C’è un gran spreco di dichiarazioni d’archivio che riguardano l’aborto, da ultimo. Si ripesca l’intervista rilasciata da Norberto Bobbio a Giulio Nascimbeni, che saltella di blog in sito. Potrei aggiungere, per risparmiare la fatica ai no-choice, una delle molte affermazioni fatte da Giuliano Amato, in proposito, condivisa peraltro da molti intellettuali e politici di ogni schieramento, fino ad arrivare alla dichiarazione diplomatica di Ignazio Marino, forse fraintesa dai quotidiani, che non faceva ben capire come si ponesse il candidato sindaco (favorevole alla marcia per la vita in quanto diritto dei manifestanti a far capire come la pensavano? Contrario all’aborto in quanto cattolico? Altro?). E fino allo schieramento pubblico del candidato sindaco (sconfitto) di Udine, Adriano Ioan, pro referendum anti-194: “La vita da difendere, dall’inizio alla fine: con questo convincimento Adriano Ioan aderisce alla campagna “Uno di Noi”, promossa dal Movimento per la Vita ed altre sigle pro life, e oggi ha sottoscritto online l’appello-richiesta all’Unione Europea. Ioan auspica che gli udinesi, da sempre ancorati ai valori della vita, esprimano una larga adesione all’iniziativa “Uno di noi”, aiutando così l’Europa a ritrovare la sua anima”.
Come già scritto altre volte, le iniziative anti-194 si moltiplicano. E parliamo di una legge ormai quasi ovunque inapplicabile, causa l’altissimo numero di obiettori di coscienza. Sull’altro fronte, quello che dovrebbe non solo difenderla, ma varare (subito, domani) una legge sull’educazione sessuale a scuola (dove Adriano Ioan lavora come insegnante di ruolo, laboratorio di chimica), battersi per l’informazione sulla contraccezione, moltiplicare i consultori, un silenzio assordante.
A metà degli anni Zero i movimenti delle donne ritrovarono compattezza e unità proprio nel difendere quella legge (una legge imperfetta, lo si disse già all’epoca, ma una legge necessaria). Adesso, temo, è di nuovo il momento di tornare a essere compatte e compatti. Prima che sia troppo tardi.
Cattolica e pro choice. Si può. Perchè credere è una cosa che riguarda la tua vita, la tua persona. Ma uno stato laico non può e non deve entrare “fisicamente” nel corpo e nella coscienza delle donne.
O si tornerà ai ferri da calza e ai tavoli delle cucine.
Siamo il paese della doppia morale, del ginecologo che si dichiara obiettore in ospedale ma che pratica aborti in studio, anche extra limine, anche su minorenni lasciate sole e senza aiuto.
Quasi quasi chiedo a Women on waves se vengono a farsi un giro nel mediterraneo
Io credo che si possa essere cattolici pro-choice, ma solo portando le proprie idee all’interno della chiesa in cui si dice di credere, gridandole, negli oratori e nelle piazze. Altrimenti è una posizione semplicemente ipocrita.
Stefania, non me la sto prendendo con te. Non ti conosco e non so nulla del tuo eventuale impegno sulla questione.
Ma così a occhio e croce mi pare che di cattolici pro-choice ce ne siano parecchi in questo paese, solo che non ce n’è neanche uno che fiata, mi sembra.
Non riesco tuttora a capire quale sia la ragione comune tra i medici obiettori, se esiste. Dagli anni zero citati sono aumentati, qual è la vera ragione di questo aumento? Politica? Religiosa (possibile?)?
O questa ondata di conformismo rappresenta qualcosa di non detto?
Se sono qui e ne parlo vuol dire che c’è un impegno da parte mia, non credi? E c’è da parte di molte persone. Si lavora da dentro, ma siamo in pochi, troppo pochi.
E in più. Una IVG a carico dello stato ha un costo. Una IVG praticata in una clinica privata ne ha un altro. Una IVG praticata nello studio privato del medico furbastro di turno ne ha un’altro ancora.
I cattolici pro-choice erano in piazza domenica a contestare la manifestazione di Militia Christi e gentaglia simile? Se non c’erano, hanno fatto delle dichiarazioni pubbliche?
Come ho specificato, non ti conosco e non me la sto prendendo con te. Sto cercando di capire.
non si può accettare l’equiparazione dell’igv a quella dell’omicidio. Far credere questo è il primo passo per criminalizzare delle scelte che, seppur dolorose, nulla hanno a che vedere con l’omicidio. Da questa equiparazione nasce l’odio e la vendetta contro chi decide, per motivi insindacabili, di interrompere la gravidanza. Che poi, guarda caso, chissà perchè, spesso i santi prolife appartengono a quello stesso schieramento che si distingue per razzismo e intolleranza, a partire dalla contrarietà allo ius soli, fino alle discriminazioni religiose.
A Udine il centrodestra continua cavalcare il pro-life, e infatti il pdl è finito ai minimi storici alle ultime comunali. L’uscente Honsell, demonizzato per il sostegno agli Englaro e per le sue posizioni nette sui temi etici, ha dimostrato che non c’è bisogno di rincorrere il “voto cattolico” (e non è nemmeno così talebano come si vuol far credere) per vincere.
Loredana, hai dimenticato di citare Gandhi tra le personalità contrarie all’aborto (il tuo affezionato lettore ce lo ha ricordato almeno 20 volte!)
Quelli che si appropriano dell’intervista di Bobbio trascurano di ricordare i seguenti passaggi: “il diritto della donna e quello della società, che vengono di solito addotti per giustificare l’aborto, possono essere soddisfatti senza ricorrere all’aborto, cioè evitando il concepimento”. Non mi pare che i no choice siano dei fanatici della contraccezione e dell’educazione al sesso responsabile. Poi: “se la legge 194 fosse bene applicata, potrebbe essere accolta come una legge che risolve un problema umanamente e socialmente rilevante”. Difficile arruolare tra i detrattori della 194 uno che parla così, pur avversando l’idea dell’aborto. E infine, citando Stuart Mill: “su sé stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l’individuo è sovrano”. Come lo conciliamo questo neo arruolato, benché postumo, con l’altra vostra grande ossessione, il fine vita, cari i miei difensori della vita senza se e senza ma?
Anch’io come Stefania sono Cattolica e pro-choise, concordo con lei che è possibilissimo.
Siamo pochi? Forse, non per questo si può fare di tutta l’erba un fascio (anche se non mi pare che ciò accada in questi lidi per fortuna).
L’impegno di chi, come me e Stefania, vive questa convinzione è quella di sostenere un dialogo all’interno delle nostre parrocchie e piazze (nonchè, ovviamente, con i nostri giovani).
Devo dire che io, al contrario di Adrianaaaa, di cattolici pro-choise ne conosco ben pochi, e che il dialogo non sempre è facile.
Eppure, non è nemmeno un dialogo impossibile.
questo lo scrivevo sabato 24 settembre 2011, e significa che già la pensavo più o meno come te, ora.
Sulla legge 194 – Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza
http://aspheloblog.blogspot.it/2011/09/sullaborto.html
scusa, ma ricopiare tutto il testo mi sembra eccessivo. spero che il link non sia malvisto. ciao, Silvano.
L’aborto è ripugnante. Come, il permesso di fare una cosa ripugnante per il fatto che avviene nel corpo di una donna, e quindi all’oscuro di tutti tranne di chi lo prova dentro di sé, può essere considerato “strumento di progresso”? Io sta cosa non la capisco. O meglio, ho la sensazione che ci sia una buona dose di ideologia. O il problema è che in piazza, per difendere la legge, c’è bisogno di trasformarla in un fattore di progresso? Come l’eutanasia. Ma chi può dire che gli uomini soli e depressi che si fanno fuori nelle cliniche svizzere, terminali e non, sono pedine del progresso?
Gino, sono più ripugnanti quelli che insistono nel predicare il Verbo a tutti i costi, sai? Sentendosi nel giusto, e sentendosi in diritto di sparare sentenze.
Gino, mi permetto di informarti che l’aborto non è frutto del progresso, è sempre stato praticato. Non mi sembra che nessuno ritenga l’aborto in sè un segno di progresso, poterlo praticare in sicurezza senza il rischio di crepare si.
@ Gino
Dovresti dire perché l’aborto è ripugnante, o almeno, se non vuoi parlare dei tuoi sentimenti, perché non sarebbe legittimo ( se la pensi così ). Non si difende la pratica perché “strumento di progresso”, si difende perché considerata un diritto. L’ideologia sta nel considerarla tale. L’ideologia o la morale o l’etica stanno alla base di questa pratica, e non c’è niente di strano in questo. lo stesso vale per l’eutanasia.
Mi ha sempre dato da riflettere l’emancipazione “a volte sì a volte no” dei fedeli cattolici rispetto alla loro fede.
Ogni tanto, come posso dire, il cattolico sonnecchia.
Talvolta si appella al principio “l’ha detto il Papa”, e quindi visto che lui è il capo spirituale è normale obbedirgli. Epperò, su alcune questioni, tipo divorzio e preservativi, il Papa si era espresso chiaramente.
E poi ho concluso che quando si toccano i culi degli altri i cattolici hanno una maggiore predisposizione all’obbedienza. Quando il sedere è il proprio, beh, magicamente spunta l’emancipazione.
Nuovo papa. Subito acclamato e osannato e quasi santificato perché non porta l’ermellino e non siede sul trono. Tutti a gridare al rinnavamento della chiesa (chi ricorda la canzone di Gaber?!). Peccato che questo stesso papa, umile, modesto, che va tra la gente, si rivolga sempre alle donne col duplice appellativo di “donne, mamme” (quanti l’hanno notato?), quasi a ribadire, ancora una volta, la coincidenza genere femminile-maternità.
E vogliamo discutere sul diritto di scelta quando ancora non siamo in grado di scindere questi due aspetti?
Io non penso che ci si debba attendere dal papa una concezione nuova e diversa, magari addirittura più laica, dell’essere donna e dell’essere o non essere madre. Non è dal capo di una comunità religiosa che mi aspetto questo. Semmai, saranno i fedeli e le fedeli di quella religione a sollecitarlo in questo senso, se lo ritengono opportuno. Sta invece a tutti, fedeli e non, presidiare l’argine ormai distrutto che dovrebbe separare la libertà di chi non crede dalle norme che legittimamente da a se stesso – e solo a se stesso – chi crede. Il discorso religioso è per sua natura intriso di elementi irrazionali, e quindi del tutto soggettivo; quello pubblico, dovendo necessariamente rivolgersi a tutti ed essere quindi intersoggettivo, non può che basarsi sulla razionalità, che esclude qualsiasi presa di posizione a priori. Quindi quello che dobbiamo pretendere dal papa e ancora di più dai vescovi (che spesso sono loro gli intrusori) è la rinuncia a qualsiasi pretesa di tradurre in norme e pratiche pubbliche i dogmi della propria fede. E altrettanto fermamente dovremmo vigilare noi: sui politici che eleggiamo, per togliere loro la fiducia in caso di compiacenze sospette; e su noi stessi, per non indulgere, come purtroppo fanno a milioni, in quel cattolicesimo à la carte che consiste in una pratica estremamente lasca dei precetti, presi qua e là a seconda delle proprie inclinazioni, e in un passivo riconoscimento di uno status quo che vede la religione cattolica insegnata nelle scuole a spese dello stato e l’intromissione sempre più pesante delle gerarchie nella vita pubblica. Fossimo capaci di fare questo, non ci sarebbero rischi né per la 194, né per la laicità dello stato. Ma non ne siamo capaci, e neppure vogliamo. Al rigore, sia esso quello della laicità o quello della fede, preferiamo sempre il compromesso, l’aggiustamento, la via meno diretta, purché sia più comoda. Ma il prezzo del compromesso è la progressiva riduzione della sfera dei diritti, cosa della quale peraltro ai più sembra importare poco.
Quoto Maurizio. Sono i nostri politici a fare un uso “volgare” dei precetti religiosi, imponendo anche ai laici una legislazione confessionale.
L’aborto -praticano purtroppo da sempre- non rappresta in quanto tale una conquista di libertà: lo è invece il riconoscimento del diritto della donna a decidere sul proprio corpo.
La 194 ha reso legale l’interruzione di gravidanza quale rimedio alla clandestinità e ai suoi rischi. Il numero è diminuito negli anni e sarebbe ancora più basso se, ancora per le motivazioni di cui sopra, non si fosse gravemente trascurata l’educazione sessuale (e relativa contraccezione).
L’ignoranza in materia dei nostri ragazzi mi lascia spesso stupefatta.
Un altra cosa che chiedo ai cattolici pro-choice: intendono fare qualcosa per imperdire che le loro parrocchie partecipino alla campagna “Uno di noi”? Perché se Giulia parla di dialogo, io voglio capire fin dove si vuole arrivare a dialogare.
Comunque, a proposito di predicare bene e razzolare male, vorrei richiamare l’attenzione anche su contesti diversi da quello religioso. Prendiamo per esempio la paginona intera di pubblicità a “uno di noi” pubblicata da Repubblica sabato, a pag. XXII della cronaca di Roma. E non venite a dirmi che il business, la pluralità, la rava e la fava: in proposito la penso come Michela Murgia, che per altri motivi critica Il Fatto Quotidiano. Cito dal suo blog: “questa compresenza contraddittoria viene rivendicata dalla giornalista come un’espressione di pluralismo, ma è una foglia di fico: mai Padellaro o Gomez concederebbero di scrivere sulle pagine del Fatto un editoriale a favore dell’inciucio PD-PdL in nome del pluralismo”. Ecco, questa porcata di Repubblica a me pare la stessa identica problematica, con l’aggravante che è per soldi che la si è fatta. L’avevo già detto nel commento di poco fa: questo paese avrebbe un disperato bisogno di rigore (non quello finanziario, che ne abbiamo fin troppo) e coerenza. Un segno importante della sua decadenza sta nella totale incapacità della stragrande maggioranza delle persone che lo abitano a guardare appena poco al di là del proprio naso, della pagnotta quotidiana, del tornaconto immediato; nella assoluta insignificanza in cui abbiamo relegato concetti quali onestà, rigore morale (svilito in moralismo), coerenza, responsabilità.
Ringrazio ElenaE per la citazione di Ghandi, in effetti è sempre bene ricordare il suo pensiero sull’aborto, e anche la Lipperini per il link di Bobbio, non conoscevo quest’intervista l’ho letta con interesse e mi sembra che il suo pensiero evidenzi bene ( e laicamente) i limiti delle argomentazioni prochoice, che di fatto si reggono su di un effimero atteggiamento pilatesco inevitabilmente portato ad affondare nel nichilismo.
Dei commenti volevo fa notare quello di Stefania Auci, in cui dice che: “credere è una cosa che riguarda la tua vita, la tua persona.”
Ecco questo ribaltamento del senso religioso, che da legame con il prossimo e quindi con l’Altro in senso più ampio, diventa invece per lei una specie di possesso egoista, ci dice chiaramente a che livelli laceranti dissolutori può arrivare l’individualismo della nostra epoca.
A proposito di Ghandi e di raffronti avventati, volevo dire che; come chi si oppone anche con forza al femminicidio ( o alla violenza) non necessariamente pretende che i colpevoli siano torturati in diretta a reti unificate, così non tutti gli antiabortisti reclamano la lapidazione delle donne, anche per questo vale la pena difendere la vita umana
Ciao,k.
“questo ribaltamento del senso religioso, che da legame con il prossimo e quindi con l’Altro in senso più ampio, diventa invece per lei una specie di possesso egoista”… ma perché mi devo sentire legato a un prossimo del quale, con rispetto parlando, non me ne può fregare di meno? Caro k., il tuo altruismo nei miei confronti puoi tranquillamente indirizzarlo verso soggetti più ricettivi. Io non ne necessito, sto bene con il prossimo che mi scelgo da me.
Caro k.
ormai potremmo cominciare un rapporto epistolare, però vorrei dirti alcune cose, a proposito dell’intervista a Bobbio.
1) ti faccio notare l’uso sconsiderato del vocabolario ( cit. Sensibile – Offlaga Disco Pax ), dal momento che opporre “laico” a “credente” non ha senso. Il laico è un cattolico che non appartiene alle gerarchie cattoliche. Ma è evidentemente un credente. I non-credenti sono non-credenti. Atei.
2) ti faccio notare che Bobbio non spiega in alcun modo il motivo per cui il diritto del concepito sia fondamentale, e quello della donna derivato.
3) che non si capisce in che modo gli altri sarebbero moralmente indifferenti alla questione dell’aborto
4) che ad esempio egli esclude dalle forme di vita aventi diritti, tutte le forme di vita non ritenute umane, e ci sarebbero molte cose da dire in proposito, dal punto di vista morale
5) che diviene ridicolo nel momento in cui considera immorale il rapporto sessuale nelle sue varie forme
6) che Dyo è evidentemente pro morte ( cit. Hal Incandenza – Infinite Jest – DFW )
con affetto
ps
su youtube ci sono molti video di Telmo Pievani sull’evoluzionismo, anche molto recenti, te li consiglio
Scrive Shane Drinion: “Il laico è un cattolico che non appartiene alle gerarchie cattoliche.”
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Non è l’unico significato di ‘laico’. Significa anche ‘illuminista’ in opposizione a fedele/credente. Questo è il senso alla base dei discorsi che si fanno qui, e quasi ovunque.
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Scrive K: “il suo pensiero [di Bobbio] evidenzi[a] bene (e laicamente) i limiti delle argomentazioni prochoice, che di fatto si reggono su di un effimero atteggiamento pilatesco inevitabilmente portato ad affondare nel nichilismo.”
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L’argomentazione a base della L. 194/1978 era già nella sentenza della Corte Cost. n. 27/1975:
“l’interesse costituzionalmente protetto relativo al concepito può venire in collisione con altri beni che godano pur essi di tutela costituzionale e che, di conseguenza, la legge non può dare al primo una prevalenza totale ed assoluta, negando ai secondi adeguata protezione.”
Il ‘bilanciamento’ è lo strumento alla base di tutto l’ordinamento giuridico. Non avremmo nemmeno una costituzione se non potessimo risolvere attraverso il bilanciamento, i conflitti tra beni costituzionali.
Il bilanciamento, chiaramente, ha come presupposto la possibilità di ‘conoscere’ i valori da bilanciare, cioè argomentare razionalmente su valori. E’ insomma una posizione cognitivista, ed è davvero bizzarro chiamarla ‘nichilista’ (che è invece l’idea di non poter conoscere).
sì Barbieri, so che il termine viene inteso anche in quel senso, ma che senso ha usare un termine in maniera così ambigua? La sua utilità sta nel distinguere fra credenti, non credi?
Ecco un articolo testimonianza del nostro tempo con tato di galleria fotografica sulla recente “marcia per la vita” tenutasi a Roma
http://www.vice.com/it/read/marcia-per-la-vita-roma