“Parlare di indicibilità prima di aver sperimentato ogni risorsa narrativa mi sembra rinunciatario. Benvenute allora le domande "inopportune", "anacronistiche", benvenuti gli azzardi. Chi ha detto che prima di mettere in comune le proprie idee bisogna aspettare che siano ben sistemate? E chi avrebbe titolo per dirlo?”.
Questo scrive questa mattina la storica Anna Bravo nelle pagine culturali del quotidiano. L’occasione, l’uscita di un libro di saggi, Il femminismo degli anni Settanta (Viella).
“Mi capita spesso di leggere i blog letterari. Colpevolmente, perché lo faccio il più delle volte con un senso di voyeuristico compiacimento trash: per vedere fino a che punto di stolidità, o di becera aggressività narcisistica, si possa giungere. Naturalmente delle eccezioni ci sono (per esempio Vibrisse di Giulio Mozzi è una lettura, a volte, realmente interessante). Il fatto è che la critica, al di là dei suoi metodi, osserva per sua natura una deontologia elementare, appunto empirica. Deve essere, non falsificabile (non è una scienza, checché se ne sia pensato in passato), ma discutibile. Se non è un giudizio argomentato, non si può discutere. E dunque non è critica, molto semplicemente. Se in altri termini mi limito a dire “Baricco fa schifo”, un altro può dire “Manganelli fa schifo”: e siamo uno pari e palla al centro. Se dico “Baricco fa schifo per questo e quest’altro motivo” la musica cambia. Invece nei blog la musica è quasi sempre la stessa: chiacchiere da bar. E, ripeto, mi capita a volte di leggerle con la stessa abiezione che, quando possedevo ancora un televisore, mi faceva a volte assistere al Processo del lunedì.”
Questo, invece, è Andrea Cortellessa in una bella inchiesta di Davide L. Malesi e Michele Infante, “La critica è morta, viva la critica!”, che uscirà sul prossimo numero di Origine
e che, oltre a Cortellessa, ha coinvolto Riccardo De Gennaro, Benedetta Centovalli, Giovanni Tesio, Giulio Ferroni, Carla Benedetti, Tiziano Scarpa, Mario Fortunato, Jacopo De Michelis, Filippo La Porta, Emanuele Trevi e la sottoscritta. Ve ne darò anticipazioni a tempo dovuto.
“Una visione d’insieme, che con superficiale attenzione passi a volo radente sulla ricchissima galassia della blogosfera letteraria italiana, coglierebbe solo alcuni aspetti marginali e tutto sommato fastidiosi (l’invadenza, l’incomprensibile rissosità di diversi commentatori, la difficoltà della lettura in video rispetto al placido percorso degli occhi sulla carta stampata, la velocità con cui si susseguono i contributi, che impedisce letture meditate e approfondite ruminazioni sui materiali letti…) trascurando, della tumultuosa vita che brulica in siti e blog letterari, un’analisi minimamente approfondita dei livelli tematici, sintattici, stilistici e più in generale culturali coi quali in questi anni si è andata (e si va) strutturando la Rete.”
Questo, ancora, è Piero Sorrentino, nel suo articolo introduttivo allo speciale lit-blog del numero attualmente in edicola di Stilos.
Non mi interessa avere l’ultima parola. Mi interessa che esista una spazio di discussione che resti vivo, aperto e auspicabilmente interessante per chi ci capita. Per come la vedo, un lit-blog è altra cosa da un forum, da un gruppo, da una chat. E’ una possibilità di incontrarsi e di confrontarsi, anche sanguinosamente. E’ una chance di azzardo, appunto, per chi lo gestisce e per chi commenta, un’occasione altrimenti impossibile di esprimersi “prima di aver sistemato le proprie idee”, e anche di essere inopportuni e anacronistici come diceva la Bravo (parlando di tutt’altro, certo).
Purchè, però, non si venga meno al punto che a mio parere è fondamentale: lasciare che chi lo desidera possa leggere, confutare, criticare, approvare, disdegnare le altrui opinioni senza dover fare lo slalom fra continui fuori tema o mantra del disappunto.
Beh, questa sono io. Mi rendo colpevole di leso corsivo per dire che:
Sono d’accordo con l’ottimismo di Sorrentino.
Ho condiviso un’antica utopia con Anna Bravo.
Non intendo dare ragione a Cortellessa.
Ps. E, comunque, l’inchiesta di Origine è veramente notevole.
Francesco, sulle favole e favolette mi permettevo di giocare. Sul fatto che la rete non esprima la sua massima potenzialità, invece, sono d’accordo. E, se permetti, rincaro aggiungendo una cosa: mi è capitato, in questo periodo, di parlare di web e blog fra persone che non li frequentavano. Continuano, ancora, ad essere un territorio poco conosciuto e persino inquietante per chi non lo percorre. Il che, forse, se non giustifica rende comprensibile il disgusto di Cortellessa (ho scritto forse).
Quanto agli sconosciuti: io credo che la rete non sia, e non vada considerata, il mezzo per cambiare status e raggiungere la notorietà, se è questo che intendevi. Viceversa, è un luogo dove si può lavorare insieme ai “conosciuti”: penso, a costo di ripetermi, ai progetti di scrittura collettiva dove scrittori pubblicati sono accanto ad esordienti. Penso al lavoro dei Quindici. Mi pare che opportunità di collaborazione e condivisione ci siano ed anzi aumentino.
Se invece ti riferisci alla “corsa al link” a cui facevi cenno qualche commento fa, beh: io credo che il link sia, nella maggior parte dei casi, un segnale di affinità, reale o auspicabile, più che uno status. O sbaglio?
Francesco, intendevi “feudizzarsi” nel senso della parola italiano “feudo” o nel senso della parola inglese “feud” (faida)? In entrambi i casi, mi sembra che non meritiamo la bacchettata. Lavoriamo in apertura al mondo, nessuno può accusarci di nepotismo attivo o passivo, non facciamo né riceviamo raccomandazioni, non esercitiamo nessun potere a parte quello basato sul precario prestigio che conquistiamo ogni giorno. Inoltre, partecipiamo a faide, essendo felicemente estranei al sottobosco e geograficamente periferici rispetto al salottismo/kermessismo editoriale.
E’ saltato, nella riscrittura, uno “sfido chiunque a dire che [partecipiamo a faide]”.
D’accordo sul fatto che “la rete non vada considerata, il mezzo per cambiare status e raggiungere la notorietà”. Ma forse più notorietà ripescherei le favole di cui scriveva prima. meglio come parola. La lista dei link è come lei dice l’espressione di un’affinità (elettiva?). O meglio è concettulamente nata con questo scopo. Ma finisce per portarsi dietro una funzione per così dire “pubblicitaria”. e graficamente l’aggiunta del logo aumenta questa sensazione. Ciò di per se è positivo ma non deve essere una possibilità esclusiva. Certo io posso uscire dal bar, posso andare in un altro bar, o posso anche restarmene a casa a bermi un martini rosso, ma è l’ideologia del microgruppo. Un po’ ciellina o massonica. Che forse non mi piace. Sono confuso, lo ammetto. Scusate lo sfogo
alla faccia voi blogger siete permalosetti. o forse io devo misurare meglio le parole. lo ammetto. non usato feudizzarsi in senso di faida. ma in senso di feudo. ho premesso “tendono”. Ma giuro non volevo bacchettare. Ne accusarvi di nepostismo. era per dire che prima o poi tutti i gruppi nati come aperti al mondo tendono a chiudersi. se io vi mando una mail di richiesta o con un proposta non è scontata una risposta. Certo non è dovuta. Ma allora non è totale apertura al mondo. è parziale. Voglio ripetere comunque che non intendevo bacchettare nessuno.
Francesco, mi sembra di aver risposto in modo tranquillo, dove sarebbe l’impermalimento? Tra l’altro, io non sono un blogger. Lo dico solo per precisare: non ho un blog. Però se vengo chiamato in causa, tra l’altro con un’accusa (per quanto velata), se giudico che non si tratti di una provocazione gratuita, “tendo” a intervenire per chiedere spiegazioni, per chiarire. Tutto qui. Ah, a proposito: noi rispondiamo a *tutte* le mail che riceviamo, passiamo diverse ore al giorno a rispondere.
sull’impermalimento (mi hai insegnato una parola nuova, grazie) hai ragione. ho equivocato. ma anche io non volevo accusarti. sulle email devo contraddirti. ne sono la prova concreta. senza scegliere in dettagli sul contenuto, perchè personali, in data 26/11 vi ho spedito una mail. in data 27/11 mi è arrivata la notifica di messaggio recapitato a Wu Ming 5. Io dormo lo stesso non ho fatto tragedie pensando che tra le tante email che i Wu Ming ricevono non ci fosse stato il tempo di rispondere alla mia. O più realisticamente che la mia email fosse di scarso interesse. però per essere precisi non è come dici tu.
Scusa ho scritto “scegliere” al posto di “scendere”
I blog sono universi semi chiusi, quasi lobby, dove postano e discutono sempre gli stessi. Dove c’è chi si autopublicizza eccetera
quanto postato, su su su, da francesco, un po’ penso sia vero
ma i blog sono anche isole di libertà: qui posso scrivere che, ieri sera ho preferito leggere Come un atomo sulla bilancia, di don Luisito Bianchi che proseguire qui…
troppi scazzi e basta
Queste cose si possono dire, no?
Che poi, i blog come Biscardi, ci stavo ripensando.
Il paragone non calza: Biscardi incita alla rissa, abitualmente i tenutari di blog no.
Mi sa che Cortellessa deve ricomprare la televisione e fornire un altro esempio.
Scusate un momento: visto che Sambigliong ora e Francesco prima chiedono “si può dire?”, forse devo fare una precisazione. Non è questione di cosa si può dire o no: ma di come e soprattutto di quanto. Non mi sembra che nel post fosse stilato un galateo: semmai, l’invito era a garantire uno svolgimento leggibile e intelligibile della discussione, non a smussare le critiche. 🙂
Grande libro quello di Luisito Bianchi
Scusi ma io ho scritto “si può dire” perchè non ero sicuro che esistesse il termine feudizzare. mi sa che c’è stato un equivoco. Cmq l’errore è mio in effeti era meglio “scrivere” che “dire”. scusi.
…come a dire “Non avere paura a dire quello che dici ma pensa prima di dire qualcosa…”
Sì, decisamente grandi i libri di Luisito Bianchi, “La messa dell’uomo disarmato” e “Come un atomo sulla bilancia – Storia di tre anni di fabbrica”. Due libri di cui nessuno dovrebbe privarsi. Che sarebbe bene leggere a fondo, attentamente.
g.
Francesco, ho ritrovato la tua mail nella cartella “Arretrati”.
Io ho detto che rispondiamo a tutte le mail, ci sforziamo di farlo, ma non ho detto quanto tempo ci mettiamo.
Lo dico perché sia chiaro: noi riceviamo oltre un centinaio di mail al giorno, nell’ultimo mese anche di più.
Abbiamo stabilito delle priorità, in base al contenuto:
rispondiamo prima a chi ci fa domande dirette sul nostro lavoro o su chi fa commenti a un numero di Giap appena spedito;
Subito dopo, vengono le richieste di presentazione (rispondiamo cortesemente di no, perché siamo in Sabbatico);
al terzo posto vengono le richieste di visitare/mettere sul sito questo o quel link, categoria in cui rientra la tua mail (se c’era una richiesta di collaborazione, io nella mail non l’ho vista);
all’ultimo posto vengono le richieste di lettura del tale o del tal’altro inedito in attachment. Rispondiamo sistematicamente di no, perché altrimenti iQuindici cosa esistono a fare?
Aggiungi che ciascuno di noi deve anche rispondere alle mail *personali*, perché abbiamo una vita privata. E aggiungici tutto il resto: lavoro, affetti etc.
Ora, si dà il caso che nell’ultimo mese, tra Giap e Nandropausa e varie uscite editoriali, ci sia stato un gran numero di mail appartenenti alla prima e alla seconda categoria. Il lavoro sul romanzo collettivo e i cazzi nostri hanno fatto il resto.
Ora, non ti sembra esagerato derivare un’ipotesi di nostra “chiusura al mondo” e di nostro “infeudamento” dal fatto che non abbiamo ancora risposto a una mail che diceva “Wu Ming, per favore, ascoltate questa cosa sul mio blog”? Non ti sembra un po’ un atteggiamento egocentrico, di chi crede che tutto ruoti intorno a lui e si crede il parametro vivente di come va il mondo?
Su, dai, alleggeriamo, per favore…
@Lipperini: “Distinguo però fra OT e blocco stradale”
Ma così non si può.
E’ come dire (estremizzo, è chiaro): In strada sono ammessi minimi assembramenti, ma non manifestazioni e cortei.
Non si può – ovvero, si può, ma allora si parla di regole, regole che forse sono le migliori possibili, ma pur regole, limiti, confini.
Si può ritenere l’OT massimamente molesto (e lo è, perdio), eppure è anche segno che la rete è viva (è un segno deteriore, s’intende, ma d’altro canto).
Perché all’opposto del Blocco Stradale degli OT (che auspichiamo non avvenga, manigoldi) c’è una bella rete ordinata, pulita, regolare, irreggimentata, inquadrata, che si accende e si spegne con il telecomando (una specie di rete mediaset, per dire).
E’ fastidioso, lo so, l’ho premesso addirittura; pure, è un fastidio necessario.
@Giovanni: “Quindi il “mondo” che descrivi è anche e soprattutto un mondo di vigliacchetti”
Davvero così l’intendi, o Giovanni?
Non ritieni invece che sia atto del più alto coraggio salire sulla rocca e gridare, una sola volta e con voce ben ferma; Io sono Dio!
E non dare spiegazioni, non sciorinare teologie, non concedere miracoli.
Soltanto affermarlo, ed esporsi così, con la nudità di una sola frase, agli occhi del mondo, senza altra difesa che la propria sfrontatezza.
(per fortuna, dico, di rocche non ce ne sono poi molte)
“Non ritieni invece che sia atto del più alto coraggio salire sulla rocca e gridare, una sola volta e con voce ben ferma; Io sono Dio!”
No. E i troll non sono Dio, sono solo dei rompicoglioni.
Effe, mi permetta: ma io auspico l’autoregolamentazione dei manifestanti. E’ un po’ diverso 🙂
Infatti io non ti ho mandato insulti o reclami. o solo fatto notare che per forza di cose, non è possibile essere completamente aperti al mondo. Non ho ricevuto risposte, basta. non è un dramma. infatti nel mio post precedente ho ipotizzato che il tempo fosse mancato. e tu me l’hai confermato. Che devo fare? Dimmi tu? scusa per le pesantezze.
Non mi permetto di dirti quel che *devi* fare. E’ che nessuno sia “completamente” aperto al mondo, scusami, è un’ovvietà che vale per chiunque. Il mio consiglio è attendere che, nel tornare alla posta arretrata, pian piano arriviamo alla tua mail.
Probabilmente hai ragione. ma è la fretta che mi frega. spero che questo non abbia compromesso una eventuale risposta o parere. ciao
Effe wrote
Non ritieni invece che sia atto del più alto coraggio salire sulla rocca e gridare, una sola volta e con voce ben ferma; Io sono Dio!
E non dare spiegazioni, non sciorinare teologie, non concedere miracoli.
–
Vabbene, sono dell’avviso che ci può pure stare (a seconda dei casi di sta da ..Dio). Se però non appena gli si risponde, mah, come Dio non ti ci vedo (o, quantomeno, cala che c’è tutta una fila pronta per il ticket) e il novello assiso all’Olimpo s’incazza e ti urla nelle orecchie, non appena compare un post di qualsiasi tipo e tendenza, e lo fa per giornate di seguito, tu, caro Effe, come te la cavi? vuoi contestare il diritto altrui a seguire altre religioni o vie di liberazione? e magari di seguirle in tonalità normali e con spirito ecumenico?
In molti di questi casi la mia modestissima persona opta per un vecchio detto dialettale che più o meno suggerisce di dare sempre ragione agli stolti (soprattutto se incazzati o incazzosi), di assicurarsi che stiano buoni (o almeno che non travalichino gli spazi) e di mettere una certa distanza tra te e loro.
Certo, la cosa non è risolutiva e forse neppure politicamente corretta, ma aiuta a evitare acidità di stomaco, fegato in disordine e, probabili, litigi col partner (se esiste).
@Lipperini
Autoregolamentazione?
Probabile come la risoluzione del conflitto di interessi da parte dei confliggenti (o degli interessati).
E poi, che diamine, lei lo sa, lo sa bene, che le regole devono anche essere messe a dura prova e fiannco spezzate, ogni tanto.
@Luciano
Anche gli dei tendono a risultare piuttosto insopportabili, a volte; non farei eccessive distinzioni (e poi, il troll deve pur avere una sua moderata funzione sociale, che ora mi sfugge. Dico, se esiste la tenia, non vedo perché non il troll)
@Spettatrice
Si sa che gli dei sono bizzosi, ma il fatto che urlino e strepitino e battano i piedi ci rassicura un po’ su quello che troveremo nell’aldilà (ricordiamo forse tutti quel nostro compagno di classe un po’ scavezzacollo, quel Franti, in fondo teneramene ingenuo nella sua ruvidità)
Effe, che vuole: sono inguaribilmente fiduciosa (ma sull'”ogni tanto”, lo sappia, concordo).
@ Loredana: Wittgenstein sarebbe d’accordo con te (e non è un’ipotesi: sarebbe se fosse vivo, intendo dire).
A più tardi.
Sì, avevo equivocato, parecchi commenti più su. Meno male. (Ma ora faccio come dice Effe, ed esprimo un parere immotivato sulla discussione? Ma sì).
Io non ho in spregio neppure la chiacchiera, qualche ideuzza può venire pure dalle chiacchiere, perché no? Anche Cortellessa (immagino) con gli amici qualche volta chiacchiera ed esprime giudizi immotivati, in mezzo a riflessioni ed argomentazioni (che si trovano pure nei blog, a volerle cercare)? E i giornali quotidiani li legge? Se qualcuno gli dice: “cavolo, è un bel libro: prendilo!”, domanda sempre un parere scritto e un’adeguata bibliografia, o si contenta di uno stiracchiato parere formulato sulla base di impressioni? Perché ritiene che una cosa escluda l’altra?
(Kant, per dire, s’è incasinato un po’ per capire se nel giudizio di gusto il piacere precede o segue la riflessione. Non c’è riuscito a sciogliere il nodo, perché non ci poteva riuscire).
Cortellessa mi perdonerà: ho mancato i congiuntivi!
Massimo, il problema è un altro, qui su Lipperatura, e la questione è molto più semplice, non c’è bisogno di tirare in ballo Kant. Se qualcuno scrive che “questo libro fa schifo e il suo autore è uno stupido”,
e se io gli chiedo: “Perché?” e lui mi risponde: “Perché lo dico io, fa schifo e basta”,
e se allora io quel libro lo leggo e dico che, al contrario, a me è piaciuto,
e se lui a quel punto dice che IO sono uno stupido altrimenti non mi sarebbe piaciuto un libro che fa schifo,
e se qualcuno gli fa notare che si sta comportando male e lui comincia a gridare al complotto, alla lobby, alla cricca,
se succede tutto questo (e qui su Lipperatura, di recente, è successo un bel po’ di volte), io dico che quella persona la discussione e il confronto non sta nemmeno dove stiano di casa, e su un blog non dovrebbe nemmeno poter metterci piede. E spero non ce lo metta più, il piede, e lasci le altre persone libere di discutere.
Come ha chiesto di fare La Lipperini, parlo del peccato e non del peccatore, anche se lo sanno tutti, di chi parlo.
giovanni, penso tu abbia ragione.
è facile, dietro un nick (o dietro un blogi) fare i gradassi: un po’ come il saluto romano di di canio, protetto dai carabinieri.
è facile dire non capisci un cavolo.
è facile ma è anche distruttivo.
ieri ho apprezzato wu ming, quel volermi precisare che di un certo camilleri lui è un estimatore.
anch’io: la mossa del cavallo, per esempio.
insisto: a me piace de andrè da quando avevo 6 anni. ma una ragazza albanese mi ha detto che a lei de andrè non piace, che non è bravo come i pooh.
mi sembra giusto.
qui sarebbe da fucilazione.
è vero anche che qui ci sono palati fini, scrittori, critici, aspiranti di tutto un po’.
mi viene in menete ugo volli, a cui anni un giornalista domandò: Va bene, le piacciono i Magazzini criminali, ma è un teatro per pochi.
Rispose, credo sinceramente: Forse ha ragione, sarà che io sono talmente abituato al teatro che ho bisogno di spettacoli che mi diano un… colpo allo stomaco.
Insomma: solo una questione di gusti è.
Sui blog, però, non è solo così.
Si ha la sensazione (iniziale) che ci sia un gruppo di rotaryani, un gruppo di gente che odia i rotaryani perché non è del rotary, qualche battitore libero, qualcuno che dice Organizziamoci, noi siamo più bravi di quelli del Rotary.
ecco, io non ho proprio le idee chiare chiare.
ma mi son fatto un’idea, per ora: che la frustrazione per non essere ammessi al rotary abbia proiettato (l’identificazione proiettiva di melania klein: così tanto per far vedere che qualcosa di strano leggo anch’io) la percezione che il rotary esiste.
magari non esiste (e io non credo esista) ma la percezione, come insegnava musatti, supera la realtà.
(musatti raccontava: io non ho mai picchiato mio figlio; lui però dice di ricordarsi che quand’era piccolo fu picchiato da me; è quindi chiaro che io l’ho picchiato).
Ciò che più fa paura agli schiavi è la libertà, quella libertà di opinione che c’è nonostante tempeste e guerre, ma che essi non osano prender su di sé per non privarsi di quei privilegi che gli sono (stati) concessi: la libertà di non pensare, la libertà di muoversi nella pochezza che le catene gli permettono, la libertà di sghignazzare a comando.
Gli schiavi, così simili ai padroni che li hanno presi sotto il loro tetto; ma non si sa per quanto!
Ciò che fa paura, e giustamente, sono gli aspiranti padroni, i violenti che si impongono, quelli che pretendono di spadroneggiare.
Vorrei riportare qui un piccolo calcolo:
Nel post “Gli stati generali del noir”, 18 commenti erano di Iannozzi.
Nel post “Io so”, 18 erano di Georgia, 14 di Iannozzi, 19 di Barbieri.
Nel post “Scusate il ritardo” 24 erano di Iannozzi (chilometrici!) , 19 di Georgia.
Nel post “I don’t wanna win”, 16 commenti erano di Georgia.
Tra terzultimo e penultimo post su Lipperatura, Georgia e Barbieri da soli (senza contare la Georgia fake) hanno totalizzato 56 commenti.
E qui mi limito alla mera QUANTITA’, altrimenti toccherebbe spiegare che:
– la maggior parte di quei commenti erano OT,
– in molti c’erano insulti o giudizi non motivati,
– in molti c’erano riferimenti a vecchi scazzi
– in molti c’era auto-pubblicità (venite sul mio blog che ho appena intervistato Tizio, venite sul mio blog che ho appena pubblicato la tal cosa).
Questo è trollaggio, non è libertà. Questo è inquinamento. Questi sono comportamenti inaccettabili in qualunque consesso civile.
Siccome il solerte e prode giovanni e giunto con il suo destriero fino me e mi ha lasciato un simile minaccioso editto (grida) affisso sulla porta.
Devodire che nonostante tutto loredana non merita che i suoi bravi vadano a giro a parlare quasi a nome suo, quindi non montate un caso, io per lo meno non merito tanto … ma perchè invece non ne approfittate e parlate di cose serie (ora che avete lberato il sacro solo dagli infedeli) invece di menarvela con ste bischerate come dei ragazzini?
Il tutto ha dell’incredibile!!!!
geo
Sambigliong: però le sensazioni vanno corroborate e verificate. Se ci si limita ad esse, forse si equivoca.
Massimo: neanch’io ho in spregio la chiacchiera, e probabilmente nemmeno Cortellessa. Il suo intervento, peraltro, va contestualizzato in un discorso molto più ampio sulla critica letteraria e su forme/modi/luoghi in cui si esprime oggi.
io lo ammetto, dunque: di Lipperatura leggo ogni post, ma non ogni commento (il che, per la mia concezione del blog, è di grave mutilazione).
Ma non sono tanto gli OT a blocchi, a contingentamenti, a contanier, a trincee con cavalli di frisia, a impedirmi la lettura.
Gli OT mi danno fastidio, ma li salto a pié pari, di loro non mi curo affatto – esistono perché possono esistere, ci si può augurare che ai loro autori venga finalmente il crampo dello scrittore, buondio, ma non li si può tener fuori, se non in un “blog di polizia”.
Sono altri, invece, i commenti che m’impediscono di procedere, mi procurano l’inciampo, la congiuntivite, e una certa dolenzia ai reni.
Ognuno ha le idiosincrasie che si mertia, per lo più.
E allora, che facciamo, eliminamo tutto, elidiamo, ci cassiamo a vicenda?
Ahimé, onori e oneri, onori e oneri.
herr Effe, e chi elide? Semmai, si auspica nel comune buon senso.
@loredana,
mi scrivi che le sensazioni vanno verificate; sono d’accordo, e un po’ avevo cercato di spiegarlo (dicendo ecco, io non ho proprio le idee chiare chiare. ma mi son fatto un’idea, per ora).
e poi vedi loredana, io non posso far altro che parlare di sensazioni, basate su ciò che leggo.
nei giorni scorsi, più volte, ho sottolineato di essere d’accordo con iannozzi, appunto perché penso abbia ragione tu, loredana: contano i contenuti e non le persone.
se sia sempre così, qui e in tutti i blog, io ho i miei seri dubbi.
buona giornata a tutti
Baricco fa CAGARE. Il cielo e’ azzurro. Una cosa e’ dirlo, una cosa e’ argomentarlo, dirai. A me sembrano autoevidenti entrambe. Ma forse, io che non ho la TV ormai da anni sono fuori dal delirio onirico di chi ritiene che il “lancio” di qualche prodotto ne modifichi il valore. Ne modifica il reddito, nient’altro. Fatevene una ragione.Uriel.P.S: Baricco fa schifo perche’ non produce alcun godimento intellettuale nella sua lettura. Si tratta di cose che vuoi sentir dire, oppur e che non sopporti piu’ da anni perche’ hanno perso il requisito della novita’, requisito che e’ essenziale (anche se non sufficente) a guadagnarsi lo status di scrittore come di intellettuale. Baricco, come tutta una cerca cricca di sparapose, dice le stesse cose che una certa fazione ripete da 40 anni. Giuste o meno, non hanno il requisito della novita’, e questo le declassa a volgare scolastica letteraria. Come vedi, si saprebbero anche argomentare, i giudizi. Il problema e’ che Baricco non vale nemmeno il tempo di un “bah”.