RISACCA

Questo non è il post che ho promesso ieri notte: semmai, questo è un modo per avvicinarsi a una riflessione conclusiva – ammesso che ce ne siano – e per condividere alcuni materiali e alcuni spunti che si devono anche agli ultimi avvenimenti.
Credo, dunque, che ci troviamo in un momento complesso. Lo definisco il momento della risacca.

Risacca – s.f. (moto di ritorno dell’onda fermata e respinta da un ostacolo ) fenomeno che si verifica più spesso e in maniera più accentuata sulle coste ripide.

Un anno fa, ho parlato qui di una sensazione sgradevole: ovvero, il presentimento di un rischio che riguardava la “questione femminile”. Eravamo reduci, nel settembre 2009, dal caso Noemi-D’Addario: la “questione femminile”, fino a quel momento sotterranea, era emersa e portata quotidianamente alla pubblica attenzione. Naturalmente, è stato importante. Altrettanto naturalmente, una problematica annosa e irrisolta è stata semplificata. Tre volte naturalmente, è stata, come temevo, edulcorata, addomesticata, resa innocua. La complessità del discorso è stata ridotta allo slogan del “nuovo femminismo”. Ora, il “nuovo femminismo”, analogamente a quanto è avvenuto con il “vecchio”, è stato chiuso nella cornice già nota. Ovvero, donne che rifiutano il corpo, la bellezza, il sesso. O meglio: donne che “hanno problemi” con il corpo, con la bellezza, con il sesso. Donne che impediscono alle altre donne di vivere serenamente e felicemente il corpo, la bellezza, il sesso.

Ma io non ne posso più delle brutte che difendono le belle, delle devastate in amore che mettono in guardia le donne corteggiate cercando di impedire a loro di provare a vivere un sentimento, di lesbiche represse
Ottavio Cappellani (Affari Italiani)

Come si arriva all’equivoco? Non in un unico modo. Primo, entrando a piedi pari nella narrazione di Silvio Berlusconi. Qui le belle tuse, di là il settore menopausa. O anche, qui la libertà sessuale, l’allegria, la felicità, di là le bigotte, le noiose, le moraliste. Questo è il frame, e in questo frame, ahimé, si è caduti. Il bersaglio si è spostato sul velinismo, e non su tutto quello che eventualmente suggerisce alle donne come strada privilegiata l’uso del corpo per ottenere qualcosa che altrimenti diventa molto più difficile ottenere, all’insegna di quello che non è solo uno slogan: my body is my business. E’ un errore. E’ come esaminare il risultato finale ignorando il percorso. E, soprattutto, lasciando sullo sfondo, sempre di più, tutti i fattori (disuguaglianza economica e professionale A FRONTE di migliori risultati scolastici, aumento di violenza e omicidi che hanno le donne come vittime) che fanno del nostro paese uno degli ultimi in materia di parità fra generi. Il “neo femminismo” che fa venire la pelle d’oca a molte giovani e colte colleghe viene equiparato a questo. Grave. Gravissimo. Perché chiunque avrà buon gioco a smontarlo. Come sta avvenendo in questi giorni.

“donna frustrata sessualmente” (Melania Rizzoli sulla finiana Angela Napoli)

Secondo passo: si sono moltiplicati a catena i discorsi sul femminile. Importante, qualora chi ha cercato, commissionato, pubblicato quei discorsi abbia un progetto non mirato esclusivamente al business. My book is my business. So che questo è un punto controverso e difficile e scomodo, ma provo ad accennarlo lo stesso, assumendomene la responsabilità. Io ho la sensazione che dopo il caso Noemi, molti editori abbiano cercato di pubblicare testi sulle donne in modo non molto diverso dalla caccia al mystery dopo Dan Brown e al vampiro dopo Stephenie Meyer. E’ normale. Ed è redditizio. Ma moltiplicare i discorsi alla cieca comporta dei rischi. Eccoli.

Ciò che il pensiero femminista più arcaico finge colpevolmente di non capire, è che in una società libera di cittadine e di cittadini maggiorenni nessuno può imporre a nessun altro un comportamento, un’ideologia, uno stile di vita. (Fabrizio Rondolino, Viva la gnocca)

Semplificare i discorsi significa perdere di vista il quadro generale. Ed ecco, che dopo il caso Campiello, rialzano la testa tutti coloro che non attendevano altro per banalizzare la questione femminile ad un solo stereotipo: il ritorno del femminismo normativo. Faccio un esempio. In un libro uscito qualche tempo fa per Neri Pozza, Maledette vi amerò, si omaggiano le eroine del fumetto porno italiano. L’ultima storia si chiama Amore libero, è firmata da Giovanni Romanini e Lucio Filippucci e ha come protagonista Cicciolina. Ad opporsi alla libertà sessuale dell’eroina è un comitato di femministe in tailleur con un ciuffo di peli che escono dai nei. Una semplificazione, certo: ma è quella semplificazione che è tornata come un macigno a schiacciare tutti i distinguo. Oggi.

Diciamo anche che hanno abbondantemente rotto i coglioni i moralisti/e, normalmente lerci/e più di tutti gli altri, che ostentano finta perplessità sulla questione.(commento a Rondolino)

Dire cosa non ha aiutato è molto semplice (aggiungo che l’assoluta incapacità di molto “movimento” delle donne a unirsi per un obiettivo concreto, come una riflessione comune sull’immaginario femminile nei media italiani, ha contribuito non poco: e, purtroppo, sono stati i sospetti reciproci e le divisioni vecchie e nuove a prevalere). Dire cosa fare è, come sempre, difficilissimo. Dal canto mio, continuerò a fornire materiali e occasioni di riflessione. Questo, come sempre, è il primo passo. Per me.

192 pensieri su “RISACCA

  1. @ Wu ming 4: quindi tu concordi con quello che dico o pensi che, poiché vi sono rapporti di forza, contesti vari, ecc., occorra porre in modo diverso il problema?

  2. @ Simone Regazzoni: inizio a essere stufo di ripetere sempre le stesse cose. Certo che la libertà di scelta va sempre garantita e difesa con le baionette da chi vuole limitarla, siano essi preti, imam, o moralizzatori laici. Così come va garantita la legittimità di criticare le singole scelte e di provare ad analizzarne le cause, nonché i modelli che possono ispirarle o condizionarle. Altrimenti ci si condanna all’impredicabilità, all’accettazione del reale come dato di fatto indiscutibile.

  3. @ Wu Ming4: non stai ripetendo sempre le stesse cose, dici solo che quello che dico è scontato (riconoscimento di eguale dignità a tutte le narrazioni) poi però aggiungi il supplemento di critica e devo allora dedurre che il tuo riconoscimento formale dell’eguale dignità poi viene messo in discussioni perché rivendichi la possibilità di criticare il contenuto di una di queste narrazioni a partire necessariamente da un’altra che allora diventerà se non normativa comunque punto di riferimento per la critica. Quindi diciamo cose diverse: a me interessa la battaglia per il riconoscimento formale della pluralità. Quale che siano i contenuti. Se c’è questo, poi posso analizzare fenomenologicamente, descrivere, capire, ma non criticare i contenuti.

  4. Spunto di alleggerimento: ma avete presente i cartoni giapponesi dove le ragazze picchiano i maschi urlandogli PERVERTITO! e roba del genere?
    Ci sono almeno 2 varianti alla cosa: personaggio maschile davvero interessato alle curve (e alla biancheria intima) femminili oppure personaggio che per caso si ritrova in situazioni per cui la ragazza lo etichetta come pervertito e reagisce.
    Bisognerebbe declinare i modelli (tra Ataru Moroboshi, Ryo Saeba di City Hunter, Ranma e il Maestro Muten di DragonBall ci sono varie differenze), ma il dato comune, invece, è che le eroine conoscono e denunciano (e quasi sempre censurano attivamente) un approccio inadeguato/inopportuno/volgare al corpo femminile – e anche gli eroi imbattibili accettano senza reagire questa posizione.
    Tutto ciò, sotto sotto, avviene per fornire la scusa di mostrare decolleté e mutandine e simili ai lettori (il nome di queste inquadrature, fanservice, la dice lunga), ma per lo meno il comportamento satiresco viene fortemente segnalato come inopportuno. Senza negare il desiderio da una parte o dall’altra, oltretutto.
    Questo può essere interessante ai fini del dibattito?

  5. @ Simone Regazzoni:
    La tua è una battaglia di stampo liberale, contrattualistico, quindi formale. La mia è una battaglia che – tenendo salda la libertà formale, per la quale, dicevo, bisogna battersi con la baionetta in canna – vuole analizzare la realtà materiale e provare a cambiarla.
    Per dirla con un esempio semplice: io sono contrario a rendere illegale la rifondazione del partito fascista (perché non è il nome, la forma, o l’intenzione dichiarata che determina il contenuto di un’azione politica, ma appunto, l’azione stessa e perché sono contrario alla censura, “quali che siano i contenuti”, appunto), ma credo sia fondamentale lottare contro la narrazione fascista del mondo e dell’umanità, ovvero criticarla nel merito, contrapponendo a essa una visione e una pratica diverse. Idem dicasi per il maschilismo, o il liberismo, o qualunque altra narrazione che personalmente trovo inumana e deleteria.
    Abdicare a questo ruolo critico, accontentandosi di vedere garantita a tutti libertà di parola, significa condannarsi ad accettare l’esistente “quali che siano i contenuti”, appunto.

  6. @ Wu Ming: stai cambiando però piano. Sono interessato a capire, sul piano delle narrazioni che una donna fa del proprio corpo (non esco da questo piano), se tu riconosci la pluralità o hai una narrazione di riferimento a partire da cui giudichi, misuri, analizzi o critiche le altre. Se è così io lo trovo debole e anche pericoloso. Tutto qui. E non è un punto da poco. Attenzione però: il riconoscimento formale del diritto alle narrazioni plurali del corpo della donna è ben poco liberale. E’ femminismo post-strutturalista.

  7. Una cosa sola, per non scatenare altri Vespai.
    Wu Ming4 scrive: “accontentarsi di vedere garantita a tutti libertà di parola, significa condannarsi ad accettare l’esistente quali che siano i contenuti”.
    Secondo me questa è la questione definitiva, che va molto al di là delle polemiche sulla condizione femminile o degli anziani o di altre categorie sociali. E’ possibilissimo superare steccati storici tra tradizioni liberali, socialiste o cattoliche, ed elaborare una forma ineditamente condivisa di civiltà, ma solo se si supera lo stallo di un concetto di libertà puramente negativo (libertà come assenza di vincoli). Le illustri origini kantiane di questo concetto fanno da velo al fatto che, in realtà, si tratta della traduzione in termini pseudo-etici del mercatismo più sfrenato, perchè questo è l’effetto pragmatico che la prima produce.
    Regazzoni, con la massima urbanità possibile, ti chiederei come filosofo di misurarti con questa (sicuramente da te indesiderata) imbarazzante identità pragmatica.

  8. lo dico da decenni oramai e sempre, puntualmente vedo le sopracciglia alzarsi in segno di stupore e compassione: quello che vedete (vedete, io non lo faccio più dagli stessi decenni di cui sopra) in televisione non è la realtà.
    non è possibile sentir parlare persone intelligenti di conduttori televisivi come di cari amici con cui si può discutere apertamente.
    non è lì la nostra vita, non è quella.
    prendere per dati di fatto le impressioni che escono da una “discussione” vista in tv è estremamente pericoloso. da un potere enorme a chi gestisce “l’informazione” ed è profondamente, visceralmente sbagliato.

  9. D’accordo con gli ultimi interventi di Wu Ming 4 e valter bingaghi. Mi stavo sforzando da dire da tempo la stessa cosa ma non ci sono riuscita.
    Sarà mica che la superiorità intellettuale maschile avrà qualche fondamento? 😉

  10. Data la libertà e legittimità e etc. etc…. del Rev. Sailcazzo di indire il bruciailcoranoday, ho io la mia di dire che trattasi di un ignobile pezzo di merda?
    Regazzoni, lei sta inculando formiche con acuminatissimi spilli.
    L.

  11. Anche io quoto Wmin4.
    E capisco anche cosa vuol dire Simone Regazzoni.
    Però vorrei che si tornasse al concetto di cui sopra della reductio ad ficam, non perchè sia una battuta infelice o felice, ma proprio perchè secondo me è il cuore di una questione che Deridda de qua, Foucoult de la, e tutto il filosofame anche da me stessa amato e studiato tende a guardare col binocolo. Tende a distanziare. Sento gli uomini di questo consesso – diversificarsi per poco, uniti da una comune buona fede che apprezzo, ma argomentano discettano.
    Ma siete sicuri che questi moldelli siano diversi e la questione sia solo la?
    E non è invece un’unica assenza di modello che si svela negli svariati comportamenti dei più disparati contesti? Ma Regazzoni l’hai mai sentiti i tuoi colleghi accademici di sinistra parlare di donne in modo volgare?
    Erano donne pensate col lino grezzo.
    Erano diverse da quelle della battuta del cazzo del macelllaio che pensa alla velina?
    torno dopo.

  12. @ Simone Ragazzoni:
    Non sto cambiando piano. La tua domanda era generale e ti ho risposto con un’argomentazione generale.
    Il riconoscimento formale del diritto è assolutamente liberale, anzi, è la base del liberalismo moderno. La questione femminile non fa differenza. E non c’è niente di male a fare battaglie liberali, anzi, laddove la libertà è carente ben vengano. Ma è evidente che non bastano, altrimenti il mondo occidentale sarebbe il migliore dei mondi possibili. Non bastano perché non esistono soltanto le diseguaglianze legali e giuridiche, ma anche quelle sociali, materiali, culturali, etc. etc. E’ per questo che nacque il socialismo, mi pare.
    Nello specifico: non vedo in cosa consista il pericolo della mia posizione, una volta affermato che la libertà di scelta è la prima cosa da garantire.
    Detto questo, tutti noi abbiamo una narrazione di riferimento su ogni aspetto della vita. Può trattarsi di una narrazione semplice e monolitica, oppure più complessa e problematica (con mille gradazioni). Fingere che non sia così è mentire a se stessi (tanto è vero che quando uno si trova a educare un figlio non gli dirà mai: fai quello che ti pare). Una donna ha il diritto di fare del proprio corpo quelle che le pare. Se vuole fare la velina, se è felice così, buon per lei, nessuno deve processare le sue intenzioni né la sua scelta. Ma mi riservo il diritto di dire che un mondo di veline non mi piace. Non mi piace perché preferisco una narrazione diversa, in cui l’ostentazione del corpo non è uno strumento di potere/sottomissione e in cui la relazione tra i generi è più articolata e più paritaria. Se argomento e agisco in favore di una narrazione diversa, dunque, non è per volontà di imporla a nessuno né di ledere la libertà di nessuno, ma semplicemente per dire e dimostrare che c’è e può esserci dell’altro. Se rinunciassi a questo allora dovrei dire che va bene tutto, che ogni scelta equivale a un’altra. Mi condannerei cioè al nihilismo.

  13. @ Wu Ming 4. La mia domanda non era generale, ma sulla narrazione del corpo femminile. Pensavo di averlo detto in mille modi. Ma intendila pure come a te viene meglio. Mi pare in ogni caso che le posizioni siano chiare. Non semplificherei sulla posizione liberare (per cui ho il massimo rispetto), Wu Ming 4: la mia è una posizione liberare quanto la tua è una posizione da PCI togliattiano. In parte queste caricature ci azzeccano, come ogni caricatura coglie qualcosa. Ma restano caricature. Tu vuoi tenerti stretto il diritto di criticare la narrazione del corpo altrui a partire dalla tua: libero di farlo. Surrettiziamente quindi pensi che la tua sia migliore o più giusta, ed questo a me non piace politicamente. E’ questo il solo e unico punto per cui da due giorni a questa parte mi sono inserito nella discussione. Se a sinistra si continua a pensare non in termini di narrazioni plurali del corpo femminile tutte egualmente legittime, se liberamente scelte, ma in termini di narrazioni più giuste o più libere di altre ci si continua ad attestare, secondo me, su posizioni politicamente di retroguardia. Per parte mia io queste posizioni le contesto.

  14. @Simone Regazzoni:“Se a sinistra si continua a pensare non in termini di narrazioni plurali del corpo femminile tutte egualmente legittime, se liberamente scelte, ma in termini di narrazioni più giuste o più libere di altre ci si continua ad attestare, secondo me, su posizioni politicamente di retroguardia. Per parte mia io queste posizioni le contesto.”
    Non per essere polemica, ma a me pare che questi due punti (che riporto sotto) del precedente commento di Wu Ming 4 siano chiarissimi. Oppure comincio a riconsiderare l’espressione “fuoco amico” usata ieri da GLD’Andrea…
    1)“non vedo in cosa consista il pericolo della mia posizione, una volta affermato che la libertà di scelta è la prima cosa da garantire.”
    2)“Se argomento e agisco in favore di una narrazione diversa, dunque, non è per volontà di imporla a nessuno né di ledere la libertà di nessuno, ma semplicemente per dire e dimostrare che c’è e può esserci dell’altro. Se rinunciassi a questo allora dovrei dire che va bene tutto, che ogni scelta equivale a un’altra. Mi condannerei cioè al nihilismo.”

  15. “Se rinunciassi a questo allora dovrei dire che va bene tutto, che ogni scelta equivale a un’altra. Mi condannerei cioè al nihilismo”. Ecco il punto. Wu Ming 4 non può seguire la mia tesi sulle narrazioni del corpo femminile là dove per me si fa la differenza: “ogni scelta si equivale”. Quindi introduce lo spettro del nichilismo (assenza di valori di riferimento a partire da cui scegliere). A me interessa proprio questa pluralità radicale invece. E’ evidente che dal punto di vista di chi sceglie ci saranno motivazioni e preferenze. Ma per me è importante che se guardiamo al campo generale e plurale delle narrazioni del corpo riconosciamo che le scelte si equivalgono.

  16. “Se a sinistra si continua a pensare non in termini di narrazioni plurali del corpo femminile tutte egualmente legittime, se liberamente scelte, ma in termini di narrazioni più giuste o più libere di altre ci si continua ad attestare, secondo me, su posizioni politicamente di retroguardia. Per parte mia io queste posizioni le contesto.”
    Non accade solo a sinistra, ma sono d’accordo con questa affermazione.

  17. @ Simone
    Il filosofo che ha detto: non ci sono fatti, ma solo interpretazioni, è lo stesso che ha detto: non cercare il senso nelle cose, ma piantarvelo dentro. La differenza tra “noi che abbiamo visto Genova” e un liberale (classico o no) è tutta nella concatenazione tra il primo e il secondo aforisma.

  18. “Tutte egualmente legittime, se liberamente scelte”. Ma il punto è proprio in quel “se”. Come si fa a non vedere che una particolare narrazione del corpo femminile è… come vogliamo dire: caldeggiata? raccomandata? consigliata con argomenti molto persuasivi? Io direi praticamente imposta, da un mastodontico apparato di potere. Quello del capitalismo, se vogliamo chiamare le cose col loro nome. In queste condizioni parlare di “scelta libera” da parte delle donne mi sembra fuori luogo.

  19. Io dico solo una cosa:
    i nemici esistono, e quindi esistono narrazioni nemiche.
    Siamo nel conflitto, non in una sala da tè dove col mignolo alzato si disquisisce amabilmente delle differenze e delle pluralità e degli individui sovrani, ché tanto non costa niente perché nessuna delle scelte altrui verrà a morderci il culo.
    Siamo in una società dove le condizioni non si equivalgono, e quindi nemmeno le scelte. Una società dove la prevaricazione è nelle cose, dove la maggior parte delle scelte *non* le compiono affatto individui bensì gruppi (istituzioni, aziende, clan, eserciti, etnie, tribù), e spesso nemmeno quelli, perché quelle che vengono descritte come “scelte” in realtà sono automatismi, conseguenze delle leggi di mercato etc.
    Non tutte le scelte si equivalgono, perché alcune assecondano o giustificano la prevaricazione, altre invece la combattono. Descrivere una pluralità orizzontale, lieve, praticamente utopica (cioè un astratto modello di pluralità) rimuovendo che c’è il conflitto significa fare l’apologia dell’esistente.

  20. …dimenticavo:
    «Da quello che si può dire di questa trasformazione dei giochi di verità, alcuni traggono la conclusione che si è detto che non esisteva nulla – mi hanno fatto dire che la follia non esisteva, mentre il problema era esattamente l’inverso: si trattava di sapere come la follia, nelle differenti definizioni che a un certo momento sono state date, sia stata integrata in un campo istituzionale che la costituiva come malattia mentale, collocandola in un determinato posto, accanto alle altre malattie» (M. Foucault, L’etica come cura di sé, 1984)

  21. @ WU Ming 1: bene Roberto, io ti ringrazio perché almeno tu la metti giù chiara. Se restiamo sul punto della narrazione del corpo femminile (io resto lì, troppo comodo e troppo pathos per il resto su cui peraltro posso anche concordare dunque o poco o nulla da dire) quello che tu dici significa: bando alle cazzate, ci sono narrazioni del corpo femminile che non possiamo assecondate, contro cui dobbiamo combattere, perché sono reazioanre, sessiste, subordinanti, mentre altre sono migliori, più giuste perché sanno rendere giustizia ai corpi e alle menti delle donne e dobbiamo dirlo fuori dai denti e batterci per esse. Ecco questa è una bella battaglia di retroguardia che lascia campo aperto al nemico che giustamente ci dirà moralisti bacchettoni.

  22. Come volate alto che bello, ma io continuo a percepire sempre partendo dalla vicenda nota, che il problema sia la consapevolezza del proprio Potere personale, che fa di melassa tutto, reifica le donne e le azioni e i libri e gli atteggiamenti, perché si è totalmente privi del concetto di condivisione. Se io non ti rispetto me ne frego di come ti vesti, di come ti relazioni con gli altri, percepisco solo la seduttività “neutra” che ti lascia muta/o. In buona sostanza c’è più desessualizzazione triste, col pretesto di atteggiarsi a galletti imbellettati, che vera “guerra dei sessi”.

  23. @Simone Regazzoni:“Se a sinistra si continua a pensare non in termini di narrazioni plurali del corpo femminile tutte egualmente legittime, se liberamente scelte, ma in termini di narrazioni più giuste o più libere di altre ci si continua ad attestare, secondo me, su posizioni politicamente di retroguardia. Per parte mia io queste posizioni le contesto.”
    Una narrazione è una rappresentazione del mondo (di una porzione di mondo, ma che ad ogni modo – essendo conchiusa in se stessa – è, per contratto, diciamo, un mondo a sé). Di fatto, esistono narrazioni che sono più giuste di altre: ad esempio, narrazioni che danno conto del fatto storico anziché promuovere la menzogna, dovuta a propaganda o disinformazione.
    Ti faccio un esempio concreto. Esistono narrazioni estremamente diffuse riguardo al famoso attentato di via Rasella, quello da cui scaturì la rappresaglia delle Fosse Ardeatine, in base a cui gli uccisi in quella rappesaglia vennero uccisi perché i partigiani gappisti si erano rifiutati di presentarsi alla richiesta dei nazisti. Come se i nazisti avessero detto: “Se non vi presentate, noi fuciliamo un tot di gente”. Milioni di persone sono convinte di questa cosa. Che però è falsa. I nazisti non hanno mai chiesto niente a nessuno, hanno ammazzato quel tot di persone e basta. Su questa vicenda Alessandro Portelli ha scritto un libro, proprio per sfatare il mito che ci fosse stata una richiesta di parte nazista. In questo caso, mi sento di dire che la narrazione di Portelli è “più giusta” di quelle che diffondono una menzogna.
    Un altro esempio: quello di narrazioni che in qualche modo fanno da collante identitario a una comunità, hanno quella che Peter Brooks chiama “forza mitopoietica proiettiva”. In soldoni: contribuiscono a edificare miti, miti che forgiano identità in cui un numero di persone più o meno elevato si riconosce. Queste narrazioni hanno potere (in realtà, tutte le narrazioni hanno potere: ma alcune hanno più potere di altre). E alcune di queste narrazioni (quella della superiorità della razza ariana, della veridicità dei Protocolli dei Savi di Sion, della giustificazione davanti a Dio degli atti di chi combatte in una Crociata…) hanno prodotto danni molto gravi a cose e persone, contribuendo a insufflare in comunità di individui convinzioni pericolose per molti altri.
    Le narrazioni, lo ribadisco, hanno potere. L’utilizzo di qualunque cosa detenga un potere, e possa di conseguenza essere usata per influire sulle persone e le cose, non è privo di connotazioni morali, mai.

  24. “In queste condizioni parlare di “scelta libera” da parte delle donne mi sembra fuori luogo.” (Salvatore)
    eppure io scelgo tutti i giorni di non fare la velina. Anche se: ho la tv in casa, vedo i canali Mediaset, leggo i giornali di Berlusconi (quasi tutti), e i libri Mondadori e Einaudi. Si potrebbe spiegare col fatto che non sono abbastanza giovane e bella. Eppure, non mi convince.

  25. @ tutti i gentili partecipanti alla discussione:
    Dato che le posizioni sono chiare e ben sviscerate e dato che ritengo di avere speso un’adeguata dose di tempo e parole (beccandomi pure del togliattiano), ritengo di poter abbandonare questo thread. Del resto, visto che Hitler non sta bombardando Londra e Coventry, credo altresì di potermi risparmiare l’ulteriore frequentazione dialettica di chi sostiene le tesi del liberalismo di destra (personalmente sarei stato con Churchill fino all’ultimo giorno di guerra, ma non un minuto di più). Con tutto il rispetto, ho di meglio da fare.
    Alla prossima.

  26. @ davide l. malesi
    penso che sia però importante fare dei distinguo: Portelli mette su pagine un insieme di narrazioni, ( consiglierei anche “Radio Clandestina” di Celestini ) che nel tempo hanno fatto vulgata, ma parte da un fatto. Ben preciso.

  27. @paperinoramone, in merito alla questione introdotta da Loredana, i fatti abbondano. Solo l’uscita del libro “Maledette vi amerò”, con quella storia di Cicciolina contestata dalle femministe brutte e pelose, dovrebbe far riflettere. La cosiddetta “questione femminile” è complessa, e passa per molti discorsi (da quello del diritto alla salute riproduttiva, alla autodeterminazione biologica, alla parità salariale). Semplificare la “questione femminile” riducendola a una contrapposizione tra belle (e soddisfatte, che perciò non hanno bisogno di lottare per diritti ormai acquisiti, oppure irrilevanti) e brutte (che fanno tutto ciò che fanno in quanto invidiose delle prime) non ti sembra una porcata immane, dal punto di vista etico? A me sinceramente sì (e dire che sono un uomo con un’etica abbastanza flessibile).

  28. si, è anche assurdo, vorrei che Simone Regazzoni esplicasse meglio il suo pensiero quando diceva che c’era qualcosa che lo toccava nelle parole di Sgarbi e Cappellani. Non conosco “Maledette vi amerò”.

  29. Errore grave assoggettarsi totalmente alla categorie di “narrazioni”
    Le narrazioni sono tutte ugualmente legittime perchè si declinano nell’ambito dell’immaginario, e sfuggono al giudizio di realtà.
    E’ vero che certa filosofia di matrice Derridiana non è più in grado di fare la differenza, ma bisogna sempre diffidare degli intellettuali di professione perchè nei laboratori dell’immaginario non si paga pegno.
    Quello che si fa qui, invece, volenti o nolenti, ha sempre un carattere pedagogico per cui necessita di giudizi e orientamenti (che non mettono in pericolo nessuna libertà decisionale, visto che non si svolgono in un gulag)
    Quando mi rapporto al figlio che sto crescendo e alla sua educazione, le cose che ho in mente sono stati di vita come filius, uxor, pater, senex.
    Non è detto che gli capiterà di essere tutte queste cose, ma è necessario che chi ha esperienza e cultura gli comunichi che questi stati di vita possono essere attraversati in modo umanamente degno, civilmente fecondo, spiritualmente ricco, e che il contrario è sterile quando non tossico.

  30. @valter binaghi, “nei laboratori dell’immaginario non si paga pegno”: infatti il pegno non lo paga chi sta dentro il laboratorio, ma fuori. A pagare le nefaste conseguenze della diffusione dei Protocolli dei Savi di Sion non mi risulta siano mai stati gli estensori dei Protocolli stessi.

  31. intervengo ancora per chiarire meglio… ovviamente ci sono anche le belle che mi stanno sulle palle… ad esempio mettiamo che questa valeria sia carina e mi facesse un complimento salirei sul primo autobus in corsa urlando AIUTO… e ci sono anche le “brutte” affascinanti che adoro e trovo molto più sexy delle belle antipatiche… il problema è che ci stanno le brutte antipatiche… visto che mi si dà del machista maschilista io vorrei solo dire che per me non esiste nessuna differenza tra uomini e donne, e che credo che se a una donna arriva un complimento elegante da un brutto schifoso bavoso dia molto meno fastidio che se arrivasse un complimento piccante da un bello simpatico… siete state voi a parlare di bruno vespa o dell’età di berlusconi… arei apprezzato di più un dibattito sulla gentilezza o volgarità tra brad pitt e george clooney… comunque… io ho auto sempre l’abitudine di parlare delle cose che provo senza barriere… forse per questo alcuni mi pubblicano… non mi interessa aere ragione, non sono un politico e non cerco voti… ho trovato interessante l’intervento di francesca viola… se vespa può essere paragonato a un professore che esamina e che deve mettere il voto ha ragione lei… assolutamente… ma vespa era un presentatore e non aveva il “potere” di giudicare… poi comprendo che molte ragazze ne passano di tutti il colore con brutti bavosi… ma guardate che a me e molti colleghi arrivano foto in topless quotidianamente… sono da considerari atti di violenza sessuale? … volete che le pubblico tutte?
    credo di non entrarci nulla in questo dibattito, io posso soltanto comunicarvi come vedo la faccenda secondo la mia esperienza personale… e voi siete liberissime di giudicarmi… se si riesce a farlo senza insulti è anche meglio… tanto non è che se insultate me cade berlusconi o diventate all’improvviso belle

  32. Cappellani, poi finisco di leggere il suo commento: il problema è che non esistono le belle o le brutte, i belli o i brutti; la bellezza è una interpretazione non un fatto.

  33. sì ma non può, se vuole fare un qualsiasi ragionamento dividere le persone con queste categorie; il problema di Vespa non è il suo aspetto, al limite neanche il suo pensiero, è ciò che esprime in pubblico: comprese le sue parole circa l’articolo su Affari Italiani; lei ha un problema, il suo disprezzo del genere umano.

  34. @ diana:
    se è per questo, conosco anch’io tante persone che si sforzano (“scelgono quotidianamente”, come giustamente dici) di non sfruttare il prossimo e di non farsi sfruttare, di non prevaricare, di ridurre il proprio impatto ambientale, ecc. Resta che queste scelte vanno nel senso contrario rispetto a quanto ci viene richiesto dall’ideologia dominante, la quale, invece, incentiva efficacemente la scelta di stili di vita basati sull’asservimento di sé e degli altri. Tutte le scelte sono uguali, formalmente, ma alcune sono in realtà “più uguali” di altre, e guarda caso, sono le più frequenti. E’ un problema? Per me sì.

  35. caro cappellani, visto che c’è un vuoto nel dibattito dovuto allo scambio di offese liberale di destra/togliattiano, mi chiedevo: non è strano che qualche donna mandi la propria foto in topless proprio a lei, abbastanza bruttino, come si evince dal link ad affari italiani e non a brad pitt o a george clooney?

  36. Diana, ti rispondo, anzi ti domando, qui al volo, perché anch’io sono stremata, e a entrare pure nell’altro thread proprio non ce la faccio.
    .
    Mi informi che: tu vedi la televisione, leggi le riviste di Berlusconi, sei sottoposta al bombordamento mediatico ‘e’ non fai la velina: sei una donna normale, come ce ne sono tante (almeno secondo i dati di realtà, che forse valgono ancora qualcosa).
    Quante donne come te vedi rappresentate in tv, nelle riviste di Berlusconi e nel caleidoscopio mediatico?
    Io ne vedo pochissime, quasi nessuna, ovvero non mi pare che ci sia una proposta di narrazioni plurali del corpo femminile sui media.
    Dal che mi viene il sospetto che chi fabbrica le narrazioni in regime praticamente di monopolio, esprima un giudizio di valore su un modello rispetto ad un altro e finisca (ed inizi pure) per legittimare un unico modello.
    E allora non è una generica sinistra e neppure le donne e gli uomini che esprimono critiche nei confronti dell’unicità di quel modello ( non a ‘quel’ modello) che fanno discriminazioni.
    Quindi mi pare che i termini della questione, nella realtà, si ribaltino completamente rispetto a quelli proposti da Simone Regazzoni, o comunque si articolano in modo molto diverso.
    Concentrarsi sull’ episodio del Campiello e sulla becera discussione che ne è seguita, secondo me, ha falsato del tutto i piani della discussione.
    p.s. comunque, secodo me, il punto della scelta in base alle introduzione di distinzioni e di giudizi, di cui parlavano Wu Ming 4 e valter binaghi, è importante.

  37. Cappellani
    Io non voglio insultarla – però le chiediamo gentilmente di editare i suoi interventi sul blog, anche se ha poco tempo – perchè ecco la punteggiatura aiuta anche noantri.
    Sono contenta che abbia afferrato il commento di Francesca Violi. Mi da speranza, perchè io sono convinta che lei sia in buona fede. Lei crede veramente che la percezione estetica di se e degli altri precipiti nel giudizio – che il giudizio di un comportamento tra generi sia sempre erotizzato, legato alla relazione sessuale, a prescindere dal fatto che la relazione ci sia o non ci sia. Almeno questo è quanto si deduce dai suoi commenti. Forse nella vita lei si regola così. Forse la sua vita è sempre arredata così.
    Però per le persone non è così – glielo giuro non mento. Per le persone tutte c’è un momento di eros prevalente, persone di eros prevalente situazioni, ma altre in cui invece non prevale. La maggior parte! Io posso per esempio giurare senza tema di smentita che nessuna delle donne qui valutando la situazione di Silvia Avallone ha pensato a quanto è bella lei rispetto alla scrittrice – sicuramente manco la Murgia. Nessuna qui ha pensato a Vespa. Sdrammatizzo e le dico, che il novanta per cento delle partecipanti a questo blog sono delle intellettualesse d’assalto – alcune delle quali riconosciute come tali. Psicologicamente si sono – ci siamo – identificate con la Avallone. Abbiamo pensato al nostro se professionale maltrattato. Ci siamo pensate a vincere un premio prestigioso a cui siamo andate rispettando il dress code di una occasione mondana, non il dress code di un calendario delle sue avvenenti corrispondenti – e ci hanno trattato come se fossimo li per un concorso a miss zinna d’oro. Quello che le voglio dire è che in momenti come questo e come altri il pensiero va al se professionale e intellettuale, al se della vita. Non al corpo capisce? Non importa Vespa non importa Pitt, perchè l’eros è fuori in quel momento.
    L’eros fuori. Ecco questo è quello che rimprovero al suo modo di vedere, e a quello di chi scrive articoli del suo tenore, a tutti quelli anche donne ce ne è diverse che si iscrivono in questo modo di pensare. Il presumere che quando si parla di donne, sempre di mezzo ci sia relazione e sesso, e sempre quella relazione e quel sesso siano la voce più forte di tutto il resto. mentre tra uomini – no.

  38. @Cappellani, mi dispiace che su debba (ipoteticamente) affidare ad un autobus per scappare da me, una macchina veloce sarebbe più sicura.
    Comunque, ribadisco che io non l’ho insultata, perlomeno non secondo i suoi codici di riferimento.
    Siccome ‘il bello’ e ‘il brutto’, categorie che lei considera fondamentali (e in effetti lo sono), sono applicabili a molti oggetti, materiali e immateriali, io l’ho semplicemente informata che il suo articolo, che ho letto e ho pure linkato in modo che altri potessero condividere o meno il mio giudizio, era – secondo i miei canoni – brutto nel contenuto e nella forma.
    E ho fatto questo, ripeto, dopo aver visionato un documento pubblico che può essere esaminato da tutti.
    Lei invece ha attribuito motivazioni, emozioni, laidezze varie a destra e a manca in base a pure e personalissime illazioni.
    Ed ora prenda di corsa l’autobus, altrimenti lo perde.

  39. (non potendo fare altrimenti, chiedo scusa alla Loredanissima: Valeria ma te ce l’hai na’ mail? la mia in caso è quella del blog – che volevo scriverti in privato ecco – e manco da sto giro:)

  40. x valeria
    “…chi fabbrica le narrazioni in regime praticamente di monopolio…”
    cioè, c’è un fabbricante (maschile) di narrazioni svilenti e irrealistiche (berlusconismo, maschilismo, capitalismo, ecc. sempre declinati al maschile)? Ed è questo Lui che crea il problema?
    Io penso che le narrazioni siano narrate anche da donne protagoniste che fanno scelte legittime. Mi spiace, lo sai, non riesco più a vedere la coartazione, qui da noi, oggi.
    Interpretazioni che chiamano in causa un Grande Fabbricante Nemico (maschio) mi sembrano a) una furbata per non assumerci le nostre responsabilità; b) un errore perché stigmatizzano comportamenti che non adotterei, ma che sono legittimi e non mi penalizzano. Non incidono sulla mia personale libertà di scelta. Se poi incidono, la responsabilità è per lo meno “anche” mia.
    Se invece mi servo di questa vicenda per dimostrare tutt’altro (per esempio che il capitalismo genera mostri, o che la velina è la narrativa umiliante e immorale, da combattere, o altro…), devo rappresentare per forza di cose la donna come in balia di forze oscure e minacciose, come un individuo incompetente e impotente, da difendere. No, non mi sento così.
    Qualcuno – mi pare “aletto” – ha lasciato qui o di là un commento che ho condiviso: è sbagliato dare tanta importanza a quello che accade alla televisione. E’ un autogol involontario, se davvero la televisione è l’incarnazione del monopolio capitalistico invasivo. Un po’ come quando vedi pagine e pagine di Repubblica dedicate al Papa e all’ingerenza della Chiesa. Ma come, combattiamo l’ingerenza facendola ingerire ancora di più? Uh? Ma non si potrebbe semplicemente parlarne un po’ meno del Papa, tanto per cominciare? Eccetera.

  41. posso usare il vostro tipo di linguaggio?
    zaubereu… ma fatte un pacco de cazzi tua di chi me piace o no… mò me devo trombà chi me dici tu?
    mi scusi dottoressa lipperini se ho usato questo linguaggio in casa sua… grazie ancora dell’ospitalità…

  42. Leggo degli Avallone Angels.
    Complimenti Cappellani, viva la foca che dio la benedoca.
    Però, se vuole diventare un fenomeno del web impari a scrivere.
    Così mi vien da confoonderla cun uno dei miei studenti di terza liceo.
    (Arrivati in Quinta migliorano)

  43. (per Zaub: ok, Zaub, ti scrivo domani sul tuo blog)
    @diana.
    Scusami diana, ma no, non volevo dire quello. Insomma, come diceva quel monaco zen: io quella ragazza l’ho deposta sulla riva del fiume, tu ancora la porti con te (e per ‘ragazza’ intendo Berlusconi, magari nella prossima vita gli capita, chissà).
    Basta con Berlusconi, oppure no, dipende.
    Però basta con fatto che non si può muovere più una critica da sinistra che subito si viene inquadrati in una cornice fissa.
    Te le dico con un pizzico di malizia: sembra quasi che l’attribuzione di motivazioni e intenzioni venga dato agli interlocutori (desinistra) in modo automatico e deterministico. Solo che io non mi riconosco in quell’interlocutrice tipo.
    Registravo solo un dato: le donne cosiddette ‘normali’ sono assenti dai media, non sono visibili. Punto.
    Un altro dato di realtà, a meno che questa credenza non sia una leggenda metropolitana, è che in Italia esiste un monopolio televisivo. Punto.
    Altra considerazione piuttosto ovvia è che nei media lavorano uomini e donne e, dunque, le narrazioni sono fabbricate da uomini e donne. ‘Il fabbricante’ viene fuori dalla lingua italiana: quando i soggetti sono misti, siamo abituati a utilizzare il maschile. Potevo usare il plurale (sempre al maschile, comunque), però mi cadeva il concetto di monopolio.
    .
    Come interagiscono tutti questi elementi (ed altri che non ho considerato) tra loro? chi determina (e se determina) cosa e in che modo?
    Non lo so, fatto sta è che, quando accendo la televisione, mi trovo sempre davanti la stessa donna, moltiplicata per mille, come Rita Hayworth ne ‘La signora di Shangai’.
    Detto questo, non mi strappo i capelli, non mi sento una vittima, non mi considero un panda da proteggere, non vedo complotti alla Don Brown e non penso questo di altre donne.
    E, proprio per questo, rivendico con forza il diritto di critica, sperando sempre, spesso invano, che le persone non mi cuciano addosso gag da avanspettacolo: arriva la femminista de sinistra (che peraltro non sono) e se mette a parlà male de: er capitalismo, er maschio sciovinista, er sistema dei media, er papa ecc. ecc. ecc.
    Cioè, rivendico il diritto di criticare tutto questo, se lo ritengo criticabile, ma come decido io e non secondo il copione che mi attribuiscono gli altri.
    Ma sembra che di questi tempi non si riesca a scappare da un copione dato, cosa che mi pare confermata dall’affaire Campiello.
    Regia del maschio cattivo? Non lo so, e neppure lo credo, di fatto constato che questo sta avvenendo. Punto.
    .
    Scusa il tono brusco, diana, sai che ti voglio bene.

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