PERICOLO GIALLO: BIONDILLO VERSUS CUCCHI

Crimen   Riprendo integralmente da Carmilla l’intervento di Gianni Biondillo in risposta all’articolo di Maurizio Cucchi Il trionfo dei giallisti, apparso sul Corriere della sera.

Ho ricevuto un fax da una amica. È un articolo di Maurizio Cucchi sul Corriere della Sera di lunedì: Il trionfo dei giallisti, “falsi” letterati. Interessante, molto interessante.
La prima cosa che fa Cucchi è mettere, come dire, le mani avanti: a lui Lucarelli in tivù gli sembra bravo e “persino” simpatico. Bene. E poi, en passant, ci confessa che con tutta la buona volontà, lui, Lucarelli non l’ha mai letto. Non ce l’ha con lo scrittore, è proprio che Cucchi non riesce ad appassionarsi ai cruciverba (?), ai rebus (?), e ai gialli (scusate, sono tonto: ma cosa c’entra?).
Non riesce a leggere la leggendaria Settimana enigmistica, così come i noir o i thriller sono per lui “misteriosamente tabù”. Be’, uno potrebbe dire: “finiamola qui. Non li hai letti, non hai nulla da dire in merito”. No. Non è così. Non li ha letti, ma Cucchi ha un sacco di cose da dirci in merito.

La prima cosa è che “il genere domina”. Già. “La narrativa è fieramente occupata da giallisti e affini”. Per lui, che non riesce a leggere i gialli, deve essere proprio un problema. Poniamo che io non riesca a leggere poesie (fortunatamente non è così, fortunatamente io alla fonte di Cucchi mi sono assai abbeverato): deve essere una bella fatica per me entrare in una libreria e trovare solo libri di poesia. Già.
Mi viene un dubbio. Su certe cose sono un tipo preciso fino al maniacale, controllo la classifica delle vendite di questa settimana: dei primi dieci libri di narrativa italiani in classifica solo due (ho detto 2 non 20 o 200) si potrebbero classificare come giallo-noir: Romanzo Criminale di De Cataldo, al sesto posto, e La luna di Carta di Camilleri, al decimo. Il primo è Baricco.
No, no, è chiaro, Cucchi intendeva il dominio culturale, non quello delle vendite. Ora che mi ricordo, il suo romanzo era uno dei finalisti dello Strega di quest’anno. Il premio dei premi. L’avrà vinto il solito giallista, mi dico. Vado a controllare. Accidenti: non c’è neppure un giallista nella cinquina. E neppure nella selezione allargata ai primi 11 libri. Boh, non capisco.
Rileggo l’articolo, magari sono io che sono proprio tonto.
I giallisti, ci dice Cucchi, fanno “letteratura” in quanto, appartenendo ad un genere, “compiono un’operazione squisitamente letteraria”. “Ma” (ecco la frase illuminante) “lo sappiamo: la letteratura (senza virgolette) è un’altra cosa”. Così si chiude l’articolo.
Ho capito tutto.
Non ha senso, per ciò, che io ora gli spieghi che forse dovrebbe informarsi. Che “scoprire chi è l’assassino” come in una sciarada da Settimana enigmistica è una cosa completamente ininfluente nella letteratura noir (vedi, appunto, Romanzo Criminale). Che persino il morto può non esserci nel genere giallo (negli ultimi 3 racconti che ho scritto non c’è un morto neppure a pagarlo). È perfettamente tempo perso rammentargli che Sciascia di “gialli” ne aveva scritti sei, che La promessa di Durrenmatt è considerato un capolavoro del noir, che il Pasticciaccio brutto è un poliziesco a tutti gli effetti.
Non è di questo che stiamo parlando.
Vi dirò: non credo che Cucchi sia in malafede. Credo anzi che sia sincero. E neppure che stia dicendo una bugia. Cioè: penso che il suo assunto sia completamente indifferente sia al vero che al falso.
In questo senso è perfettamente inutile che io gli ricordi che se parlassi della poesia contemporanea citando come unico referente D’Annunzio, per poi aggiungerci: “tutto questo andare a capo non lo capisco, mi indispettisce, è per questo che non leggo poesia, ma ho molto da dire in merito”. O, altrettanto, se per parlare di fisica teorica mi rifacessi ad Aristotele e poi aggiungessi che non sopporto gli ipse dixit, insomma che se facessi questo, quanto meno qualcuno potrebbe chiedersi se io non stia dando aria alla bocca.
Quello che sta facendo Cucchi con il suo articolo è un’altra cosa. Sta dialogando, per sottintesi, con qualcuno. Lo rassicura. A quel “qualcuno” sta dicendo: “ehi, ci siamo capiti? Io lo so cos’è la letteratura, quella senza virgolette”. Non ha importanza se lo sa veramente o meno. E non mi soffermerei neppure sull’eventuale tono pretenzioso o snob. Quello che fa Cucchi, con quelle affermazioni, è dare una certa impressione di sé a un particolare auditorio.
Ormai ci sono. Mi ha aiutato nell’analisi del testo cucchiano la lettura illuminante di alcune pagine di Harry G. Frankfurt, eminente filosofo morale docente all’università di Princeton.
Le affermazioni di Cucchi sono sincere, insisto. E non sono, necessariamente false (“i valori di verità delle sue asserzioni non sono al centro del suo interesse” dice Frankfurt). Inoltre “non si cura di come stanno davvero le cose” (sempre Frankfurt). Infatti Cucchi ammette di non leggere Lucarelli e, la parte per il tutto, neppure tutti gli altri “giallisti”. E, come già detto, cerca di dare un’impressione di sé al suo auditorio. Tutte queste caratteristiche hanno una voce esatta nel dizionario filosofico di Frankfurt. Tutte le opinioni espresse da Cucchi nel suo articolo sono, a detta dell’esimio professore di Princeton, una cosa ben precisa: “stronzate”.
Ovviamente, aggiungo, dato che le dice un poeta laureato sono, per me, emerite stronzate.

Update. Correttamente, mi si chiede di postare anche l’intervento di Cucchi. Eccolo qui:

Carlo Lucarelli, quando parla alla televisione vestito di nero e muovendo con ritmo le mani, mi sembra bravo e persino cupamente simpatico. Non mi sono mai avventurato a leggerlo, confesso, perché soffro di una grave sindrome. Non so, infatti, appassionarmi a cruciverba, rebus, gialli e altre forme affini di civile intrattenimento. Anzi, la leggendaria Settimana Enigmistica – come il noir, il thriller – è per me misteriosamente tabù. Nei giorni scorsi, a Milano, lo stesso Carlo Lucarelli ha aperto «Giallo&Co», vale a dire «approfondimenti letterari, cinematografici e gastronomici» sul tema e, ancorché tentato, non ho avuto il coraggio di approfittarne, essendo un semianalfabeta del genere. Eppure il genere domina, tanto che quella del giallo sembra la struttura narrativa prevalente. Esce un film e vedi l’ immagine di un simpaticone con pistola fumante; in tv spuntano ovunque detective, poliziotti, ladri e assassini. È confortante, lo ammetto. Anche la narrativa è fieramente occupata da giallisti e affini, che tendono a staccare dalle loro opere un’ umiliante etichetta autoadesiva: «libro di genere». Se ne sentono offesi e diminuiti e talvolta danno sfogo alla loro sacrosanta indignazione con battute metafisiche: «in America non è così», «esprimiamo una società violenta», «non abbiamo una tradizione narrativa forte». Non per essere pedante, ma legandosi a presupposti fissi (stereotipi?), quelli che appunto ne determinano l’ appartenenza a un genere, i giallisti compiono un’ operazione squisitamente letteraria. Vale a dire, esistono in quanto interni a un sistema predefinito. E dunque (con le dovute, rare eccezioni) fanno essenzialmente «letteratura». Ma lo sappiamo: la letteratura (senza virgolette) è un’ altra cosa.

Maurizio Cucchi

98 pensieri su “PERICOLO GIALLO: BIONDILLO VERSUS CUCCHI

  1. Babsi, l’orecchio assoluto è la capacità di identificare le note e la loro tonalità mentre vengono suonate.
    C’è un mio conoscente, ex-leader di un gruppo punk jugoslavo e oggi tecnico del suono, che sa calcolare il numero di herz di una tua frase come: “Ce l’hai una sigaretta?”.
    In poesia, immagino che “orecchio assoluto” significhi la capacità di riconoscere immediatamente, che so, un senario (“Giuseppe Cornacchia”), o un verso martelliano (“La poltrona di Fracchia / per Giuseppe Cornacchia”)
    o (“Nabanassar scrivette al collettiv / prendete pure me, sono creativ!”).

  2. Ionesco diceva che ogni opera è poliziesca, Brecht in Scritti sulla letteratura e sull’arte fa dei polizieschi un analisi approfondita e Gramsci pure, Truffaut ama il giallo di Woolrich, e di Goodis. Chabrol idem. Hitchcock, come si può definire se non un maestro (non c’è niente di orginale, l’ha già fatto Truffaut). Di gialli erano appassionati lettori Auden, Montale (Io leggo solo romanzi gialli), Morand, Cocteau, Russell, T.S Eliot, Huxley…che cacchio ha fatto Cucchi tutti questi anni? Dove è stato? Giuro che non è polemica! Giuro. Che film ha visto? nella morsa di Ophuls, sa cos’è? Ma non è moralismo! Sono cose che t’arricreano. Sono cose meravigliose. Come fa un poeta a cantare se non ha visto lo splendido noir che è Blue Gardenia? Viale del Tramonto da dove viene, secondo lui? Ma Cucchi l’ha visto bene Viale del Tramonto? Cucchi sa chi è Vera Caspary? Niente di male. Peggio per lui.

  3. Franz prova a riattivare i commenti dal pannello di controllo del blog di splinder, magari li ritrovi (per impedire nuovi commenti basta che scegli l’opzione “solo invitati” e i commenti esistenti restano visibili).
    secondo me non si vedono più perché li hai disabilitati (ho fatto una prova col mio: scegliendo l’opzione che impedisce di commentare spariscono quelli esistenti)

  4. Wu, sono trent’anni che cerco di dirlo. proprio a lui, cucchi cucchi. (non che lo conosca bene). dai e dai, a furia di dirlo, diventi tipo gli unza unza, sai (tipo la musica di underground, kusturica)? un motivetto banale si trasforma in una canzoncina. comunque grazie.

  5. complimenti angela scarparo,
    un intervento concreto, il tuo, senza pippe.
    (però ora vado a vadere su google chi cavolo è Vera Caspary)

  6. O mamma mia!
    ad amici, conoscenti e ‘nemici’
    Wu come picchio fai a scrivere un trimetro giambico in italiano che è una lingua accentuativa????
    Esperimento neo-carducciano?
    In poesia di assoluto c’è solo Cucchi, che è assolutamente fuori dal mondo.
    GiusCo che suono bello che fa la parola ‘assoluto’, vero? Riempie la bocca d’aria, la fa vibrare d’eroiche passioni, che bellezza!
    Il romanzo è un ‘genere’, tutto il romanzo, un genere letterario.
    LA POESIA CON LA LETTERATURA NON C?ENTRA UN BEL NULLA!
    Consiglio un’attenta lettura dell’ultimo saggio di Frasca, che chiude la questione, e lo fa filologicamente in modo inappuntabile. Non sembri spocchia, è solo desiderio di comunizzare il poco che so…
    La poesia pertiene alle arti del discorso. LA poesia si pronuncia, e lo si fa sempre relativamente, interpretando.
    Cucchi con tutto questo non c’entra un bel nulla!
    un augurio di buona domenica
    lv.

  7. Grazie Sambigliong, mi becco i complimenti, ma sono realista. Lo so. Consapevole dei miei limiti so quanto vi devo. Siete voi che me l’avete provocata, quella risposta. Se non avessi saputo che la mia amica Vera ( ho di ‘Laura’ , il suo libro pubblicato da Mondadori, la prima edizione nel 1948) sarebbe stata ben accolta, se qualcuno non avesse aspettato Vera, se non ci fosse stata la non-letteratura che voi rappresentate in che inferno di cucchiaiate sarei rimasta io? Quanto, quanto avrei continuato a litigare, a sghignazzare a sfottere, a tirare le patate e le cipolle dalla platea? Ormai facevo la verduraia. E soprattutto fino a quando?

  8. Ps:
    “Cucchi sa chi è ” non è un quinario, perchè tutti i versi italiani hanno l’accento sulla penultima sillaba, dunque poichè l’ultima sillaba è tronca (/è/) si tratta di un senario, e infatti il verso suona indubitabilmente ‘pari’
    Cucchì sa / chi è
    O no?
    ma perchè siete tutti travolti da quest’insana passione neo-metricista?
    In giro c’è ‘fumo’ cattivo ;-))
    baxi
    lv

  9. “Wu come picchio fai a scrivere un trimetro giambico in italiano che è una lingua accentuativa????
    Esperimento neo-carducciano?”
    Esatto, Lello. Ne deduco che ti sei perso il mio saggetto sulla versificazione barbara in Battiato 🙂
    E’ nella sezione “Outtakes” di wumingfoundation

  10. “…ex-leader di un gruppo punk jugoslavo” (Roberto), la Unza Unza Music di Kusturica (Angela): evidentemente davanti a Cucchi ci si balcanizza. Ne sono assai felice, è buon segno.
    PS per l’elenco di Angela: come si evince leggendo i Carnets e le Lettere al Castoro, Sartre e tutta la sua cricca (Ponty, Camus ecc.) divoravano gialli e noir.

  11. Lello, mettiamoci d’accordo: o è un quinario sui generis (con l’accento spostato in avanti), oppure è un senario sui generis (senza il prescritto accento sulla seconda sillaba). Siamo in campo di barbarie, indubbiamente.

  12. Wu, semplicemente tutti versi italiani hanno un solo accento fisso, quello sulla penultima. Ne deriva che:
    un senario è un verso che l’accento sulla quinta. Se termina con parola piana avrà sei sillabe, se con tronca ne avrà cinque (è il caso), se con sdrucciola (/àncora/) sette. Tutto qui. Dunque è un senario, indipendentemente dagli accenti sul piede precedente.
    Per il Trimetro sono contento che sia in ambito ‘babrbaro’,.
    Comunque insisto: vi è presa la passione metricista? Fumo cattivo in giro?
    abbracci WU, ;-))
    ciao a tutti vado a pappa
    lello
    PS: felice di rivederti in piedi Lippa!

  13. @WU sì confesso: saggetto perso. Ma io perdo volentieri tutto quello che riguarda Battiato. Ma poiché leggo con piacere tutto quello che fai tu, me lo vado a leggere, sto saggetto su Battiato Carducciano. Ma dopo la pappa…
    lv

  14. “Wu, semplicemente tutti versi italiani hanno un solo accento fisso, quello sulla penultima.”
    Ah, tu sei un pianista-leninista. Io sono un barbaro-pedissequista. Per me il *vero* senario è solo:
    “Fràtelli d’Itàlia” o “Giusèppe Cornàcchia” o “Kapùt, il romànzo” 🙂

  15. imo, dato che cucchi pare confondere letteratura seriale di consumo (che non è un insulto), letteratura kitsch (che lo è), e operazioni consapevoli che usano “letterariamente” elementi del primo o del secondo campo (soprattutto sul livello dell’intreccio, ma non solo), è opportuno che chi critica cucchi non faccia lo stesso suo errore, immaginando che tutto sia uguale a tutto e magari attribuendo a fattori ambigui, come il piacere o una presunta pregnanza ideologica il compito di discenere.
    L’utilizzo “critico” (o implicitamente metanarrativo) di elementi del “genere” è altra cosa dall’uso consapevolmente “commerciale” degli stessi elementi, a livello della funzione sociale dell’intellettuale prima ancora che a livello di analisi letteraria.

  16. Ma certo Babsi.
    Lo Straniero non è un esempio di meraviglioso noir, per esempio? Adesso, io nella genealogia nuargiallesca a volte esegero. ma mi dovete perdonare. Uno dei ricordi più belli della mia infanzia (5/6 anni) è una stanza in cui svettano colonnati (vuota, c’erano solo queste colonne) di gialli Mondadori. Non si sapeva più dove metterli.
    Allora, meraviglia per meraviglia, tenetevi forte: la morte corre sul fiume, Ch Laughton? Si può sopravvivere senza aver visto le dita di Roberto Mitchum con su scritto H A T E?
    In quanto alla balcanizzazione, Babsi. Io vengo da Brindisi. Casomai dovrei debalcanizzarmi.
    E ancora, intimismo per intimismo riconosco: ho avuto l’impagabile fortuna di avere una madre che si leggeva Lolita di Nabokov (mi ricordo la copertina mezza dorata di Longanesi), e per proteggere noi bambini lo nascondeva sull’armadio! Quale migliore invito alla lettura? Scusate i ricordi. ma le origini delle passioni vanno svelate, quando si è in tanti ad averle.

  17. b.g. wrote
    ‘L’utilizzo “critico” (o implicitamente metanarrativo) di elementi del “genere” è altra cosa dall’uso consapevolmente “commerciale” degli stessi elementi, a livello della funzione sociale dell’intellettuale prima ancora che a livello di analisi letteraria.’

    A partire da queste considerazioni e incapace di dare risposta a una serie di domande che mi vengono spontanee sono quì a chiedere lumi a coloro che se la sentono di rispondere:
    – si sono dati casi, nella storia della letteratura (nuda, senza virgolette, parentesi o mutande) di scrittori che a partire da un uso commerciale degli elementi di un genere (o no) hanno finito per scrivere cose egregie? all’opposto:
    – ci sono casi di scrittori che partiti con intenti da montagna letteraria hanno partorito topolini?
    Se volete la mia impressione da ignorante (e non sto minimizzando o scherzando) a volte le migliori intenzioni sono tradite da un pessimo risultato e le ‘peggiori’ coronate da inaspettate innovazioni o letture. Posso tranquillamente sbagliare e mi piacerebbe sentire le vostre opinioni.
    besos

  18. spettatrice.
    imo la risposta è sì a entrambe le domande, e aggiungo ovviamente.
    è un falso problema.
    il punto non è stabilire chi è più bravo di un altro, o fare la classifica.
    si tratta di capire ciò che si ha di fronte

  19. @Wu: veramente sarei bisdrucciolo robespierrista se solo avessi ancora l’età
    Ah: nostalgia… che asclepiadei, che code di sonetti, che tmesi in macchina, alla luce della luna.
    non farmi commuovere WU!
    lv

  20. WU MING
    Scusate per OT…
    ho provato a mandarti una mail, ma il server me la respinge… sigh
    sul tuo sito ho trovato solo un indirizzo…

  21. [Angela] Lo Straniero non è un esempio di meraviglioso noir, per esempio? Adesso, io nella genealogia nuargiallesca a volte esegero…
    No, non esageri. Anche Amleto è un giallo-noir. E’ strutturato sull’inquest, sulla *inchiesta*. Dunque Cucchi rinchiuderebbe Camus e Shakespeare in una gabbia di virgolette, a pedalare come criceti sulla ruota sperando di raggiungere le vette della Letteratura? Contento lui… 😉
    [Citerei anche “Domani nella battaglia pensa a me”. Loredana mi sarà grata per averlo menzionato.]

  22. Scusate, ma sono una selvaggia e non capisco tutta questa sollevazione di popolo: gli snob ci sono in tutti i campi, volete che manchino in quello letterario? Che cosa dovrei dire io, allora, che mi sento continuamente ricordare le massime della Mastrocola, “dotta” collega che stigmatizza la letteratura di “serie B” e poi confessa di amare la De Filippi?!…

  23. Laura Grimaldi sull’inserto del Sole 24 ore di oggi fa notare che Cucchi non sa di che parla, e consiglia per Natale un bel po’ di libri: da Chester Himes a Landsale, passando per C. Link. Sarà perchè scrive gialli da anni che l’autrice afferma: “prima di discettare di cose che non sa Cucchi provasse a leggere Himes”?

  24. Mentre noi si discute di tetrametri il ‘maestro’ Cucchi non perde occasione per insultare. Un breve passaggio da una sua intervista apparsa oggi sulla rivistaccia on line Ulisse
    “Per quel poco che vedo, Internet è una cloaca. E, cosa più grave, presta il fianco a modalità comunicative assai discutibili. Uno dei punti inaccettabili è la possibilità dell’anonimia; a me hanno insegnato che una lettera anonima è un esempio di inciviltà: puoi dire qualunque cosa, però ti devi far riconoscere.”
    chi vuole può leggersela tutta qua:
    http://www.lietocolle.com/index.php?module=subjects&func=viewpage&pageid=1451

  25. Questa cosa dell’anonimato spaventa tantissimo i “non frequentanti” la rete, vedo, ma io ribadisco che i peggiori troll che io abbia mai visto si firmavano col loro nome e cognome, a cominciare dalla signora Morandi, per arrivare a certi esempi recenti. Comunque, giudicare internet con l’unico metro dell’anonimato è come sparare a zero sulla posta perché arrivano le lettere anonime, o sull’invenzione di marconi perché esiste radio padania…

  26. No. Ancora la questione dei nickname no. Sono tre anni, dico *tre* anni che questa menata prosegue. Glielo abbiamo spiegato in mille modi. Niente. Sono di coccio. Abbiamo prodotto così tante disquisizioni excursus riflessioni dibattiti sull’anonimato in rete (l’identità, la responsabilità) che ad assemblarli viene fuori un volume di dimensioni “Guerra e pace”. Basta. Dite a Cucchi che è discorso già archiviato. La prossima volta si sbrighi prima 🙂

  27. Cucchi continua a parlare di cose che non sa? Bene. Vi posso indicare il thriller di Cronenberg, ‘Una storia di violenza’ tratto da un fumetto di Wagner e Locke come un film bellissimo? Preciso, essenziale, secchissimo. Mi piacerebbe sentire qualcuno che sia appassionato al genere. Al cinema infatti, ci vanno un sacco di Cucchi e qualcuno ride. Conoscendo i Cucchi si capisce che sia l’ imbarazzo a determinare questa umanissima reazione che peraltro a me non da fastidio. Chi lo ha visto o lo va a vedere mi informa?

  28. @ VitadaProf
    Finalmente!
    Nel 2004 ho assistito a un comizio di Valentina Aprea che, tra i fischi della platea, sventolava l’ultimo libro della Mastrocola, sua musa ispiratrice. Di questa st****a ne ho parlato in un testo postato su Rekombinant (La precarietà del sapere), purtroppo RK è stato craccato, ma all’anno nuovo lo riposto, e in aggiunta scrivo un pezzo interamente su di lei.
    – Tu quoque in OT, girolamo?
    – No, non è un OT: perché se volessi davvero fare soldi e scalare le classifiche, e incollarmi il culo con l’attack alle posizioni alte, invece di scrivere romanzi non dovrei far altro che accendere il mio piccolo registratore MP3 in sala insegnanti, sbobinare il mal di pancia da cattiva coscienza dei miei colleghi (meglio: di quelli del passato) e scimmiottare le lettere a Lucilio indirizzandole a qualche animale, come fa la Mastrocola, condendole con qualche perla di saggezza sui tempi in cui era tutta campagna, le stagioni erano quelle di una volta comprese le mezze stagioni, e al cielo a pecorelle seguiva l’acqua a catinelle. Strano che un attento osservatore delle librerie come Cucchi non si sia mai reso conto delle pile di libri della Mastrocola che presidiano militarmente i banconi delle librerie.

  29. angela: “bg, scusa, ma nel giallonuar, l’elemento ‘commerciale’ è sempre stato indistricabile dal genere. ed è ciò che dà esso una dignità e una credibiltà. il fatto di parlare esplicitamente e consapevolmente di soldi, di metterli bellamente al centro della vicenda.”
    forse c’è un equivoco: io non i riferivo ai contenuti. parlando per la “letteratura seriale di consumo” di intenti commerciali, mi riferivo all’industria, e nemmeno al fatto che chiunque tende legittimamente a voler guadagnare da ciò che fa. E il discorso a dire il vero non riguarda il giallo più che la commedia o il melodramma amoroso.
    Faccio un esempio banalissimo e datato e preso da un’altra arte: nessuno di noi si scandalizza del fatto che l’ennesimo thriller in cui bruce willis salva il mondo sia un prodotto “industriale” il cui scopo è far guadagnare l’industria del cinema. Il che non significa che un tale film non possa “provocare grande piacere” in chi lo guarda (anzi, è fatto proprio a quello scopo!), non possa essere tecnicamente ben fatto rispetto ai propri scopi (cioè creare pathos – che va detto è la radice del patetico, ossia del melodramma), non possa affrontare temi “socialmente” rilevanti (nel caso dei film di willis tendenzialmente visti da destra) o non possa contenere persino anche qualche dose di ironia metanarrativa.
    Tuttavia, che a livello di “forma di produzione” e di meccanismi interni – nonché di “spettatore ideale” che evoca e pretende – sia altra cosa da, per fare un esempio magari non centratissimo ma ci capiamo, un film in cui tarantino usando meccanismi codificati del cinema “seriale” usa lo stesso willis per dire essenzialmente “altro” (cioè per fare un discorso interno alle forme, con un fortissimo intento metanarrativo, in cui usa il “cult” per parlare essenzialmente di cinema), che sia diverso è cosa che non va nascosta.
    Così come è chiaro che ci sono autori di confine che hanno lottato contro i limiti oggettivi della serialità producendo cose rilevantissime, o altri autori che con atteggiamento intrinsecamente antiseriale perché conspevolmente scelto, con prese di posizione “poetiche” in sé profondamente autoriali, hanno tuttavia nel contenuto delle proprie scelte assunto proprio la serialità come programma, vedendo in essa un prodromo, una figura pur distorta di una nuova “anonimità” ancora da venire (a volte assumendo su di sé – a volte non cogliendola – tutta la contraddizione di un tale atteggiamento)

  30. L’intelligente intervento di Gianni Biondillo mi ha spinto perlomeno ad acquistare il volumetto “Stronzate” di Harry G. Frankfurt (Rizzoli). L’ho letto e l’ho trovato illuminante. Volevo segnalarvi questo passaggio: Le stronzate sono inevitabili ogni volta che le circostanze obbligano qualcuno a parlare senza sapere di cosa sta parlando. Pertanto la produzione di stronzate è stimolata ogniqualvolta gli obblighi o le opportunità di parlare di un certo argomento eccedono le conoscenze che il parlante ha dei fatti rilevanti attorno a quell’argomento. Questa discrepanza è comune nella vita pubblica, in cui le persone sono spesso spinte – vuoi dalle proprie inclinazioni, vuoi dalle richieste altrui – a parlare in lungo e in largo di materie nelle quali sono, in grado maggiore o minore, ignoranti.

  31. Mauro, ho letto qualche presentazione del libro di Frankfurt (una su l’Unità) e mi sembra il manuale del parlare Democristiano di un tempo. Forse siete troppo giovani per ricordarli (poi, a detta di un ometto pelato erano tutti comunisti), ma, dalle esperienze che ho avuto, posso assicurare che erano capaci di parlare per tempi indefiniti senza dire alcunchè di sensato. Il problema è che sino al crollo della soglia di attenzione ascoltavi nella speranza che non fosse fuffa.
    Sembra che la madre democrista sia sempre incinta e che i suoi figli siano legione. Purtroppo, a volte, si tratta di noi stessi, ehm
    besos

  32. Bisogna sempre stare attenti se non si vuole dire stronzate
    perché l’ignoranza è sempre tanta
    quindi ho già detto troppo e taccio 😉
    mauro

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