RISACCA

Questo non è il post che ho promesso ieri notte: semmai, questo è un modo per avvicinarsi a una riflessione conclusiva – ammesso che ce ne siano – e per condividere alcuni materiali e alcuni spunti che si devono anche agli ultimi avvenimenti.
Credo, dunque, che ci troviamo in un momento complesso. Lo definisco il momento della risacca.

Risacca – s.f. (moto di ritorno dell’onda fermata e respinta da un ostacolo ) fenomeno che si verifica più spesso e in maniera più accentuata sulle coste ripide.

Un anno fa, ho parlato qui di una sensazione sgradevole: ovvero, il presentimento di un rischio che riguardava la “questione femminile”. Eravamo reduci, nel settembre 2009, dal caso Noemi-D’Addario: la “questione femminile”, fino a quel momento sotterranea, era emersa e portata quotidianamente alla pubblica attenzione. Naturalmente, è stato importante. Altrettanto naturalmente, una problematica annosa e irrisolta è stata semplificata. Tre volte naturalmente, è stata, come temevo, edulcorata, addomesticata, resa innocua. La complessità del discorso è stata ridotta allo slogan del “nuovo femminismo”. Ora, il “nuovo femminismo”, analogamente a quanto è avvenuto con il “vecchio”, è stato chiuso nella cornice già nota. Ovvero, donne che rifiutano il corpo, la bellezza, il sesso. O meglio: donne che “hanno problemi” con il corpo, con la bellezza, con il sesso. Donne che impediscono alle altre donne di vivere serenamente e felicemente il corpo, la bellezza, il sesso.

Ma io non ne posso più delle brutte che difendono le belle, delle devastate in amore che mettono in guardia le donne corteggiate cercando di impedire a loro di provare a vivere un sentimento, di lesbiche represse
Ottavio Cappellani (Affari Italiani)

Come si arriva all’equivoco? Non in un unico modo. Primo, entrando a piedi pari nella narrazione di Silvio Berlusconi. Qui le belle tuse, di là il settore menopausa. O anche, qui la libertà sessuale, l’allegria, la felicità, di là le bigotte, le noiose, le moraliste. Questo è il frame, e in questo frame, ahimé, si è caduti. Il bersaglio si è spostato sul velinismo, e non su tutto quello che eventualmente suggerisce alle donne come strada privilegiata l’uso del corpo per ottenere qualcosa che altrimenti diventa molto più difficile ottenere, all’insegna di quello che non è solo uno slogan: my body is my business. E’ un errore. E’ come esaminare il risultato finale ignorando il percorso. E, soprattutto, lasciando sullo sfondo, sempre di più, tutti i fattori (disuguaglianza economica e professionale A FRONTE di migliori risultati scolastici, aumento di violenza e omicidi che hanno le donne come vittime) che fanno del nostro paese uno degli ultimi in materia di parità fra generi. Il “neo femminismo” che fa venire la pelle d’oca a molte giovani e colte colleghe viene equiparato a questo. Grave. Gravissimo. Perché chiunque avrà buon gioco a smontarlo. Come sta avvenendo in questi giorni.

“donna frustrata sessualmente” (Melania Rizzoli sulla finiana Angela Napoli)

Secondo passo: si sono moltiplicati a catena i discorsi sul femminile. Importante, qualora chi ha cercato, commissionato, pubblicato quei discorsi abbia un progetto non mirato esclusivamente al business. My book is my business. So che questo è un punto controverso e difficile e scomodo, ma provo ad accennarlo lo stesso, assumendomene la responsabilità. Io ho la sensazione che dopo il caso Noemi, molti editori abbiano cercato di pubblicare testi sulle donne in modo non molto diverso dalla caccia al mystery dopo Dan Brown e al vampiro dopo Stephenie Meyer. E’ normale. Ed è redditizio. Ma moltiplicare i discorsi alla cieca comporta dei rischi. Eccoli.

Ciò che il pensiero femminista più arcaico finge colpevolmente di non capire, è che in una società libera di cittadine e di cittadini maggiorenni nessuno può imporre a nessun altro un comportamento, un’ideologia, uno stile di vita. (Fabrizio Rondolino, Viva la gnocca)

Semplificare i discorsi significa perdere di vista il quadro generale. Ed ecco, che dopo il caso Campiello, rialzano la testa tutti coloro che non attendevano altro per banalizzare la questione femminile ad un solo stereotipo: il ritorno del femminismo normativo. Faccio un esempio. In un libro uscito qualche tempo fa per Neri Pozza, Maledette vi amerò, si omaggiano le eroine del fumetto porno italiano. L’ultima storia si chiama Amore libero, è firmata da Giovanni Romanini e Lucio Filippucci e ha come protagonista Cicciolina. Ad opporsi alla libertà sessuale dell’eroina è un comitato di femministe in tailleur con un ciuffo di peli che escono dai nei. Una semplificazione, certo: ma è quella semplificazione che è tornata come un macigno a schiacciare tutti i distinguo. Oggi.

Diciamo anche che hanno abbondantemente rotto i coglioni i moralisti/e, normalmente lerci/e più di tutti gli altri, che ostentano finta perplessità sulla questione.(commento a Rondolino)

Dire cosa non ha aiutato è molto semplice (aggiungo che l’assoluta incapacità di molto “movimento” delle donne a unirsi per un obiettivo concreto, come una riflessione comune sull’immaginario femminile nei media italiani, ha contribuito non poco: e, purtroppo, sono stati i sospetti reciproci e le divisioni vecchie e nuove a prevalere). Dire cosa fare è, come sempre, difficilissimo. Dal canto mio, continuerò a fornire materiali e occasioni di riflessione. Questo, come sempre, è il primo passo. Per me.

192 pensieri su “RISACCA

  1. Io noto due questioni:
    – la prima è che sento sempre il problema della discussione dei modelli in circolazione come problematica. Come correlata ad altre cose quali – ma è tutto da buttare sto sistema di modelli? Io non sono sicura. Non posso perchè capisci colleziono scarpe. Quella questione della libertà non mi pare affatto secondaria.
    – la seconda è che sento problematica la teoria per cui le donne dovrebbero essere facilmente unite. Eh lo vedi in medio oriente quanno combattono come so’ unite? Dice ogni tanto qualcuna. Ci credo che sono unite, non sono esercitate a essere soggetti democratici, individuati. Sono prima di tutto femmine. Ma te Loredana sei prima di tutto femmina e solo femmina? Non ti interferiscono altre grandezze soggettive? Le tue grandezze private e politiche? E’ facile a dirsi, ma a farsi soprassedere alle volte è titanico. E forse si può fare solo proponendosi obbiettivi molto circoscritti e misurati.
    Mboh torno dopo.

  2. Qualcuno ha detto che collezionare scarpe è cosa negativa, zaub? Attenzione ai frame. Io ho detto che semmai è problematico il modello che impone l’uso di per ottenere ics.
    Quanto all’unione: quello che si auspica (auspica) è la condivisione di una riflessione finalizzata a un obiettivo e non, semmai, alla personale visibilità. Questo è profondamente difficile. Mai detto che sia facile.

  3. “Sono prima di tutto femmine. Ma te Loredana sei prima di tutto femmina e solo femmina? Non ti interferiscono altre grandezze soggettive? Le tue grandezze private e politiche? E’ facile a dirsi, ma a farsi soprassedere alle volte è titanico.”
    Non so come Loredana Lipperini si veda. Io, zauberei, mi vedo, sento, percepisco prima di tutto come individuo. Da individuo giudico il comportamento di Vespa al Campiello ridicolamente imbarazzante. Da individuo e non da “femmina”, donna, laureata, eterosessuale, lavoratrice… Non dovremmo essere uniti in quanto “femmine”, ma in quanto individui. Non sono e non devo essere solo le donne interessate alla questione femminile oggi. Ma anche i maschi. Padri, omosessuali, fratelli, mariti, colleghi di lavoro che siano.
    Per quanto riguarda i modelli io credo siano funzionali alla comprensione del mondo in cui viviamo. Ma sono vuoti di individui. Un individuo può collezionare scarpe ed essere sensibile al fenomeno per cui in televisione le donne sono sostituite dai loro corpi.

  4. Quel qualcuno Loredana potrei essere io stessa. Quello che voglio dire è che non è la critica a te, ma un nodo che riguarda tutte.
    Ossia. Ciccia formaggia è invitata in televisione a parlare del suo libro. Ciccia formaggia è femminista. Ciccia formaggia, si chiederà se mettere una maglia scollata o no. Io me lo chiederei per esempio. Mi chiederei se mettendola non obbedisco a un canone e che devo fare per difendermi dall’accusa che in quanto femminista mi muoverei da sola. E’ questo che non capiscono quelli che partono in tromba, che accusano le femministe di essere prescrittive, perchè le vedono come gruppo a. fuori dal gioco che dicono a quelle del gruppo b. cosa fare. Ma il problema è da soggetto, da ente che partecipa e che dice anche io alla mia maglia non voglio rinunciare. Come lo destrutturo il modello dominante se ne tengo un pezzo che qualifico in un altro modo, che capisce solo un sottogruppo? Oppure che un sottogruppo mette insieme, come dovrebbe essere, insieme ad altri dati della mia persona?
    Sulla visibilità in parte hai ragione, e certamente su certi obbiettivi circoscritti si può lavorare. Non credo che la cosa si esaurisca solo li. Forse la visibilità è un tramite, ma certe differenze (che so, come quando stavo al telefono rosa e lavoravo a gomito con una fervente d.C.) sono reali ecco.
    Ciò non toglie che gli obbiettivi comuni ci siano. Se no me renderei visibile altrovePPPPP

  5. “Ma io non ne posso più delle brutte che difendono le belle”
    Mi colpisce come una mazzata questa affermazione di Ottavio Cappellani. Una donna difende un principio relativo ad un certo uso del corpo femminile, e subito più di un commentatore (anche Sgarbi) pone la questione in termini di belle e brutte.
    Murgia viene screditata non nel merito delle sue affermazioni, di precedenti riflessioni, o sul piano intellettuale: ma si dice, Tu dici così perchè sei brutta.
    Cappellani, Sgarbi, e i loro estimatori, evidentemente ritengono che in una donna l’essere dotata di più o meno avvenenza sia il fattore determinante nello strutturarne e plasmarne pensieri e principi, quantomeno in materia di corpo, modelli estetici e culturali, ecc.
    Dopo tanta fatica per accreditarci un’anima, e poi financo un intelletto, nei momenti di crisi però si fa presto a assoggettarli entrambi in modo automatico al corpo più o meno bello che li ospita.
    ( E con tutta la buona volontà mi sfugge poi in modo totale cosa c’entra l’essere lesbiche represse con la questione. )

  6. Sarà che spesso mi trovo a bocca aperta di fronte alle ragazze del Maldura che pare siano sempre tanto belle svestite come fosse troppo caldo sarà che sono alte quasi come gli archi dei portici-vero è che alcuni di questi a forza di restauri si sono abbassati quasi esageratamente-sarà che sempre cercano libri e fanno domande come quasi io sapessi chissà quanto e loro a mia disposizione mentale-saranno tanti i motivi le ragioni per cui forse con civetteria si prestano e sbagliano lessico usando parole straniere o un italiano mozzo-allora sorridono ed acquistano un ulteriore fascino quasi ricercato-
    Tutto questo preambolo per spiegare tentare almeno che io ed miei amici amturi guardiamo inevitabilmente le ragazze che son così belle tanto che quando noi si aveva la loro età le coetanee non ci sembravano così dottamente prosperose e linearmente ben fatte-
    Sanno le ragazze e le più grandi che le imitano avere gesti sempre nuovi che pare quasi abbiano frequentato una scuola di fascino.
    Stupore ecco la sensazione più vulgata che suscitano ed è tutto un oh !
    Sessualmente penso che anche se più grande di età-forse troppo-non sapremmo poi come comportarci-
    Son gli occhi la voce il non vederci : ecco anche questo è il turbinoso fascino che le ragazze di oggi sanno suscitare.
    Mai la violenza senso di possesso allora se ci fermiamo a pensare ci viene il dubbio : siamo guardoni?
    Spero di no che anche artisticamente ‘ste ragazze di oggi la sanno lunga e come paladino difensore magari mi offrirei qualora ce ne fosse bisogno-
    Ecco quanta evasione anche mentale queste generazioni sanno suscitare.
    dario

  7. Sull’argomento femmina o donna o individuo c’è abbastanza confusione per noi ometti, al solito. Abbastanza emancipati, eh, ancora sulla confusione santa mamma e bella sgualdrina. Nella mia vaghezza metto un personale punto sulla vicenda: belle o brutte giacché il mezzo televisivo impone modelli e cliché duri poi a smontarli, anzi spesso creati ad arte, il presentatore del Campiello ha giocato con il proprio personale prestigio mediatico per imporre un potere: dico quello che voglio, non ammetto interpretazioni, dei libri me ne frego, trovo chi mi difende. Gli altri maschi che contano in tv. Gli altri in genere. Le donne, se si arrabbiano sono paranoiche, sono brutte, sono vecchie, appunto. Inteso anche come vecchiume sessantottino e non certo e non solo anagrafico.
    Il potere della persuasione (sono suoi i plastici per gli omicidi, no?).

  8. Io sono brutta e vecchia, però sono convinta delle mie opinioni, quindi se mi succede che mi vengano contestate sulla base della mia età e del mio aspetto so che la contestazione non dispone di argomenti più attendibili.
    Ammiro molto il messaggio di oggi di Lipperini, concordo che più non si potrebbe con tutte le difficoltà che elenca.
    Personalmente, quando sono tentata di cedere al pessimismo trovo un certo conforto nel vedere le donne che guidano i mezzi pubblici – uno dei lavori più ingrati in una città come quella nella quale vivo – oppure alle donne che guidano un’automobile con un maschio seduto accanto. Come dicevo, sono vecchia: vecchia abbastanza da ricordare che nessun maschio italiano si sarebbe mai seduto sul sedile del passeggero di un’auto guidata da una donna.

  9. Se ben ricordo anche durante il primo (vetero?) movimento femminista c’era chi faceva ovvii commenti sulla bruttezza invidiosa, l’acidità, ecc, ma c’era anche un porsi la questione da parte degli uomini.
    Mentre ora mi sembra che il problema poco si pone: si definiscono acide, lesbiche, brutte e soprattutto rompicoglioni le donne che fanno rilevare certi comportamenti e ne discutono. Mi sembra che questa sicurezza sia generazionale, nel senso che B. è riuscito non solo ad allevare nuove leve, ma si è insinuato nelle pieghe di quelle precedenti. O meglio, forse si tratta dell’effetto yo-yo di concezioni nuove sulle donne, che non hanno avuto né il terreno, né il tempo di diventare una nuova coscienza. Altrove (dove le cose vanno meglio), si è lavorato sulla condizione della donna, nella sanità, a scuola, nel lavoro, ecc, e di conseguenza nella famiglia. Cioè sui modelli. C’è una generazione che si è ritrovata alcune conquiste a portata di mano (chessò, aborto, divorzio) dandole per scontate, ma non ha vissuto personalmente tutto il resto, le lotte, le fratture. Ma siccome l’assenza di modelli non esiste, ha applicato alcune conquiste aggiustandole sui modelli che si e ritrovata intorno. Questo vale, secondo me, almeno per quella parte del paese fuori delle grandi città. E vale per tante cose: i diritti, il potere, l’educazione. Insomma, lo yo-yo si allunga e poi torna indietro, mica si stacca veramente…

  10. @Francesca Violi: “Mi colpisce come una mazzata questa affermazione di Ottavio Cappellani. Una donna difende un principio relativo ad un certo uso del corpo femminile, e subito più di un commentatore (anche Sgarbi) pone la questione in termini di belle e brutte. Murgia viene screditata non nel merito delle sue affermazioni, di precedenti riflessioni, o sul piano intellettuale: ma si dice, Tu dici così perchè sei brutta.”
    Stai dando troppo peso alle parole di Sgarbi e Cappellani, ai quali, è palese, del cervello femminile, di rappresentazione della donna da parte dei mass-media etc, etc… non importa ovviamente nulla. Non vedevano l’ora di poter scrivere quello che hanno scritto. Erano solo in attesa dell’occasione. Il loro pensiero in fondo è riassumibile in poche parole: w la f***. I loro articoli, volutamente gretti, pieni di luoghi comuni e “sparate” prevedibilissime, nascono proprio per suscitare reazioni (comprensibili) come la tua. È quello lo scopo. Servono a direzionare l’attenzione su di loro e sulle loro pose da tombeur de femmes.
    Sgarbi poi, con quel perenne atteggiamento da D’Annunzio (de noantri) postmoderno… non se ne può più… è noioso, ripetitivo, mediocre.
    Insomma, tutto questo per dire di non arrabbiarti troppo.
    P.S.
    …che poi, D’Annunzio, come ben sai, era un noto cocainomane ed erotomane, ma a sniffare e scopazzare sono buoni tutti (anzi, come spiegava Wu Ming1 in un commento in calce all’altro post, per molti è il trend del momento. Rincorrere il Nulla è diventato uno stile di vita) pure i critici d’arte dalla chioma ribelle o certi giornalisti zozzoni di “Libero”.
    La differenza sostanziale è che D’Annunzio sapeva scrivere cose come queste (vedi link)
    Sgarbi (e Cappellani) no.
    http://www.youtube.com/watch?v=5OsUnxY5mgw&feature=player_embedded

  11. Mi dispiace deluderla, Cappellani, ma la risposta è no: non faceva differenza. E, se mi permette, sostenere questo denota un’immagine ben piccina non delle donne ma degli esseri umani, in assoluto. Molti auguri per la sua rubrica su “Libero”.

  12. non mi ha deluso, ho difficoltà a crederLe ma sarà senz’altro un problema mio. Certo che può sostenerlo, ci mancherebbe, e condivido la sua impressione: il genere umano mi sembra abbastanza piccino, a cominciare dall’ipocrisia con cui si mente a se stessi per cercare di avere ragione su una questione ridicola come questa. Sono felice di vivere in un paese dove le femministe (etero-post-neo-ex-non) si scontrano violentemente contro il problema degli apprezzamenti di Bruno Vespa. Recensirò il Suo caschetto. Molti auguri per il blog.

  13. Come vede, Cappellani, non è il commento di Vespa il punto. Se ha la bontà di leggere per intero i post e i commenti precedenti, lo scoprirà da sè.
    Ps. Non porto il caschetto da ben due anni, spiacente.

  14. Cappellani? No ma che je dici, mica capisce.
    Lo dico sinceramente.
    Ora vedrai- crederà che mentiamo ecco, che diciamo così perchè costrette dal sottile scacco matto del suo ingegno.

  15. Cara lalipperini, permettimi di dirti che sollevare una questione di questo genere è stato davvero coraggioso, non tanto per l’argomento importante e necessario, ma, era prevedibile, per la nullaggine che contraddistingue certi omettini (sottolineo ‘certi’) che ritengono noi donne avide solo dei loro complimenti. La boutade del pitt, poi, denota davvero che ancora questi omettini non hanno purtroppo capito niente, ma proprio niente dell’essere donna. Tanto tempo fa, ad un signore che cercava scherzosamente, ma mica tanto, di abbracciarmi, ho detto chiaro e tondo che dovevo essere io a scegliere chi poteva abbracciarmi e che le sue mani sulle mie spalle mi infastidivano assai. La sua risposta da omettino è stata: ìma come, tutte mi dicono che sono un bell’uomo e a te non fa piacere essere abbracciata da me. Allora sai che ti dico, sarai lesbica!’
    Quello che più mi è dispiaciuto di tutta questa vicenda, è che la Murgia sia stata definita da troppe persone una ‘brutta’. Mi sono sentita offesa, primo perchè non è assolutamente vero, e poi perchè purtroppo, questa è la nicchia dove si rifugiano i vigliacchi che non hanno altri argomenti. Ma non è consolante.

  16. Se permette recensirò il suo caschetto ugualmente, ringraziando il cielo non sono costretto a stare sul pezzo, d’altronde il suo caschetto è ancora in catalogo mi pare.
    Lipperini, ma io non insulto, perché nella sua bacheca mi danno dell’omettino? Se leggeva per intero il mio pezzo su affari italiani c’era scritto che non era riferito alla… come si chiama… quella che pensa che l’avallone è scema che non si sa difendere da sola e le dice anche quando deve difendersi…
    ma non eravate contro lo stalking?
    p.s. non mi riferivo a Lei quando parlavo dei problemi sul commento di Vespa.
    La ringrazio della Cortese ospitalità

  17. gianni ho isto adesso il tuo commento! 😀 neanche per me… però io sono un ometto e se mi fa un complimento alla patta una donna brutta scappo, se invece la donna mi piace se ne può parlare… ma come si evince dalla bacheca sono un essere immondo… gianni perché assomigli così tanto ad aldo nove che mi confondo?

  18. “alla… come si chiama… quella che pensa che l’avallone è scema che non si sa difendere da sola e le dice anche quando deve difendersi…”, Cappellani, mi scusi, ma un giornalista (fa il giornalista, vero?) non dovrebbe non dico saper scrivere, ma almeno saper leggere?

  19. Insulto? quel tipo di cosa che è sboccata dagli articoli di reazioni avvinazzate alle affermazioni di Michela Murgia (si chiama così)? Non mi pare, ho solo messo nel dovuto rilievo i suoi attributi letterari, per come ce li ha voluti mostrare qui.
    Mi creda meritano una bella zoomata, qualora nessuno li avesse notati prima.
    Ah, ‘qui’ non c’è un plurale collettivo, ognuno si assume le responsabilità di quello che scrive. E dunque se lei si sente insultato (ma l’insulto sta solo nella sua percezione), l’insulto viene da me, non dal commentarium nel suo insieme.

  20. @ ottavio cappellani: “se mi fa un complimento alla patta una donna brutta scappo, se invece la donna mi piace se ne può parlare…”
    Provo a spiegare come la vedo, senza fare polemica, per mostrare che non c’è nessuna ipocrisia.
    Personalmente, se uno sconosciuto, bello o brutto che sia, mi commenta platealmente le tette, fa comunque specie perchè lo ritengo di pessimo gusto.
    Un apprezzamento garbato sulla mia avvenenza invece mi può fare molto piacere, a maggior ragione se viene, come dice Ottavio, da un uomo che mi piace: questo al bar, al supermercato, ecc.
    Ma se l’apprezzamento me lo fa un professore durante un esame, un cliente durante la presentazione di un progetto, ecc. mi crea solo grande disagio, se non estrema irritazione, a seconda della grevità del commento stesso, e a prescindere dalla bellezza di chi lo pronuncia.
    Immagino se durante la discussione della tesi di laurea il mio relatore avesse commentato ammiccando alla commissione: E poi vi prego anche di notare, cari colleghi, il fisichino della candidata, non male, vi pare?
    Fosse stato pure il mio relatore sputato a Brad Pitt, non vedo la differenza: un’uscita del genere rimarrebbe comunque un comportamento imbarazzante, umiliante e fuori luogo.

  21. @Valeria: anch’io ho letto nei commenti al post più argomentazioni che offese. Ad ogni modo, per venir fuori da questa conversazione che ha ormai preso una piega poco interessante, suggerisco di seguire la regola numero due indicata da Liang Shiqiu nel suo raffinato e ironico trattato.
    Regola numero II: “Non insultare chi non è al nostro livello. Si eviti accuratamente di insultare quelle persone dalla cattiva reputazione, quelle il cui aspetto lascia intuire una reazione incivile, gli incolti del tutto sprovvisti di destrezza argomentativa e sui quali la nostra superiorità è palesemente schiacciante.” (Liang Shiqiu. La nobile arte dell’insulto.)

  22. Scusa, Anna Luisa, se m’intrometto ringraziandoti per il consiglio. Anche la mia mamma mi diceva sempre, cercando di mitigare la mia irruenza: “Sii superiore, non metterti al loro livello”, ed a lungo ho seguito i suoi consigli, ma a forza di ‘essere superiore’ ad un certo punto le ‘persone dalla cattiva reputazione’ hanno preso il sopravvento e hanno pensato che fossi scema. Adesso, certamente non insulto, perchè non ci riesco proprio, non sta nelle mie vene l’insulto, ma rispondo a tono, questo si. La teoria del Liang Shiqiu, come tutte le teorie, è perfetta, ma il soggetto che la applica dovrebbe essere amorfo e snervato. Praticamente una marionetta.

  23. Per come sono abituato a pensare, cerco sempre di partire dal punto in cui qualcosa nell’attacco dell’avversario mi tocca. Anche se all’apparenza avrei tutte le mie buone ragioni e argomentazioni per controbattere, sento che c’è qualcosa di “reale” che le elude e mi tocca. Rispondere a partire da quel punto scoperto significa anche rischiare di sentirsi dire: ma allora sei come loro. Mi prendo il rischio. Nella connessione corpo-bellezza-pensiero che emerge negli interventi di Sgarbi e Cappellani (in modi che non condivido, è chiaro) c’è un punto di verità che credo non possa essere eluso. Ed è che un pensiero è sempre un pensiero incarnato, un corpo che pensa. Non una astrazione. Pensare di poter o di dover semplicemente fare astrazione perché l’estetica non conta è una semplificazione. C’è una sensibilità carnale nel pensiero che non può essere elsusa: anzi credo vada riconosciuta. Il che significa che ci sono anche corpi-pensiero che possono essere qualificati come più belli di altri (secondo canoni che si possono contestare, naturalmente, ma non del tutto; mediamente siamo d’accordo sul fatto che Brad Pitt è più bello di Belpietro). Socrate era brutto (come un Sileno), Platone incorpora nel suo nome il fatto di avere le spalle larghe, Simone Weil è un pensiero-corpo che ha toccato Bataille che la mette in scena ne L’azzuro del cielo. Derrida è stato definito, non a torto, il Richar Gere della filosofia. E ha detto: non è la testa che pensa, ma la mano. Per dire il corpo. Tutto questo è inessenziale solo se pensiamo che vi sia un’anima o un intelletto dissociabile dal corpo. Se non lo crediamo ebbene dobbiamo anche fare i conti con il corpo e la sua esposizione e non immunizzare il nostro linguaggio dalle intrusioni dei giudizi estetici, perché ci sono già. Un pensatore o uno scrittore, per me, non lavora meno con il corpo, soprattutto oggi, di quanto faccia un attore. Basta solo pensare a quali e quante strategie dell’esposizione del corpo degli scrittori siano messe in atto tra giornali, riviste e media vari (con eccezioni: penso ai Wu Ming). Tutto questo naturalmente si inscrive nel problema più ampio dei nostri condizionamenti estetici, ecc. ma ciò non toglie che il nodo resti.

  24. Dichiaro i miei limiti cognitivi nei suoi confronti, Regazzoni. Devo dire che non la capisco.
    Qualcuno qui si è mai dichiarato dualista propugnando la netta separazione di anima e corpo? Oppure ha negato che esistono corpi belli e corpi brutti e che, quindi, il giudizio (ah, finalmente: un giudizio!) estetico non debba esistere o dobbiamo immunizzarcene?
    Non mi pare proprio. Se non la dicotomia mente/corpo, sicuramente una sineddoche, la propone chi identifica corpo con corpo femminile giovane o, ancor più, con singole parti di corpo femminile giovane, ovvero quella che Zauberei chiama la reductio ad ficam.
    Fare i conti con il corpo, con la sua esposizione, con i giudizi estetetici è un fatto, dover continuare a fare i conti con questa ‘riduzione’ è un altro.
    Ma qui mi pare che i limiti cognitivi non sono i miei.

  25. @ a Simone Regazzoni: quello che dici è talmente vero che, appunto, in un commento qui sopra Francesca Violi fa notare come un apprezzamento sul fisico (a prescindere dalla grevità o levità con cui viene espresso) muta di segno a seconda del contesto. Nell’altro thread, mi sembra fosse Zauberei ad ammettere che il problema di come vestirsi per un colloquio di lavoro una donna se lo pone eccome, e non nei termini di “vestito elegante o casual”, ma di “quanti centimentri di coscia mettere in vista”. Qui non si tratta di negare il corpo, di eluderlo, ma al contrario di ribellarsi alla stereotipizzazione e narrazione unica del corpo, alla sua riduzione a sistema di segni finalizzati all’ottenimento di un vantaggio immediato. Rifuggiamo dalle astrazioni, appunto, e non fingiamo che non sia proprio il contesto a dare valore a un apprezzamento estetico-sessuale.
    La cosa più demenziale espressa da Sgarbi, Rondolino e soci è proprio la contrapposizione tra belle e brutte. Cioè tra donne che – corrispondendo al canone storicamente e culturalmente dato di bellezza (canone fissato dai maschi, per altro) – ci attizzano e donne che invece, tradendo tale canone, vengono respinte. Che poi, in parole povere, sarebbe a dire: ci sono donne che piacciono agli uomini e si fanno chiavare e donne che invece invidiano le altre e vorrebbero metter loro il burqa, perché nessuno di noi se le chiava.
    Questa rappresentazione, oltre a essere l’ennesima espressione di una volontà di dominio maschile, è falsa e dimostra soltanto come i maschi siano i primi a essere succubi degli stereotipi imposti. Perché invece – anche se non fa figo ammetterlo – noi maschi siamo attratti sessualmente anche da donne che non necessariamente rispettano il canone e/o lo stereotipo. Non è vero che solo la bellezza greca ci attizza e ce lo attizza.

  26. p.s. ma poi scusate se esiste la ‘moralina’, perché non dovrebbe esistere ‘l’estetichina’? Da qualche parte Nietzche parlava pure di questa.

  27. “Qui non si tratta di negare il corpo, di eluderlo, ma al contrario di ribellarsi alla stereotipizzazione e narrazione unica del corpo, alla sua riduzione a sistema di segni finalizzati all’ottenimento di un vantaggio immediato”. Concordo a pieno qui. Rompere la narrazione unica. Ma non esorcizzarla: è una narrazione possibile e legittima del corpo, se una donna la sceglie. Per me questo è il punto. Per me lo spazio democratico che, come ricorda (ma è un’accusa), è uno spazio di esposizione di corpi, è lo spazio in cui mi batto per il riconoscimento di differenti narrazioni possibili del corpo. Per me la narrazione di Sasha Grey (pornoattrice) non è meno legittima di quella di Rosy Bindi.

  28. Primo dovresti dirmi chi è la santa e chi la puttana e perché le identifichi così. Poi mi pare sia chiaro che nella mia argomentazione, visto che devo avvalorare la tesi di legittimità di narrazioni diverse, prendo quelle narrazioni che appaiono più distanti (ma possiamo anche cambiare esempio) e dico che sono legittime entrambe. A quel punto sono di conseguenza legittime anche le altre.

  29. Loredana, Rosy Bindi non è icona di santità, ma di bruttezza. Non per me, ovviamente, ma per la narrazione accreditata.
    Ma forse la santità è il rifugio dellel donne brutte.
    Comunque a me pare che ‘il punto’ di Regazzoni fosse stato acquisito da un po’ per noi donne.
    (Scusi, Regazzoni, non ce l’ho con lei, ma ammetto che a volte la sua argomentazione mi esaspera. Lo dico senza ironia: dovrei partire da questo nodo).

  30. @ valeria: credo sia un problema mio, sono ossessivo quindi tendo a esasperare, lo dico per esperienza. Volevo sapere però se Wu Min 4 sottoscrive o meno la mia tesi basic come fa lei.

  31. Ma infatti a me sembra che Regazzoni stia lottando contro le ombre, contro fantasmi d’altri tempi. Nessuno oggi – a parte forse qualche pretonzolo (da che pulpito!) e qualche cariatide del vetero-femminismo che non si fila nessuno – sostiene più certe cose. Il frame è ormai completamente diverso.

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