Dal momento che, come insegna il grande James Clough (leggete il suo libro sulle insegne, merita), un paese si può capire anche da quel che si espone sui muri e sui palazzi, ci sono due manifesti che in questi giorni tappezzano Roma e che forse aiutano ad affrontare un discorso spinoso come quello sul politicamente corretto.
I manifesti pubblicizzano due spettacoli. Il primo è del Circo de Los Horrores, che già aveva portato in tour messe in scena gotiche e vampiresche. Sono bravissimi artisti, vorrei sottolinearlo, e sottolineo anche di non aver visto il nuovo spettacolo. Che si chiama Delirio ed è ambientato nell’ex manicomio criminale di Waltham nel Massachusetts alla fine del 1930. “Un luogo angusto dove si vive nel rischio e nel pericolo, dove non ci sono regole e dove convivono assassini pericolosi, anime indemoniate in attesa del loro punto di non ritorno: la sedia elettrica”. Le locandine mostrano il protagonista con doverosa camicia di forza.
C’è un secondo spettacolo che circola a Roma, e dunque un secondo manifesto: lo spettacolo si chiama Psychiatric Circus e “tra umorismo e horror, racconta la vita nei manicomi negli anni ’50”. Come scrive il Corriere della Sera:
“Psychiatric Circus è uno spettacolo di nouveau cirque che si ispira alle suggestioni del Cirque du Soleil. Ambientato negli anni Cinquanta, racconta la vita all’interno del manicomio cattolico di Bergen, gestito da padre Josef, dottore e direttore, e dalle sue fedeli suore. «È uno spettacolo dalle tinte forti – spiega la regista, Loredana Bellucci – che in qualche modo racconta quello che purtroppo è realmente accaduto nei manicomi. Però il nostro primo obiettivo non è la riflessione profonda, è semplicemente quello di coinvolgere il pubblico, di farlo ridere e divertire ma senza distrarlo». «Noi crediamo che il rispetto non imponga di evitare di affrontare certi temi, e nemmeno che prescriva di trattarli solo con deferenza – aggiunge l’autrice e organizzatrice Sandy Medini – Per noi questo spettacolo è un modo per dire che anche le persone che mettiamo fuori dalla società, a cui attacchiamo l’etichetta di “diverso”, possono avere e spesso hanno sensibilità e talenti che non conosceremo mai, per paura o per supponenza. L’umorismo è uno strumento eccezionale per scardinare certezze, ideologie e tabù».”
Molto bene e state calmi. In nessun modo intendo sostenere che non dovremmo vedere questi spettacoli e i relativi manifesti. Alzate le manine dalla tastiera prima di iniziare la litania bigottacensuratrice: non voglio mettere mutande alle statue né strappare locandine né invitare al boicottaggio, mi dispiace per voi e per il coretto acchiappa-like.
Vorrei, invece, pensare a quanto equivoco sia il concetto di politicamente corretto e a quanto venga usato, dalle due parti (chi lo sostiene, chi lo afferra come un ariete per dare scossoni ai presunti buonisti), in nome di una non identificabile libertà (da che? da chi?).
Per chi ha vissuto l’epoca Basaglia, per chi è stato immerso in un clima culturale dove il lavoro contro la presunta diversità aveva un significato profondo, quei manifesti sono un colpo al cuore, lo dico subito. Essere chiamata a ridere sul “matto” mi riporta indietro di decenni: e se non sopportate l’inevitabile citazione di Qualcuno volò sul nido del cuculo, almeno accogliete quella che riguarda lo splendido libro di John Foot, La Repubblica dei matti. Era, e forse dovrebbe essere ancora, una questione di cultura, non di divieti.
Per fare un altro esempio: trovo che i cosiddetti Trigger warnings siano una solenne idiozia, anche se le motivazioni che hanno portato alcuni studenti americani (non le femministe bavose, tesorucci) a chiedere di avvertire se un testo letterario contiene elementi razzisti o sessisti sono umanamente comprensibili (leggere qui). Trovo che il ragionamento sugli stereotipi nei libri di scuola sia importantissimo e non riducibile a “le fiabe sono sessiste” (ma chi ha lanciato lo slogan? La ministra francese o i giornalisti? ah, saperlo).
Trovo, insomma, che a forza di mettere in ridicolo (o mettersi da soli in ridicolo, ci sta) una causa giusta, tanto per farsi la famosa risata a proprio vantaggio, e un vantaggio che per giunta è quasi sempre miserabile (appunto, i famosi like in più e se va bene un articoluzzo su un giornaluzzo), si stia camminando allegramente su quelli che si ritengono cocci e residui di un passato inutile. E non sulle motivazioni profonde del nostro essere parte di un insieme. Del nostro essere – oddio, lo scrivo, scrivo l’obsoleta parolaccia – comunità.
(Piuttosto mi chiederei se a proposito del famigerato outing di von triers riusciremo mai piu` guardare idiots, o moltri altri film con gli stessi occhi). A proposito di politicamente scorreto, e mi considero uno che prima della riforma Basaglia qualche rischiolo avrebbe corso, mi chiedo come mai gli appassionati deille politiche un po nazi di certe destre estreme sono gli stessi che qualora i loro mentori prendessero il potere verrebero usati per fare gli esperimenti
Ho visto il Circo de los Horrores seppure fossi pieno di riserve ma mi ha positivamente stupito. Ne ho scritto qui: http://www.marianotomatis.it/blog.php?post=blog/20150403
Riguardo i trigger warnings c’è un bel video di analisi (con annesse risposte) di PBS Idea Channel su YouTube. Personalmente sulla cosa penso che sia colpa dei soliti, maledetti algoritmi da social network: a forza di proporti “cose che potrebbero piacerti” si finisce estraniati da “le cose che ti faranno schifo ma che dovresti conoscere lo stesso”
Mi scuso se non metto il link, problemi di traffico.