RISACCA

Questo non è il post che ho promesso ieri notte: semmai, questo è un modo per avvicinarsi a una riflessione conclusiva – ammesso che ce ne siano – e per condividere alcuni materiali e alcuni spunti che si devono anche agli ultimi avvenimenti.
Credo, dunque, che ci troviamo in un momento complesso. Lo definisco il momento della risacca.

Risacca – s.f. (moto di ritorno dell’onda fermata e respinta da un ostacolo ) fenomeno che si verifica più spesso e in maniera più accentuata sulle coste ripide.

Un anno fa, ho parlato qui di una sensazione sgradevole: ovvero, il presentimento di un rischio che riguardava la “questione femminile”. Eravamo reduci, nel settembre 2009, dal caso Noemi-D’Addario: la “questione femminile”, fino a quel momento sotterranea, era emersa e portata quotidianamente alla pubblica attenzione. Naturalmente, è stato importante. Altrettanto naturalmente, una problematica annosa e irrisolta è stata semplificata. Tre volte naturalmente, è stata, come temevo, edulcorata, addomesticata, resa innocua. La complessità del discorso è stata ridotta allo slogan del “nuovo femminismo”. Ora, il “nuovo femminismo”, analogamente a quanto è avvenuto con il “vecchio”, è stato chiuso nella cornice già nota. Ovvero, donne che rifiutano il corpo, la bellezza, il sesso. O meglio: donne che “hanno problemi” con il corpo, con la bellezza, con il sesso. Donne che impediscono alle altre donne di vivere serenamente e felicemente il corpo, la bellezza, il sesso.

Ma io non ne posso più delle brutte che difendono le belle, delle devastate in amore che mettono in guardia le donne corteggiate cercando di impedire a loro di provare a vivere un sentimento, di lesbiche represse
Ottavio Cappellani (Affari Italiani)

Come si arriva all’equivoco? Non in un unico modo. Primo, entrando a piedi pari nella narrazione di Silvio Berlusconi. Qui le belle tuse, di là il settore menopausa. O anche, qui la libertà sessuale, l’allegria, la felicità, di là le bigotte, le noiose, le moraliste. Questo è il frame, e in questo frame, ahimé, si è caduti. Il bersaglio si è spostato sul velinismo, e non su tutto quello che eventualmente suggerisce alle donne come strada privilegiata l’uso del corpo per ottenere qualcosa che altrimenti diventa molto più difficile ottenere, all’insegna di quello che non è solo uno slogan: my body is my business. E’ un errore. E’ come esaminare il risultato finale ignorando il percorso. E, soprattutto, lasciando sullo sfondo, sempre di più, tutti i fattori (disuguaglianza economica e professionale A FRONTE di migliori risultati scolastici, aumento di violenza e omicidi che hanno le donne come vittime) che fanno del nostro paese uno degli ultimi in materia di parità fra generi. Il “neo femminismo” che fa venire la pelle d’oca a molte giovani e colte colleghe viene equiparato a questo. Grave. Gravissimo. Perché chiunque avrà buon gioco a smontarlo. Come sta avvenendo in questi giorni.

“donna frustrata sessualmente” (Melania Rizzoli sulla finiana Angela Napoli)

Secondo passo: si sono moltiplicati a catena i discorsi sul femminile. Importante, qualora chi ha cercato, commissionato, pubblicato quei discorsi abbia un progetto non mirato esclusivamente al business. My book is my business. So che questo è un punto controverso e difficile e scomodo, ma provo ad accennarlo lo stesso, assumendomene la responsabilità. Io ho la sensazione che dopo il caso Noemi, molti editori abbiano cercato di pubblicare testi sulle donne in modo non molto diverso dalla caccia al mystery dopo Dan Brown e al vampiro dopo Stephenie Meyer. E’ normale. Ed è redditizio. Ma moltiplicare i discorsi alla cieca comporta dei rischi. Eccoli.

Ciò che il pensiero femminista più arcaico finge colpevolmente di non capire, è che in una società libera di cittadine e di cittadini maggiorenni nessuno può imporre a nessun altro un comportamento, un’ideologia, uno stile di vita. (Fabrizio Rondolino, Viva la gnocca)

Semplificare i discorsi significa perdere di vista il quadro generale. Ed ecco, che dopo il caso Campiello, rialzano la testa tutti coloro che non attendevano altro per banalizzare la questione femminile ad un solo stereotipo: il ritorno del femminismo normativo. Faccio un esempio. In un libro uscito qualche tempo fa per Neri Pozza, Maledette vi amerò, si omaggiano le eroine del fumetto porno italiano. L’ultima storia si chiama Amore libero, è firmata da Giovanni Romanini e Lucio Filippucci e ha come protagonista Cicciolina. Ad opporsi alla libertà sessuale dell’eroina è un comitato di femministe in tailleur con un ciuffo di peli che escono dai nei. Una semplificazione, certo: ma è quella semplificazione che è tornata come un macigno a schiacciare tutti i distinguo. Oggi.

Diciamo anche che hanno abbondantemente rotto i coglioni i moralisti/e, normalmente lerci/e più di tutti gli altri, che ostentano finta perplessità sulla questione.(commento a Rondolino)

Dire cosa non ha aiutato è molto semplice (aggiungo che l’assoluta incapacità di molto “movimento” delle donne a unirsi per un obiettivo concreto, come una riflessione comune sull’immaginario femminile nei media italiani, ha contribuito non poco: e, purtroppo, sono stati i sospetti reciproci e le divisioni vecchie e nuove a prevalere). Dire cosa fare è, come sempre, difficilissimo. Dal canto mio, continuerò a fornire materiali e occasioni di riflessione. Questo, come sempre, è il primo passo. Per me.

192 pensieri su “RISACCA

  1. @davide: ti devo una risposta. Cercherò di essere chiaro come solo i veri liberali di destra sanno fare. Io mi sono limitato a parlare di narrazioni nel senso di decisioni che una donna prende in merito alla propria esistenza. Tutto il resto non c’entra. Quelle decisioni per me non possono essere messe in discussione dall’intellettuale di turno, che rischia di assomigliare a quegli uomini che vorrebbero strappare dalla prostituzione quelle donne che magari hanno scelto di essere sex workers. E così vengo a un esempio scomodo. La prostituzione è sempre e comunque una forma di oppressione? E chi lo ha detto? La mia o la tua narrazione? Quella delle donne che non si prostituiscono? Quando Margo St. James, fondatrice dell’organizzazione per i diritti delle lavoratrici del sesso COYOTE dice “Ho sempre pensato che le puttane fossero le sole donne emancipate” credo esageri. Ma gli riconosco pieno diritto di sentirsi una donna emancipata. Perché dovrei dare meno credito alle sue parole rispetto a quelle di altre donne? Perché a priori dovrei pensare che debba aver avuto meno margine di scelta? “Chi si sognerebbe di chiedere a una ricercatrice universitaria quanto margine di scelta ha avuto nell’accettare le condizioni capestro della sua borsa di studio?” (cito dalla prefazione del collettivo femminista Sexyshock al bel libro di E. Bernstein sulle sex workers “Temporaneamente tua”). Precisazione: Elisabeth Bernstein, le componenti del gruppo COYOTE, il collettivo Sexyshock non sono, ripeto, non sono pericolose liberali di destra, non scrivono per Libero, e non si sono mai schierate al fianco di Churchill.

  2. @Simone Regazzoni, domandi: “Perché a priori dovrei pensare che [una sex worker] debba aver avuto meno margine di scelta?” Perché in effetti ha avuto meno margine di scelta, è un fatto concreto, riscontrabile statisticamente. Le donne possono contare sulla parità salariale nei confronti degli uomini? No. Hanno eguale accesso alle posizioni di fascia “experteer” (dai 60.000 euro lordi l’anno fino ai 200.000 circa), quelle che il “The Economist” definisce come indicative di ruoli di alto funzionariato, o junior management? No. Per non parlare delle posizioni di middle e top management, dove in Italia trovare una donna è un fatto veramente raro (quelle che ci sono, si trovano spesso lì in quanto cooptate attraverso prassi familiste: ovvero, sono lì in quanto “figlie di” o “mogli di”).
    Abbiamo poche donne in quei ruoli, troppo poche perché si possa dire che, in Italia, le donne hanno pari opportunità. E la libertà di scelta è tale solo se le opportunità sono le medesime. Quando una donna avrà le stesse chances di un uomo di guadagnarsi da vivere imbracciando un fucile, disinnescando mine, pilotando un cacciabombardiere, facendo il primario di chirurgia o il top manager, il politico o il pilota collaudatore*, allora – e solo allora – potrai venirmi a dire che la sua scelta di fare la sex worker è una scelta davvero libera.
    (* Ho citato, ovviamente, posizioni professionali in cui la presenza femminile è, a mio avviso ingiustamente, minoritaria e spesso perfino ostacolata da pregiudizi)

  3. Una cortesia, commentarium. Guardate che ogni tipo di argomentazione, sulla bacheca Facebook di Cappellani viene semplificata in questo modo: “sulla bacheca di loredana lipperini ho scritto che alcune donne mi piacciono e altre no, ho scritto che ci sono le belle simpatiche, le belle antipatiche, le brutte simpatiche e le brutte antipatiche… oh! sono lì tutti a spiegarmi chi mi devo trombare e chi no… e se non mi trombo chi dicono loro si incazzano… sono esterrefatto”.
    Non prestate il fianco a questi personaggi, sì?
    (Ps. sulla discussione con Regazzoni credo di aver detto tutto quel che avevo da dire)

  4. Accidenti Davide! con il tuo ragionamento puoi pure andare a dire ad ogni donna che ogni sua scelta, in realtà, non è libera visto che ad oggi non ci sono pari opportunità. Non male come posizione. Mi fermo anche io qui, torno da Churchill.

  5. x valeria
    sì, scusa se ti ho attribuito un copione, hai ragione. Forse parlavo a nuora (te) perché suocera (prototipo di persona x con cui ce l’avevo) intendesse.
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    Però, quando leggo un commento mi colpisce anche il modo in cui sono formulate le frasi e scelte le parole. A volte è rivelatore. Non sempre. Perché poi uno interpreta e proietta…
    Il diritto di critica non c’è neanche bisogno di “rivendicarlo”, c’è di fatto. C’era per la Avallone, che poteva rispondere con una battuta o altro a Vespa (e dare un contributo ‘rieducativo’); c’è per noi qui e altrove. Le gag da avanspettacolo di Rondolino e Sgarbi? Il loro, avanspettacolo.
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    Le donne normali non ci sono alla televisione italiana? In certi programmi, non ci sono. E il programma lo scelgo io. Penso che sia un buon modo di influenzare i ‘modelli’. Il meno invadente e pedagogico, per lo meno. E sai come la penso sulla pedagogia, e sull’insegnare qualcosa a qualcuno. Lo riduco sempre al minimo indispensabile.
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    Ma queste cose ce le siamo dette tante volte, per poi scoprire che in fondo siamo d’accordo su quasi tutto – nelle cose importanti.

  6. @Simone Regazzoni, in effetti: se una donna mi dicesse di esser convinta di godere di piena libertà di scelta, in campo professionale, nella nostra società, contesterei la sua affermazione. Non troverei grandi difficoltà, visto che i dati statistici ci sono, e sono ben noti.

  7. @diana e chiudo davvero.
    Il diritto di critica c’è nel senso che ognuno se lo deve prendere. E se uno se lo prende è meglio che sappia che si espone a dei rischi.
    Io sono andata a risentirmi le dichiarazioni di Michela Murgia, a leggere le cose che ha scritto e di tutto quello che le è stato attribuito non è vero niente.
    E ci si può dare un bel da fare a ristabilire la verità in modo filologico: quando il teppismo verbale è partito è difficile arginarlo.
    Ho fatto un giro sul web e mi pare di incontrare ad ogni pie’ sospinto quei gran simpaticoni di ‘Amici miei’: uno sganassone di qua, una pernacchia di là, una pompetta puzzolente da un’altra parte, una palpata al sedere di volata e via sghignazzando.
    Davvero molto, molto divertente. Però ridiamo, eh, sennò dicono che non abbiamo senso dell’umorismo.

  8. Ottavio Cappellani è talmente atroce e furbetto, è l’ennesimo ometto col bavero alzato, ma mi fa simpatia perché scrive in modo pessimo, non si impegna nemmeno con le virgole, sguscia dalle polemiche per creare un mondo semplificato e distratto (bella per me, dottoressa Lipperini, quanto stufate, tu scema, quella antipatica, fatte i c…i tua e via dicendo). Dunque contenta la compagna (o il compagno? Per noi pari sono) non ci avviteremo in un dibattito concluso.
    Una cosa, però, capita spesso e la giro a Loredana: questo berciare è deprimente e non prestiamo il fianco a chi cazzeggia allegramente, ma questa storia della bacheca del social network mi lascia avvilito. Cappellani scrive qui, ma quello che pensa realmente lo mette nero su bianco sulla sua pagina personale e perché io dovrei saperlo? Perché noi dovremo saperlo? Cosa ce ne viene? Cosa è? Una sorta di Big Map: quelli di facebook e quelli del commentarium?

  9. no aspetta personaggia ci sei tu… non ho detto che eri tu ma che questo avveniva sulla tua bacheca… avevi usato un linguaggio gentile e ti ho dato confidenza… personaggio no, hai sbagliato il mondo intero… la cafonaggine la usi con i commentatori della tua bacheca… macchietta

  10. hai ragione anche tu, valeria. Non è detto che ci sia sempre da ridere. A volte non è proprio il caso, anche se questo mi sembrava. D’altra parte, sai che riderci su è la mia strategia evolutiva stabile.
    Il mio passo indietro l’ho fatto, per quanto riguardava soprattutto le mie proiezioni indebite su di te. Per il resto, non bisogna essere per forza d’accordo. Amiche come prima, spero.

  11. @ Sig. Cappellani.
    Ho seguito sin qui le sue opinioni e il volgersi del dibattito.
    Comprendo che lei non da alcun cenno di voler entrare in discussione.
    L’alternativa che non piace sarebbe che lei ha solo questo da offrire.
    Ma io vorrei farle avere la mia solidarietà per le foto in topless che riceve sulla sua mail, visto che non può escludere che prima o poi, per motivi che ora non so prevedere, queste inizino a darle fastidio.
    Lascio solo una riflessione sotto forma di provocazione
    Nel momento, ed è magari adesso, in cui lei volesse non ricevere più queste email e se ne lamentesse, e qualcuno le rispondesse che lei ha dichiarato di aver tratto la sua ispirazione professionale da Micio Tempio, rimproverandole di fatto e superficialmente una certa disponibilità lei dovrebbe glissare ed ammettere che si, se l’è cercata per l’uso libero (distorto, anzi no) delle sue parole e non può aspettarsi altro?
    E poi si, spazzi un po’ dove e con chi vuole, che lo voglia pure lei è sott’inteso.
    E poi no, donne e uomini non sono uguali, a meno di non negare parte della sua ispirazione professionale, che altrimenti va a farsi spazzare pure lei ed allora inizia a perdere contenuti.
    In tema, di certo converrà, ed a proposito di linguaggio suvvia, “questa cosa la bbissiamo”. E le dedico anche il mio provvisioro, allegro e sconquassato nick.

  12. @Valter Binaghi: “Complimenti Cappellani, viva la foca che dio la benedoca.
    Però, se vuole diventare un fenomeno del web impari a scrivere.
    Così mi vien da confonderla con uno dei miei studenti di terza liceo.”
    Ma almeno i tuoi ragazzi in terza liceo i puntini di sospensione li usano con giudizio? Ti prego dimmi di sì, tranquillizzami.
    P.S.
    Occhio a non fare tanto l’aggressivo, non vorrei che arrivassero minacce del tipo “Binaghi, ti recensirò le basette”! E queste sì che sono intimidazioni, da non dormirci la notte…

  13. “Perché noi dovremo saperlo? Cosa ce ne viene? Cosa è? Una sorta di Big Map: quelli di facebook e quelli del commentarium?” (vincent)
    .
    Sono d’accordo con questa affermazione. Cappellani l’ho conosciuto qui, e poi googlando il suo nome. Io non ho accesso a Facebook e non compro Il Foglio o Libero (come molti in Italia, mi pare di capire), quindi di lui avrei ignorato l’esistenza se non se ne fosse parlato qui.
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    Se non piace il suo frame (l’umorismo da happy hour su FB non è necessariamente indegno, al massimo scadente e poco riuscito), o lo si ritiene offensivo, si può adottare la strategia applicata per i troll (ignorare); oppure dirgli come fa Michela Murgia (bravissima!) con i commentatori molesti: “Questa è casa mia e qui non ti ci voglio. Ciao.”
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    Ma definirlo ‘personaggio’, significa affermare che quello praticato qui è il giusto modo (o frame?) in cui riflettere sulle cose, e che chi fa il simpa all’happy hour è indegno di “noi”. L’approccio-Ravera, insomma.
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    Un conto è dire: non fai ridere. Un conto è dire: non abbassiamoci al livello di certi personaggi.

  14. Diana e Vincent
    Il problema però sussiste. Allora pinca scrive un messaggio dicendo – una cosa a pinco. Pinco risponde in maniera aggressivissima e poco pertinente al messaggio di pinca. Pinca dice – forse non ha capito una sega? Ma forse no – forse è lo stile comunicativo di pinco. Allora, una che ci ha un blog sa che con commentatori del genere, finisce tutto a “te ci hai le palle mosce” “te ci hai tre zinne” “tua moglie la da all”idraulico” e via così. Sa per esperienza che i tentativi di discussione sul merito dell’argomento sono dribblati da pinco – per ragioni sue (certamente in conflitto con quelle stesse ragioni che devono averlo portato qui) – e allora si chiede: cui prodest?
    Insomma io a Cappellani glielo volevo dire che il problema non è con chi scopa, ma il fatto che non tutti sono come la gente che si scopa lui, ma se questo serve per alimentare un circuito di insulti, ma chi se ne frega.

  15. mi sono un po’ persa al terzo pinco, zau, ma non ho capito quale problema resta. A parte il cui prodest, su cui concordo.
    La mia obiezione riguardava l’uso del termine ‘personaggio’, e il tono del commento di Lipperini. Fermo restando che Lipperini è libera di dire e rispondere come vuole, siamo tutti suoi ospiti qui. Però, preferisco l’approccio-Murgia, in questo caso. Il più semplice: “Non rompere le palle, Cappellani. Alla prossima sei fuori.”

  16. “Chi si sognerebbe di chiedere a una ricercatrice universitaria quanto margine di scelta ha avuto nell’accettare le condizioni capestro della sua borsa di studio?”
    In realtà è una domanda non solo pienamente legittima e sensata, ma che andrebbe fatta sempre e per tutti gli impieghi. Inoltre, mi sembra che il paragone porti acqua non al mulino tuo, ma proprio al mulino di chi dice che certe scelte possono non essere libere come viene dichiarato: in una società maschilista e “ginocida”, le donne (ma, va detto, non solo loro!) accettano tutti i giorni condizioni capestro.

  17. Visto che si parla delle COYOTE, di Margot, del “corpo in vendita” e si ripropongono tutti gli stereotipi può essere utile il POWER TOOL. Hai visto mai che invece di parlare al vento, per una volta, ascoltare le dirette interessate possa aiutare gli intellettuali nel “dibattito” ?
    POWER TOOL – Strumento informativo per la comprensione della Prostituzione – parlano le prostitute
    http://www.micropunta.it/powertothesisters/
    Buona visione

  18. L’altro giorno, Regazzoni ci accusava di voler impedire a Silvia Avallone di vestirsi come le pare. Ovviamente, *totale* assenza di riscontro di una simile assurdità nei nostri interventi, ma che importa? Ogni testo può esser letto come si vuole e gli si può far dire quel che si vuole, l’importante è dipingere l’interlocutore in un certo modo (nella fattispecie: un totalitario), piegare quel che dice a uso della propria tesi obsolescente (nella fattispecie: che oggi la priorità delle priorità sia combattere i “bacchettoni” e le “educande”) etc.
    Io posso ribadire ad nauseam che la tutela delle libertà è la *premessa* di ogni nostro discorso, posso ricordare che per noi – lo abbiamo più volte dichiarato – questo punto va difeso con la baionetta, e potrei anche linkare prese di posizione etc. (io mi sono addirittura espresso più volte contro le leggi anti-negazionisti).
    Posso ribadire che secondo noi non bisogna accontentarsi delle premesse, le quali per definizione sono ciò che viene prima di tutto il resto, e per noi “tutto il resto” è la critica radicale dei discorsi e dei dispositivi di condizionamento in cui tutti quanti (noialtri compresi) siamo avviluppati.
    Posso dire tutto questo, ma non conta: sono un liberticida. Curioso liberticida, quello che dice che le libertà della liberal-democrazia sono *troppo poco*! (perché formali, perché riferite a soggetti astratti dai contesti sociali etc.)
    Adesso Regazzoni ci accusa di avercela con prostitute e sex workers (?!). Ovviamente, non le abbiamo mai nominate né tirate in ballo, e da nessuna nostra presa di posizione si può evincere una stronzata del genere, ma va bene lo stesso. Semina zizzania, e qualcosa resterà.
    Simone: ma che cazzo ti è preso???

  19. Zaub e Diana
    Ciao Zaub, come Diana mi son perso nei pinchi pallini ma credo di aver capito il nesso, spero.
    Sono d’accordo sul fatto che ormai si può solo alimentare una catena di insulti assai inutile, però Diana scrive una cosa che condivido. In parte. In realtà non è il tono di Loredana su Cappellani che mi stupisce, figurarsi, sta a casa sua e scrive quel che le pare (ha scritto “personaggio” su di lui, ma la replica è assai pesante e piena di livore gratuito), è il corto circuito malsano su quello che leggiamo e scriviamo noi e un mondo parallelo che passa per i social network. Non è così, ma dal di fuori, lì dentro, nelle loro pagine personali sembrano tutti più o meno Amici o sodali.

  20. Perdonate. A me non sembra di essere stata insultante. Ma nel momento in cui si riporta, in una bacheca (pubblica Vincent, quindi consultabile da chiunque: ma possibile che io debba rendere conto di tutto quello che faccio?) qualcosa di non esatto che sarebbe stato detto su questo blog, la mia vetusta etica professionale (so che possederla fa di me una mummia, ma che volete farci?) mi suggerisce di precisare. Nessuno ha, mi sembra, interferito con le consuetudini copulatorie di altri (né, tanto per essere precisi, nessuno ha intrapreso un dibattito su una scollatura, come si insiste nel voler reiterare). Nel momento in cui questo è quel che viene riportato, mi sembra legittimo precisare e supporre che si voglia fare operazione di discredito. Di qui il “personaggi”, che non mi sembra offensivo. Al contrario di “donna gelosa dei complimenti fatti ad altre” o “donna isterica con ciclo”. Ma ognuno dà quel che può, e che sa.

  21. Mi assumo la mia responsabilità nell’astruseria dell’exemplum, e forte del mio ruolo di rompicoglioni in questo commentarium, posso difendere la padrona di casa dicendo due cose. Anzi tre.
    La prima è che ahò ha detto “personaggio” mica chi sa quale fetenzìa.
    La seconda è che smettiamola colla ipocrisia della rete semo tutti uguali casa mia è casa tua, semo fratelli dobbiamo fare tra fratelli. Non è vero. Chi è titolare di un blog sarà sempre in posizione asimmetrica rispetto ai suoi lettori. Quando più quando meno. Il blog è suo, e noi siamo ospiti venuti a leggere il suo blog. Se questo ricade nei toni – non vedo la sorpresa. Io, pur alienandomi le simpatie di diversi, ma mene frego – sul mio blog faccio anche di peggio.
    La terza è che la personaggitudine dei troll produce l’effetto che vediamo ora: si parla di loro e non dell’argomento del thread. Questo per me conferma un po’ l’etichetta.

  22. Mi viene in mente una cosa buffa: la posizione “liberale” di regazzoni in favore della libertà di scelta e della pluralità di narrazioni che lui usa per difendere le scelte di vita di veline e pornostar (che nessuno ha attaccato, mi pare) è lo stesso argomento che una donna musulmana tradizionalista o integralista potrebbe usare (e alcune lo usano) per rivendicare il suo diritto di girare in niqab o in burka (scusate se torno sull’argomento ma mi sta a cuore). Ora io non contesto questa loro scelta, sul piano formale è un loro diritto vestirsi come vogliono (a patto che si rendano sempre identificabili alla pubblica autorità) ma voglio poter continuare ad analizzare criticamente queste scelte e le motivazioni che hanno, a criticare il sistema di valori che sta dietro il velo integrale senza sentirmi dare dell’illiberale o del totalitario.

  23. @ Zaub: ma questo è il punto. “Chi è titolare di un blog sarà sempre in posizione asimmetrica rispetto ai suoi lettori”. Tu dici che alienandoti le simpatie altrui fai anche di peggio sul tuo blog. Forse il problema, anzi è una certezza, sta nel leggere e affezionarsi a un blog tanto da sentirsi in una sorta di famiglia allargata. Ma è una mia scelta in quanto lettore e commentatore, se dovessi smettere domani con queste note a piè di pagina, non cambierebbe nulla e meno male, altro che famiglia (mi subite, io subisco gli altri, semplice). Quindi non metto assolutamente in dubbio l’etica professionale di Loredana, tu nel tuo blog fai come ti pare ed è una tua scelta. Quindi ho sbrodolato sull’irritazione momentanea di un commento di Cappellani rivolto direttamente alla proprietaria del commentarium, lasciando da parte il thread.

  24. @ Wu Ming1: rileggi tutto, attentamente, e con infinita pazienza. Ti accorgerai, fra le altre cose, che non ti ho chiamato in causa in merito alle sex workers. Ti accorgerai anche che il nodo cui tengo non ha nulla a che fare con le garanzie liberali: perché quelle ci sono già (sì ora lo so che qualcuno dirà: no! Non abbiamo nemmeno quelle!). Si tratta solo – ma lo so è un lavoro che può disturbare le nostre mappe cognitive – di evitare (con la scusa di frame e dispositivi che nessuno, non certo io, ha negato la necessità di analizzare e decostruire) di ricadere in posizioni che non riconoscono, in merito alle scelte delle donne, eguale legittimità a scelte che implicano la sessualizzazione del corpo ed altre no. Su questo punto a sinistra oggi ci sono delle resistenze. Da decostruire. Con l’aiuto di strumento teorici che lo stesso femminismo post-strutturalista, che Wu Ming 4 confonde con il liberalismo di destra, ha fornito. Se ciò implica subire un processo per “deviazionismo ideologico”, ben venga: sono brividi che mai avrei pensato di provare, compagno.

  25. posto qui per la prima volta, in primis un ringraziamento per chi gestisce il blog, bello e utile. A mio parere il sig. Cappellacci non può essere definito un troll, e non può esserlo suo malgrado. Questo perchè è lui stesso parte integrante del thread essendo un frammento di quell’ostacolo che provoca la risacca, un frammento che però ritengo sia l’anello debole perchè si mette in luce come misogino e la misoginia forse, non è ancora stata sdoganata dal momento che tutti si affannano a celarla. La volgarità e lo sprezzo con cui interviene gli si ritorcono contro come è successo per il famigerato articolo di m. Fini sul ilfattoquotidiano, lasciamo che si incaprettino da soli. Nell’estremo tentativo di trovare del bene in qualsiasi persona devo ammettere che anche Cappellacci ha qualcosa di buono in fondo, è un ecologista tantè che fugge dalle donne, ma lo fa in tram!

  26. @ Simone: ho riletto i thread, con pazienza non infinita ma comunque abbondante. O ti sei spiegato *molto, molto male*, man (spinto sin dall’inizio da un ingiustificabile surplus di aggressività), oppure, più semplicemente, avevi voglia di esercitarti contro nemici immaginari.
    Ancora non ho capito, infatti, chi avrebbe negato legittimità a qualsivoglia specifica scelta, e constato che tutte le precisazioni in merito sono state da te ignorate.
    Dopodiché, non c’è bisogno di chiamare direttamente in causa l’interlocutore su ciascuno specifico punto, con tanto di menzione del nome: se stai polemizzando con X e ti lanci in un’invettiva contro un avversario teorico che resta imprecisato, è scontato inferire la direzione degli strali. Chi sarebbe, tra gli intervenuti o comunque tra quelli che nelle ultime 24 ore hai (inspiegabilmente) preso più di petto (io e WM4) ad avere espresso le posizioni che tu contesti?
    Ribadisco: *nella polemica* la tua impostazione, all’osso, non mi sembra aggiungere granché a quella di un liberale. Il femminismo post-strutturalista lo citi come pezza d’appoggio, ma quel che hai scritto nella sostanza è liberalismo. Pensare che tutte le scelte siano su un piano paritario significa dare per scontata la paritaria opportunità di compierle, cioè: il libero gioco delle differenze presuppone l’uguaglianza dei soggetti di diritti. E’ la premessa mitologica dell’ordine contrattualistico e del pensiero liberale, dove tale uguaglianza è garantita solo (formalmente) nella sfera giuridica, ove si narra l’epopea di un soggetto che è pura astrazione modellata sull’individuo borghese. Da questo quadro rimane fuori, semplicemente, *tutta la realtà*, ovvero ciò che rende le scelte *diseguali* perché diseguali sono le opportunità e impari è il confronto tra forze. Viviamo nel capitalismo, non nel carnevale delle differenze. La mia contestazione del tuo discorso (quello che hai fatto qui) è su questo piano filosofico e politico. Lo trovo, molto semplicemente, inaccettabile.
    Di più: nel momento in cui tu scrivi a WM4 questa cosa qui:
    inizio citazione
    “Tu vuoi tenerti stretto il diritto di criticare la narrazione del corpo altrui a partire dalla tua: libero di farlo. Surrettiziamente quindi pensi che la tua sia migliore o più giusta, ed questo a me non piace politicamente.”
    fine citazione
    a meno che tu non ti sia spiegato male, stai dicendo che *non si può criticare una scelta/narrazione/azione altrui*. Stai ponendo di fatto un’interdizione: non si può avere un concetto di giustizia o di bene comune in base al quale criticare le scelte/narrazioni/azioni altrui. Perché se hai un simile concetto, allora sei un totalitario, vuoi prevaricare etc. E’ la fine di qualunque *vaglio critico* del reale. Ripeto: a meno che tu non ti sia spiegato (più volte) male.
    Nel caso tu invece la pensi davvero così, mi dispiace, ma per me questa è merda. Usa tutte le pezze d’appoggio più trendy e più fiche che vuoi, cita le post-decostruzio-femministe, cita i cyborg, cita i mutanti, cita chi vuoi, ma per me (che evidentemente sono old-fashioned e credo ancora che viviamo in una società profondamente ingiusta), questa è e rimarrà sempre merda.

  27. @ Wu Ming 1:
    1. Che io possa essermi spiegato male, man, è una fottuta ipotesi che tengo sempre presente alla mia cazzo di mente – come spero la tengano presente anche gli altri, allorché si discute. C’è una cosa però, ci tengo a dirlo, che per correttezza non si dovrebbe fare anche nelle migliori scazzottate: attribuire all’altro una posizione che non è sua. Altrimenti si afferma implicitamente o che l’altro è un idiota o che non sa che quello che dice. Che magari è vero, ma non è il massimo dell’eleganza. Colpo basso. Io vi ringrazio infinitamente per il bignami sulle nozioni base del liberalismo (sono ironico, non sarcastico). Utilissimo, ma un corso di filosofia politica l’ho anche tenuto, da docente, proprio nell’università in cui hanno insegnato Foucault e Deleuze (sono ironico, non supponente). Quindi almeno sulla carta, man, ti chiedo di darmi un minimo di credito circa questi temi. “Il femminismo post-strutturalista lo citi come pezza d’appoggio”, dici. Che devo intendere come: non c’entra nulla con quello che dici (ma allora verifichiamo subito chi ha ragione o meno, testi alla mano); oppure: il femminismo post-struttutralista è una cagata pazzesca che “all’osso” (ma si può usare una roba così in una argomentazione serie per disconoscere la posizione dell’avversario? come quelli che dicevano a Derrida: all’osso il decostruzionismo è di destra) è liberalismo rimasticato.
    2. La donna, man. La donna. Sono ossessionato, è chiaro. Ma almeno non rimuovo il punctum quaestionis. A te non frega nulla della Avallone hai detto. A me frega moltissimo: io sto ancora parlando a partire da quel caso singolare molto ma molto significativo. Ora: nessuna scelta avviene sul piano paritario. Yes. Avviene in campi conflittuali dove c’è chi ha più o meno margine di gioco. Yes. Anche parlare di donna in generale, in questo senso, è un’astrazione. Yes. I campi conflittuali si articolano secondo pratiche, discorsi dispositivi. Yes. Che nessuno può analizzare mai da di fuori essendo preso in essi, soggettivato attraverso di essi. E fin qui ci siamo. Di più: il buon Foucault ci ha spiegato (invero in modo un po’ contorto e con distinguo che spesso ci perdiamo per strada) che il vero problema non è la repressione della sessualità (che però non nega), facendo un passo avanti rispetto alle ipotesi ingenue, diciamo, di un Marcuse. E anche fin qui ci siamo. Poi arrivano i lacaniani con l’imperativo superegoico che non è repressivo ma dice: Godi! Da Lacan a Recalcati passando per Zizek. E allora?
    3. E allora si può avere ben presente tutto ciò e fare due scelte teoriche diverse.
    A. La prima dice che, tenendo conto di queste premesse, è chiaro che a fronte di dispositivi politici, sociali mediatici di iper-sessualizzazione del corpo femminile, ferma restando la scelta per ciascuna di fare ciò che vuole, io potrò articolare la mia critica rispetto a queste scelte.
    B. La seconda dice invece che in questa posizione ci sono diversi rischi: 1) un rischio di semplificazione di analisi di dispositivi e discorsi e della relazione tra di essi e le scelte delle donne. 2) il rischio, riparandosi dietro l’ombrello intellettuale dei dispositivi ecc., di reintrodurre una vecchia valutazione partriarcale che vede nelle scelte che sessualizzano il corpo (se gestite direttamente dalle donne) una minaccia. Quindi non sono scelte da riconoscere a pieno ma da analizzare in termini critici. Che poi si dica: ferma restando la libertà di scelta che io difendo con i denti. E ci mancherebbe man! Per fortuna non siamo in Iran! Io trovo che qui ci sia un limite di analisi. Che combatto da un lato con l’idea che visto che tutte le scelte sono in situazione, attraversate da discorsi e dispositivi e non ci sono punti di osservazione o di scelta dal di fuori, per quanto riguarda le scelte femminile per evitare di ricadere su posizione vecchie e pericolose devo garantire un “riconoscimento”. NON la libertà di scegliere: quella c’è! Il riconoscimento di valore che eviti l’automatismo: scelta sessualizzata scelta determinata da dispositivi. E’ a partire da questo riconoscimento che sto già distruggendo un dispositivo che è all’opera nella vostra argomentazione: che la scelta sessualizzata sia almeno un po’ meno degna o più problematica delle altre. E il dispositivo qui è apertamente partriarcale. Ecco cosa ho imparato dalle femministe post-strutturaliste.
    4) Una volta fatto questo passo teorico importante, posso analizzare e criticare i dispositivi e i discorsi NON le scelte in merito al proprio corpo di una donna. La critica non si svolge sui soggetti. Anche perché non so con quali dinamiche una scelta sia avvenuta nel contesto di quei dispositivi – a meno di non scadere in banali determinismi. Non mi privo, man, della critica anche dura. Scelgo di non mirare al singolo soggetto donna la cui scelta io riconosco, ma a discorsi e dispositivi. Ma anche qui, senza semplificazioni. Uno dei danni del fattore Berlusconi è che ci a spinto ad analisi dei media buone per Debord, cioè si per me (ma anche per voi, questo lo so) merda. Sul piano del rapporto immagine-donna-esponibilità siamo a zero. Se mi sono occupato di pornografia, al di là di pulsioni mie sregolatissime, è perché mi sembra che lì oggi ci sia molto da apprendere.

  28. Aiuto. Scusate vado di fretta e andrò per slogan.
    Non mi pare che Simone Regazzoni abbia mai usato un tono aggressivo, ma che abbia avuto piuttosto sempre presente un interlocutore immaginario situato ‘a sinistra oggi’.
    Per quel che mi riguarda riconosco alle donne il diritto a scelte che implicano la sessualizzazione del corpo, laddove questa scelta sia ‘veramente libera’. Questo presuppone un contesto in cui le scelte di tutti noi siano ‘veramente libere’ (condizione limite, ma da cui non si può prescindere).
    A questo punto, per non andare ad arrampicarmi sugli specchi, rimando a un articolo di Lorella Zanardo che a me ha chiarito un pochetto le idee. Ma non ho tempo di discuterne adesso.
    Sull’ultimo punto posto da Wu Ming 1 credo sia opportuno discutere, perché credo che lì, anche per me, si annidi un groviglio di equivoci.
    .
    Per finire e ribadire che, per me e noi tutte del commentarium, l’episodio del Campiello non è così neutro come gli angelici sghignazzatori vanno dicendo, vorrei riflettere su un dettaglio .
    Poco fa ho visto una foto in cui Marina Berlusconi esibiva davanti all’obbiettivo un ampio decoltè generosamente rifatto.
    Mi sono chiesta: ma Vespa, intervistando Marina Berlusconi in una situazione pubblica, magari sulle questioni della Mondadori, avrebbe fatto gli stessi commenti, gli stessi gesti e avrebbe invitato il cameramen a inquadrere la succulenta scollatura?
    Domanda finale: Vespa avrebbe fatto quel ‘complimento’ alla figlia del Padrone?
    Se la risposta è ‘no’, penso che il coro di chi, basandosi sull’episodio del Campiello, sta innalzando lodi alla gloriosa estroversione dell’eros debba trarne delle conseguenze.
    Eros era un dio molto birichino, e non faceva differenze tra le semplici pastorelle e le figlie di Giove.

  29. p.s. non avevo letto la risposta di Regazzoni, ma dopo le prime righe, non sono andata avanta, perchè mi pare che la discussione si stia trasformando in una ‘fottuta’ questione tra uomini.
    E ci risiamo: si parla di eros e vi va a parare ad Ares. Ma che pizza, però.

  30. @Valeria: scusami davvero ma le mie formule erano auto-ironiche!!! stavo usando un lessico da romanzo di Altieri (che amo moltissimo, sia chiaro) prendendo spunto dal “man” di Roberto. Per sdrammatizzare un po’…

  31. Sì, avevo capito, ma quella di ‘eros e ares’ è un topos di cui si è già parlato su questo blog, ed io, lo confesso, ne sono stufa. Niente di personale, con nessuno, ovviamente. E’ il topos che non mi piace. O vogliamo dire: il frame?

  32. Più da Eros ad Ares a volte sembra di assistere a uno scivolamento dal buon Renzo che è in tutti noi ad Azzeccagarbugli.
    Un linguaggio così infarcito di citazionismi da risultare autoreferenziale fa cattiva pubblicità alla filosofia, che viene confusa con la sua superfetazione accademica. Descrizioni di cose e di atti, riconoscibili e comprensibili, farebbero di un thread come questo una fonte di autentica comprensione anche per chi ci casca dentro per caso.
    Citazionismo è anche usare parole come “frame” senza più definirle, che è pure il modo migliore per smettere di pensarle.
    Sta per “struttura”? O piuttosto per associazione consolidata, pensiero implicito di quelli che “ci pensano” piuttosto che essere da noi pensati?
    Ha a che fare con il carattere metaforico dei concetti secondo Lakoff?
    Sappia chi lo usa in questa accezione che non è affatto un elemento di una descrizione fenomenologica di realtà ma un elemento teorico, che richiede a sua volta tutta una serie di elementi teorici non necessariamente condivisibili (ad esempio una visione empiristica della memoria, una psicologia atomistica che secondo me è stata definitivamente liquidata tra Bergson e Merleau Ponty)
    Anch’io faccio sfoggio di citazioni?
    E’ per mostrare a dove si arriva di questo passo.
    Quando la teoria elude piuttosto che spiegare una descrizione preliminare di realtà, significa che è diventata una scolastica fine a se stessa, non comunica più niente se non a una casta di chierici intossicati.
    A quel punto una persona sana esce a prendere una boccata d’aria.

  33. Guarda, Simone (torno al tu), il mio non era un appunto al registro linguistico che, oltretutto, si capiva bene che era usato in modo parodistico ma alla ‘scazzotatura’.
    E dico questo anche per esemplificare un punto che ho difeso fin qui: per me tutte le scelte sono legittime e rispettabili, ma io mi riservo sempre di segnalare quelle che mi piacciono e quelle che non mi piacciono.
    Dunque, se ritenete di scegliere liberamente la scazzotatura, fatelo, io vi dico: a me questa modalità di discussione non piace.

  34. Valter, hai ragione, usare parole, che sono costrutti teorici come fossero di per sè evidenti, non fa che intorbidare la discussione.
    E mi pareva che fosse proprio per questo che Loredana avesse messo uno stop alla discussione sui modelli, per riprenderla con calme, e chiarire i termini del discorso, o almeno l’uso che ne facciamo qui.

  35. “ma Vespa, intervistando Marina Berlusconi in una situazione pubblica, magari sulle questioni della Mondadori, avrebbe fatto gli stessi commenti, gli stessi gesti e avrebbe invitato il cameramen a inquadrere la succulenta scollatura?”
    interessante quesito…anche perchè una Marina Berlusconi tutta tette e famiglia è già stata celebrata in versione integrale sul giornale Chi (edito proprio da Gruppo Mondadori, guarda a volte le coincidenze). Insomma MB sembra non disdegnare l’intreccio tra il proprio decolletèè e i propri affari editoriali, sarà certo perchè ha un topless davvero “al top”, e allora magari Vespa sapendo che a lei fa piacere mostrarlo…
    http://www.corriere.it/politica/10_agosto_18/marina-vacanze-bermuda_e93b9b6c-aab5-11df-a60a-00144f02aabe.shtml
    (scusate, un po’ di gossip per abbassare il livello della discussione :-D)

  36. @Simone,
    aridaje! Tu scrivi:
    “Sto già distruggendo un dispositivo che è all’opera nella vostra argomentazione: che la scelta sessualizzata sia almeno un po’ meno degna o più problematica delle altre.”
    Padronissimo di distruggere dispositivi immaginari, ma padronissimo anch’io di mandarti a quel paese. Chi accidenti ha parlato di Scelta Sessualizzata, a parte te? Uso le maiuscole reverenziali per rafforzare la coniugazione al singolare, cioè l’astrazione del concetto. Chi ha messo in discussione LA scelta sessualizzata checchessìa? Ne esiste forse una sola, una gigantesca Opzione sul cui valore schierarsi una volta per tutte? Oppure esistono tante e diverse “sessualizzazioni”, diverse scelte (alcune fatte in maggiore autonomia, altre solamente *apparenti* e su questo non recedo di un passo) che vanno analizzate caso per caso?
    .
    Repetita iuvant: se e quando avrai una figlia, ti renderai conto che ormai le pressioni del mercato per iper-sessualizzare l’immaginario (il vestiario, il linguaggio del corpo, i modelli di riferimento) inizia già a cinque anni. Questo cosa implica?
    E’ forse una *scelta* quella che viene offerta a mia figlia, che se non stessi attento verrebbe bombardata di pubblicità ossessiva 24 ore su 24 in una fase in cui non ha ancora la piena facoltà di discernere (non ci riescono nemmeno gli adulti, figurarsi i bimbi)?
    E’ una conquista di libertà quella che farebbe se mi convincesse a mettere mano al portafogli e comprarle ogni insulso ninnolo rosa o gadget delle Wynx a obsolescenza istantanea che, a nastro continuo, le viene imposto all’attenzione come oggetto di godimento?
    Si tratta, in nove casi su dieci, di oggetto di godimento connotato in modo iper-sessualizzante e quindi stereotipizzante, perché mira a distruggere tutto quanto sta tra le polarità estreme dei modelli, e rafforza un dualismo: la fatuità tinta di rosa per le donne, la concretezza e/o l’avventura per gli uomini. Questa non è “differenza”, ma discriminazione. Da questa situazione *non derivano scelte fatte da individui autodeterminati*, bensì reazioni automatiche a una possente spinta omologante, che ci relega tutti in clichés di genere.
    Patriarca no, ma padre sì, cazzo. Genitore sì, e se io tirassi su mia figlia dicendole che ogni scelta vale l’altra sarei un genitore di merda. Come sarei un genitore di merda se non le spiegassi, con parole che può capire, cosa siano i bisogni indotti, cosa sia lo spreco idiota di risorse etc. Certo, non posso parlarle dell’imperativo “Godi!”, non posso rivolgermi a lei come Recalcati, ma certe cose voglio fargliele capire.
    Ancora: nella maggior parte dei casi (quindi al di fuori di piccole nicchie), una scelta sessualizzata e/o di ostentazione del corpo qualcuno può permettersela più di altri. Chi ha un corpo corrispondente agli standard di bellezza e sensualità dominante e imposti dai media, può permettersela più di chi è percepito come repellente o vecchio o grasso etc. Se non problematizziamo le scelte sessualizzate almeno in questo modo, favoriamo la discriminazione tra belli/e e brutt/e.
    Infine: se proprio devo dire qualcosa sulla prostituzione, io dico questo: come in tutti gli ambiti dell’economia, anche nella prostituzione c’è una borghesia (l’alto bordo di “libere professioniste”, auto-imprenditrici etc.) e c’è un proletariato (l’esercito di disgraziate, migranti, schiave da marciapiede sfruttate e malmenate da racket ripugnanti). Non vedo perché dovrei generalizzare a quell’intero ambito la condizione della sua componente borghese e quindi vedere ovunque, anche tra le disgraziate, la maggiore libertà di scelta che quella condizione consente. Non esiste comparto del capitalismo in cui non vi sia sfruttamento, e quest’ultimo è la regola, non l’eccezione.

  37. @ Wu Ming 1: vedi che piano piano cominciamo a chiarirci, man. Lo dico sul serio. Se togli l’esempio dell’educazione che coinvolge soggetti non ancora indipendenti (e qui non ho nulla da ridire), per tutto il resto o ammetti che “riconosci” eguale legittimità alle scelte delle donne o scadi nel paternalismo: tratti le donne come tratteresti tua figlia. Guarda che è sintomatico il fatto che abbiate tirato in ballo più volte il vostro essere padri!! La mia formula di femminismo per “educande” voleva dire questo. Analiziamo, critichiamo, decostruiamo i dispositivi. Sono con voi. Ma riconosciamo a priori assoluta legittimità alle scelte delle donne, anche quelle che non ci piacciono altrimenti non siamo né marxisti né comunisti, ma paternalisti. Ergo: non critico le scelte che una donna fa se dice che lo fa liberamente. Ma mi garantisco il diritto di analizzare a fondo e decostruire i dispositivi in cui le nostre scelte (tutte) operano. Mi vuoi dire che questa è una posizione da liberale? Mi vuoi dire che per te resta essenziale garantirti la possibilità di criticare le singole scelte delle donne? Dov’è l’importanza politica di questa critica a scelte singolari?

  38. In questa ultima formulazione, sono d’accordo con Simone Regazzoni.
    E osservo, rispetto all’intervento di Wu Ming 1, che tutte le scelte sono discriminanti: alcuni possono permettersele e altri no.
    “nella maggior parte dei casi (quindi al di fuori di piccole nicchie), una scelta sessualizzata e/o di ostentazione del corpo qualcuno può permettersela più di altri. Chi ha un corpo corrispondente agli standard di bellezza e sensualità dominante e imposti dai media, può permettersela più di chi è percepito come repellente o vecchio o grasso etc. Se non problematizziamo le scelte sessualizzate almeno in questo modo, favoriamo la discriminazione tra belli/e e brutt/e.
    .
    Come si è belli e brutti, si è anche intelligenti e stupidi (radicalizzo, le differenze sono molte). Perché di un intellettuale, che vive grazie al suo cervello, non si fa la stessa distinzione che si fa a proposito di una donna, o di un uomo, che vive grazie al proprio corpo?

  39. Man, che su questo sei “con noi”, ammesso e non concesso, abbiamo dovuto gradualmente cavartelo fuori col forcipe, dato che all’inizio i dispositivi e i condizionamenti non li hai sfiorati manco di striscio. L’enfasi del tuo discorso si è spostata man mano che si riportava la discussione ai contesti. All’inizio eri partito con una specie di crociata personale (e a mio parere molto vacua) contro presunti bacchettoni in nome di “scelte” descritte in modo molto sbrigativo (che somigliava moltissimo al modo in cui descrive la “scelta” il pensiero liberale).
    Noi tiriamo in ballo il nostro essere padri perché, garantisco, essere padri è una cosa che ti fa vedere nel mondo non una minore ma una *maggiore* complessità, e fa capire quanto siano vacue e astratte certe “petizioni di principio” che si facevano prima, perché ti scontri ogni giorno coi concretissimi problemi dell’educazione e del crescere, in un paesaggio segnato dalla *novità*, dove non c’è il già-visto-già-sentito del postmoderno perché per il bimbo *tutto si presenta per la prima volta*, e di riflesso anche per te, e questo cambia il tuo modo di vedere.
    Che io “tratti le donne come tratter[ei] [mia] figlia” è però un’inferenza tua e te la lascio, mi limito a far notare che è un inferenza tutta tua, interna a tuoi rimuginamenti, non un’inferenza dal mio discorso.
    Non capisco nemmeno perché uno non possa esprimere una critica a una scelta singolare, chiunque la compia, dal commerciante che non fa lo scontrino al gay che vota per la Binetti. Ogni scelta è criticabile, smontabile, contestualizzabile. Sulla croce, Gesù dice di quelli che (per scelta!) lo stanno crocifiggendo che “non sanno quello che fanno”. Il “non sapere quel che si fa” è una condizione piuttosto comune, di scelte e “scelte” compiute senza sapere bene perché è piena la vita di ogni giorno, dirlo non mi sembra da stalinista.
    Questo sul piano generale. Ma nel particolare di questa discussione (vuoi che lo ripeta per la centesima volta?) nessuno ha condannato una scelta sessualizzata specifica.

  40. @ Valeria,
    purtroppo uno/a ha il corpo che si ritrova. Certo, può anche “rifarsi”, ma otterrà “buoni” risultati solo se la condizione di partenza lo consente: uno alto un metro e venti non può diventare un metro e novanta; se uno ha un pene microscopico non c’è miracolistica da spam che possa risolvergli il problema. Invece, la mente, grazie alla neuroplasticità, si modifica eccome, e non è mai troppo tardi. Una prassi di emancipazione può aumentare le opportunità di accrescere l’intelligenza e lo spirito critico (lavorando sulla scuola, sull’educazione, sulla ricerca, sulle 150 ore, sulla formazione permanente, su tante altre cose etc.), e l’arricchimento che ne deriva può anche portare a una maggiore pluralità dei modelli, quindi a riconoscere diverse “bellezze”, a non considerare invalidante la bruttezza etc. Invece, temo che sia inauspicabile e impraticabile procedere in senso inverso, cioè: una prassi di emancipazione non può cercare di adeguare tutti i corpi al modello dominante di bellezza. Ragion per cui, ritengo che certi modi di “puntare sul corpo” siano oggi potenzialmente più discriminatori di qualsivoglia “puntare sul cervello”. “Brutti” o “belli” si nasce, “stupidi” o “intelligenti” si diventa. Una politica di liberazione lavora su quello che la gente può diventare.

  41. Caro Roberto, io a sono a posto così adesso. Quello che riconosci ora, diciamo dopo tre giorni, è quello che io dico fin dal primo, e per cui mi sono preso del liberale di destra da qualcuno che stizzito se ne va perché ha di meglio da fare. Tanti saluti e buono studio del pensiero liberale. C’è voluto un intervento mio pallosissimo in cui (facendo giustamente irritare Binaghi: ha tutte le ragioni in merito) ho dovuto fare la lezioncina su Foucault ecc., un cosa che odio perché nel confronto intellettuale serio tra persone che si conoscono l’abc lo diamo per implicito. E ora? Ora è chiaro che non sai più che dire. E per conservare l’importanza capitale del diritto di criticare la scelta singola di una donna che fai? Te ne vieni fuori con la critica dell’economia politica dello scontrino al gay!
    Elegante, molto più elegante sarebbe stato dire: messa così allora siamo d’accordo.

  42. Vi offro un ponte.
    Se non sbaglio l’obbiettivo discusso sarebbe cambiare “la narrazione”…o no?
    La “narrazione” si cambia dando voce direttamente a chi conosce dall’ interno, il “commercio della carne” visto che la “carne” nel suo insieme è il tema. Bisogna partire dalle fondamenta.
    E’ necessario più che mai DISINNESCARE lo stigma sulle “puttane”. Dopodichè a ruota sarà disinnescato o quasi quello che oggi “ammorba” la figura femminile. E’ questo il punto centrale. Riportare le “puttane” nella società a 360° al pari di tutti gli altri soggetti che la compogono. “Sempre Sante o Puttane, e le altre? e tutte quelle in mezzo?” ci si chiede… Bene, a titolo informativo, le sante le lasciamo in paradiso ma le “puttane” sono già, casomai a qualcuno fosse sfuggito, “le altre” in quanto SONO donne esattamente come le ALTRE. E’ questo l’ aspetto narrativo su cui lavorare. C’è chi ha già cominciato il lavoro narrativo, ci vorranno anni, se mai sarà possibile l’impresa, inutile dire che oggi, siamo messi male. Ma ci sono aperture che bisogna sfruttare strategicamente.
    Finchè si tenteranno narrazioni diverse lasciando inalterato lo STIGMA sulle “puttane” si otterà l’effetto contrario e appunto “la risacca” sulla figura femminile in toto, per non parlare del facile gioco dei potenti e dei media nel condizionamento. Come si disinnesca lo stigma? Guardando alle priorità. E quali sono, oggi, le priorità nella questione, onestamente? Il primo passo è spostare il punto di vista della telecamera e qua l’interlocutore che ha parlato delle COYOTE è sulla buona strada, oggi…. l’unica via possibile è quella… Proprio perchè siamo in un conflitto, in una guerra, proprio perchè ci sono ingiustizie, disuguaglianze allora E’ NECESSARIO chiedere e ottenere diritti (gli stessi che hanno tutti gli altri lavoratori) per chi lavora nell’ Industria del Sesso, sopratutto per le prostitute o sex workers, chiedendo a gran voce la completa decriminalizzazione, per abbattere poi di fatto la percezione negativa che hanno imposto, con tutto quello che ha innescato tale percezione, che è indotta e bene ricordarlo, dall’alto. Lo stigma che subiscono LORO è la base su cui appoggia ben saldo tutto quello di cui state discutendo.
    Non sono due cose distinte, una cosa è anche la conseguenza dell’altra. Basta aver visto e letto tutto quello che è stato detto in merito in Italia da un anno a questa parte, e oggi più che mai. “Non vogliamo che le donne siano raffigurate come prostitute” diceva un appello di alcune sciagurate rilanciato dalla grancassa mediatica. Eccolo, lo Stigma. Pericoloso, incosciente, suicidario, PER TUTTE LE DONNE. eccola la risacca.
    L’occasione che si presenta in Italia dovrebbe servire a levare il sipario sulla doppia morale, per esporre la grande ipocrisia di sistema in cui viviamo, dapertutto nel mondo.
    Invece sta succedendo esattamente il contrario e purtroppo anche grazie agli “intellettuali”…. che risultano incapaci di leggere il fenomeno. Sì, esiste, PURTROPPO, un problema di lettura a “sinistra” e piuttosto consistente (a scanso di equivoci .. a “destra” siamo all’analfabetismo, sul tema)
    Quindi sì, c’è una guerra in corso, c’è un conflitto. Nell’ultimo anno il numero di prostitute (donne- trans) uccise in Italia e nel mondo è impressionante, ma nei report “violenze sulle donne” risultano le prostitute donne di queste violenze? NO, non risultano. E perchè? Ecco un indizio che viene da lontano, dall’ Impero, negli Stati Uniti l’ uccisione di una prostituta viene classificata in gergo dalla Polizia come N.H.C.I. ovvero: No Human Case Involved. Ecco il punto centrale. Il “problema” NON è italiano come ci si ostina a a dire. In Italia la cosa certo assume caratteristiche, tratti, costumi, usi specifici di questo paese, ma il fenomeno, la doppia morale e tutto quello che ne consegue, sono universali e ciascun paese assume i suoi tratti in materia. La “prostituzione” è come l’acqua, assume le caratteristiche del recipiente che la contiene. Altro punto importante.
    Ancora il conflitto. Nell’ atto di fare la “puttana” nell’ “utilizzo del corpo” in un numero altissimo di donne il motore è la ribellione, la rivoluzione, l’indipendenza, il contrattacco interno al sistema, e non, l’essere “vittima”. E’ questa la nuova narrazione, (con tutte le contraddizioni che ne derivano in società come le nostre) è questa la narrazione che il potere si rifiuta da sempre di raccontare, dipingendo le donne che lo fanno come vittime, come sceme, come oche, come puttane, come donne che non sanno quello che fanno, come stupide, come illetterate, miserabili, come sfruttate, è la narrazione che ne fa il potere, con gli intellettuali a tenergli il bordone levando così alle donne, dignità e forza, esponendole come VITTIME nel grande circo mediatico. Ecco la falla su cui il potere ha gioco facile.
    Prima ho postato sopra il POWER TOOL, 75 minuti di contributi video molto illuminati, è questa la “nuova narrazione”, è già in corso, perchè sulla “prostituzione” con tutto quello che implica il termine nel 2010, non sono le “donnacce” le vittime a dover essere salvate, educate, riabilitate, ma l’opinione pubblica, a cominciare dagli “intellettuali”
    Nel Post la RISACCA cito:
    “My book is my business. So che questo è un punto controverso e difficile e scomodo, ma provo ad accennarlo lo stesso, assumendomene la responsabilità. Io ho la sensazione che dopo il caso Noemi, molti editori abbiano cercato di pubblicare testi sulle donne in modo non molto diverso dalla caccia al mystery dopo Dan Brown e al vampiro dopo Stephenie Meyer.”
    Bene, allora posso dire con piacere che qualche mese PRIMA del “caso Noemi” , in tempi non sospetti un Editore ha accolto e pubblicato una testimonianza semplice ma efficace che avrebbe descritto, in un altro luogo, ma in maniera precisa e a tratti impressionante il nocciolo della questione e tutto quello che abbiamo visto accadere di lì a poco, oltre al “dibattito” che ne è seguito e che si trascina fino alla risacca. Come è stato possibile? Un intellettuale intuitivo?Un visionario? No, molto più probabilmente è stata ceduta la “narrazione” del soggetto a qualcuno in grado di leggere il fenomeno, perchè il narratore, guarda caso, gravitava in quel mondo, Per Dio e l’Impero, da cui e tratto lo spi-off che ho proposto.
    sulla borghesia e “il proletariato della prostituzione”
    Ill fatto non indifferente, è che nella prostituzione “le sfruttate e malmenate” sono di gran – sottolineo GRAN – lunga la minoranza rispetto alle altre, e con altre intendo donne proletarie o meno. E’ un fatto accertato, ma quella del “racket” della “tratta” del “traffiking” è la narrazione falsa per eccelenza sul tema utile a quanto esposto sopra, è l’unica narrazione oggi nel mainstream quindi attenzione, non a caso sono state finanziate serie tv come ” human traffiking” per inculcare bene questa visione nell’opinione pubblica e da questa bisogna uscire alla svelta. E a maggior ragione anche qua solo dando dignità e diritti a tutte le lavoratrici si farà in modo che anche le “sfruttate e malmenate” risultino ZERO o abbiano le stesse possibilità di tutti.
    Capire la Prostituzione vuol dire esporre come funziona il Sistema. La Storia si nasconde nella bocca delle puttane.
    Il mio contributo finisce qui, spero di aver portato un punto di vista utile.
    Conosco le eventuali “obiezioni” alla prostituzione a memoria, sono sempre le solite e l’esperienza dice che portano alla risacca.
    La parola vada finalmente alle donne “nel commercio della carne” sarà un cambiamento per tutte quante.
    lo ripropongo – POWER TOOL
    http://www.micropunta.it/powertothesisters/
    POWER TO THE SISTERS
    Madame Anais
    Istituto Micropunta

  43. @Simone, ma noi non siamo d’accordo. Come potremmo esserlo, dal momento che secondo te (e sono punti che mantieni cocciutamente) io:
    1) sarei un paternalista;
    2) avrei attaccato una scelta sessualizzata specifica?
    Dal momento che non trovo riscontri alla definizione né ho fatto quello che tu dici, come faccio a essere d’accordo con te?

  44. @a Wu Ming1: se mi dici che non trovi politicamente rilevante fare la critica alle singole scelte delle donne ma ai dispositivi, diciamo che c’è un punto di accordo o di incontro possibile. Se mi dici che invece per te resta rilevante (in merito alle scelte singole delle donne) operare la critica, allora non c’è nessun punto di accordo. Mi interessa davvero capire visto che entrambi abbiamo speso tanto e messo in gioco tanto in questa discussione.
    @Madame Anais: io sono per la regolamentazione in Italia delle sex workers (ad esempio sul modello della legge tedesca se non erro del 2002). Ho anche scritto un articolo in merito che dovrebbe uscire a giorni sul Secolo XIX di Genova.

  45. @ Madame Anais,
    prendo atto che esiste un settore dell’economia capitalistica in cui lo sfruttamento è l’eccezione e gli sfruttati sono una minoranza. Buono a sapersi. Lo dico senza alcun sarcasmo.

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