La lettura dei giornali di stamattina mi ha fatto soffermare su questo articolo di Dionne Searcey per il New York Times. Dove si prova a rispondere alla domanda che tutte e tutti ci siamo fatti: perché le donne hanno votato Trump? Non tutte, ovviamente, ma neanche poche. Penso che un po’ aiuti a riflettere, e se non fornisce risposte precise, come chiedeva ieri Federica Manzon su Facebook ( “Chi sono questi uomini, donne, giovani, vecchi, minoranze, maggioranze che hanno votato a destra? Raccontatecelo, per favore. Dalle strade, dalle scuole, dagli uffici, dai campi intensivi, dagli ospedali, dalle città e dalle campagne. Fateci arrivare la loro voce, esausta o arrabbiata, scontenta o esaltata. In ogni caso né migliore né peggiore della nostra”), mette a fuoco qualche punto.
Cosa dice Searcey? Intanto:
“I sondaggi all’uscita dalle urne mostrano che il 45 % delle elettrici ha votato per Trump, e molte più donne bianche hanno votato per Trump rispetto alle donne nere. Il rifiuto crescente di Hillary Clinton prima e di Harris poi ha fatto venire alla luce una scomoda ma costante corrente sotterranea della società americana: le donne non sono necessariamente d’accordo su cosa significhino progresso o battuta d’arresto”.
E veniamo alle votanti. E soprattutto a chi le incitate al voto.
Intanto, il gruppo di Moms for Liberty, organizzazione che fa di ProVita&Famiglia un covo di anarco-insurrezionalisti, al confronto (si scherza, buoni): nascono per contrastare la sessualità, i diritti LGBTI, ovviamente il fantomatico gender e quant’altro. Le mamme per la libertà sono associate ai Proud Boys, organizzazione neofascista di estremissima destra. Ma il loro mantra è “proteggiamo i bambini”. Funziona. Al New York Times, la cofondatrice Tiffany Justice dice che l’elezione di Trump rappresenta “la liberazione delle donne dai giorni bui del cosiddetto femminismo”.
Però non è la prima volta che accade:
“Le donne non parlano con una sola voce”, ha affermato Lisa Levenstein, direttrice del Women’s, Gender and Sexuality Studies Program presso l’Università della Carolina del Nord a Greensboro. “Non lo hanno mai fatto e non lo faranno mai”. Alcuni dei più grandi oppositori della lotta per consentire alle donne di votare nei primi anni del 1900 erano gruppi guidati da donne . Le madri bianche erano tra le più rumorose oppositrici della desegregazione scolastica. Negli anni ’70, Phyllis Schlafly ridicolizzò le femministe e glorificò i ruoli tradizionali delle donne mentre lottava per bloccare l’Equal Rights Amendment, affermando che avrebbe portato al completo sgretolamento della tradizionale società americana”.
Questo, in fondo, lo sapevamo, ma forse pensavamo che fosse cosa di ieri, e che Schlafly fosse ormai un nome da museo, o da bar delle Zie in Testamenti di Margaret Atwood. Invece no.
Quello che è accaduto, dice Searcey, è che la popolarità del femminismo, e il femminismo pop del film Barbie, di Beyoncé e di Taylor Swift non si sono tradotti in cultura politica. E questo è un gigantesco problema.
Perché non hanno (abbiamo) visto altro: le atlete universitarie del Nebraska che realizzano uno spot contro l’aborto; le tradwives, le influencer casalinghe che sorridono su TikTok e Instagram, giovani, carine, con tanti figli e tante torte di mele, invitando al ritorno dei ruoli tradizionali (e sono state trattate come fenomeno di costume).
E poi c’è il punto chiave:
“”C’è ancora così tanta discriminazione e disparità salariale”, ha detto Katherine Turk, storica del femminismo della seconda ondata presso l’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill. “Le donne che non sono femministe hanno idee diverse su cosa significhi avere una vita realizzata”.
E ancora:
“Molti storici dei movimenti per l’uguaglianza delle donne nel corso dei decenni affermano che i risultati ottenuti spesso non hanno beneficiato tutte le donne; piuttosto, hanno aiutato le donne privilegiate ad assicurarsi maggiori opportunità nella società. La lotta per l’uguaglianza legale ha permesso alle donne con i mezzi necessari di pagarsi l’università e trovare lavori con buoni stipendi, per esempio. Questo è uno dei motivi per cui le donne non sono state unite”.
Ecco, su questo dovremmo tutte (e tutti) interrogarci. Oltre che, certo, sul cosa fare da oggi in poi: in America, e in Italia.