Rileggere Spillover di David Quammen (che, uh, mi risulta non disponibile, ma si spera che torni presto in circolazione: per ora coccolo la mia vecchia copia) significa trovare un po’ di razionalità fra le cronache imprecise e spesso isteriche di questi giorni a proposito del coronavirus, o Covid-19 come si chiama ora. Quammen è un reporter del National Geographic, e nel 2012 scrive un libro narrativo e scientifico sulle epidemie e pandemie, cercando di capire, e facendolo capire a noi, come avviene il famigerato “salto di specie”.
Su tutto, sottolineo due concetti:
“Si definisce zoonosi ogni infezione animale trasmissibile agli esseri umani. Ne esistono molte più di quanto si potrebbe pensare. L’AIDS ne è un esempio, le varie versioni dell’influenza pure. Guardandole da lontano, tutte insieme, queste malattie sembrano confermare l’antica verità darwiniana (la più sinistra tra quelle da lui enunciate, ben nota eppure sistematicamente dimenticata): siamo davvero una specie animale, legata in modo indissolubile alle altre, nelle nostre origini, nella nostra evoluzione, in salute e in malattia”.
Sembrerebbe non necessario sottolinearlo, ma di questi tempi sapete che si contesta persino Darwin. Secondo punto:
“…gli sforzi e le scelte ponderate dei singoli possono avere grande importanza al fine di scongiurare la catastrofe che potrebbe ucciderci come mosche. Un bombice magari eredita geneticamente una caratteristica che lo rende leggermente più bravo a evitare le particelle di NPV mentre mastica una foglia, ed è tutto lì. Un essere umano invece può scegliere di non bere la linfa di palma, di non mangiare scimpanzé, di non mettere il recinto dei maiali sotto un albero di mango, di non liberare le vie aree di un cavallo da corsa a mani nude, di non fare sesso non protetto con una prostituta, di non drogarsi con una siringa usata, di non tossire senza coprirsi la bocca, di non salire a bordo di un aereo se non si sente bene, di non allevare galline e anatre insieme, e
così via. « Ogni piccola cosa che facciamo può abbassare il tasso di infezione, se ci rende diversi gli uni dagli altri e non corrisponde al comportamento standard del gruppo » mi disse Dwyer, dopo aver riflettuto per una mezz’ora sulla mia proposta di analogia con i suoi amati bruchi.
« Non è che i bombici si distinguano molto gli uni dagli altri » fu la sua conclusione. « Gli esseri umani invece possono differire in innumerevoli modi, soprattutto a livello comportamentale. Questo è ovvio. Il che ci fa tornare alla domanda di prima, in altre parole a chiederci fino a che punto conti la nostra intelligenza. E ora che ci ho pensato bene risponderò che sì, è estremamente importante ».”
Ragionare come comunità, per non mettere in pericolo noi stessi e gli altri. Anche questo concetto sembra ovvio, ma ancora una volta i tempi portano a sottolineare le cose ovvie. Buona lettura.