In questi giorni ci sono stati incontri e scambi di idee all’interno dei movimenti delle donne, e altri ce ne saranno in futuro. L’argomento è la violenza. A qualcuno 45 donne uccise dall’inizio del 2012 sembreranno cifra trascurabile: a me, a noi, sembra spaventosa.
La questione va affrontata da molti punti di vista: come non entrare nell’esclusiva prospettiva della vittima, per esempio. Come offrire speranza e forza alle generazioni più giovani. Come non tracciare una linea di demarcazione fra i sessi che sarebbe devastante (in proposito, gli oltre ottocento commenti al post di Lidia Ravera su Il Fatto andrebbero analizzati attentamente). Come coinvolgere gli uomini. In proposito, Marina Terragni ha postato sul blog un’affermazione di Massimo Fini. Questa: “oggi l’uomo, privato della possibilità di esercitare il suo ruolo virile (non può più provarsi in guerra, sostituito dalle macchine, non c’è più il servizio militare né il nazionalismo passionale, la forza fisica , con la tecnologia, non conta più nulla) sente in modo particolarmente acuto questa sua inadeguatezza nei confronti della donna… e questo può far scattare, per contraccolpo, un surplus di aggressività“.
Dunque, man mano che verranno pubblicati i resoconti degli incontri della settimana scorsa, li riprenderò anche io. Con la convinzione che il cammino è lungo, e che bisogna partire dall’inizio. Dai bambini. L’educazione al maschile va raccontata, così come è stata raccontta quella al femminile. Finché non c’è quello scatto, la strada, a mio parere, è in salita.
Che dire? Parole sagge. E’ difficile, da maschi, non vergognarsi…
No. Non penso sia una questione di vergogna, Bruno. Bisogna cercare di capire i motivi. Che sono certamente infiniti e non semplificabili e variabili da persona a persona. Ma bisogna, almeno per me, andare indietro. Guardavo i video che analizzano il marketing utilizzato dalla Lego, per esempio, e il modo in cui, in mille modi, si può “costruire” un maschile separato. Insisto da anni sulla necessità di un “Dalla parte dei bambini”, con nulli risultati. Forse bisognerà arrendersi e lavorarci noi, noi donne: anche se è molto più difficile.
Certo che finchè la violenza sulle donne, quando riesce ad arrivare in TV, viene trattata come si fa nella trasmissione “Amore cirminale”, c’è poco da sperare. Vedi l’articolo di Luisa Betti, http://womenhumanrights.tumblr.com/post/19920958618/sbatti-il-femmicidio-in-tv
E’ la parola “amore” che mi fa venire i brividi.
meno male che Fini mi ha fornito la chiave giusta, finalmente mi spiego la violenza sulle donne in paesi che uno direbbe così pacifici, femministi e ipertecnologici come l’ Afgahnistan, il Messico, il Sudan o la Bosnia degli anni ’90. La guerra poi, è il meglio per le donne, i militari si sfogano per bene a combattere, e non è che poi se ne vanno in giro a stuprare a destra e a manca, giusto?
Fini spara cazzate a rullo.
Su questi temi vorrei segnalare:
http://www.nazioneindiana.com/2012/03/08/femminicidio/
L’avevo pubblicato l’8 marzo. Il numero esiguo di commenti m’ha assai depresso.
Non condivido la decisione di Terragni di pubblicare l’affermazione di Massimo Fini. E’ come intervistare un tossico acculturato, sui benefici della droga. Siccome si esprime in un bell’italiano è persuasivo nella forma e una ci crede, e a lei piace perchè fini è la deriva della sua stessa sclerotizzazione di genere.
Bisogna ricordare a Fini e Terragni che quando i maschi erano veri maschi e andavano alla guerra, stupravano come ossessi, stupravano a casa e in guerra, si scopavano le spose vergini dei figli contadini, e rivendicavano lo jus primae noctis se erano signorotti. Lo stupro e la violenza sono fenomeni appoggiati molto di più dalla condivisione culturale del branco, dalla regressione collettiva garantita dal gruppo. Quando sono da collegarsi alla frustrazione, si parla di una psicopatologia individuale che è piuttosto transculturale, di maschi che non riescono a che fare con le donne – ora come allora.
Alla categoria del ragioniere citato dall’articolo di Femminismo a Sud sembro appartenere anch’io – non sarà mica stata lei, Lipperini, l’amica che ha raccontanto all’altra amica di un commentatore petulante e ora finisce per citare se stessa per interposta persona?
Che handicap prendere 4 in matematica, vero? Ripeto l’argomento, in attesa di confutazione non ideologica: se partiamo dall’irrisolvibile realtà statistica che una persona su cento è schizofrenica, un femminicida su duecentomila ci può stare? O ritenete davvero che 150 donne uccise da uomini (ma anche 50 e passa uomini uccisi da donne, ricordiamolo) siano un fenomeno riportabile a un problema di educazione e stereotipi di genere? Mi domando senza sarcasmo se chi sostenga questa visione possieda un minimo senso delle proporzioni o, in alternativa, riponga la sua felicità nell’utopia della causa perse.
Sono d’accordo con Zauberei, inutile e financo dannoso riportare le opinioni di certe persone.
Riguardo al numero di donne morte dico la stessa cosa che dico sempre riguardo ai morti sul lavoro: anche un solo morto è un morto di troppo.
Partire dall’inizio, come dici tu. Cioè prevenire. Il che vuol dire anche educare le giovani donne a riconoscere le predisposizioni alla violenza nei coetanei, a non scambiare la gelosia oppressiva e segregante per amore, e a fuggire a gambe levate prima che sia troppo tardi. Abbiamo provato con una campagna in sette soggetti sui quotidiani: i centri antiviolenza italiani e molte scuole, ospedali, comuni, studi medici, associazioni, l’hanno adottata. Dal sito http://www.riconoscilaviolenza.it, si può scaricare liberamente e usare ovunque perché abbiamo rinunciato ai diritti aderendo a Creative Commons. Una goccia nel mare, ma ve la segnalo.
@Gianni Biondillo
Hanno fatto bene a commentare poco il suo articolo. Le hanno fatto un favore. Altrimenti avrebbero dovuto mettere il dito nella piaga della sua ignoranza statistica e spiegarle che non ha senso utilizzare le percentuali realtive, che nel suo caso sarebbero le variazioni dei femminicidi negli anni, senza dare i dati assoluti. Se il femminicidio, poniamo, registra un aumento da 100 a 110, l’ottuso statistico parlerà di un aumento del 10%. Come sanno anche i maschilisti, con le percentuali relative è possibile sostenere tutto. Le cose si chiariscono solo quando si danno le assolute. Poiché 100 donne sono lo 0,00033% di un totale che poniamo 30 milioni, l’aumento del femminicidio non è del 10% bensì dello 0,000033%.
Però! Certamente un aumento significativo che richiederà profondissime analisi psico-socio-antropo-logiche, siete d’accordo?
Massimo Fini è un misogino e un reazionario di primo pelo. C’è da chiedersi perché venga continuamente tirato in ballo. Non ha così tanto potere, non è così brillante (anzi) da influire sulle masse, eppure siete (voi donne) sempre lì a raccattarlo, punzecchiarlo, coccolarlo come piccolo esempio di ideologia da combattere. Perché non lasciate che muoia nel suo studiolo da pseudo-intellettuale? Ricordo con orrore una neo-rivista, WOMENMAG, che per aprire le danze chi ti va intervistare? Ma sempre lui, il Fini delle donne. Che poi uno pensa alla FINE delle donne o al FINE ultimo che oscuro rimane. http://vimeo.com/33363811
Ho fatto due conti, non sto a spiegarlo, ma le uccisioni mafiose rappresentano lo 0,00017% possiamo quindi affermare che la mafia quasi non esiste
Claudio – 🙂
Non vorrei dirti hommequirit, ma la ricerca statistica da mo che usa dati relativi, sono il suo pane i dati relativi. Sono il dato su cui maggiormente si possono trarre inferenze quando vengono incrociati con altri. Sono i dati relativi per esempio che permettono di non generalizzare, di non fare strafalcioni storici e socioculturali – per esempio per me la categoria di femminicidio è corretta in certe contestualità come messico e africa subsahariana, ma applicarlo qui mi crea dei problemi. Di solito ti trovo un troll sofisticato anche se troll, a sto giro mi sei sceso di livello.
Un aumento da 100 a 110 è un aumento del 10% del fenomeno preso in esame e 10=110-100 è una variazione assoluta. Ma qui l’homino ridens non sa nemmeno cogliere la differenza tra variazione percentuale di un fenomeno e incidenza e variazione percentuale dell’incidenza del fenomeno. Poi, per lui, donna uccisa più donna uccisa meno, e che sarà mai! Complimenti, veramente, rida rida che la mamma ha fatto gli gnocchi!
Quoto Francesca, Zauberei e luziferszorn totalmente. Basta Massimo Fini, vi prego. Basta. Sono stufa di pseudo intellettuali che scrivono banalita’ (quando non sciocchezze) ammantate da finto-spirito-iconoclasta e vero-istinto-reazionario. Fini ne sapra’ forse di analisi politica ma sul femminicidio dovrebbe tacere, almeno secondo me, e chi si occupa di questioni di genere quotidianamente con professionalita’ dovrebbe essere assai meno tenero verso di lui e le sue sparate estemporanee.
Il commento di Claudio mi ha fatto ridere (anche se da ridere non c’e’ nulla, purtroppo): non fa una piega, devo dire, se si usano i parametri di ragionamento statistici. Dopotutto l’ha detto anche Sgarbi (altro fine intellettuale difensore delle donne e della legalita’) che la mafia non esiste e lo dicono persino certi mafiosi. E se non lo sanno loro…
Come qualsiasi linguaggio di fantasia, anche la matematica (e quindi la statistica), merita rispetto.
Ma anche solo UNA vittima, non è essa un fatto più abnorme di qualsiasi dimensione numerica?
Qualcuno dica all’Uomo che ride, che è un Miserabile magliaro, per favore…
Nella città di Ferrara è in corso, in maniera strisciante, un movimento di riabilitazione del perduto onore del ferrarese Balbo Italo. 12 vittime (quelle di cui è direttamente responsabile) non sono poi tante, dicono, visto il clima dell’epoca. In effetti: 12 morti su circa 5.000 fa lo 0.24%. 5.000 morti ammazzati, poi, su una popolazione di circa 45.000.000, fa a malapena lo 0.1%. Ceto, era la prima causa di morte violenta (come le donne ammazzate dal matiro/compagno/ex): ma vuoi mettere il voto in matematica?
ma il commento di claudio mette in luce piuttosto il fatto che non è con i numeri che si fanno i conti con la questione. e se la mafia smettesse di uccidere con le armi diventerebbe una multinazionale come tante altre.
a me pare che ci sia qualcosa che non va nel porre come dato fondamentale il numero di donne uccise. non possiamo escludere che fra 50 anni, se si riuscisse a lavorare sull’educazione come in questo blog e in altri si auspica, comunque ci sarebbe lo stesso numero di donne uccise. magari non ce ne sarà nessuna, ma insomma l’educazione di cui si parla dovrebbe esserci a prescindere.
@Claudio
Infatti la mafia non rappresenta certo un problema da un punto di vista degli omicidi, se permette. O pensava il contrario?
@hottanta…
Grazie, mi ha appena dato ragione. O pensa che la mia critica alle percentuali relative dicesse qualcosa di diverso? È chiaro che quando l’incidenza è di 5 ordini di grandezza sotto il primo decile ogni percentuale relativa è pura strategia retorica e annebbiamento statistico?
@Zauberei scrive:”Sono il dato su cui maggiormente si possono trarre inferenze quando vengono incrociati con altri. Sono i dati relativi per esempio che permettono di non generalizzare, di non fare strafalcioni storici e socioculturali “.
Ma non dire sciocchezze. Vedi la risposta di hottanta…
Suggerisco, per tutti, la lettura di
HUFF, D. (1954). How to Lie with Statistics (illust. I. Geis).
Norton, New York
@hommequirit: ho l’impressione che abbia le idee confuse in fatto di statistica, si legga bene il mio commento sopra. Non strumentalizzi le mie parole che non le danno ragione in alcun modo.
Che poi si stabilisca quale è una soglia di significatività o meno, e si voglia dare la dimensione di un fenomeno relativamente ad un universo di riferimento, ecco quello è un altro discorso. Che poi spesso si faccia un uso disinvolto della statistica questo è sicuramente vero, come condivido il fatto che le dimensioni del fenomeno qui in discussione in Italia non sono confrontabili con quelle di altri paesi. E poi mi spieghi bene questo concetto di percentuale relativa perchè detto così non ha molto renso. Relativo è sempre rispetto a qualcosa. E qui chiuderei perchè il tema e davvero un altro.
Non capisco come possa venire in mente che Marina Terragni abbia postato il pensiero di Massimo Fini condividendolo, davvero non capisco. Forse si dovrebbe leggere l’intero post, e i suoi commenti , di Terragni , soprattutto, per avere un’idea più esatta. Ma basterebbe il titolo a far capire il vero significato di quella citazione postata dopo, per altro, ad una di D.H Lawrence sullo stesso tema. Il titolo è: Maschi violenti adoranti, e mette a tema l’invidia maschile, fatta passare per adorazione verso le donne e metaforizzata con la guerra, gli armamenti per arrivare allo stupro, alla violenza contro le donne e vedere come loro, i maschi, la giustificano.
Se si vuole discutere di qualcosa, se si vuole dare un’informazione, se si vuole esprimere il proprio pensiero che bisogno c’è di usare questi mezzi? queste distorsioni? Anche se, capisco, riportare in topic soltanto la frase di Fini può indurre in errore, ma è un errore al quale si rimedia facilmente, se lo si vuole.
“se partiamo dall’irrisolvibile realtà statistica che una persona su cento è schizofrenica”
perchè irrisolvibile? Nel senso che è inutile cercare una cura per la schizofrenia?
“O ritenete davvero che 150 donne uccise da uomini (ma anche 50 e passa uomini uccisi da donne, ricordiamolo) siano un fenomeno riportabile a un problema di educazione e stereotipi di genere?”
E perchè non lo sarebbe? Siamo dunque scientificamente certi che se gli assassini avessero avuto una diversa educazione avrebbero tutti comunque ucciso?
@Donatella
Marina Terragni ha fatto benissimo a postare l’opinione (a mio giudizio orrenda) di Massimo Fini. Altrimenti come si farebbe a creare maretta, fazioni opposte l’un contro le altre armate? È una tecnica anche andare a cercare con il lanternino le posizioni più deliranti e maschiliste in modo da instillare il sentimento dell’assedio e motivare le truppe.
@hottanta…
Una percentuale relativa è semplicemente un confronto tra due percentuali. È il trucco più facile per barare, ovvero far sembrare una variazione più grande di quella che è in realtà. È ovviamente vero che passare da 100 vittime a 110 rappresenta un incremento del 10%. Il punto è che chi mostra questa percentuale vuole far sembrare a un lettore analfabeta di statistica che la variazione sia rilevante – e su questa rilevanza si parte poi con tutta uan serie di correlazioni supposte di ordine psico-socio-antropologico. Usare la percentuale assoluta, invece, vuol dire confrontare la popolazione femminile (che è il soggetto a rischio di femminicidio) nell’anno precendete e in quello attuale, alla luce dell’incremento della vittime. Ma questo porterebbe appunto un incremento assoluto dell’ordine di 5 ordini di grandezza sotto il primo percentile perché l’ordine di grandezza dell’incidenza del fenomeno è irrilevante. Tanto per spiegare alle tante Zauberei che senza percentuali assolute basta confrontare le percentuali relative per fare saltare dalla sedia il lettore sprovveduto che non ha la minima idea dei numeri in gioco rispetto al totale dei soggetti in gioco. Spero sia chiaro e concordo con lei nel non voler continuare su questo tema.
Tuttavia sono contento che Loredana Lipperini questa volta non abbia citato le percentuali relative. Molto meglio dire come ha fatto lei che le morti sono comunque troppe. Si può dissentire, poiché è un’opinione qualitativa, ma non è in errore. Io me la prendo solo con chi, credendo di aumentare l’attenzione al femminicidio, finisce per usare il confronto tra percentuali relative.
donatella ho letto il post di Terragni e ho postato di conseguenza.
Terragni posta Fini in quanto Fini o in quanto rappresentativo di una mentalità diffusa? E perchè il pensiero di Fini – deve essere materia di dibattito? Certo che Terragni non è d’accordo con lui, ma lui è come dire un’implicazione del suo schema mentale. Lui è la voce dei maschi come li dipinge lei – una volta su due una manica di trogloditi. Quella che tu chiami distorsione è invece una lettura diversa dalla tua. Succede.
hottanta:) hommequirit non parla di statistica che non sa manco do sta de casa. Parla dell’uso comune che si fa delle ricerche statistiche usando il linguaggio dei giornali. Però anche usando quel linguaggio e senza addentrarsi nelle cose complesse che non può capire, anche con quel linguaggio delle coserelle si possono dire.
Hommequirit ti stai incartando e lo sai. ma possiamo stare a spiegare le basi della ricerca a homme qui rit? un manuale gli può risolvere tutti i problemi.
In tutta franchezza, il dato di 150-180 donne uccise in un anno è davvero grave: quando si parlava di “anni di piombo” non si raggiungevano queste cifre (dal 1969 al 1987, dunque in 18 anni, ci sono stati circa 14.500 atti di violenza politica, con 419 morti e 1181 feriti). Negli anni delle guerre di mafia a Palermo queste cifre si sfioravano appena. Ricorderei agli amanti dei decili che il numero di morti ammazzati in Italia è attorno ai 600-650 esseri umani ogni anno, e che, percentuali o meno, questa è la prima causa di morte violenta. Ma soprattutto: in barba a qualsivoglia statistica, sotot la punta di quelle 45 morti in un trimestre c’è un iceberg di violenze, fisiche e psicologiche, che non arrivano all’omicidio, ma che lasciano segni nel fisico, nella psiche e nella società tutta. Non vedere questo iceberg è, nel migliore dei casi, ipocrita.
Quella di Massimo Fini è una delle affermazioni più vergognosamente idiote che abbia mai letto in vita mia.
Zauberei, sarebbe interessante chiedere a Terragni se ritiene Fini rappresentativo di una mentalità diffusa. La mia interpretazione è che si tratti di una mentalità molto radicata, talmente radicata da esser posta a metafora, come dicevo sopra, di un desiderio che avrebbe le donne come oggetto. Intanto essere oggetto non è il massimo della mia ambizione né credo quello di ciascuna donna, infatti il passaggio corretto dovrebbe essere quello di essere considerate soggetto del desiderio e di considerare, noi, gli uomini alla stessa stregua. Io vivo così il mio desiderio.
Poi c’è un’altra considerazione possibile proprio in relazione a come storicamente gli uomini – quando dico gli uomini intendo un modo di pensare, strutturato e radicato culturalmente nelle società di stampo patriarcale, non intendo tutti gli uomini e, per quello che la conosco come assidua frequentatrice del suo blog, credo che anche Terragni la pensi esattamente così – hanno utilizzato il desiderio per il genere femminile come, di nuovo, metafora di qualcos’altro. Le donne, dal canto loro, si sono strutturate su un illusorio “cupior ergo sum” per poi accorgersi che il vero desiderio maschile era rivolto a loro stessi data la scarsa transitività che ha caratterizzato per millenni i loro comportamenti verso le donne. Del resto le violenze peggiori si continuano a perpetrare sulle donne “per amore”. Ora Zaub, io non penso che tutto questo sia stato superato, vedo che molti uomini si sono superati, in termini di autenticità del loro desiderio, ma non possiamo pensare che il massacro continuo del nostro genere non abbia radici dure a morire e che abbia tra i suoi possibili fondamenti, un invidia mai indagata verso il nostro genere, concentrati come siamo stati tutti, sull’invidia del pene. Trovo al riguardo, interessantissime le elaborazioni di Paola Zaretti, filosoda psicanalista di Padova, delle quali sarebbe importante parlare proprio in merito a questi argomenti.
Quanto alla diversità dei punti di vista sono d’accordissimo così come mi entusiasma l’idea di poterceli rappresentare.
@Zauberei
Posso capire le ragioni psicologiche della sua invettiva livorosa. Non posso capire invece su quali basi lei contesti il mio ragionamento statistico. Prego, me lo spieghi. Sono tutto orecchi.
@Girolamo
Ma lei mi sta dicendo che se i morti ammazzati in Italia sono 650 ogni anno, allora muore una donna ogni 3,33 uomini.
Non mi sembra molto conveniente essere maschi. Non trova?
(Ci tengo a dire che non sto provocando ma vorrei far notare a tutti quella che a mio parere è un fissa ideologica che quando usa statistiche e dati diminuisce l’urgenza del suo allarme).
Allora vediamo di capirci, senza offese per nessuno. Cerco di disinnescare la bomba che ride perchè credo che abbia qualcosa da dire e il fatto che lui intervenga così insistentemente non sia perchè è un troll ma perchè voglia dire qualcosa (forse sono ingenua, ma cerco di capire le ragioni degli altri). Penso di capire il ragionamento provocatorio di hommequirit per quanto irritante possa essere e strumentale l’uso della statistica, e così magari cerchiamo di chiudere la polemica. Allora cominciamo dal mettere da parte il discorso della statistica, perchè sul quel terreno non ci sono santi: i numeri sono numeri, poi che vengano usati male o bene è un altro discorso. Lasciamo pure perdere le invettive più o meno offensive nei confronti dei commentatori, siamo tutti adulti e raziocinanti, evitiamo le beghe.
Credo che lui abbia ragione a dire poniamo le cose in prospettiva e che dal suo punto di vista il fenomeno non è poi così numericamente rilevante se si guardano i numeri in proporzione. Ciò a mio parere, per inciso, non toglie nulla alla gravità dello stesso. Poi, e qui secondo me è più grave, Hommequirit mi pare che faccia il passo successivo di dire che questi numeri vengano usati strumentalmente (di nuovo) per sostenere tesi a suo parere non sostenibili. E cioè che le uccisioni di donne in Italia non siano propriamente femminicidio da riportare a una tematica culturale. Quindi la sua domanda: siamo sicuri che le uccisioni di donne (a cui lui contrappone le uccisioni di uomini, io però, davvero non so i numeri veri, sto solo cercando di fare chiarezza) siano solo frutto di una temperie culturale di stampo machista etc etc etc? Ecco, qui credo che lui abbia in parte ragione. Io credo che ci sia una componente culturale molto forte, ma forse, lo dico con molta umiltà, e con la consapevolezza di dire una cosa controcorrente, ma non lo faccio per provocare, forse sotto sotto non stiamo esagerando a dire femminicidio in Italia? Con questo non voglio minimamente sminuire questo odioso fenomeno, però è anche vero che le parole hanno un significato.
@ hommequirit: da statistico professionista in onoratissimo servizio da oltre vent’anni la pregherei di smetterla con le sue minchiate. Non sto a spiegarle gli errori, se non ha studiato quando avrebbe dovuto o usa le sue pseudoconoscenze per abbindolare chi di statistica non sa (non è una colpa) non sta certo a me riparare. Prenda qualche ripetizione magari, potrebbe non essere troppo tardi. E chieda la ricevuta al professore, mi raccomando.
Comunque le cifre vanno interpretate. Segnalo questo per nulla appassionante e anzi deprimente, agghiacciante, ma istruttivo rapporto del Ministero dell’Interno: http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/14/0900_rapporto_criminalita.pdf.
Evito di riportare e commentare troppe cifre. Comunque, la tabella a pag. 122 evidenzia che non è vero che gli uomini uccidono le donne: in una serie storica di qualche anno, le vittime di omicidio di sesso femminile sono circa il 25%, e quindi la stragrande maggioranza dei morti ammazzati (il 75%) è di sesso maschile. Però a pag. 126 c’è un’altra tabella, ancora più illuminante: dice che l’assassino è maschio in oltre il 90% dei casi. Se ne deduce che i maschi si ammazzano di preferenza tra loro, da soli al Nord e in branco al Sud, non disdegnando di riservare questo perverso trattamento alle donne. Il vero problema, quindi, relativamente all’omicidio, è il semplice, gelido fatto che gli uomini uccidono. Donne, altri uomini, non so se la distinzione è rilevante o no; a me pare grave, gravissimo il fatto che un crimine tanto orrendo sia praticamente appannaggio esclusivo di una parte soltanto del genere umano. Genetica? Educazione? Non saprei, ma per carità interroghiamoci davvero su cosa voglia dire essere uomini, perché questi numeri sono devastanti. Tengo a dire che non sto negando la violenza di genere: lo stesso rapporto dedica un capitolo al tema, concentrandosi su crimini come maltrattamenti e stalking, in cui la vittima è quasi esclusivamente di sesso femminile. E anche per gli omicidi, sarebbe utile sapere quante donne in quel 25% vengono punite, ammazzate proprio in quanto donne, e cioè come presunte “cattive” mogli, compagne, madri, ecc. In conclusione: credo che noi uomini dovremmo cominciare a ragionare sul serio sulla violenza che ci portiamo dentro, possibilmente andando oltre le idiozie di Fini. Confesso però di avere poche idee, c’è qualcuno che ne ha?
@ hommequirit
Ma: che le donne e gli uomini uccisi siano un fenomeno riportabile a un problema di educazione dovrebbe essere vero o falso indipendentemente dalla sua incidenza statistica. La mafia esiste appunto non in base a quante vittime produce ma se sussiste la caratteristica che ci fa parlare di mafia. L’idea di fare paralleli tra il caso messicano o gli anni di piombo in materia di possibilità straordinaria di intervento è inopportuna proprio per la caratteristica del non-fenomeno italiano, perché altrimenti se ci dovessimo basare sulle cifre e basta in realtà il tuo ragionamento non regge. Come fai ad essere certo che l’educazione non c’entri, solo per le percentuali assolute cosi minime? Quando poni un termine di paragone come la schizofrenia stai già pregiudicando il tuo ragionamento, dal momento che poni una similitudine fra “malattia”, che si suppone appaia casualmente, e un comportamento, che appunto si riconduce a un insieme di causalità. Nel caso in questione è la grande varietà di causalità a rendere complicata la questione, ma non la sua incidenza persino inferiore ad altri fenomeni. Senza contare che l’omicidio rientra in una serie di violenze più ampie. Per cui fare allarmismo con il 10 per cento è più o meno simile a smorzare i toni con lo 0,.
Tentativo di analisi dei commenti sul “fatto”, al post di Lidia Ravera.
806 commenti analizzati. Grossomodo 230 commentatori. 9 commentatori con oltre 10 commenti.
Una trentina di commenti censurati.
In generale ho trovato queste linee di pensiero. Dissenso nei confronti dell’articolo, principalmente perché i numeri non porterebbero a considerare questi casi come esemplari di una cultura, o del comportamento degli uomini. Si pone l’accento sulla violenza personale data da un’aggressività insita nell’uomo. Per alcuni, ma direi non più di 10 commentatori riguarda la cultura solo nel senso in cui per le donne, fin dall’adolescenza, un maschio forte e aggressivo è più attraente. Per cui si riconduce il tutto ad una responsabilità personale. Non che si giustifichi la violenza, questo non è mai stato detto, ma che non c’è da stupirsi se certi uomini vengono apprezzati. Molti fanno notare come questo sia un ragionamento assurdo. Si è riflettuto, magari in maniera confusa sulle molteplici cause della situazione. La linea generale direi che sia quella per cui non si può parlare di un problema dovuto ad una cultura, ma che la cultura c’entri in qualche modo. Soprattutto è ritenuto un problema di singoli casi, di violenza, di giustizia, e di prevenzione intesa come prudenza nelle frequentazioni. Spesso intervengono le donne invece a richiamare l’attenzione sull’educazione, ma anche qualche uomo, e sulla vastità del problema. Riflessioni anche sul ruolo delle madri. Quasi del tutto assente l’accenno ai padri. Schermaglie sulle donne che lasciano che tradiscono e parimenti sugli uomini. In conclusione nel pensiero generale di molti uomini è una questione circoscritta alla violenza dei singoli, che non riguarda il genere.
Alcuni passaggi per sintetizzare. Molti commenti sono irrilevanti e dispersivi.
1 commento ironico sul femminismo
CORRADO commento dispiaciuto
GP 82 non capisce situazione
PURE STEEL confuso ma comprensivo
MASSIMILIANO G punta sull’autodifesa
DAGOLARK commento stupito di fronte a giustificazione violenza
CORRADO parla di cultura
ANTONELLA conosce femminismo, parla di educazione e autodeterminazione più situazione degli uomini dopo il ’68.
GP 82 fa notare che in svezia usa e olanda ci sono più omicidi, eppure sono paese avanzati
CORRADO contesta che GP 82
APOCOPE 69 attacca Ravera perché misandrica
BELLA E BANNATA parla di dati ONU nei confronti dell’Italia
Commenti vari circa “passionalità” come movente, inteso a contestare l’idea che l’idea donna oggetto centri nella faccenda, dato che l’assassino ha tentato il suicidio.
LIGABO6 offende palesemente e volgarmente le femministe.
SIMONE altro commento pieno di pregiudizi contro le femministe.
LIGABO6 stabilisce vaghe connessioni fra i suoi insulti alle femministe e i motel notturni.
GIULIANO CARUSO parla di cultura ed educazione dei maschi.
RAMON parla di stupidità femminile nello scegliersi il partner
YODA parla di cultura del possesso e bisogno d’educazione
STUFONERO tira in ballo il governo e la mancanza dei valori
MILU rivendica autodeterminazione femminile
VERA CRUDELE appoggia e parla di maternità deresponsabilizzante
MATTIA critica le femmine che scelgono gli stronzi, quando ci sono tanti ragazzi soli e gentili
MICHELE interviene augurando l’estinzione della razza umana. Meglio i gatti dice.
DRACHEN con altri commenti riflette sui ragazzi tranquilli che crescono presi di mira o lasciati in disparte rispetto ai ragazzi che rientrano nello stereotipo dell’uomo forte.
ALBERTO insiste sul vizio delle donne di scegliersi uomini sbagliati, pur sapendolo.
BRAGPAT ( è una donna ) concorda che in fondo i bulletti sono più attraenti. I bravi ragazzi sono noiosi e snob, e anche loro vogliono solo la bella ragazza da far vedere.
DETESTOR parlando della sua giovinezza ricorda che il bullo della sua scuola, che menava pure la sua ragazza, era ammirato da tutte.
RTQ ci prova con DETESTOR, che però non ci crede.
Piccola discussione fra contesto famigliare, aggressività non associabile a cultura ma al singolo caso e però riguardante educazione.
KOLOMBA nomina il doc de IL CORPO DELLE DONNE e relativi commenti sul macho italiano assatanato fatti da suoi amici stranieri
RTQ insiste sulla responsabilità della donna di scegliersi un partner non violento
Discussione incentrata sulla guerra dei sessi.
AURORA cerca di portare la discussione sul punto della violenza contro le donne
FABIO DE ROSSI tira in ballo Berlusconi e la cultura, e la p2
ELIOS non concorda con il tono della RAVERA ma concorda che è un problema che riguarda anche gli uomini
Discussione sulla cultura, incentrata sul modello maschio aggressivo preferito dalle donne in quanto protettivo.
ALEX 111 sostiene che le donne sono vittime solo delle cattive mogli che usano i figli contro gli ex, con le arriviste in minigonna in cerca del marito ricco.
MICHELE suggerisce di proteggere le donne dal fumo, che causa più morti. Segue discussione vagamente allucinante.
SANDRO: “signora Ravera, il suo veterofemminismo sta venendo a noia”.
MOON fa notare che il suo ragazzo, bravo gentile e laureato poi l’ha picchiata.
Discussione sulla rilevanza statistica di questi crimini ( ma non c’è hommequirit )
VALENTINA cita “Ancora dalla parte delle bambine”
Discussione su come si scrive cosce.
Vari interventi contro i commentatori che dicono che il problema principale è delle donne a cui piacciono gli uomini aggressivi.
CARMELO BETTI : il femminismo è un pericolo
INTERESSANTE: giggi cremeria utilizza il paragone con la scarsa incidenza statistica degli omicidi di mafia per ironizzare sull’inesistenza della stessa.
UNOKONOMIYAKI parla dell’atteggiamento attenuante fra le violenze nella coppia.
LUCREZIAR pone come argomento non la violenza di genere, ma la violenza generazionale, mettendo l’accento sulla madri.
Zauberei, a parte il suo tono davvero sgradevole:
è precisamente l’obiezione che ho fatto a Massimo Fini:
più guerra=più violenza sessista.
Più che avere postato Fini, poi, ho postato Lawrence:
la cui analisi mi pare suggestiva e centrata.
L’ontogenesi ricapitola la filogenesi,
la storia di ogni essere umano maschile
illustra bene il passaggio dal matriarcato delle origini
alla violenza patriarcale:
in ogni piccolo maschio possiamo assistere al passaggio
dalla venerazione per la madre al movimento del disprezzo.
Sotto il quale resistono vivi la paura, l’invidia, il senso di inferiorità
per ciò che di stupefacente una donna sa fare:
“sdoppiarsi” da una che è in due,
dando alla luce.
La più sconvolgente esperienza
che io abbia mai fatto.
Condivido la conclusione del post di Laura Betti “la violenza di genere non è un’opinione dove chiunque può dire quello che gli pare o fare quello che vuole, ma è un fenomeno che riflette un’intera società e che quindi va affrontato in maniera scientifica anche quando se ne parla.” http://womenhumanrights.tumblr.com/post/19920958618/sbatti-il-femmicidio-in-tv
Ne consegue che accettare anche solo di discutere partendo da premesse tanto distorte non solo è una fastidiosa perdita di tempo, ma è un esercizio diseducativo per i lettori di questo bel blog.
Chi si vuole divertire coi numeri si contasse i peli nell’ombelico.
Il problema non è la statistica. Si legga l’intervento di Adriano Sofri che ho appena postato.
Rimane il fatto (patologico) che un personaggio come Massimo Fini abbia un potere fascinatorio sul femminile. Un personaggio, ripeto, che non ha alcun potere intellettuale per agire sulle masse, condizionandole, ma che evidentemente ha un potere da giocare con e sulle donne. La sua notorietà attuale si nutre costantemente di questo rapporto di dipendenza f/m che solo apparentemente si dibatte sul piano ideologico. In verità si tratta di una relazione morbosa che attinge nel profondo della nostra psiche e come tale andrebbe analizzata. Qualsiasi discorso egli faccia prima o poi cade in un loop misogino dove l’unica via di fuga rimane la proiezione enfatica del femminile e la conseguente reazione di disprezzo all’idea di relazione col medesimo. Ricordo un suo pezzo, in tal senso illuminante, scritto alla morte di Giorgio Bocca per il FattoQ, anzi ve lo cito che è più efficace:
«Un giorno mi disse [Bocca ndr]: “Sai, ho capito che dopo una certa età se vuoi l’affetto devi pagartelo”. Intendeva proprio affetto, non il sesso (di questo mi aveva detto, tempo addietro: “Alla fine la fatica diventa maggiore del piacere e lasci perdere”). Io che avevo allora quarant’anni e stavo con una donna bella e affascinante (‘ la morona ’ come la chiamava lui, affettuosamente) inorridivo. Mi sembrava un atteggiamento troppo cinico. Ora che ho l’età che lui aveva allora so che aveva ragione.»
Ora è evidente che tutto ciò sia rappresentativo di un essenza maschile in piena regressione psico-reazionaria dunque nichilista sul piano relazionale, ma un conto è citare il nostro per smascherarne l’essenza del pensare, un altro citarlo per reiterare un’idea malsana di dibattito intellettuale che alla fine ci rendiamo conto essere fondato sull’occultamento del patologico insito in esso. Ecco perché l’unico a guadagnarci è sempre quell’uomo.
Marina terragni, mi rendo conto che il tono mio quando penso ai suoi interventi diventa sgradevole – ha ragione. Ma io li trovo una volta su due piuttosto fastidiosi e atti a elicitare reazioni, li trovo spesso molto generici, e che rinviano a una rappresentazione della differenza di genere ingiusta, con una serie di prediche sottese francamente irritanti. Succede. Anche questo intervento non mi trova d’accordo – perchè erige a norma psico e socio culturale una situazione problematica che si concretizza solo con certe circostanze, psichiche prima che culturali. No io non trovo Lawrence opportuno da citare. Trovo un po’ vecchiotto Lawrence in termini di riflessione psicoanalitica, perchè dietro c’è questo naturalmente, la psicoanalisi degli esordi certo non quella recente, o un pochetto più recente. Magari! Ma che ci mettiamo a leggere kernberg? Sia mai. Grazie in ogni caso della risposta qui.
Comunque io non sono molto d’accordo neanche con collegare la violenza sulle donne a Lawrence sull’invidia della donna.
O meglio, credo che sarebbe importante insistere sul fatto che la cultura influenza la violenza sulle donne, perchè è solo su quella che si può intervenire.
E’ proprio questo assunto che è difficile da mandar giù per tanti.
Si assiste nei discorsi quasi sempre a uno spostamento del problema: o lo si schiaccia sul singolo “deviante” (responsabilità personali, patologia, criminalità) o la si butta su un piano più ampio, come secondo me fa Fini e pure Lawrence. In entrambi i casi equivale a dire: noi non abbiamo colpa, non ci si può fare niente.
Quello che mi stupisce è che leggendo il Fatto (a cui fino all’anno scorso ero abbonata) e i commenti dei lettori emerge spesso l’idea che chi controlla il potere, i media e l’editoria (che forniscono prodotti culturali) influenzi pesantemente con tali prodotti e col suo esempio negativo le opinioni dei cittadini in politica (ad esempio contribuisca a fomentare l’intolleranza e la violenza verso gli stranieri o la tolleranza verso l’illegalità diffusa), e anche, in anni e anni, contribuisca a forgiare le loro aspirazioni, desideri, gusti, consumi ecc. Mi sfugge perchè allora secoli di potere e cultura plasmata dallo sguardo maschile (spero che su questo almeno non ci sia da discutere…) non dovrebbero avere alcuna responsabilità e influenza sulla violenza contro le donne, che sarebbe unicamente prodotto di una devianza personale.
Zauberei, ribadisco quanto ho scritto,
in particolare che il suo tono è estremamente sgradevole.
La rete è un luogo prezioso,
davvero un peccato quando invece di sfruttarne le potenzialità
la si intende come luogo di libera aggressione.
Fatta salva la legittima differenza di punti di vista,
a volte mi dico che se “in presenza” ci si confrontasse con questi toni
finirebbe a cazzotti in pochi minuti.
Ci pensi.
A meno che un*, per sue ragioni personali,
non venga in rete proprio per tirare cazzotti.
Allora la cosa migliore è sottrarsi.
Buon proseguimento.
Marina Terragni si sottragga, non sarebbe probabilmente questa la sede. Invece se dovesse capitare un confronto di persona – dove dichiarare che dei testi sono irritanti, e le citazioni scelte sono sorpassate, è cosa all’ordine del giorno, stia tranquilla che non mi tirerei indietro.
Lo terrò presente, e grazie per la sua cortese disponibilità.
Al momento tuttavia avrei molte cose da fare che mi interessano molto di più dello scazzottarmi con una persona della cui esistenza apprendo solo oggi.
Buona giornata.
@Maurizio
Fuori gli argomenti o taccia. Magari anche fuori il cognome, visto che lei si è permesso di definire “minchiate” eventuali furbate statistiche – che dovrebbero essere note a chiunque – sulla sola base del millantato credito che deriverebbe dalla qualifica di esperto. Fuori il cognome, così controlliamo intanto quale professionalità lei possa vantare. E fuori gli argomenti, così controlliamo se al professionista corrisponde un cretino.
è un po’ stantia la formuletta dell’uomo atavico che reagirebbe con violenza senza più i suoi approdi culturali; un po’ troppo psicanalitica come lettura, e priva quindi di riscontro scientifico, tuttavia non mancano i casi per certi parallelismi…
Ridurre tutto e unicamente ad un problema educativo, insomma, non mi pare un’idea tra le più intelligenti anche se la sottoscriverei comunque, qui e ora.
pigrizia mentale a mio modesto parere, è invece quella di chi si rifugia unicamente in queste formulette “magiche” scritte da qualche “illuminato prolisso giornalista” con il beneplacito di una certa parte politica, senza indagare gli effetti del di “potere” non solo tra i sessi ma anche tra stato e persone, che starebbero alla base di una più iniqua ridistribuzione della giustizia e della dignità umana.
la strada è ancora lunga…