Avevo un’amica del cuore, quando ero adolescente. L’amica con cui si condivide la prima sigaretta, la prima gomma da masticare (all’arancia) per profumare l’alito e ingannare le mamme, l’amica della prima, memorabile sbronza, degli innamoramenti, delle disperazioni. Con la mia amica del cuore ho condiviso anche un giornale: si chiamava “Parliamone insieme”, l’avevamo fondato insieme a suo fratello, maggiore di un anno, mentre il minore lo distribuiva eroicamente agli altrettanto eroici abbonati. Scrivevamo sui grandi temi: la cronaca, l’ecologia, la pillola, la politica, la televisione: con l’entusiasmo e la pignoleria dei quattordici anni.
Le copie di quel giornalino erano in mostra, ieri, nella Promoteca del Campidoglio, in un convegno organizzato dal Comune di Roma per ricordare Graziella De Palo e Italo Toni. Guardavo le copertine (una gondola, la ciminiera di una fabbrica, il viso di Milena Sutter) che firmavo come “Lory71”, guardavo i volti dei familiari e ricordavo altro: la bellezza gentile di Renata, la mamma di Graziella, che si è trasformata in madre coraggio chiedendo per ventinove anni una verità che nessuno è disposto, ancora oggi, a fornire; l’intelligenza acuta di Fabio, il “fratellino”, oggi magistrato; la passione di Giancarlo, che ha dedicato la sua intera vita a quella verità. Perchè con la morte di Graziella il giornalismo ha perso davvero due grandi talenti: quello di lei, e quello di suo fratello.
Questo è quello che pensavo, ma naturalmente è un pensiero privato. C’è molto altro da dire, ed è stato detto negli interventi di ieri. Per esempio, Ferruccio Pinotti, l’autore del saggio “Fratelli d’Italia” sulla P2, ha ricordato come quasi tutte le figure coinvolte nell’affare Toni-De Palo apparenenssero alla loggia deviata: il capo del Sismi, generale Santovito, il generale Giulio Grassini, capo del Sisde, Walter Pelosi, direttore del Cesis, il prefetto Mario Semprini, tessera P2 1637, capo di gabinetto dell’allora presidente del consiglio Arnaldo Forlani.
Ci fu, come dovrebbe essere noto, una spaventevole serie di depistaggi subito dopo la scomparsa di Grazielle e Italo (potete trovare documenti e articoli sul sito che Alvaro Rossi, il cugino di Italo, ha realizzato con l’aiuto di amici e familiari). Di fatto, il rinvio a giudizio di Santovito e Giovannone fu inutile: morirono entrambi. Di fatto, il segreto di stato copre ancora le responsabilità di chi ancora è vivo e probabilmente ancora influente. Di fatto, Graziella aveva scritto per Paese Sera una serie di articoli sul traffico d’armi che coinvolgevano l’Italia (” chi si occupa di traffico d’armi muore, sempre”, ricordava Pinotti”).
Quello a cui pensavo, ieri, è una copertina de Il Mondo del 1975 su cui Graziella e io abbiamo sognato e che ha, in modo diverso, deciso il nostro futuro: raffigurava un Marco Pannella in veste di Robin Hood, con uno Spadaccia che invece della lancia reggeva una penna. La penna entrò nei nostri desideri, con un significato: scrivere per cambiare il mondo, per incidere sul mondo, a testa bassa. Dopo pochi mesi, cominciavamo entrambe a lavorare a Notizie Radicali.
Dopo due anni, ed era il 1978, le nostre strade si sono separate: lei verso il giornalismo d’inchiesta, io verso la più comoda strada dell’approfondimento.
Ancora due anni, e prese l’aereo per il Libano.
Ci scrivevamo molto, Graziella e io. Nella sua ultima lettera c’era questa frase: ” e comunque agisci. Anche a vuoto, ma agisci. Non stare ferma. Mai”.
”e comunque agisci. Anche a vuoto, ma agisci. Non stare ferma. Mai”.
questa la miglior risposta a me e alle mie agitazioni mentali a proposito della difficoltà del tenersi accesi, in questo deliro vorace e omnicomprensivo in cui ‘pare’ non s’abbia la più pallida idea di dove si stia andando… grazie. e molto.
Senza parole, Lippa.
Non sapevo che foste amiche. Ti abbraccio.
Cara Loredana, mi piange sempre il cuore a leggere queste storie.
Quando non si riesce ad avere giustizia, e si scopre che lo stato stesso si mette di traverso per ostacolarti, e privarti di una legittima verità: beh, è scandaloso, e terribile. Ci sono ben poche cose peggiori.
Terribile, perché immagino dopo 30 anni i familiari, e forse anche tu – da qualche parte celata nell’animo e nello sconforto – sperare che forse, forse, i due giornalisti siano ancora vivi.
La verità sulla morte dei propri cari dovrebbe essere un diritto inalienabile.
Che strazio deve essere stato attendere per giorni, mesi, anni una notizia…
E poi è ancora più tremendo quando si muore nel tentativo di portare alla luce una verità. Anche questo è intollerabile.
(la foto è bellissima).
Grazie per la condivisione.
Un abbraccio fortissimo.
Dopo aver letto tutti i tuoi libri posso dire che hai seguito il consiglio di Graziella.