PICCOLE STORIE IGNOBILI

Ci ho pensato, anche perché i commenti di ieri non mi hanno lasciata indenne, e rilancio.
Uno degli intervenuti ha scagliato il proprio anatema sulle donne che interrompono la gravidanza. Accade e accadrà, da quando i foglianti hanno intrapreso la loro battaglia pro life.
Quel che accade inoltre, e che davvero è un tema sotterraneo, è che alle donne si impedisce, in Italia, di abortire.
Ho già citato il libro, preziosissimo, di Chiara Lalli, C’è chi dice no. Leggetelo e diffondetelo. Chiara Lalli ci ricorda che gli aborti clandestini sono passati da circa 55.000 mila del 1988 agli oltre 77.000 del 2007. Che la legge 194 viene svuotata dall’interno, con la moltiplicazione degli obiettori di coscienza. Ci riferisce dell’indagine della CGIL Lombardia sugli ospedali regionali: su 546 ginecologi, gli obiettori sono 361, i non obiettori 146. In dieci ospedali i ginecologi sono tutti obiettori.
Racconta storie. Come quella, atroce, di Margherita, che dopo la morte della sua bambina, a dieci mesi, resta incinta (è il 2007) ma si sente diagnosticare una trisomia 13, che porterebbe alla morte del neonato entro poche settimane. Deve interrompere la gravidanza che ha superato la dodicesima settimana. Va al San Giovanni di Roma. Viene sottoposta a un calvario vero e proprio, uno slalom fra obiettori, una orribile induzione accanto alla sala parto fra i vagiti dei bambini, ostetriche che le chiedono se vuole salutare il feto e fargli un funerale, medici obiettori  che però, da privati cittadini, hanno cercato colleghi non obiettori per interrompere la gravidanza della moglie.
Ecco, leggetelo. Magari stateci male. Ma sappiate che quello che è un doloroso diritto, ma un diritto, delle donne oggi non è quasi più attuato.

58 pensieri su “PICCOLE STORIE IGNOBILI

  1. Non smetterò mai di dirlo. è la società del maschio in cui ogni cosa, religione compresa, è stata costruita a sua immagine e somiglianza. Chi nega il problema o è cieco o non si rende conto del divario che c’è fra i maschi eterosessuali e tutte/i coloro che non lo sono. Quello dell’aborto è un tema delicatissimo che la cattiva politica fatta di piccoli uomini e piccole donne ha traformato in un arma contro le donne. Quotifianamente dobbiamo subire umiliazioni di ogni genere, parlo anche da omosessuale, in questo paese che è sempre più triste e meno umano.

  2. Marino, ti assicuro che il fatto che le donne non possano esercitare il sacrosanto diritto alla propria autodeterminazione biologica indigna anche molti eterosessuali maschi (per fortuna).

  3. La legge 194 è imperfetta, ha funzionato bene, negli anni, per eliminare il grosso degli aborti calndestini, ma contenendo in sé gli elementi per il suo stesso sabotaggio – l’obiezione di coscienza senza limite di tempo – andrebbe aggiornata, da un lato per chiudere con questo capitolo – per quelli che non vogliono praticare interruzioni ci sono altre specializzazioni o le cliniche private – e dall’altro per l’attuazione reale del sostegno alla maternità attraverso i consultori e le politiche sociali. Detto così sembra semplice, se non fosse che a toccare la 194 si corre il rischio di vedersela completamente cancellata a favore di una legge che ci riporta alla criminalizzazione dell’aborto, sulla carta e non solo nella prassi come in questo momento. Data anche l’esperienza attualissima con la pillola del giorno dopo e l’introduzione della Ru486, osteggiate in ogni modo, soprattutto cieco e ottuso.
    C’è qualcuno, a parte i collettivi femministi, singole persone attente, e Laiga che se ne occupa? Scritto così sembriamo in tanti ma, l’aggressività di chi strumentalizza a scopo politico questo diritto – che attiene strettamente al riconoscimento della donna come essere umano – e dei vari movimenti clericofascisti, in questi anni ha imbarbarito il clima e reso difficile la discussione e la soluzione del problema, che per chi la morte delle donne per aborto clandestino la conosce da vicino, non solo come racconto dei tempi andati – ma quanto sono andati? – è proprio avvilente.

  4. La padrona di casa avrà avuto modo di vederlo – e chiedo il suo permesso di linkarlo qui in caso – ma i commenti usciti su un blog che recensiva il libro della Lalli danno uno spaccato “agghiacciante” dei pareri di una parte dei medici, obiettori e no. Di fatto – non tutti – rivendicano il diritto all’obiezione come non trattabile. Così una legge, di certo perfettibile, viene abolita de facto senza che alcuno si prenda la responsabilità politica di farsi carico di un cambiamento – un pessimo cambiamento ma almeno si svolgerebbe un dibattito aperto. Di più, immagino qualcuno/a – giace in Parlamento una legge per estendere l’obiezione ai farmacisti per la contraccezione del giorno dopo. Al momento -anche se ampiamente esercitata in Italia – questa è illegale.
    Mi chiedo – e chiedo a voi – se è il caso di pensare a una class action contro le strutture, che non garantiscono il rispetto di una legge dello Stato. Perché dansi casi di medici assunti come non obiettori che il giorno dopo obiettano e niente si può fare.
    So che per le donne le interruzioni di gravidanza non sono mai un passaggio facile tuttavia – nel rispetto dei sentimenti e delle emozioni di ciascuna – credo dovremmo anche smettere di spiegare quanto e se è doloroso per noi sottoporci a tutto ciò. Dobbiamo sempre chiedere scusa?
    A titolo personale – non credo sarei riuscita a farlo ma bisogna trovarsi nelle situazioni per decidere se bere o no l’acqua di quel pozzo. Quindi sta battaglia ci riguarda tutta – chi non abortirebbe mai e chi, invece, sì. Perché l’altra opzione è di finire o di mandare altre sui tavoli delle neo mammane.

  5. Non siamo affatto tanti, e troppo spesso l’attenzione su questo punto viene meno (anche perché, ahinoi, i punti di emergenza sono tantissimi).
    Concordo con Chiara Lalli sul fatto che l’obiezione andrebbe vietata, punto. Ma bisogna rialzare la testa, unirsi e chiedere fatti. Dal momento che fin qui la questione “pari opportunità” sembra davvero all’ultimo posto nelle politiche governative (la solita questione dei due tempi. Uno per la finanza, uno per i diritti).
    Barbara, quale blog?

  6. Il blog sull’epidurale di Paola che ha recensito il testo della Lalli – il commentarium dei medici è un vero e proprio obbrobrio (anche se la padrona di casa è del tutto incolpevole, of course)

  7. Al di là dei discorsi sull’aborto in sé, penso che l’obiezione di coscienza non dovrebbe essere permessa negli Ospedali pubblici.
    I medici cui la propria religione non consente di praticare aborti, dovrebbero lavorare nei tanti Ospedali proprietà di enti religiosi.

  8. Colpa dei ciellini di merda che ammorbano scuole, ospedali e mezzo mondo. Elitari, settari, ma abilissimi nel reclutare persone nuove. E nel fottere la vita a tutti gli altri.

  9. Per inciso, sono d’accordo, l’obiezione andrebbe vietata in toto, essendo illogica. L’altra opzione è morbida e concessiva, sarebbe solo un modo, iniziale, per spostare altrove tutti quelli che in questo momento si pongono il loro problema religioso – considerando questi anni, dall’entrata in vigore della 194 a oggi, la finestra per il passaggio da un sistema all’altro (!). Ma lo so che è una “premura” di troppo.

  10. Ai tempi in cui fui chiamato alle armi, l’obiezione di coscienza ti spalancava le porte del carcere, o quanto meno ti obbligava ad arruolarti nei Vigili del Fuoco; in nessun caso potevi fare il militare senza sparare.
    I medici cosiddetti obiettori non dovrebbero poter esercitare nelle strutture pubbliche, ma solo in quelle private.

  11. Fatto benissimo sono io che avevo postato il link sbagliato. Copio e riporto qui una delle storie raccolte da Chiara Lalli ed esposte in quel thread:
    “Anestesia di un obiettore?
    Nell’estate del 2008 una donna entra nel reparto di Ostetricia e ginecologia del Niguarda di Milano per una interruzione di gravidanza: il feto è affetto da una grave patologia. È spaventata e sofferente, ma il peggio deve ancora arrivare (Paola D’Amico, Aborto, anestesista obiettore rifiuta di ridurre il dolore, Il Corriere della Sera, 17 luglio 2008, p. 23): “Il medico anestesista di turno, dichiarandosi obiettore di coscienza, si rifiuta di alleviare il dolore a una giovane donna ucraina, che ha subito un aborto terapeutico per malformazioni del feto. È accaduto nei giorni scorsi all’ospedale milanese Niguarda. La donna viene ricoverata e l’8 luglio entra in sala parto. È quasi alla 22esima settimana della sua prima gravidanza. Le vengono somministrati i farmaci per indurre il travaglio abortivo. Lei urla per il dolore. Soffre molto, chiede aiuto. Ma l’anestesista si fa da parte: il feto è ancora vivo. «Non posso somministrare analgesia, sono obiettore», si giustifica”.
    L’articolo 9 prevede però l’esonero “dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente24 dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”. La somministrazione di analgesici non è una procedura “specificamente e necessariamente diretta a determinare l’interruzione della gravidanza”. Se i fatti sono quelli riportati, l’aborto è stato effettuato ricorrendo all’induzione del travaglio (probabilmente per mezzo della somministrazione di prostaglandine), e riesce impossibile considerare l’analgesia come un anello causale del processo di espulsione del feto. La procedura standard per una revisione cavitaria uterina alla 22a settimana gestazionale segue la stessa procedura, sia che il feto sia vivo o che sia già morto. A somministrare i farmaci per indurre il travaglio abortivo è il ginecologo, mentre la somministrazione degli analgesici maggiori e degli anestetici, quando il ginecologo certifica che ve n’è l’indicazione, spetta all’anestesista. L’analgesia non può essere considerata una concausa dell’interruzione di gravidanza: gli analgesici somministrati per un aborto con feto vivo sono gli stessi che si somministrano per un aborto con feto già morto.
    Forse l’anestesista ha pensato che l’analgesico potesse danneggiare direttamente il feto, causandone la morte? Non sembra verosimile. Viene in mente piuttosto che l’obiezione di coscienza sia stata usata come scusa per non sedare il dolore. Perché, forse, c’è dolore e dolore: uno legittimo e uno illegittimo che non merita sedazione. Considerando che in Italia il dolore è ancora e troppo spesso vissuto come un sopportabile effetto collaterale e non come un sintomo da trattare, è abbastanza verosimile che se a questo si aggiunge la convinzione che quel dolore te lo sei cercato (abortendo) e te lo meriti (abortendo), la conclusione è che te lo tieni. Tuttavia invocare l’obiezione di coscienza per una azione – sedare il dolore – che è difficile considerare immorale suscita perplessità. Quale valore può essere richiamato a favore della sofferenza? La domanda deve essere formulata in un contesto medico, e non meramente esistenziale e personale: in quest’ultimo ognuno può scegliere se e quanto soffrire, se considerare la sofferenza come un modo necessario per crescere, avvicinarsi a dio, espiare colpe vere o presunte. Ma in un contesto clinico, quale può essere il valore della sofferenza, a parte di quella iniziale che ci permette di capire che “qualcosa non va”?
    A 22 settimane una interruzione di gravidanza è abbastanza dolorosa. Non si dimentichi che la decisione di interrompere una gravidanza per gravi malformazioni fetali è molto pesante emotivamente. L’ansia e il dolore della decisione possono esasperare il dolore fisico. Ma l’anestesista è obiettore di coscienza: secondo lui l’aborto è un male e lui non vuole immischiarsi. Ma non gli è stato chiesto di eseguire l’interruzione di gravidanza, ma di fare il suo lavoro: ridurre la sofferenza fisica dei pazienti. E lui si tira indietro. Ognuno può avere una personale considerazione morale della vicenda. Quella legale, però, sembra essere univoca e abbastanza chiara. L’anestesia non è in alcun modo “abortiva”.
    La donna intanto urla per il dolore; il marito è infuriato, minaccia di portarla in un altro ospedale. È Maurizio Bini, primario di ostetricia, a intervenire facendo una iniezione di morfina alla donna. Bini chiederà al comitato bioetico dell’ospedale di esprimersi sulla vicenda: obiezione legittima o omissione di un atto dovuto? Nonostante gli sforzi per avere una risposta non mi è stato possibile sapere se e come ha risposto il comitato. Non è chiaro nemmeno se il comitato esiste o è solo un nome da invocare quando tira una brutta aria. “

  12. Cara Loredana so bene che tante volte ci hai chiesto di non considerare le nostre esperienze personali come verità inviolabili da cui trarre giudizi sommari. Inoltre non sono solita trarre da queste conclusioni riguardanti un’ intera categoria (In questo caso i medici), lo trovo quantomeno generalista e scorretto, eppure…
    eppure è proprio perché negli ultimi tre mesi ho girato diversi ospedali che non riesco a leggere episodi come quello che hai riportato senza perdere il controllo. Non credo di avere abbastanza forza e lucidità per andare a leggere i commenti dei medici sul blog di Paola. non credo di poter sopportare oltre deliri di onnipotenza e omissioni ingiustificabili giustificate.
    ora per essere obiettori di coscienza mi pare essenziale possederne una di coscienza, ecco quando avrò la certezza che mi trovo di fronte a medici preparati e umani, e non a “portatori sani” di una finta morale malata, allora potrò confrontarmi con la categoria con un’ altro atteggiamento. Fino ad allora per l’anestesista di cui racconti e per i colleghi che ho conosciuto personalmente ho una sola parola:mostri!
    Scusa lo sfogo Loredana!

  13. “L’obiezione andrebbe vietata”
    State scherzando, vero?
    Non è che volete sostituire un fanatismo religioso con un altro?
    Ogni ospedale pubblico deve garantire la presenza di non-obiettori perchè le donne possano esercitare un diritto che è loro riconosciuto dalla legge.
    Punto.
    Tutto il resto è prevaricazione inaccettabile, da una parte e dall’altra.

  14. Non scherzo affatto. Ti copio questo intervento, sempre di Chiara Lalli, in cui mi riconosco virgola per virgola:
    “Provate a domandarvi: «Chi sono gli obiettori di coscienza?».
    In molti mi hanno risposto: «I medici che non vogliono eseguire aborti per ragioni di coscienza». La risposta è parziale e approssimativa.
    C’è di mezzo anche una questione anagrafica: oggi, al contrario di qualche tempo fa, di obiezione di coscienza si parla soprattutto in campo sanitario. Inoltre l’interruzione di gravidanza è uno dei temi più controversi dal punto di vista morale.
    La risposta però è soprattutto l’effetto di un profondo cambiamento semantico avvenuto in questi anni. Questo cambiamento è stato consacrato quando il diritto all’obiezione di coscienza è entrato come diritto positivo nelle leggi italiane: prima con il servizio civile alternativo alla leva, poi con la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza e la legge 40 sulle tecniche riproduttive.
    Fino ad allora chi sceglieva l’obiezione di coscienza si opponeva a una legge, a un divieto o a un’imposizione. Era un reo. Poi sono stati tracciati dei confini legali. Una specie di riserva in cui gli obiettori potevano essere addomesticati. L’obiezione di coscienza è entrata nel sistema normativo e l’obiettore, seppure a certe condizioni, è stato autorizzato dalla legge.
    Questo non significa che l’oggetto dell’obiezione di coscienza non possa intrinsecamente essere permesso dalla legge (dipenderà dall’oggetto stesso e dalle sue implicazioni), ma se la rivendicazione ci appare giusta dovremmo chiamarla in modo diverso quando la legge la permette: libertà, opzione, facoltà.
    Il primo disappunto è quindi formale, terminologico, ma intrecciato strettamente e inevitabilmente all’aspetto semantico.
    Qual è il significato originario dell’obiezione di coscienza?
    L’obiezione di coscienza è un esempio illuminante dei rapporti tra le scelte individuali e le leggi dello Stato; tra l’ambito normativo e lo spazio della nostra morale. La libertà di scelta altrui non è minacciata dalla decisione dell’obiettore genuino, se non in un senso debole per cui ogni nostra azione riguarda anche gli altri. Il conflitto non è tra un singolo e l’altro, ma tra un singolo e l’obbligo di rispettare un divieto o un ordine la cui violazione non lede il diritto di qualcuno in senso forte. Non è un diritto positivo, ma un modo per «sottrarsi» – in via eccezionale – a una qualche norma. Anteporre un dovere morale a una legge comporta però un prezzo da pagare, spesso molto alto. L’obiezione di coscienza, inoltre, è un’azione pacifica e individuale.
    Se l’obiezione fosse autorizzata da una legge, smetterebbe di essere obiezione di coscienza e diventerebbe un’espressione della libertà individuale. In questo dominio, sarò un vero obiettore se la legge prevede soltanto x e io compio y oppure non compio x; se la legge prevede sia x che y (o z e così via) non farò che esercitare la mia libera scelta prevista e garantita dalla legge. La questione non è, ovviamente, meramente terminologica.
    Il profilo dell’obiettore ha infatti subìto negli ultimi anni un vero e proprio stravolgimento e oggi l’obiezione di coscienza è spesso usata, senza troppi complimenti, come un ariete per contrapporsi a diritti individuali sanciti dalla legge. È frequente che lo scontro sia tra un singolo e l’altro: «I medici che non vogliono fare aborti per ragioni di coscienza» entrano direttamente e personalmente in conflitto con le donne che richiedono quel servizio previsto dalla legge 194.
    La manipolazione del suo significato è compiuta: l’obiezione di coscienza è spesso brandita come arma contro l’esercizio delle singole volontà. È un destino buffo per uno strumento dal sapore liberale e libertario, più affine all’individualismo e alla disobbedienza civile che all’autoritarismo e al moralismo legale.
    Antigone è un’incarnazione esemplare dell’obiezione di coscienza. Antigone è la protagonista dell’omonima tragedia di Sofocle. Non è importante qui affrontare la sterminata letteratura critica in merito né analizzare le diverse versioni che la figura di Antigone assume nelle rappresentazioni successive. Ciò che è interessante è la sua scelta come esempio di una genuina obiezione di coscienza, cioè come opposizione di un singolo a una legge giudicata ingiusta e disumana, un’opposizione solitaria e rischiosa perché contraria all’ordine costituito. Antigone disobbedisce a Creonte e rivendica la sua scelta, accettando di pagarne le conseguenze. Non indagherò a fondo nemmeno il conflitto tra Antigone e Creonte inteso come conflitto tra due visioni inconciliabili del rapporto tra la morale e il potere. Alla domanda «chi ha ragione?» Giuliano Pontara ha proposto tre possibili interpretazioni. In una delle tre, Pontara sottolinea un aspetto centrale dell’obiezione di coscienza: accettare le conseguenze delle proprie scelte.
    Non è tanto alla politica in quanto tale che Antigone dice di no, quanto piuttosto alla concezione della politica e al modo di far politica propri di Creonte. Ciò che essa rifiuta è la politica come realpolitik e quello che fa valere contro Creonte è che egli avrebbe potuto e dovuto dire di no, non alla politica, ma ai metodi con cui scelse di praticarla nel momento preciso in cui decise di ricorrere alla pena di morte e alla violenza.
    L’opposizione di Antigone al divieto e il suo rifiuto di sconti della pena o di trattamenti di favore sono due condizioni necessarie per definire il suo comportamento come obiezione di coscienza. Dopo la morte di Edipo la reggenza di Tebe è affidata ai suoi due figli, Eteocle e Polinice. I piani però non vanno come previsto e Polinice, appoggiato da Argo, cerca di eliminare il fratello per impadronirsi del potere. La guerra civile insanguina Tebe e i due fratelli finiscono per uccidersi l’un l’altro. Creonte, fratello di Giocasta, prende il potere.
    La pace è ancora minacciata dai ribelli, seppure rimasti senza Polinice. Creonte emana un editto in cui vieta di dare sepoltura al suo corpo: i traditori non possono avere gli onori funebri. La pena per chi disobbedisce è la morte. Lo scopo del tiranno è quello di tenere a bada i rivoltosi e di garantire la pace a Tebe:
    Ritornò per ardere la terra / ch’era sua, con i templi degli iddii / ch’eran suoi, dissetandosi d’un sangue / ch’era il suo sangue, a trascinare schiavi / i cittadini, Polinice io dico, / vuole il mio bando che non sia sepolto / da nessuno, né pianto, e lo si lasci / alla fame dei cani e dei rapaci, /corpo nudo di tomba, inconoscibile / per lo strazio sofferto.
    Ma qualcuno ha sepolto il corpo, lo ha cosparso di cenere e gli ha tributato i rituali funebri. È talmente spaventoso violare il bando di Creonte che la guardia che va ad avvertirlo deve farsi forza per parlare, consapevole che spesso chi porta una brutta notizia, pur non essendone responsabile, è investito dall’ira e dal disappunto che la notizia causa.
    Il primo sospetto è che qualcuno sia stato pagato da un nemico del governo. Creonte minaccia la guardia: se non scopre il colpevole sarà lui a essere ritenuto responsabile.
    È la stessa guardia a consegnare Antigone poco dopo. Per smascherare il responsabile, accompagnato dai suoi compagni, aveva scoperto nuovamente il corpo di Polinice, lasciandolo esposto agli animali e alle intemperie. E, nuovamente, Antigone era tornata a coprirlo con una manciata di arida polvere e a celebrare i riti funebri. Eccola dunque la colpevole che per ben due volte aveva commesso l’atto proibito. «E fu gioia per me, ma fu dolore / insieme: uscir di pena, è la più lieta / cosa; ma triste è spingere alla pena / quelli che amiamo» dice la guardia consegnando la fanciulla a Creonte.
    Il dialogo tra Antigone e Creonte lascia emergere l’opposizione tra i due. Creonte chiede alla nipote se quanto ha raccontato la guardia è vero e se sapeva del divieto. La ragazza conferma l’accaduto e la conoscenza del divieto. Come non sapere? Tutti sapevano. Le leggi di Creonte però non sono abbastanza forti «da rendere un mortale / capace di varcare i sacri limiti / delle leggi non scritte e non mutabili. / Non son d’ieri né d’oggi, ma da sempre / vivono».
    Creonte è indispettito dal fatto che la fanciulla non solo abbia violato la legge – azione già di per sé molto grave – ma rivendichi anche la nobiltà del suo gesto.
    Il legame di sangue che c’è tra il tiranno e Antigone non basta a cancellare la colpa della disobbedienza. Né il dolore che arrecherà al figlio Emone, promesso sposo di Antigone. «Che levi pure a Zeus, / protettore dei vincoli di sangue, / gl’inni di rito, lei: se nella cerchia / della famiglia educherò ribelli, / che sarà degli estranei? Diritto / coi familiari, ai cittadini giusto / apparirò.» Antigone non è affatto spaventata, anzi: la morte è preferibile al sopportare l’idea che l’amato fratello rimanga insepolto. D’altra parte la posizione di Creonte non potrebbe essere più chiara (e coerente): chi viola la legge deve pagare. E chi governa deve essere obbedito senza eccezioni, sia che si pensi che gli obblighi siano giusti, sia che si pensi che siano ingiusti. Disobbedire è la piaga peggiore, un attentato all’esistenza stessa dello Stato.
    La scelta di Antigone e la sua azione rimarranno come sfondo nel corso dell’analisi dei moderni obiettori. Seguirò il percorso del riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza: quello tortuoso del servizio civile, quello in campo medico e quello per la sperimentazione animale.
    In tutti questi casi permane la mia perplessità sulla scelta di usare la stessa espressione per azioni profondamente diverse. Quanto alla possibilità di permettere per legge un’eccezione, la legittimità dipende dalle ragioni e dalle conseguenze di quell’eccezione. Entrando nel merito dei contenuti e degli effetti delle varie obiezioni legali, la più controversa oggi è quella prevista dalla 194 perché pone in conflitto profondo due individui e due coscienze. Il conflitto rischia di diventare un vero e proprio sopruso in assenza di alcune condizioni. L’ulteriore particolarità dell’odierna obiezione di coscienza in campo sanitario sta nel fatto che l’obiettore non ha oneri compensativi: anzi, chi obietta all’interruzione volontaria di gravidanza spesso ottiene riconoscimenti e approvazione.
    Indubbiamente anche l’obiezione di coscienza alla leva ha avuto un percorso controverso e doloroso, segnato da ingiustizie e paradossi. Ma tra questo caso e l’obiezione in campo sanitario esiste una differenza profonda, che impedisce paragoni affrettati: l’obbligo di leva riguardava tutti i cittadini, l’eventuale obbligo di eseguire interruzioni di gravidanza (o altre richieste in campo sanitario) è condizionato dalla libera scelta di fare il medico. Ogni scelta professionale comporta anche dei doveri e alcuni di questi possono senza dubbio esserci sgraditi, ma non per questo sono meno doverosi.
    Da un lato l’addomesticamento dell’obiezione e dall’altro l’uso offensivo della coscienza hanno portato a dimenticare chi sono i veri obiettori e a colpire la libertà e i nostri diritti in modo sotterraneo, forse perché sarebbe troppo impopolare farlo apertamente. La dissimulazione è compiuta. Come dice Orgone a proposito di Tartufo:
    L’ho fatto per un grave motivo di coscienza. / […] Per poter scagionarmi, nel caso di un’inchiesta, / Avendo sottomano pronta una scappatoia, / Che dava alla coscienza la piena sicurezza / Di negare, giurando, tutta la verità.”

  15. @valter ma per favore! Ma quale fanatismo religioso!
    Uno non è costretto a diventare medico, se pensa che l’aborto sia una cosa immorale può andare a fare il meccanico, nessuno lo costringe ad avere a che fare con donne che abortiscono.
    Non c’è alcuna prevaricazione nel volere che in un ospedale pubblico le persone che ci lavorano facciano il loro mestiere e rispettino la legge!
    L’obiezione andrebbe vietata perché è un modo scorretto e immorale di violare la legge.

  16. @valter non si tratta di fanatismi religiosi, si tratta della solita furbizia all’italiana, sai quanti medici si dichiarano obiettori di coscienza per avere turni più leggeri e non essere costretti a garantire la presenza di non-obiettori come scrivi tu? fidati la vera prevaricazione è quella fatta sulla pelle delle donne.
    Se provo rispetto e compassione per un feto come posso non provare rispetto e compassione per una donna sofferente?

  17. Se si riferisce a quello che ha detto Gino, Gino non ha scagliato anatemi. Non ha detto che l’aborto non è un doloroso diritto. Non ha nemmeno detto che chi abortisce lo fa perché pensa che il microbo umano sia un prolungamento del corpo della madre, cioè una cosa in suo possesso.
    Ha detto che le donne, e gli uomini, possono pensare che lo sia, ma che questo non basta a determinare la scelta. Semmai, a posteriori, a giustificarla. E non è detto che ci si creda davvero.
    Gino ha detto che un legame affettivo che si trasforma in un legame fondato sul possesso non è soltanto proprio a quella relazione particolare che noi chiamiamo innamoramento e amore e che altri definiscono ossessione e affetto, che si instaura fra uomini e donne, ma anche fra uomini e uomini e donne e donne. Un legame affettivo che si trasforma in un legame fondato sul possesso è proprio anche alle relazioni fra madri e figli, padri e figli, amici e amici. Nel caso, l’obbligazione d’amore si trasforma in un contratto scambio quando va bene, in un obbligo che l’altro deve adempiere quando va male. E questo vale anche per il legame fra madre e microbi umani che vivono nel ventre materno. La vita inizia con un dono, e questo dono rimane al dono stesso, che è l’essere umano. L’essere umano non ci appartiene. Rivendicare la proprietà di un dono come l’amore non è mai una bella cosa, e se si tratta del dono della vita, ancora meno. Perché il dono e l’essere umano sono la stessa cosa, non si può dirne una senza mettere in discussione il resto. Cioè sia il dono sia la libertà dell’essere umano che c’è a prescindere da quello che può o non può dire. Di sicuro il microbo umano non può persuadere e indurre nessuno a rispettare la sua libertà, perché è un debole. E’il debole. Se si iniziano a mettere in discussione questo si finisce a mettere in discussione il resto. Proteggere i deboli, il dono e la libertà. E’soltanto un privilegio di oggi, quello di nascere in un mondo dove c’è ancora gente che non ha paura di dire qualcosa di assurdo e di vero. Non lo dico io, non lo dice il Papa, l’ha detto, non parlando di privilegio, naturalmente, Vattimo. E Vattimo non è un fogliante. E Vattimo ha detto: attenzione, siamo ancora in un’epoca cristiana, quindi possiamo permetterci le libertà che vogliamo, soltanto perché ancora esistono le influenze culturali che agiscono in noi ponendo limiti alle nostre pretese! Ovviamente Vattimo non è preoccupato di un’assenza di limiti. Sono io che l’ho messa così.
    Il fatto che il dono della vita non sia un dono d’amore è ininfluente, anzi, il dono della vita è qualcosa che non ci appartiene, che non appartiene a nessuno tranne a chi è il dono. Che esista una legislazione chiara e precisa, in Italia, dimostra quello che ho detto. Non si è fatta una legge per la libertà di decidere quello che pare, ma una legge per tutelare la vita delle donne. Non una legge per tutelare la libertà di scelta delle donne. Ma per tutelare il dono che è la madre, la sua vita. La vera libertà: il dono, lei e il suo dono, il dono che non può essere determinato da nessuno. La cosa è molto diversa da quello che si dice comunemente. Anche perché una legge così, per il male minore, non vuole affermare che esista davvero una libertà di decisione della donna sull’altro essere umano, come pretende chi fa finta di non capirla e si dimentica perché è stata fatta. La donna non possiede neanche l’essere umano deforme, benché la legge glielo conceda. Il potere la legge lo concede per evitare una pratica pericolosa e non per affermare una verità che non c’è.
    Però non si dice quello che ho detto, comunemente, perché la libertà della donna è anche la stessa del microbo umano, e perciò è preferibile parlare di scelta piuttosto che di libertà di essere se stessi (la qual cosa comprende anche quella di non essere manipolati per conto di qualche azienda farmaceutica, prodotti in serie per essere usati come cura per le malattie di una vecchia signora o per essere abbandonati nei frigoriferi).
    Forse era troppo presa dal mio narcisismo per accorgersi che quello che ho detto non era affatto un attacco alle leggi di questo paese, che secondo molti sono sicuramente migliori di quelli di altri paesi, come l’Iran o l’Arabia Saudita.
    Per quanto riguarda gli obiettori: c’è qualcuno che dice no anche fra i medici. La libertà di coscienza è un’altro dono. Una di quelle cose che non sono in possesso di nessuno tranne che di chi la coscienza ce l’ha. Come la libertà di coscienza è in possesso della madre, così lo è del medico. I dittatori non ci piacciono, anche se sono madri, anche se provano dolore, anche se hanno ragione. La legge tutela la libertà, non la dittatura. E la legge che tutela la dittatura, a noi esseri umani liberi, non ci piace. Se a molti medici non va di far abortire le donne, così è: si trovino altri metodi, si diano pillole che non mettano a rischio la vita delle madri nel rispetto della legge sull’aborto.
    Comunque, purtroppo, cambia davvero poco, o cambia molto se si pensa che vivere cambi l’essere umano, essere fatto fuori come un feto, cioè un piccolo essere umano alla tredicesima settimana, sbudellato o avvelenato nel ventre materno, o lasciato vivere quello che la vita gli ha dato, dentro una capsula di vetro, lì morendo o morendo fra le braccia della madre, qualche anno dopo. La legge lo permette. Si trovi un modo che non sia un dettato. La madre può farlo nascere e abbandonarlo, se non trova il modo.
    Detto questo, lo sa anche lei, Lipperini, che l’aborto è una delle pratiche use agli stati totalitari per liberarsi della femmina in arrivo. Quelli sì che sono femminicidi, altro che. Soppressa, in quanto femmina. Questa è la pratica. Altro che influenze culturali e induzioni di sorta.
    Prima di lamentarsi dei funerali, si guardino le immagini delle fosse comuni dei feti. Perché la verità non è sconveniente. La verità non è conveniente soltanto per chi ha costruito la propria idea su una balla. Allora è meglio che lo spiffero d’aria arrivi, così magari ha ancora il tempo di trovarne una vera.

  18. Gino, a dire il vero non ce l’avevo con lei, prima. Non su questo punto, ma per tutto quanto già detto nel post di ieri. A lanciare anatemi era un difensore di Costanza Miriano.
    Adesso, però, sì.
    (meno terza persona, meno malintesissima letteratura, se accetta un consiglio: malintesissima, ribadisco. E ribadisco quanto detto ieri: si vergogni per essere venuto a togliere i suoi sassolini dalle scarpe in una discussione sulla morte di una donna. Se ci riesce)

  19. Certo su Antigone sono stati versati fiumi d’inchiostro.
    Io uso la tragedia di Sofocle (riassunta per sommi capi) per illustrare il dibattito su “physis”(legge di natura, o costume, o tradizione) e “nomos” (legge dello Stato) che attraversò l’Atene del V-IV secolo a. C.
    D’altro canto sono stato obiettore di coscienza nei confronti del servizio militare, ormai quasi trent’anni fa, e ho ottenuto di svolgee servizio civile sostitutivo che per mia scelta ho protratto a 12 mesi anche se per lentezze burocratiche nell’accoglimento della domanda avrei potuto cavarmela con otto.
    Il pezzo di Chiara Lalli, mi spiace Loredana ma contiene distinzioni che mi risultano incomprensibili prima che non condivisibili. Semplicemente: l’oggetto dell’obiezione di coscienza non è un diritto altrui ma l’obbedienza soggettiva a una legge dello Stato. Infatti l’obiettore non impedisce che altri ginecologi pratichino l’interrruzione di gravidanza e, come ho detto, la sua presenza ESIGE che la struttura ospedaliera assuma medici non obiettori. Poi so bene che esistono forme varie di mimetismo, paraculaggine e biechi interessi vari (vivo in Lombardia, dove CL si è praticamente mangiata la sanità pubblica e privata e immagino in quali contorsioni debba prodursi chi viene assunto da un sodale di Formigoni), ma queste sono storture che vanno eliminate garantendo un diritto, non eliminando l’obiezione di coscienza, che è un elemento di civiltà. A chi poi sostiene che l’obiettore non dovrebbe fare il medico ricordo che la finalità della medicina è curare e salvare vite, e il giuramento di Ippocrate è più antico della 194.

  20. Walter, santa pazienza, ma che resta da fare? La legge ha i suoi anni: chi si è specializzato o si sta specializzando in ginecologia (e affini, tanto negli ospedali potranno obiettare anche i gestori dei bar e rifiutare il cappuccino alla sventurata di turno) sa che nel suo lavoro potrebbe capitargli un’interruzione volontaria di gravidanza. Se non se la sente, potrebbe bene cambiare specializzazione. In alcune zone del paese è di fatto impossibile avvalersi della legge – da qui una dolorosa transumanza di donne da Regione in Regione. Gli obiettori/trici hanno abolito la 194 senza alcun referendum, dibattito parlamentare o altro strumento democratico.
    Questa legge non trascina persone desiderose di figliare a un aborto forzato: permette solo a chi lo desidera di interrompere una gravidanza non voluta. Quindi ospedali senza obiettori non cambierebbero in alcun modo il numero degli aborti. Mi rendo conto che c’è chi considera questo gesto un omicidio – facessero pace con chi la pensa diversamente. Soprattutto evitando di imporre uno stile di vita e di pensiero a chi non lo condivide.
    Oltretutto sta coscienza frutta parecchio in termini di carriera mentre il rispetto vale zero. Lo sai che su Internet c’è un fiorente commercio di un farmaco, che ha come effetto collaterale l’aborto spontaneo e che porta svariate femmine quasi a morire, preso com’è senza alcun controllo medico? Ti pare normale nel 2011? Ti pare normale la proposta di legge per consentire ai farmacisti di obiettare sulla vendita della contraccezione d’emergenza?
    Così – tanto per capirci – se domani qualche tuo caro fosse colpito da malattia batterica ti piacerebbe avere gli ospedali pieni di medici animalisti che si rifiutano di curare perché il medicinale è stato sperimentato sugli animali? La coscienza è una gran bella cosa ma rischia di minare le società – anche le più democratiche.

  21. il problema potrebbe risolversi non abolendo il diritto all’obbiezione di coscienza per i medici ma controllando con criteri rigorosi che i test selettivi per accedere alla facoltà di medicina,e i concorsi per accedere alla professione medica non siano farlocchi(come avviene incontrovertibilmente da troppo tempo in tutti i ranghi in cui l’arbitrarietà di un giudizio di carattere amministrativo determina discriminazioni non basate sul merito.E chi sostiene il contrario davvero dovrà fare i conti,allora si,con la propria coscienza)

  22. “ricordo che la finalità della medicina è curare e salvare vite” appunto, non lo vedo certo in contraddizione con l’applicare una legge dello stato come la 194

  23. @Barbara
    Santa pazienza lo dico io, se permetti, quando mi si attribuisce un’insensibilità che non mi appartiene. Il fatto è che a volte la passione offusca il giudizio, quando si pretende dal singolo (il medico obiettore) ciò che invece si deve pretendere dall’istituzione (l’ospedale).
    Sei un’ospedale e non hai medici disposti a praticare l’interruzione di gravidanza? O ne assumi oggi o chiudi. Questa deve essere alla richiesta, legge alla mano, non un’impossibile (e allarmante) processo alle intenzioni dell’obiettore e nemmeno una deduzione grossolana a partire dalla sua scelta (sei obiettore? non dovevi fare il ginecologo). Come se a me, obiettore al servizio militare, imponessero di assistere passivamente alla violenza su uno dei miei figli, per il fatto che ho rifiutato di aderire alla violenza istituzionale dell’esercito italiano.

  24. valter dimentichi che poter ricorrere all’IVG è un diritto garantito dalla legge. Se un ginecologo SCEGLIE di lavorare nel pubblico, ammetterai che è davvero anomalo che decida lui quali pratiche erogare e quali no… Se un insegnante lavora nella scuola pubblica, può decidere di non insegnare certi argomenti del programma ministeriale perchè in disaccordo con la sua fede? Un giudice può non seguire le pratiche di divorzio perchè è cattolico? Uno può lavorare in polizia però va in servizio senza armi perchè è pacifista?
    Se la coscienza ti impedisce di praticare IVG puoi scegliere di operare nel settore privato, in strutture coerenti con le tue convinzioni morali.

  25. @valter binaghi – sulla comprensione:
    “Semplicemente: l’oggetto dell’obiezione di coscienza non è un diritto altrui ma l’obbedienza soggettiva a una legge dello Stato.”
    Questa è la sua definizione di obiezione di coscienza?
    Esisterebbe una obbedienza oggettiva (di contro a quella “oggettiva” di cui lei parla)?
    Comunque, l’obiezione di coscienza può avere diversi significati.
    Non mi è ancora chiaro quale sia il suo pensiero.
    Per quanto mi riguarda ho scelto come obiezione di coscienza, genuinamente intesa, quella contra legem. Ovvero quella azione che compio io contro una legge che mi impedisce X o mi obbliga a Y. Quell’obbligo è per impossibile moralmente, allora obietto – appunto – perché voglio seguire la mia coscienza e accetto le conseguenze.
    La mia scelta di Antigone è una scelta di usarla come esempio (ho scelto di usare il gesto di Antigone semplificandolo in questo modo: Antigone segue la propria coscienza, si oppone al divieto, viene condannata).
    Ho scelto anche di pensare che quando l’obiezione di coscienza – o meglio l’oggetto della – entra in una legge positiva dovrebbe cambiare nome: libertà, opzione, possibile. Il termine, come sempre, veicola semantica.

  26. “Sei un’ospedale e non hai medici disposti a praticare l’interruzione di gravidanza? O ne assumi oggi o chiudi. ”
    Ma quindi valter secondo te un ospedale dove l’80% dei medici fanno obiezione dovrebbe assumere dei medici in più, mantenendo un surplus di personale e con relativa spesa? O licenziare gli obiettori per assumerne altri che possano garantire il servizio previsto dalla legge?

  27. Mi spiace Valter ma mi sembra che tu non capisca o stia pericolosamente sottovalutando il fatto che l’obiezione di coscienza vada di fatto a minare un diritto.
    Proprio come dice barbara la 194 viene abrogata o largamente ristretta senza nessuna consultazione democratica, in nome di quello che tu chiami un elemento di civiltà si compiono delle vere e proprie torture.
    rifiutarsi di somministrate della morfina ad una paziente sofferente non mi pare ne un elemento di civiltà, ne tanto meno l’adempimento del giuramento di Ippocrate, non ti sembra?in questo caso anteporre la propria morale alle cure che si dovrebbe dare mi sembra un abuso di libertà, che nulla ha a che vedere con la civiltà

  28. Ottimi i commenti di barbara e francesca, io non ho altro da aggiungere.
    Se non che chi fa finta di non voler capire perché in un ospedale pubblico un obiettore non dovrebbe mai e poi mai lavorare – e perché d’altronde un obiettore dovrebbe voler lavorare proprio in un ospedale pubblico? Mica sarà per voler imporre la propria totalitaria visione su persone che fanno scelte che a lui non aggradano? – è, appunto, uno che vuole far finta di non capire.
    P.S. il commento di gino rischiava di farmi rimettere il pranzo, signora mia che gente!

  29. “Nel 2009 si evince una stabilizzazione generale dell’obiezione di coscienza tra i ginecologi e gli anestesisti, dopo un notevole aumento negli ultimi anni. Infatti, a livello nazionale, per i ginecologi si è passati dal 58.7% del 2005, al 69.2% del 2006, al 70.5% del 2007, al 71.5% del 2008 e al 70.7 nel 2009; per gli anestesisti, negli stessi anni, dal 45.7% al 51.7%. Per il personale non medico si è osservato un ulteriore incremento, con valori che sono passati dal 38.6% nel 2005 al 44.4% nel 2009. Percentuali superiori all’80% tra i ginecologi si osservano principalmente al sud: 85.2% in Basilicata, 83.9% in Campania, 82.8% in Molise, 81.7% in Sicilia e 81.3% a Bolzano. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al sud (con un massimo di più di 77% in Molise e Campania e 75.6% in Sicilia e i più bassi in Toscana (27.7%) e a Trento (31.8%). Per il personale non medico i valori sono più bassi, con un massimo di 87.0% in Sicilia e 82.0% in Molise”.
    La Tabella 28 – Obiezione per categoria professionale nel servizio in cui si effettua l’IVG, 2009.

  30. Faccio qualche domanda: quanto vale, in tutto questo, il ruolo che movimenti come CL rivestono in una parte della sanità? è possibile che i medici che non si dicono “obiettori” incontrino maggiori difficoltà, anche nella carriera, di coloro che invece si dicono contrari a effettuare l’aborto? Quanto incide, ancora oggi nell’immaginario collettivo, la favola della donna che va ad abortire a cuor leggero e, magari, lo fa più volte perché tanto l’utero è suo e fa quel che vuole? E, infine, come ci si pone davanti ad aziende che fanno firmare fogli bianchi alle donne e che poi, se queste rimangono incinta, riempiono quel foglio con una domanda di dimissioni?

  31. @ Francesca Violi – non dare suggerimenti, con l’aria che tira domani mattina ci svegliamo con un’orda di magistrati obiettori al divorzio -)))
    Walter, secondo me e con il massimo rispetto, ti sfugge un punto: tutti abbiamo una coscienza e tutti dobbiamo operare applicando leggi che non condividiamo. Se siamo molto coraggiosi – e molto onesti, molto disposti a pagare un pegno – pratichiamo la disobbedienza civile. Un atto pubblico e politico volto a cambiare una legge e/o una pratica. Ciò che minacciarono i medici quando fu chiesto loro di denunciare i malati migranti clandestini: dissero non lo faremo, disobbediremo, siamo disposti ad andare in carcere perché questa legge ci sembra ingiusta e confligge col nostro lavoro. Qualunque cosa si pensi – quello è un gesto rispettabile. L’obiettore garantito (ricordo che si può obiettare in qualunque momento della propria carriera) manda a pallino la convivenza. E poi – perché solo ai medici? I grafici devono mettere in pagina contenuti che non condividono o possono – obiettando – chiudere le testate giornalistiche a loro sgradite?

  32. @Chiara Lalli
    Intendo per “obbedienza soggettiva” il fatto che io come soggetto sarei obbligato a. Come ai tempi sarei stato obbligato a svolgere servizio militare. Non l’obiezione al diritto che la 194 riconosce, cioè l’interruzione di gravidanza a certe condizioni. Semplicemente: non impedisco alle donne di abortire, ma rifiuto di essere io a praticare l’intervento
    @Francesca
    Basta prevedere una quota fissa che garantisca l’espletamento del servizio. L’obiettore che eccede quella quota non troverà posto lì.
    @Imma
    Io faccio finta quando recito (si, a volte capita). Tu invece proprio non capisci che il servizio pubblico, proprio perchè pubblico, non può essere requisito da orientamenti ideologici che continuano a dividere proprio l’opinione pubblica. E’ la stessa ragione per cui, pur essendo cattolico, sono contrario all’ora di religione nella scuola pubblica.
    @Marino
    Tutto vero. Ma le cose si risolvono estirpando l’influenza delle massonerie (cattoliche e non) dalla vita pubblica, non violentando le coscienze.

  33. Dopo i “semplicemente” c’è la fregatura…
    “Semplicemente: non impedisco alle donne di abortire, ma rifiuto di essere io a praticare l’intervento”.
    E, semplicemente, come potrei io abortire se tu (medico) ti rifiuti? Il guaio è che serve un medico, e che serve quel medico che ha scelto di fare il medico, ha poi scelto di specializzarsi in ostetricia e poi di esercitare nel pubblico.
    3 gradini di libera scelta per un (eventuale) obbligo. Si chiama anche dovere professionale.
    L’obbligo al servizio militare non seguiva alcuna scelta (non si può scegliere di nascere uomo in un paese in cui vige l’obbligo alla leva, giusto?). Era una legge generale – perciò sconsiglio affrettate analogie. Sconsiglio analogie anche quando è stato previsto il servizio civile non armato (come obiezione di coscienza) come alternativo, ovvero come servizio alternativo. L’obiettore della 194 non ha alcun servizio alternativo. Vietate, ripeto, le analogie frettolose.
    Ah, una semplificazione (di fatto) ci sarebbe: l’accesso alla ru486. Ah, però è boicottata a più non posso. Chissà perché.

  34. No valter io capisco benissimo. Tu non capisci, o fai finta, che qui non si parla di “requisire il servizio pubblico in nome di orientamenti ideologici”, ma si dice che un servizio pubblico, che deve essere a disposizione delle persone che hanno bisogno di usufruirne, deve porre i diritti di queste ultime e le leggi che questi diritti tutelano al di sopra di scuse – perché di questo quasi sempre si tratta – (im)morali di certi fanatici o furbetti o paraculi. Se un ginecologo è obiettore lo faccia in un clinica privata cattolica e non in un ospedale pubblico pagato anche da me e dalle donne che hanno abortito o abortiranno!

  35. Lipperini, è il suo spazio che le interessa, non la mia vergogna. Stuzzicare il mio orgoglio non serve a nulla, lo avrà capito. Mi ha scambiato per un narcisista e non me ne dolgo. Lo sono? Forse sì.
    Mi fa piacere che si preoccupi dei disagi psicologici di chi ha un’opinione diversa dalla sua; un tipo di nome Gino che si esprime in maniera diversa da come dovrebbe su questo spazio che lei garantisce a me e a tanti altri.
    Se il fiuto di una donna, che non è una sciocca, non sbaglia, difficilmente potrei credere che il suo fiuto le stia davvero dicendo: “Gino vuole togliersi i sassolini dalle scarpe”. Con i Wu Ming? Scherza?
    E’il mio amore per il mestiere d’artista che mi fa dire certe cose. Avrei potuto citare Cechov, per esempio. Ma ho deciso di non farlo. Perché non mi interessa fare un favore a chi non vuole favori.
    Non sono mosso dall’orgoglio o dall’invidia. Non invidio, io. Sono un narcisista.
    Avrà capito che, se voglio, potrei spezzare con poche parole i suoi giochi dialettici. Questo potere, quando mi si rende evidente attraverso le sue parole, mi dà un grande piacere. E’come guardarmi allo specchio. Alimenta il mio narcisismo.
    Lei sta nutrendo il mio Io peggiore, il quale a sua volta si nutre di queste risposte, purtroppo.
    Dette queste sciocchezze.
    E’lei che malintende. E malintende la letteratura. E malintende un dramma.
    Mi malintende non perché vuole farlo ma perché deve farlo. Malintende la letteratura perché si è abituata a malintenderla da quando l’ha trasformata in uno strumento a disposizione di una causa che non è quella della verità. Verità che la letteratura non esaurisce, naturalmente. Non l’ho mai detto. La letteratura la verità la serve. Sempre.
    Malintende la morte di una donna perché non è la morte di una donna che le interessa, le interessa la Donna e la Morte. Il Femminicidio. Le Idee. Stalin, che non era uno sciocco, diceva che non c’è nulla di più importante della morte di un uomo. Ma che se gli uomini sono mille, la loro morte diventa meno importante…
    Non voglio aggiungere parole inutili. Anche quelle che colpiscono, le parole alate, non possono prescindere dalla libertà di chi è colpito. Aggiungere altre parole non serve a nulla. L’effetto di quelle che ho scagliato si farà vedere, speriamo. Si farà vedere senza ferirle l’orgoglio, si farà vedere come luce, di nessuna provenienza. E’questo il mestiere dell’artista. E l’artista è al di sopra di narciso.
    Credo nella Provvidenza, comunque.
    Se capisce quello che dico, non si vergogni, né per me né per lei. Non c’è nulla di cui vergognarsi. E’normale. L’uomo, e non soltanto il politico, il cattivo, è fatto così. Usa le cose, anche gli esseri umani, anche le morti, per dire qualcos’altro. Ci usiamo come simboli, e a volte veniamo uccisi come simboli e uccidiamo come simboli. Per questo le ho detto, “attenzione”. Per questo le ho detto: “Delitto e Castigo”. Gliel’ho dette queste cose perché simbolo è quello che vedono gli ideologi. Gli ideologi possono essere i carnefici e possono essere gli accusatori dei carnefici. Ma l’unico trucco, l’unico male, è l’ideologia. E l’ideologia non si cura con un’altra ideologia, a meno che non intervenga la Provvidenza.
    Le ho parlato di Vita e Destino, perché quella è letteratura. L’autore di quel libro è morto per quel libro. E’morto perché il Potere gli disse che quell’Opera non l’avrebbe letta nessuno. E il creatore si spense perché l’Opera non l’avrebbe letta nessuno. La Provvidenza ha deciso diversamente.
    E’quindi solo chi ha dimenticato cos’è la letteratura che può malintenderla, non chi dà la vita per la sua opera e per chi crede che aveva una ragione l’uomo che per questo moriva.

  36. “Basta prevedere una quota fissa che garantisca l’espletamento del servizio. L’obiettore che eccede quella quota non troverà posto lì.”
    Vorrebbe dire in sostanza che dovrebbe esserci una specie di albo degli obiettori, e comunque non si può entrare come non obiettori e poi cambiare idea; di conseguenza l’obiettore potrebbe anche essere meno gradito sul mercato, mi pare. Questo mi sembra giusto, visto che non sono disposti a prestare un servizio completo quanto i colleghi. Per me non è una questione di principio che l’obiettore non può fare servizio pubblico, ma appunto di permettere l’accesso all’IVG a chi ne ha diritto, e a non prestare una questione morale a opportunismi pro-carriera.

  37. @Chiara Lalli.
    Giusto, le analogie possono fuorviare. E allora diciamo che l’obiezione di coscienza alla 194 è imparagonabile ad altre, perchè mette in conflitto una coscienza che si è impegnata (prima) a salvare la vita divenendo medico, con la possibilità di reciderla sul nascere. Ma anche la medicina è un’arte “sui generis”, imparagonabile ad altre, ed è dal suo statuto originario che sorge la possibilità di questa concreta obiezione di coscienza. Perchè, vi piaccia o no, uno decide di diventare medico pensando alla salute del corpo prima che alla 194, a meno che si voglia riscrivere la storia e la natura di un’arte plurimillenaria da parte di nuovi ministeri orwelliani.
    Dico più chiaramente che questa pratica dell’IVG è stata imposta alla medicina dalla politica, ed è la politica (cioè l’istituzione della sanità pubblica) che deve farsene garante, obbligando l’ospedale ad assumere personale non renitente, anzichè conculcare la coscienza del singolo.
    @Imma
    Quando i ragionamenti che non piacciono sono finzioni e le opinioni non condivise nascondono sistematicamente paraculaggine, resterebbero solo i vaffanculo.
    Invece io rilancerei: la 194 sancisce l’aborto come diritto o la non punibilità del medesimo? Se la formulazione è ambigua si può rimetterci mano, e se il genere femminile è così convintamente persuaso trattarsi di un diritto civile inderogabile come quello di voto, non si faticherà a persuadere l’universo mondo, come è stato per il suffragio universale.

  38. vedi valter non credo che sia solo il genere femminile a dover combattere per il diritto all’ IVG, e non che si è convintamente persuase trattarsi di un diritto civile inderogabile, a volte piuttosto di toni ironici e fintamente benevoli è meglio un bel vaffa! se non altro si apprezza la sincerità, sempre che l’universo mondo non se la prenda eh!

  39. Come sei bravo valter ad arrampicarti sugli specchi ed a svicolare!
    “E allora diciamo che l’obiezione di coscienza alla 194 è imparagonabile ad altre, perchè mette in conflitto una coscienza che si è impegnata (prima) a salvare la vita divenendo medico, con la possibilità di reciderla sul nascere.”
    Ecco qui l’impronta cattolica, il feto o ancora peggio l’embrione paragonato alla persona umana in carne e ossa! Poteva mancare?
    Tralasci per altro dove stia la coscienza di un medico antiabortista che lascia morire una donna perché, poverino, il feto è vivo!
    O di un anestesista che si rifiuta di fare il suo lavoro per far soffrire atrocemente una donna. Dov’è, caro valter, in casi come questo la coscienza di questa gente?
    In più caro valter devi averne conosciuti proprio pochi di medici se nel tuo immaginario paiono essere tutti dei salvatori dell’umanità; mia madre, che è infermiera, il giuramento di Ippocrate lo definisce giuramento di ipocrita, guarda un po’!
    “Perché, vi piaccia o no, uno decide di diventare medico pensando alla salute del corpo prima che alla 194”
    Complimenti per la sciocchezza. La 194 è a pieno titolo una legge che tutela la salute del corpo delle donne – e non solo di quello, quindi se diventi medico per aiutare le persone che soffrono come puoi essere antiabortista e negare aiuto a delle donne che soffrono?
    “…anzichè conculcare la coscienza del singolo”
    La coscienza del singolo non è stata messa in discussione, ancora ti sfugge. Uno può credere a ciò che vuole, non dovrebbe però avere il potere di imporre il suo credo in barba ad una legge. Un antiabortista vada a farsi pagare in una clinica cattolica o faccia il meccanico; come ci ricorda Chiara Lalli un antiabortista sceglie, e per ben tre volte. Una donna non sceglie invece di rimanere incinta per il gusto d’abortire.
    “Quando i ragionamenti che non piacciono sono finzioni e le opinioni non condivise nascondono sistematicamente paraculaggine, resterebbero solo i vaffanculo.”
    Guarda valter che a me frega niente anche se mi mandi a quel paese, lo troverei anzi più concreto e sincero di certi tuoi arrampicamenti.
    Trovo però bizzarro che tu scriva “quando i ragionamenti che non piacciono…”, quando di fatto sei stato il primo a sorvolare su commenti sensati a cui, evidentemente, non sapevi rispondere. Svicolone!
    “… e se il genere femminile è così convintamente persuaso trattarsi di un diritto civile inderogabile come quello di voto…”
    A me questa tua uscita sul “genere femminile” pare proprio sciocca.
    Intanto, qui non si ragiona per generi, ma di diritti: e decidere del proprio corpo e della gestione del medesimo è un diritto, senza se e senza ma.
    In più, anche se sono certo più numerosi gli uomini, esistono anche le donne antiabortiste, esattamente come esistono gli uomini pro-choice; parliamo di cose concrete quindi, di dati di fatto, per favore.
    Ti stupirà sapere tra l’altro che l’universo mondo non è mica tutto d’accordo sul suffragio universale, ti stupirà sapere che non in tutte le parti del mondo questo è garantito, eppure è giusto, è civile e democratico.
    Di che parliamo quindi? Perché non credo che si arriverà mai alla “persuasione” di tutte le persone riguardo l’aborto – o suffragio universale. Il problema tuo è che metti il diritto all’essere anti-abortista, ad avere un proprio credo ed una propria coscienza – che si mostra corrotta il più delle volte: buona parte degli anti-abortisti è favorevole alla pena di morte, per dire – sullo stesso piano del poterlo imporre a persone che necessitano di un intervento medico e che agli anti-abortisti vada garantito un posto in un ospedale pubblico ben sapendo che non svolgeranno mai tutte le mansioni, garantite per legge, per cui sono pagati.

  40. L’ivg è parte della salute della donna, una pratica alla quale si è sempre fatto ricorso tutte le volte in cui è stato necessario – nei secoli. La necessarietà di un aborto è stabilita dall’unica persona che ha diritto di parola su questo intervento, la donna. E la pratica dell’ivg non è imposta alla medicina dalla politica, la politica ha preso atto di una necessità, quella di ricorrere per svariati motivi all’ivg e del fatto che per ricorrervi in condizioni di clandestinità si rischia di morire, e tutelando le cittadine, donne, persone, dunque esseri umani, ha elaborato una legge che permettesse questa pratica in sicurezza – i limiti della legge sono stati imposti dai cattolici e solo da loro.
    A meno chè non si sia convinti che le donne non sono esseri umani, la medicina le deve tutelare e curare, aldilà delle credenze religiose, nel rispetto dell’autodeterminazione – che è propria degli esseri umani, tutti. Tutti gli uomini hanno il pieno controllo, nei limiti dei progressi scientifici, sulla propria salute, perchè le donne non dovrebbero avere questo controllo?
    L’obiettore di coscienza nella 194 è un criminale, perchè impone la propria visione, in un ambito delicato quale è quello della salute e perchè facendo ciò disumanizza chi si trova davanti, considerandola un oggetto, una macchina sgravante, nel “migliore” dei casi una incapace mentale, più spesso una immorale – in tutti i casi è solo un prepotente che gioca con la vita degli altri.

  41. Basterebbe un minimo di onestà per chiamare le cose con il loro nome. E finirla di dire che questo è un paese laico, tanto per cominciare. Perché, purtroppo, non lo è.

  42. “Dico più chiaramente che questa pratica dell’IVG è stata imposta alla medicina dalla politica, ed è la politica (cioè l’istituzione della sanità pubblica) che deve farsene garante, obbligando l’ospedale ad assumere personale non renitente, anzichè conculcare la coscienza del singolo.”
    La medicina ha sempre – non so su quali libri di storia hai studiato te – contemplato anche le interruzioni di gravidanza. Non sono certo lo scopo primario ma nessun intervento specifico lo è: neanche un intervento al cuore è il fine ultimo della medicina.
    Non si può obbligare gli ospedali ad assumere personale non obiettore per il semplice motivo che puoi dichiarati obiettore anche due giorni dopo l’assunzione. Ciò accade con una certa regolarità.
    Terzo, è desolante sentire sempre la stessa solfa quando si discute di 194.

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