lavoro in famiglia con l’altra metà ed infine si potrà parlare davvero di equiparazione di diritti.
… c’era qualcosa che non mi quadrava in questa storia della diversa età pensionabile, come se la ragione fosse un’altra; piano piano è riaffiorato il ricordo di una spiegazione lontana nel tempo, quando ero bambina; perché le donne stanno a casa dal lavoro e dalla “vita produttiva” prima degli uomini? un volto serio mi spiega che gli uomini a 60 anni sono ancora validi e prestanti, spesso piacenti, e invece le donne a 60 sono delle vecchie ed è il caso che escano dal circuito; ma chi diavolo ha dato questa orrenda spiegazione alla bambina di più di 30 anni fa? forse la stessa persona che le spiegò che le donne non erano ai posti di comando perché emotivamente instabili e quindi incapaci della freddezza necessaria alle decisioni gravi… sì, adesso ricordo, era lui, era mio padre…
Il punto credo, almeno per me è questo.
E’ assodato che questo stato penalizza le donne nel loro lavoro per assenza di strutture che sostengono la famiglia. E’ assodatissimo e ci si litiga da anni. Però non s’è mossa una paglia. e devo dire – per me che ora ho trentacinque anni ho una suocera di ott’antanni e un padre idem e una famiglia da costruire, sapere che andrò in pensione cinque anni prima mi risarcisce di un cavolo. Io ho un problema adesso. Il mio adesso però vale politicamente e economicamente di meno perchè quella stessa pensione cinque anni meno è una dimostrazione del fatto che io conto di meno, io sono meno utile. Dunque, preferisco arrivare a sessantacinque anni, e far riconoscer eil fatto che la socera in questione non è solo lla mia suocera ma la madre di mio marito. Che il figlio in questione non è solo figlio mio ma di mio marito, che la produttività in gioco non è solo quella di mio marito ma anche mia.
E dunque, da qui bisogna cominciare. Partendo dalla cosa più scomoda.
” far riconoscer eil fatto che la socera in questione non è solo lla mia suocera ma la madre di mio marito. Che il figlio in questione non è solo figlio mio ma di mio marito, che la produttività in gioco non è solo quella di mio marito ma anche mia.”
Da queste parole, zaub, si evince che l’equiparazione prima deve avvenire in famiglia, con la divisione del carico familiare, poi in fabbrica o ufficio, ed in ultimo con l’età pensionabile.
Pertanto è necessario lottare, sì, ma partendo dalle priorità.
La Bonino dice una cosa importante che si può adattare a molte altre polemiche recenti, come ad esempio la scuola o la pubblica amministrazione, o la magistratura: il governo attuale decide di riformare situazioni in cui il status quo è pessimo, inefficiente e foriero di disuguaglianze, ma lo fa con decisioni che riescono a peggiorare la situazione o, nel migliore dei casi, a sostituire le disuguaglianze esistenti con altre. Oppure colpiscono solo la superficie del problema, come è stato per l’emergenza rifiuti in Campania, e come secondo me è per la questione dell’età pensionabile delle donne. Aumentarla oggi in cui la crisi porta ad un aumento della disoccupazione non mi sembra l’idea migliore per aumentare l’accesso al mercato del lavoro, soprattutto con tutte le altre problematiche che sfavoriscono le donne. E però il problema c’è e va affrontato, e sarebbe bene che la sinistra facesse proposte costruttive a tal scopo
“lo” status quo, scusate.
bene, peto venia perché non ho letto direttamente la proposta Brunetta e nemmeno la sentenza, però, resa edotta da tutti i contributi – e non sto scherzando – mi sento di fare la mia proposta: andiamo tutte e tutti in pensione a 60 anni (se lo desideriamo , è chiaro – io mi tiro fuori: come diciamo spesso con mio marito, dobbiamo rassegnarci al fatto che il nostro periodo pensionistico è già passato, è durato fino ai trent’anni e da allora in poi ci faremo il mazzo e basta – siamo pur sempre stati fortunati)
“peto venia” non è male 🙂
Stefania terzi:))))
Peto venia è fantastico, e anche per quel che mi concerne ho seri dubbi di ricevere una pensione anche tipo per pagare li sofficini.
In ogni caso, per quanto io sia superd’accordo con quello che dice Anghelos, e ne quoti il commento – io mi sento in questa posizione per cui, quello che richiedo non mi si riconosce perchè non mi si riconosce una pari dignità cittadina rispetto a un uomo. La mia richiesta politica vale di default di meno – come dimostra il fatto che da mo che voglio gli asili nido e tutte le cosine di cui sopra, e non c’è manco la foto. Per altro, andare in pensione a sessant’anni vuol dire immantinente sbomballarsi i nipoti che le madri puarette non sanno dove piazzare.
Mi chiedo se non convenga davvero accettare questa cosa e farne invece una partenza politica, un riconosicmento delle equivalenza delle carriere e delle necessità che diano più peso ai bisogni della famiglia.
Perchè se io vado in pensione prima in quanto femmina, la sperequazione in termini di privato e di pubblico è evidente solo per questo e da questo rafforzata.
Capisco le ragioni di chi considera la differenza di età pensionabile per le donne una discriminazione. A me però sembra più il tentativo – per quanto goffo e abbastanza inadeguato – di riequilibrare una discriminazione che riguarda la ripartizione del lavoro domestico, e della cura di bambini e anziani. Eliminare questo tentativo di riequilibrio, senza nemmeno cominciare a pensare di combattere la discriminazione a cui è riferito, a me sembra l’ennesimo strafottente taglio allo stato sociale, l’ennesimo colpo d’ascia neoliberista. E la Bonino è innanzitutto un’entusiasta del liberismo.
Alessandra davvero pensi che a Brunetta je ne freghi qualcosa di riequilibrare una discriminazione? Dico Brunetta stiamo parlando di Brunetta. Brunetta – agisce in vista di un programma coerentemente con una sua idea di risanamento e coerentemente con una serie di sentimenti che coltiva, e che sembrano piuttosto insani. La sensazione che ho è che voglia punire dei tentativi di parità – non che voglia riequilibrare: voi esse uguale all’omo? tiè beccate questa.
Ma mi pare che questi tentativi – riguardo alle conquiste per la famiglia – siano stati già fatti. Le donne poche che stanno dentro alla politica ci provano costantemente – il fatto che a noi questi tentativi non arrivino perchè falliscono non vuol dire che non ci siano. Ma c’è un problema di partenza sul perchè falliscono perchè cioè non hanno peso politico come che ne so gli incentivi statali alla rottamazione. Non è questione di sposare idealmente una causa, ma di muoversi politicamente. Per questo io accetterei la posizione della Bonino.
Buona giornata a tutti.
Don Ekerondio molti anni dopo il post qui pubblicato, rileggendolo si chiederà:
“Pensione? Cos’era costei?”
@Zaub
Parlando di tentativo di riequilibrio, non mi riferivo certo alle intenzioni dell’ineffabile Brunetta, ma alla mia concezione della differenza di età pensionabile, a come la vedoio. Credo che chi svolge un lavoro usurante abbia diritto alla pensione anticipata. Ed essere donne in Italia è ancora un lavoro maledettamente usurante. Battiamoci contro questo, piuttosto.
Ciao a tutti e tutte,
sono d’accordo con Loredana e con Emma Bonino, per le ragioni che Bonino adduce e Loredana riporta, e per tantissime altre ragioni che sono ben argomentate nel libro di Loredana e che abbiamo spesso discusso in questo blog.
Quanto alle ragioni di Brunetta, mi pare provengano dalla solita esigenza di riduzione dei costi: le donne in Italia vivono in media di più (è un dato), perciò, facendo una botta di conti, se le mandiamo (per giunta e perdinci) in pensione prima degli uomini, guarda un po’ quanti soldi di pensione in più vengono a costare… Come dice Zauberei, non è una questione di sposare cause, ma di smuovere qualcosa, e di farlo anche se le ragioni di Brunetta non hanno nulla a che vedere con quanto si sta discutendo qui.
Quanto ai lavori usuranti, sono usuranti sia per gli uomini che per le donne. Credo si dovrebbe ragionare su pensioni anticipate che riguardino *certe categorie di lavori* e non *certi generi sessuali*. Anche perché, lo ricordo en passant, i generi sessuali non sono affatto due, ma superano la decina.
E allora butto lì una piccolissima provocazione: d’accordo con Alessandra che dobbiamo batterci contro il lavoro usurante di essere donna in Italia oggi. Ma vogliamo parlare di quanto possa essere usurante la vita di una persona trans-gender, tutto il giorno a combattere i pregiudizi e le ostilità che gliela rendono durissima e difficile? Lo/la vogliamo mandare in pensione anticipata per questo?
@Cosenza
Perché no?
E poi le trans donne per l’anagrafe hanno già questo diritto.
🙂
@sergio garufi @ zaub
brav*, avete scoperto l’indizio faceto (sembra che abbia solo dimenticato una ‘m’, e invece…) e anche la mia nascosta ambizione: mi sta allenando con le gaffe e le ‘battute di spirito’ per poter diventare presidente del consiglio…
scherzi a parte, il problema veramente disperante è questo: come si supera la disparità di ruoli/stipendi/pensioni/potere tra maschi e femmine nella nostra società? con la mobilitazione dal basso, col lavoro quotidiano di ‘propaganda’ o con l’imposizione di leggi? bisogna concentrarsi su uno solo di questi aspetti o cercare di agire su tutti e tre? e considerato che la società impiega tempi lunghissimi per modificarsi, ha senso parlare di ‘riduzione del danno’ quando si pensa di mantenere la pensione a 60 anni per le donne?
Rilancio la provocazione di Giovanna: non sarà ora di ricominciare a dire che il lavoro NON È l’unità di misura della vita? Che il diritto a sviluppare liberamente le nostre capacità, peraltro sancito dall’art. 5 della Costituzione, non può essere vincolato all’esecuzione di una prestazione lavorativa, né misurato sulla base di tale prestazione? Che in una società nella quale non solo la capacità fisica, ma l’intelletto stesso è messo al lavoro, il tempo di lavoro non esprime neanche la misura dello sfruttamento, perché l’intera esistenza è all’interno del circuito dello sfruttamento, ossia della produzione di quella ricchezza dalla quale proviene il valore della pensione? Che al reddito da prestazione lavorativa bisogna cominciare a sostituire la pretesa di un reddito di esistenza, o di cittadinanza?
L’idea del reddito di cittadinanza di Girolamo è bellissima ma ahimè ancora lontana e utopica!
Il lavoro comunque può essere anche la misura della vita e non solo un modo di produrre ricchezza, per chi svolge un lavoro che gli piace. Comunque il lavoro spesso da una ” identità”
fermato il lavoro con il pensionamento in molti si sentono inutili e svuotati dei loro scopi ( non tutti i lavori sono usuranti e stressanti non a tutti piace stare in casa a dedicarsi agli hobby)
Insomma si deve iniziare a pensare che molte donne si stanno lanciando e impegnando sulla carriera e per loro la possibilità di lavorare quanto gli uomini è allettante
ALLE DONNE CHE SI LAMENTANO PERCHè DEVONO FARE UN LAVORO DOPPIO IN CASA E FUORI POICHè GESTISCONO PRATICAMENTE DA SOLE CASA E LAVORI DOMESTICI :
Ma non potete dire a vostri mariti che devono anche loro prendersi cura di se stessi? delle loro cose? stirarsi la camicia da soli e prepararsi il pranzo se non ci siete? e magari gli mollate i pupi e andate a prendervi un aperitvo e poi a cena con le vostre amiche…
😉
Sostanzialmente d’accordo con Bobino, Zaub (Lipperini of course) e francescaxxxx.
La discriminazione c’è, non solo sul lavoro. I contentini non servono e non bastano più. I servizi per le famiglie, gli anziani, i malati e i portatori di handicap mancano proprio per mancata volontà politica. Una legge cambiata fa moltissimo a livello di percezione generale e comportamento umano.
(Per dire, da quando in Giappone è stata approvata la legge che in caso di divorzio la moglie ha diritto a metà della pensione del marito, tutti sti uomini che lavoravano come pazzi e poi andavano a ubriacarsi con i clienti per amor dell’azienda e rientravano a casa ad ore innominabili con la serena perczione di star solo facendo il proprio dovere alla faccia della mogli che gli ramenda i calzini, adesso vanno invece a fare corsi su come trattar bene le mogli. Che se si stufano le mogli li buttano a mare per direttissima e si prendono metà dei soldi. Per dire, può piu uno stimolo finanziario che 100 anni di femminismo a senso unico).
Quindi: si alla pensione, possibilmente scollegata dall’idea di lavoro retribuito, che di questi tempi, chi ce l’ha? In Olanda si prende una pensione minima pari al 70% dello stipendio minimo di legge se hai vissuto nel paese dai 18 ai 65 anni. Se ci hai vissuto meno, come noi migranti adulti, prendi in proporzione anche meno. Per questo da anni esistono le pensioni integrative che ognuno si paga da sé, perhé il 70% del minimo, lo capisce chiunque che non basta a niente. Sarebbe un’idea.
Si all’età pensionabile uguale per tutti con tutti i distinguo per i lavori usuranti, anche se si dibatterà parecchio a decidere quali sono.
E, in base ai pari diritti, pari doveri e ognuno si gestisce i suoi in casa. E possibilmente parlarne prima di convivere o arrivarci strada facendo. Io rifiuto di stirare da anni, non a caso vivo di magliette asciugate stese, mio marito si lava e si stira le camice che gli servono per lavorare e en passant, anche quel paio d’altre cose che circolano, tipo la mia gonna di lino. Lo fa per puro senso di colpa, che è lui quello con l’iperlavoro che non sta mai a casa e i figli me li spupazzo io all’80%. E per lo stesso senso di colpa, mi viene facile cooptarlo ad uscire dopo o rientrare prima se io ho lavori o aperitivi da adempiere, e mi serve che mi guardi i figli, peraltro anche suoi.
Però se siamo noi quelle che si stirano anche le mutande sennò non ci sentiamo in ordine, si fa più fatica a delegare. E si delega accettando anche che un altro faccia le cose a modo suo e secondo i suoi standard. altrimenti diventa un esercizio di potere anche quello di stirare e cucinare per tutti e rompere i coglioni con il vittimismo.
Scusate, si comincia con un discorso politico e io finisco alle mutande stirate. Ma a 15 anni mi sono incazzata a morte leggendo”Dalla parte delle bambine” e ho impostato la mia vita un po’ su quello. Nel senso che a 21 anni mi sono detta che visto che l’uomo che mi garantiva il tipo di rapporto paritario che volevo io ancora non lo vedevo, sarà stato destino restare da sola ed ero pronta pure a farlo.
Poi ho incontrato il sant’uomo mammo, e poi nel momento in cui ci siamo riprodotti con tante buone intenzioni di divisioni, lui è quello che ha iniziato a lavorare e pagare il mutuo, io sono quella che guadagna di meno per lasciarmi i miei spazi cultural-sociali. E a un certo punto i conti di fine mese devono tornare. Poi lui andrà in pensione a 65 anni, io continuerò a lavorare che la pensione ancora non me la sto costruendo.
Per dire, che la vita e il modno limitano le tue possibilità di scelta infinite, ma che noi ci mettiamo anche del nostro. Allora partire da noi stesse, esigere pari status decisionale senza farsi fare gli sconti in base al genere, forse è il sistema più realistico per arrivare da qualche parte. In famiglia e fuori.
Allora la butto lì anch’ io una piccola provocazione:
se è vero che come donne italiane il nostro accesso al mondo del lavoro è il più difficile d’ Europa, perché renderlo ancora più difficile tenendo per altri 5 anni le nostre madri e le nostre nonne a occupare posti di lavoro che potremmo occupare noi?…Coi problemi di disoccupazione giovanile, e ricambio generazionale che abbiamo in Italia?…
Come ho detto, capisco le ragioni di chi pretende la parità di età pensionabile; ma permettetemi di pensare che, con le tante forme di discriminazione contro cui le donne sono costrette a combattere in Italia, l’intervento di parificazione più urgente e salutare in tempi di crisi non sia proprio quello che consisterà nell’ ennesimo taglio alle pensioni, nell’ ennesimo taglio allo stato sociale superstite.
Alessandra, hai pure ragione, ma allora mettiamo in pensione a 60 anni anche i padri e i nonni e ne risolviamo ancora di più di disoccupazione giovanile.
Solo poi la pensione a tutti questi pensionati chi gliela paga? che questo punto non è stato ancora sollevato in questa discussione perché tanto marginale, ma è un dato di fatto che più patsa il tempo, più si allunga la vita media, più gente i sempre meno lavoratori devono campare. E di questo problema che non farà che aumentare, si parla ancora troppo poco.
Date tutte le premesse discusse sopra, se le donne vanno in pensione a 65 anni e lo stato comincia a offrire i servizi che mancano ora, sai quanti posti di lavoro per educatrici d’infanzia, badanti, assistenti sociali, infermiere, geriatri ecc. che adesso vengono spupazzati in famiglie dalle donne di casa che si creano.
Era tutto un discoso globale quello che si faceva, su una base di principio: che l’uguaglianza finta non serve.
@Mammamsterdam
Tu dici: “se lo stato comincia a offrire i servizi che mancano ora, sai quanti posti di lavoro che si creano.”
Giusto. Allora facciamo così: prima lo Stato cominci a offrire i servizi che mancano ora; e poi tolga la pensione alle sessantenni.
In linea di principio anch’io concordo sulla parità assoluta, ma sento di dovermi interrogare innanzitutto sui problemi concreti delle persone coinvolte: l’ effetto reale che avrà su di loro quest’ ennesimo taglio al welfare in tempo di crisi mi pare ben poco parificante.
io propongo di andare tutti in pensione prima
uomini e donne 😉
Perché Brunetta “dimentica” di ricordare che, a parità d lavoro svolto e quant’altro, le donne ancora guadagnano meno degli uomini?
Perché, tra un affondo e l’altro contro i “fannulloni”(e allora dovrebbe correre nella casa del GF e mazziare per bene tutti i concorrenti) non si rimbocca le maniche per eliminare questa incresciosa discriminazione?