Regalino di Natale: accade che ci siano articoli che si
perdano per le vie convulse e intasate delle pagine dei quotidiani. L’intervista-
e il relativo cappello- che segue, realizzata a fine agosto, appartiene alla
categoria. Però mi dispiaceva lasciarla negli archivi del Pc, e quindi ve la
regalo. Contenti?
“Gift economy” è uno dei termini più usati per definire l’attuale
configurazione di Internet: dove accade, per esempio, che chi scrive per
professione metta a disposizione di tutti – appunto, senza scopo alcuno di lucro
– i propri testi. Spesso, addirittura diffondendoli prima in rete e poi su
carta. Così ha fatto lo scrittore torinese Dario Voltolini, che dal 2004 al
2005 ha regalato le sue Scimmie in versi ai lettori di Nazione Indiana,
uno dei blog letterari storici del web, curato e realizzato da un gruppo di
scrittori, poeti, critici che si sono alternati nel tempo.
Quanto alle Scimmie, sono
uomini, donne, ragazze sconosciute che ballano facendo le pulizie di casa,
falegnami furiosi, amanti dalla pelle fredda: ovvero, la moltitudine che è
protagonista del poema ora in uscita per Fandango Libri (pagg.177, euro 16,50),
con lo stesso titolo avuto in rete, “Le scimmie sono inavvertitamente uscite
dalla gabbia”.
La loro storia
comincia quasi per caso: “avevamo
fondato Nazione Indiana – racconta Dario Voltolini – dove ciascuno di noi aveva la possibilità di pubblicare ciò
che voleva in piena libertà. Io avevo questo testo nel cassetto, e allora ho
pensato di spezzarlo in cento parti e di postarlo in cento puntate. Una specie
di finestra sui lavori in corso: anche questo può essere un blog”.
La scrittura, in rete, è un gesto di assoluta generosità. Questo
cambia qualcosa, per lo scrittore?
Penso che molto dipenda dalla sensibilità individuale e da come ciascuno vede
la propria attività di scrittura. Credo però che ormai sia diffuso un
atteggiamento elastico e articolato, presso gli scrittori che adoperano anche
la rete come mezzo di comunicazione. Il web permette un confronto rapido con i
commenti di chi legge: anche se spesso si tratta di una massa di parole con
tendenza a ripetersi, per cui non penso che nessuno oggi possa realmente
permettersi un atteggiamento che mitizzi la rete. Mi sembra, insomma, che
Internet faccia più differenza per chi legge piuttosto che per chi scrive.
Il passaggio alla carta stampata è comunque obbligato? E, nel caso delle
Scimmie, perché è avvenuto?
Il passaggio alla carta stampata non è affatto obbligato: i testi in rete hanno la stessa dignità dei
testi cartacei. Si tratta di differenze importanti ma non sostanziali, quali il
pubblico, la qualità di resa tipografica, la distribuzione, l’apparenza come
oggetto, la vendibilità, il giro di danaro, le traduzioni: cose che fanno la differenza, ed è una differenza
grande. Ma non sostanziale. Direi anzi che oggi è obbligato il passaggio
inverso, cioè quello dalla carta stampata alla rete. Un giorno, spero, tutti i
testi finora disponibili su carta saranno su Internet. Nel mio caso, questo non
è nemmeno un passaggio. Avevo un testo, l’ho "collaudato" in rete, e
lo metto in pista su carta.
Quanto ti ha dato l’esperienza di Nazione Indiana? Quanto ha influito
l’intervento dei lettori e commentatori nella costruzione delle Scimmie? E
perché lo definisci uno spartito per "voci sintetiche"?
Ora non faccio più parte di Nazione Indiana, ma di un altro esperimento che si
chiama Il Primo Amore, sempre in rete. Ma Nazione Indiana mi ha dato molto, a
prescindere da queste Scimmie che sono apparse lì, come per gioco. Ho avuto
peraltro molti commenti e molti confronti, mano a mano che le Scimmie uscivano
sul blog. Ma il testo era già tutto composto, e non ho cambiato una virgola
(anche perché di virgole non ce ne sono) in corso d’opera. Le mie Scimmie, in
origine, erano però un lungo testo che avrei voluto affidare alla lettura di
voci sintetiche. Amo le voci sintetiche: ho lavorato un tempo in un laboratorio
in cui venivano sviluppate. Così, pensavo ad una partitura per voci generate da
forme d’onda, campionate per fonemi, per difoni, per trifoni eccetera. Una sarabanda
sonora. Chissà che un giorno non la faccia davvero. Per ora c’è questo testo
che sembra un poema in versi liberi, e invece è un vento di parole in attesa di
suono. Spero che glielo dia il lettore.
Nel
libro, le Scimmie escono dalla gabbia a pagina 45, lasciandosi alle spalle
padri, madri e figli scellerati: ma chi sono le Scimmie? Sono “uomini colti
postmoderni” che partecipano a convegni, ragazze che scoprono la borghesia, in
definitiva lr cattive frequentazioni?
Le scimmie siamo noi. Il problema è: quali sono le gabbie?
Beh, che dire, grazie del regalo.
«Il cammino è la risposta, la demenza è in cammino» (Nick&Name).
Nemmeno un grazie da Voltolini per i miei preziosi suggerimenti in corso d’opera:- /
Ingrato, ti ringraziò inserendoti tra i ritratti dei protagonisti, e tu che lo avevi sbertucciato (letteralmente) per tutto il tempo, ti eri pure offeso…
Titonco, ciccino, il 26 settembre scorso ti scrissi in Naz.Indiana (nei commenti, naturalmente): “Posso dire che Voltolini è una mia scoperta? Fui io a spronarlo e infondergli il coraggio di arrivare alla centesima puntata, come lui stesso ricorderà, mentre quello sciocco di Andrea Barbieri continuava a lanciargli fastidiosi bacini dalla boccuccia a cuore, a distrarlo con i suoi acritici gorgoglii e a fargli continuamente ciao ciao con la manina.”
P.S. Ma come fai a prendere sempre tutto così terribilmente alla lettera?
Mah, non so se prendo alla lettera. So di certo che un giorno mi è venuta l’idea stramba di sapere cosa c’è dietro il sipario-libro e ho trovato un po’ di gente fantastica e una repubblica delle lettere che quanto a civiltà è sotto la media nazionale, ricordando che la nazione è quella che ha espresso la scorsa maggioranza e i suoi alti ideali.
“i testi in rete hanno la stessa dignità dei testi cartacei”
Giù il capello, e in alto i cuori.
Amato, Voltolini, da sempre.
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