Così, chiude anche la Libreria Croce, uno dei luoghi storici di Roma. Un luogo che, è vero, apparteneva già al passato: se guardate l’elenco dei libri più venduti nella settimana dalla Croce, è difficile reprimere un moto di tenerezza. Magari non aggiornano il sito da parecchio, ma fa comunque un certo effetto trovare ai primi due posti Mia lingua italiana di Cesare Beccaria e Odio gli indifferenti di Antonio Gramsci, invece di Fabio Volo e Christopher Paolini (e non perchè la saggistica classica sia più meritevole della narrativa popolare: semplicemente, Volo e Paolini sono pessima narrativa, e punto).
Non è un sospiro sul cartaceo che muore, sia chiaro. Non credo affatto che il cartaceo, nonostante tutto, morirà. Rischiano di morire, e muoiono, le librerie indipendenti, non solo in Italia. Molti fanno spallucce, qualcuno si intristisce, alcuni si mobilitano, come possono.
A margine, notavo che nell’ultimo Follow Friday (la consuetudine di chi è su Twitter di indicare, il venerdì, una lista di utenti da seguire), il geniale gestore dell’account @Einaudieditore (Stefano Jugo) ha invitato a segnalare solo librerie indipendenti: qui trovate la lista. Altrove, avviene che siano gli stessi scrittori a farsi librai: lo racconta Mobylives!.
Potrebbe essere una soluzione? Non lo so: so che se non sono gli scrittori a muoversi, insieme ai lettori, post di questo tenore si moltiplicheranno. E aumenteranno coloro che commenteranno: “ecchisenefrega, su Amazon lo pago meno e arriva prima”. Contenti? Io no.
da libraio indipendente non posso che dire grazie. E segnalare che ci sono scrittori che diventano librai e ci sono scrittori che su facebook fanno pubblicità agli sconti su amazon. Così come c’è pessima narrativa, ci sono anche pessimi scrittori. E non solo per come scrivono.
Un abbraccio.
a.
Buongiorno Loredana, una buona riflessione potrebbe girare attorno al perché gli editori abbiano questa virtù schizofrenica: con una mano aiutare, segnalare, incensare le librerie indipendenti e con l’altra operare quotidianamente, ogni giorno tutti i giorni, per toglierle di mezzo. Le librerie indipendenti residue sono un intralcio al fantastico scorrere dei flussi editoriali perché questi librai indipendenti hanno il malcelato vizio di scegliere cosa mettere sui propri banchi e cosa no. E questo, per l’industria editoriale, non può andar bene. Nelle librerie indipendenti si gioca il futuro, per i nuovi autori, di farsi vedere, di provare a nascere. E anche il futuro di avere un lavoro “indipendente”, per i librai e per chiunque lavora nel mondo cultural-commerciale. Infine, credo anch’io che l’unica, unica unica unica, possibilità di una qualche mobilitazione possa nascere solo dagli autori che restano gli unici ad avere ancora un qualche “potere contrattuale” con l’industria editoriale. A Firenze, a settembre ha chiuso la “storica” libreria Martelli (ex-Marzocco) e, da pochi giorni, anche la libreria del Porcellino. La libreria Edison di Piazza Repubblica è sotto attacco (e sotto sfratto esecutivo in attesa di giudizio, nel prossimo settembre 2012) da una certa Feltrinelli. Vogliamo parlarne!? Buona giornata e grazie, come sempre.
Desian, certo. Solo una precisazione, il bot di @Einaudieditore non è l’editore, non è Mondadori, non è un commerciale: in questo caso, è un singolo che fa segnalazioni in libertà. Sul fatto che le librerie di catena stiano sopraffacendo i piccoli nulla da eccepire. Ma anche le catene, altrove, corrono serissimi rischi.
buongiorno Loredana, per ora qui in Italia gli scrittori affiancano i librai indipendenti, da qui ad aprirle il passo è lungo visti i debiti che si sostengono per le nostre seppur modeste attività
in compenso alcuni librai scrivono, e con un risultato assai gradevole
Marino Buzzi
Un altro bestseller e siamo rovinati (edizioni Mursia)
Rocco Pinto
Fuori catalogo: storie di libri e di librerie (edizioni Voland)
Marino Buzzi e Rocco Pinto raccontano il mestiere del libraio.
Buzzi parte dal suo blog “Cronache dalla libreria” e ne scaturisce una raccolta di racconti su acquirenti e colleghi che si tramuta in una commedia degli equivoci…
Pinto scrive un’autobiografia passionale, sospesa fra sogno e realtà, piena di altri libri e altre storie… Un piccolo libro suggestivo che mette a fuoco anche la parte artigianale del nostro lavoro.
Buon lavoro…
Un saluto da Nicoletta lettrice/libraia a Bologna
Ciao Nicoletta. Ho appena ricevuto il libro di Marino Buzzi e sono in piacevolissima lettura. Mi procurerò anche Rocco Pinto. Quanto agli scrittori: purtroppo non tutti, non ancora, non sempre.
Grazie Loredà.
Se posso pagar meno perché no? Ha forse qualcosa contro chi cerca di risparmiare qualche euro in questo frangente? Dovreste essere felici che ci sia ancora qualcuno che compra.
Non voglio esagerare dicendo che, a Roma, non vedere più “Croce” sarebbe come non vedere più il Colosseo. Un fatto è certo, però. Che questa libreria è poco distante da una delle tante “Feltrinelli” e che, a questa, ha sempre fatto da un po’ da contraltare, senza acrimonia e senza sussiego. Ogni “azienda” fa qual che sa fare, e appare del tutto evidente che quel che sa fare “Croce” non è più sopportabile per chi questa “azienda” gestisce. Forse potrebbe intervenire un salvataggio da parte del Comune di Roma. E’ un’ipotesi sul tappeto alla quale si sta lavorando. Vedremo.
Off topic, ma manco tanto: nulla da obiettare sui post che riguardano i disagiati e la ancor depressa condizione femminile, ma quando qui si parla di libri, editori, librai e scrittori mi sembra un sito tra gli ultimi baluardi del settore. Un po’ come “Croce”, insomma. Per cui, al di là delle personali oinioni, vedere scritto “Volo e Paolini sono pessima narrativa, e punto” è confortante.
Nessun retropensiero sul bot @einaudieditore (anche se sulla pagina twitter il link rimanda chiaramente alla homepage di Einaudi Editore, quello vero) e la sostanza di un’annosa schizofrenia non cambia. Che le catene possano essere in difficoltà è forse dovuto al modello di business (quello che è capitato a Barnes & Nobles, per esempio) ma di questo non so molto. Per ora, almeno nel nostro Paese, quello delle catene (come, ad esempio, in Gran Bretagna) resta l’unico e vincente. Altra problematica nostrana il fatto che tutte le catene presenti sul mercato siano catene di proprietà (diretta o indiretta) degli editori. Non ci sono, o sono limitate, catene o grandi librerie di proprietà di imprenditori indipendenti, come avviene invece in Germania. Insomma, non per polemizzare ma, al contrario, per mettere sul tavolo alcune carte.
@tristezza
complimenti, decisamente lei è pronto per il soylent verde…
che tristezza…
@enrico gregori: non solo Volo e Paolini sono pessima narrativa ma, probabilmente, sono anche pessima “educazione” al mondo. Andare al cinema e vedersi, in un trailer, il faccione di Volo (credo sia lui) e le vicende di poco conto narrate in quel film fa tremare i polsi. Al pensiero che torme di ragazzini e, ahimé, di adulti modelleranno la propria educazione sentimentale sulla base di tali banalità. Insomma, tal quale coloro che si formano un’opinione basandosi sul Tg1 di Minzolini. Abbiamo da lavorare, e molto, su certi modelli…
@ Desian
Anche se in questo momento imperversa un fake che si fa chiamare @il_bot, l’unico vero bot di @Einaudieditore sono io e faccio parte della casa editrice Einaudi.
Rinnovo anche qui l’invito a tutti i librai indipendenti che hanno un account su Twitter a partecipare alla lista che ho collegato al mio account.
E se avete una libreria e non ne avete uno, magari potreste prendere in considerazione di aprirne uno e comunicare in un posto dove i lettori non mancano e sono attenti.
Grazie mille.
@Tristezza
Questo post non è un’accusa a chi “cerca di risparmiare qualche euro” nell’acquisto di libri ma se vuole anche una provocazione nei confronti di coloro che si professano amanti della lettura o “lettori forti” ma non reagiscono, guardano con superficialità o semplicemente mi passi il termine se ne fregano, di certi gravi episodi.
Le librerie indipendenti sono stati e sono ancora crocevie di generazioni, scambi culturali, incontri di idee e movimenti. Alcune senza esagerazione anche luoghi di formazione di un pensiero critico, indipendente.
Le grandi catene prima e i siti di vendita per corrispondenza poi non potranno mai sostituirle, per una questione di dispersione dell’attenzione (oggi le catene di librerie vendono anche Dvd, Cd, caramelle, prodotti di cartoleria, ecc.) ma soprattutto per una questione di contatto umano e di “scaffale”.
Ci sono veramente pochissime catene in tutto il mondo capaci di rifornire gli spazi espositivi con opere di qualità oltre che con i prodotti di classifica, che creano un rapporto di fiducia con l’acquirente random ma soprattutto con il lettore, che portano avanti l’opera delle librerie indipendenti in termini di salvaguardia e promozione della cultura nazionale e non solo.
Sinceramente guardo ad Amazon più come ad un outlet o un magazzino e non come una libreria vera e propria.
L’errore è proprio l’impostazione mentale del “ci sia ancora qualcuno che compra”. Anche noi lettori facciamo cultura, perciò se non abbiamo la possibilità di approfondire, variare o scoprire l’offerta letteraria/artistica/culturale, siamo i primi a risentirne.
Le conseguenze sono drammatiche e concrete, non serve neanche più comprare i giornali, basta guardarci in faccia.
Sul sito del corriere è comparso questo commento:
“Non capisco l’affanno. Compro da anni su bol e ora su amazon dove trovo forti sconti e tutti i libri del mondo. Francamente di aiuti a una vecchia libreria di un centro storico non vedo la necessità. Il futuro è on-line. Se la libreria è abbastanza vecchia al massimo può servire come attrazione turistica, un po’ come i giri in carrozzella a Roma o i ragazzotti travestiti da gladiatori. Per quale motivo dovrei recarmi in libreria (perdita di tempo, costo di trasporto, fila alla cassa, pesi da trasportare) quando on line trovo TUTTO e me lo portano comodamente a casa quando lo dico io?…”
Concordo in pieno. I librai che danno buoni consigli si contano sulla punta delle dita. A me, per esempio, hanno quasi sempre consigliato libri pietosi. Da punto di vista della qualità e quantità di informazioni, i librai non possono competere con il Web.
A chi dice che il lettore rischia di affogare in un oceano digitale di recensione e consigli, rispondo che basta imparare a nuotare.
OMR0027 3 POL CLT TXT Omniroma-LIBRERIA CROCE, GASPERINI: «FAREMO DI TUTTO PER
TENERLA IN PIEDI» (OMNIROMA) Roma, 23 NOV – “Faremo di tutto per tenere in piedi la libreria
Croce”. Così, l’assessore capitolino alla Cultura, Dino Gasperini, a margine di un evento ai musei Capitolini.
Gasperini ha fatto sapere che venerdì incontrerà il direttore della storica libreria. “Cercheremo di
convincerlo – ha aggiunto – a restare nella storica sede di corso Vittorio, se necessario anche attraverso il
supporto di una cordata di imprenditori”. Gasperini ha comunque tenuto a precisare che “finora, la libreria
Croce non ha mai chiesto nulla al Campidoglio”.
@Zweilawyer
Perdonami ma parli così anche perché hai avuto l’opportunità di formarti sperimentando sia la libreria indipendente, che la catena e il web.
Il pensiero critico indipendente te lo sei fatto distanziandoti anche dalle scelte che il librario indipendente ti ha proposto. Se non avessi conosciuto la differenza come avresti fatto anche solo a capire quali sono i tuoi gusti?
Chi non potrà fare le medesime esperienze e quindi imparare a nuotare lo farà da autodidatta (con tutti i rischi ad esso connessi) o annegherà.
L’idea del “on line trovo TUTTO e me lo portano comodamente a casa quando lo dico io” è una forma mentis che ci porterà a non uscire più di casa, a vegetare nelle nostre abitazioni mentre il tetto ci cade in testa, a fare le rivoluzioni solo su Twitter, Facebook e Blog salvo poi uscire il giorno dopo e andare a lavorare, accettando tutto quello che ci accade a testa bassa, come se non fosse successo niente.
Chiude una libreria indipendente? Ma cosa sarà mai, Giusto?
Gli zombies sono già fra noi…
“L’idea del “on line trovo TUTTO e me lo portano comodamente a casa quando lo dico io” è una forma mentis che ci porterà a non uscire più di casa, a vegetare nelle nostre abitazioni mentre il tetto ci cade in testa, a fare le rivoluzioni solo su Twitter, Facebook e Blog salvo poi uscire il giorno dopo e andare a lavorare, accettando tutto quello che ci accade a testa bassa, come se non fosse successo niente”.
Ci porterà? Per quelli che ‘il futuro è online’ questa è già la realtà. Non per niente tendono a essere schifosamente grassi e a credersi magri…
@ desian:
non faccio il critico letterario né il sociologo, quindi mi interessa zero di chi sceglie cosa per trastullarsi nel tempo libero. anche ai miei tempi, in edicola, c’erano Sorkella o le edizioni economiche di libri di Kipling. Io sceglievo quest’ultimi ma non mi sono mai permesso di ritenere stupido o povero di spirito chi sceglieva l’altro.
Per i non udenti. Tutte le considerazioni fatte per i libri sono della stessa natura di quelle fatte per la musica. Qui si sta celebrando il lento requiem per la morte inevitabile e inesorabile della maggior parte delle librerie indipendenti che non trattino antiquariato per bibliofili.
La differenza tra l’essere e volere produce nevrosi.
Si creeranno altri modi di diffusione delle idee oltre a quelli che ci sono già.
Mi sembra che comunque gli aspetti positivi superino di gran lunga i negativi. Quando non c’era la rete il libraio, come il bibliotecario erano gli unici depositari di un sapere esoterico, conoscevano cataloghi e ristampe. Ma oggi sconfiniamo nell’anacronismo delle nostalgie per una visione estetizzante del libraio. Pensare di emancipare il lettore progressivamente legandolo all’input culturale del libraio è un non-sense: se è un lettore critico avrà gli strumenti per trovare autonomamente ciò che cerca e in rete trova già tutto da un bel po’ di anni; e se è un lettore ottuso tale rimarrà e il libraio che fungeva da stampella sarà sostituito da altre protesi.
I laudatores si asciughino le lacrime: il libraio è morto, viva il libro.
La cosa che si perderà con il passaggio dalla carta al digitale è la stabilità del testo. Quando il passaggio alle nuove piattaforme sarà completo i libri saranno infinitamente modificabili da chiunque, da noi come dagli altri. Non esisteranno più testi comuni per tutti ma solo opinioni personali – a meno che qualcuno non spenda di più per un’edizione cartacea che, per quanto modesta, sarà un lusso…
@Ottavio
Considerazione discutibile. L’originale sarà sempre conservato e difeso come tale. Non solo da chi ne detiene i diritti ma sopratutto dai lettori. Quale lettore malato immagina lei, intento a modificare un’opera non sua spacciandola per quella dell’autore? Quale sarebbe lo scopo?
Su, non finiamo a fare misoneismo. In questi spazi si combatte solo la misoginia.
Un paio di numeri. Facciamo conto che compro un libro a settimana, o quattro libri al mese.
Diciamo che compro 50 libri all’anno. Ci siete?
Facciamo che grazie ad Amazon risparmio tra i 3 e i 4 euro al libro.
Diciamo che 4 per 50 fa 200 euro all’anno di risparmio.
Ecco, per precari, studenti, famiglie… 200 euro all’anno sono tanti.
E aggiungo che senza la legge Levi, voluta dai piccoli librai, avrei risparmiato anche di più. Adesso non posso.
E sto già comprando meno libri.
Ho messo in moderazione il commento di Ercolino e la risposta di Hommequirit: per quanto l’atteggiamento di quest’ultimo e i suoi toni siano obiettivamente deprecabili, non intendo trasformare una discussione importante – o che tale personalmente ritengo – in odioso battibecco.
Hommequirit: se lei non hacapito una beneamata …..del discorso, taccia pure. Non è obbligatorio intervenire, chiaro???
Hommequirit ha una sua opinione e finche non offende nessuno va rispettata e certi atteggiamenti intolleranti verso di lui non giocano certo a favore del tanto decantato livello culturale di chi dice di essersi formato dai librai indipendenti.
Domanda: si può avere un’altra opinione? si può essere indipendenti davvero?
Personalmente penso che la legge sul libro, lungi dall’essere un punto d’arrivo, potesse essere invece un buon punto di partenza per ripensare alcune politiche attorno al libro e alla sua commercializzazione. Quella sul prezzo dei libri e quindi sul “risparmio” dovuto allo sconto, @Il Genio, è un argomento un po’ più complesso visto che sia il prezzo che lo sconto sono decisi dal produttore (editore).
Da signora libraia indipendente mi piacerebbe chiarire una cosa, per tutti quelli che rivendicano “lo sconto”. I libri in Italia costano così tanto proprio perchè nella grande distribuzione c’è lo sconto di default: l’editore infatti stima il prezzo di copertina sulla base delle vendite alla grande distribuzione: la grande distribuzione paga un libro il 25-35% del prezzo di copertina (noi il 70%). Il prezzo di copertina risulta quindi tarato sulle vendite alla grande distribuzione. Se, come in molti paesi del mondo, per salvare il pluralismo nel mercato dei libri, la grande e piccola distribuzione pagassero i libri lo stesso prezzo, uno dei risultati sarebbe l’abbassamento del prezzo di copertina e il proliferare di librerie nei quartieri. Probabilmente anche la qualità dei testi pubblicati si alzerebbe, visto che spesso i librai sono lettori appassionati e leggono prima di vendere. E poi… le librerie non sono solo posti dove si vendono libri, sono posti sono posti in cui si discute, in cui si raccontano i libri, in cui si incontrano altri lettori e spesso anche scrittori. Le librerie sono luoghi importanti per chi pensa che leggere sia fondamentale per avere opinioni e che per farsi un’opinione sia necessario lo scambio, per chi vive la lettura come un fatto collettivo.
Un sincero “urraaahhh” per “sig.ra libraia”! 🙂
@Hommequirit
Sono dell’opinione che il libro sia lo scrittore, l’editore, il libraio e il lettore.
Ritengo che i libri siano persone, perché sono scritti da persone, sono realizzati da persone, letti da persone e tramandati ad altre persone.
Se si perde il contatto umano, lo scambio anche critico, il confronto fra punti di vista sulle storie, diretto, fra persone, stiamo cambiando la comunicazione, stiamo cambiando irrevocabilmente anche noi stessi.
Il cambiamento può essere positivo ma dipende dal come si cambia e a discapito di cosa.
Per 5 anni mi sono illusa, come tanti, che in rete ci potesse essere una forma diversa e interessante di scambio, un confronto alternativo fra punti di vista, dove se vuole la distanza lo impediva ma sarò sincera, è stato molto difficile trovare questo tipo di oasi di pensiero critico indipendente.
In rete si tende ad alzare la bandiera del pensiero unico-massificato, si tende a puntare il dito, si tende a farsi scudo con un nick, a minacciare e caricare con forme di bullismo chi si differenzia, chi si espone con un pensiero “contro corrente”.
In rete viaggia un’informazione libera fino ad un certo punto, che spesso e volentieri falla nelle fonti, oltre a non essere obiettiva.
“Tutte le considerazioni fatte per i libri sono della stessa natura di quelle fatte per la musica”.
Non sono daccordo, il mercato discografico viaggia su binari paralleli a quello letterario.
Proprio ieri, lo scrittore americano John Green, durante una discussione in rete su “copyright e regolamentazione del web”, ha affermato:
“I musicisti e gli scrittori sono su due barche diverse, perché per i musicisti la maggior parte dei guadagni arriva dai concerti/esibizioni live”.
Quindi non dalle vendite dei Cd/mp3 su cui la percentuale è bassissima.
E continua:
“Per gli scrittori, non c’è davvero una forma performativa equivalente (almeno per la stragrande maggioranza degli scrittori). Quello che facciamo – e a cui dedichiamo migliaia di ore – è la storia, e se la storia è importante, dobbiamo trovare un modo per riflettere quel merito, proprio come facciamo con altre cose di valore […]”
Quello che voglio dire è che ci può essere il libraio, la catena e Amazon.
Ma ancora prima del libraio ci sono le biblioteche che sono aperte al pubblico e dove i libri non costano niente, basta non danneggiare la copia che si è presa in prestito. Quindi nessuno è mai stato “unico depositario” di nulla.
Dico che sganciare il libraio dagli altri anelli della catena è altrettanto grave.
“se è un lettore critico avrà gli strumenti per trovare autonomamente ciò che cerca e in rete trova già tutto da un bel po’ di anni; e se è un lettore ottuso tale rimarrà”
Cosa differenzia un lettore critico da un lettore ottuso?
“L’originale sarà sempre conservato e difeso come tale”.
Da chi? E come?
@Il Genio
“E aggiungo che senza la legge Levi, voluta dai piccoli librai, avrei risparmiato anche di più.”
La legge Levi non è stata voluta dai librai e per approfondire la cosa rilinko un post scritto in questo stesso blog dalla Lipperini qualche tempo fa
http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2011/09/07/fuori-fuoco/
Concordo con Hommequirit. Le piccole librerie faranno la fine delle drogherie, ma la cosa è spiacevole solo se consideriamo le persone che perderanno il lavoro. Per il resto, non mi pare che dette librerie siano dei crogiuoli di cultura, anzi, l’idea del buon bottegaio che dispensa saggi consigli in materia di lettura è più un luogo comune cinematografico che non reale.
@ sig.ra libraia
non ho capito il suo commento. il prezzo del libro lo stabilisce l’editore, poi la grande distribuzione e la piccola pagano in maniera differente. ma, se pagassero lo stesso, perché i prezzi dovrebbero cambiare, è sempre l’editore a decidere, e visto che il prezzo è tarato sulla grande distribuzione perché ci sarebbe differenza? invece gli sconti potrebbero cambiare, e a me pare assurdo che i librai indipendenti abbiano voluto una legge che regolamenti gli sconti quando a monte hanno un costo maggiore da sopportare. con la legge si spera che nel tempo i prezzi si abbassino in virtù degli sconti minori, quindi aspettiamo, ma poi i prezzi potrebbero ugualmente risalire se il mercato aumenterà no?
L’Associazione Librai Italiani torna a protestare contro gli editori che non rispetterebbero la Legge Levi. Qui:
http://affaritaliani.libero.it/culturaspettacoli/pisanti-ali-contro-le-campagne-promozionali-degli-editori231111.html
Fatto sta che il risparmio comprando online rimane. Non ho problemi nel pagare un libro 15 euro, ce li ho se devo pagarne 25.
il colto e saggio libraio indipendente che dispensa consigli preziosi di lettura è una leggenda metropolitana, però è vero che in quelle librerie (penso all’utopia di milano, alla marco polo di venezia, alla koob di roma) l’allestimento delle vetrine è un modo discreto per suggerire dei libri interessanti che non figurano nelle classifiche, e che non troverai mai nelle feltrinelli, per dire.
@Sara
Lei ha mostrato un amore per i libri che merita risposta.
Le sue osservazioni sono coerenti con la sua premessa iniziale quindi o scardina questa premessa o difficilmente potrà attribuire ad ogni anello della catena la giusta pertinenza. A mio parere dovrebbe provarci perché il suo discroso mescola problemi degli autori e proplemi dei librai e non credo che ne uscirà con delle soluzioni che non siano una sostanziale conservazione del modello esistente.
Per quanto concerne i problemi per gli scrittori non ho la competenza per sviscerare vantaggi e svantaggi.
Ovvio che per il libraio saranno solo ed esclusivamente svantaggi. Per il lettore non cambia molto. Ma veniamo alle sue osservazioni che non vanno dribblate ma affrontate di petto:
“Per 5 anni mi sono illusa, come tanti, che in rete ci potesse essere una forma diversa e interessante di scambio, un confronto alternativo fra punti di vista, dove se vuole la distanza lo impediva ma sarò sincera, è stato molto difficile trovare questo tipo di oasi di pensiero critico indipendente.
In rete si tende ad alzare la bandiera del pensiero unico-massificato”
Qui parla di una sua delusione ma esagera a generalizzare. Prenda questo blog. Io non conosco personalmente nessuno dei commentatori né la sua autrice, e gli altri non conoscono me. Vorremmo però negare che in tutti questi anni i commenti non ci abbiano condizionato, le scelte altrui non ci abbiano incuriosito, consigliato o messo in guardia verso libri e autori? Non solo. Ogni nickname, esplicito o mascherato ha mostrato una sua personalità autoriale, un suo gusto e una sua competenza. Non è eccezionale che molte persone si parlino per anni senza sentire la necessità di conoscersi di persona eppure non perdendo, anzi guadagnando, informazioni? Non è un libraio al cubo quello che anche questo blog ha rappresentato e rappresenta spesso, magari nelle pieghe dei commenti, anche off topic? Lei è delusa dalla rete perché non ha saputo selezionare i suoi librai di riferimento, quindi le sue comunità online.
“Non sono daccordo, il mercato discografico viaggia su binari paralleli a quello letterario. […] “I musicisti e gli scrittori sono su due barche diverse, perché per i musicisti la maggior parte dei guadagni arriva dai concerti/esibizioni live”. Quindi non dalle vendite dei Cd/mp3 su cui la percentuale è bassissima.”
La mia era una constatazione storica e imparentava la sorte dei libri e della musica considerando la struttura di vendita simile e la fine dei negozi di dischi (non la natura semiotica del testo letterario o musicale in sé). Chi è sopravvissuto lo ha fatto con la scelta reazionaria del vinile, e siamo già nella nicchia, nel fanstore. Ma passiamo al suo paragone scrittore-muscista.
Le parole di Greene parlano del presente: facile con alle spalle dieci e più anni di ristrutturazione del settore da trauma post Napster. Incidentalmente ricordiamo che il settore non si è più ripreso i numeri di fatturato precedenti.
Poi lo vada a dire a tutti quegli autori che hanno sempre campato di royalties radiofoniche. La stragrande maggioranza della produzione discografica di massa (anche in fase autoriale-produttiva) nasceva per creare un album ancorato a un paio di hits da classifica. Lo chieda ai musicisti cosa ne pensano oggi della situazione. Giustamente il prezzo del biglietto del concert è aumentato ma quelli che possono vivere di concerti non sono moltissimi.
Non so con quali nuove modalità un autore che non sia in serie A sbarcherà il lunario, tuttavia mi pare di ricordare che anche Wu Ming 4 parlasse di un possibile ritorno al menestrello. Vedremo.
Ad ogni modo qui il libraio non è chiamato in causa né per favorire l’autore né il lettore.
“Ma ancora prima del libraio ci sono le biblioteche che sono aperte al pubblico e dove i libri non costano niente, basta non danneggiare la copia che si è presa in prestito. Quindi nessuno è mai stato “unico depositario” di nulla.”
Se tenessimo alla logica della biblioteca occorre dire che la bilbioteca è nata per una diffusione gratuita del libro. Quindi chi sostiene l’utilità della biblioteca come minimo dovrebbe approcciare la rete come un luogo in cui tutti i libri che abbiano più di 20 anni (un giusto periodo di godimento di royalties) vengano distribuiti gratis. (capito? Gratis)
Le biblioteche non le vuole nessuno, e non occorre essere un genio per capire che le politiche a loro favore sono state tutte azzerate.
Da un punto di vista pragmatico un tempo i bibliotecari e i librai erano davvero autorità importanti per il lettore che non fosse uno smaliziato ricercatore. Mi pare ovvio che se prima i canali informativi erano pochissimi oggi sono infiniti. E passiamo alla prossima osservazione:
“se è un lettore critico avrà gli strumenti per trovare autonomamente ciò che cerca e in rete trova già tutto da un bel po’ di anni; e se è un lettore ottuso tale rimarrà”
Cosa differenzia un lettore critico da un lettore ottuso?
La lettura e lo studio, quindi la pratica e la teoria. Qeusto lo sapevamo già: più proficuo è chiedersi a cosa serva il libraio in questa fase formativa. Qui si entra nell’indeterminato. Ci sono librai memorabili che trattiamo quasi come amici. Ma questa è fortuna non regola. Come incontrare un professore che ti cambia a vita. Con la differenza che un professore è chiamato a formarti tot ore a settimane e costruire quel pensiero critico. Il libraio al massimo può avere una funzione occasionalmente vicaria ma nulla che sia paragonabile alle potenzialità della rete. Ma potreste obiettare che la rete lascia a te la responsabilità di selezionare i tuoi librai, i tuoi “consiglieri”.
Però così facendo siamo da capo perché come in rete rappresenta lo spettro della qualità umana, così anche i librai ne sono una rappresentazione statistica. Quindi non è con il libraio che la tua emancipazione critica migliorerà
Infine la sua domanda alla mia assertiva dichiarazione.
“L’originale sarà sempre conservato e difeso come tale”.
Da chi? E come?
L’utilità di un libro è il suo contenuto. Occorre immaginare una collettiva psiche deviata – oltre a una pessima considerazione del lettore – per ritenere che non si veda l’ora di stravolgere un libro altrui, sempre che sia possibile immaginare tecnicamente l’eliminazione dei venditori certificati online che si faranno garanti ovviamente del file che il lettore acquista. Che problema c’è? Basta un centro culturale nazionale che sia legittimato di conservare le versione originali, cerificando i venditori (o autori) che ne abbiano licenza di stampa Ebbene, ci saranno sempre luoghi deputati a conservare la licenza originale e il testo così come l’autore (e/o l’editore) l’ha voluto. Perché? Semplice: è il lettore stesso che pretenderà che il contenuto sia inalterato e risponda a quello e quel solo testo perché altrimenti verrebbe meno la sacra fiducia tra autore e lettore e il mondo letterario sarebbe un eterno carnevale di scrittura creativa. Nessun lettore vorrebbe leggere un testo che non è dell’autore. Come nella vita reale ci sono i terroristi, gli attentati, i falsari, allo stesso modo possiamo immaginare hacker intenti a deformare le parole dei nostri romanzi prediletti.
Ma questa è solo materia per un romanzo e ci ricorda che non si sfugge mai alla narrazione, nemmeno nella realtà.
Ok, supponiamo che comprare online sia cosa assai buona e assai giusta, oltre a far risparmiare parecchi soldini.
Rimangono però alcune domande:
E se in futuro arriveremo ad avere solo pochi, pochissimi, venditori online? E se addirittura ci fosse il monopolio delle vendite?
Saremmo ancora liberi di scegliere? Chi e dove sarebbe l’ “indipendente”? Lo scrittore che si autopubblica? Le persone di buona volontà che “mettono su” un sito? Ma con quale visibilità?
@paperinoramone
quello che provavo a dire è che lo sconto è previsto a monte quando viene stabilito il prezzo di copertina, per consentire agli editori di guadagnare quanto ritengono giusto pur vendendo ai prezzi dettati dalla grande distribuzione (quindi il suddetto 35% del prezzo di copertina) e che consentono poi alla grande distribuzione di fare gli sconti ai lettori. Se tutta la distribuzione pagasse il libro il 50% del prezzo di copertina gli editori potrebbero stabilire dei prezzi di copertina meno alti e sopravvivere e anche la concorrenza a quel punto passerebbe per altro: la compentenza, la capacità di fidelizzare, la comodità o la varietà, la specializzazione o la sopresa…
Chiedere a un libraio indipendente che paga un libro il 70% del prezzo di copertina di fare lo sconto del 20% è come chiedergli di regalartelo…
Non ci si può limitare a giudicare una vetrina, vada fino in fondo, ché “il colto e saggio libraio indipendente” esiste, esimio Garufi;
non c’è spazio qui, né tempo per argomentare, ma le dico solo questo (spoiler: i sostenitori dell’indice di rotazione dello scaffale come metro di giudizio unico e ultimo, si astengano cortesemente dal proseguire la lettura):
una libraia scaltra e navigata fiuta il gusto dell’acquirente potenziale, lo indirizza sulla scelta perché vuole catturare un cliente;
il libraio accorto e scafato dialoga col cliente acquisito per prevenirne la richiesta, per carpirne i suggerimenti buoni per altri clienti suoi simili;
i librai coscienziosi ed esperti possono arrivare ad indirizzare le scelte dell’editore: dialogano con i rappresentanti e, più spesso di quanto si creda, con gli editorialisti in cerca di conferme ispirazioni.
Certo: ci sono le cifre, i sondaggi, l’indice di rotazione dei titoli delle collane e bla, bla.
Ma tutto il resto? L’alchimia vincente delle relazioni umane?
Non si vuol vedere tutto questo? Si pensa sia del tutto irrilevante e secondario?
L’ho già scritto: soylent verde per tutti, questo è il traguardo che spetta
al pensiero unico dell’economia (capitalista, ovviamente).
Ma siamo proprio sicuri che debba essere poi così ineluttabile?
@Hommequirit.
In primo luogo autori ed editori: già adesso è possibile ritirare e modificare copie di libri digitali già venduti. Un esempio banale: in un saggio si fa una previsione sbagliata; la si corregge e diventa giusta- in tutte le copie.
Quanto ai lettori, almeno quelli abbastanza bravi con la tecnologia, beh, non facciamo gli ingenui: saranno a milioni quelli ansiosi di ‘correggere’ e ‘migliorare’ e ‘rendere più obbiettivi’ i testi altrui. La maggior parte delle persone sa di non saper suonare o cantare, quindi si accontenta di scaricare gratis la musica e ascoltarla, dicendo poi mi piace/non mi piace. Con le parole e le idee la cosa è molto diversa e avendone la possibilità saranno in molti ad approfittarne. In breve l’autenticità dei testi che circoleranno gratuitamente online diventerà un problema e allora sì che la nozione di ‘autore’ scomparirà, sostituita da una anonima mucillagine su cui galleggerà un nome di autore che non avrà più nulla a che fare col contenuto.
L’unica sarà stampare delle copie ‘originali’ e fisiche che diventeranno rapidamente molto costose…
Riprendo il finale dell’articolo linkato nel post: “«Si dovesse decidere per la chiusura sarà un dolore, ma così non si va avanti – conclude Rodrigo Dias – Bisogna ristudiare il sistema dall’inizio. Se poi si vuole che le librerie indipendenti scompaiano come le carrozze trainate da cavalli, si continui così».”
Ecco, penso che Rodrigo Dias abbia fotografato in modo perfetto la situazione (purtroppo per lui). Come le carrozze, anche le librerie indipendenti sono diventate inutili. Non hanno una scelta vasta, non sono economiche, non possono competere con gli archivi specializzati presenti online (anche gratuiti, penso ad Archive.com), non hanno al loro interno il vecchio libraio Yoda… Cosa dovremmo fare? Sostenerle, finanziarle? Sarebbe come fare l’elettroshock ad un cadavere. Che trapassino con dignità.
Il mio unico dispiacere, lo ripeto, nasce dal fatto che molte persone dovranno trovarsi un nuovo lavoro. Sono tempi duri per farlo.
@ Zweilawyer
guardi che il suo link porta, almeno me, al portale arab.com.
Non è che invece di .com sia .org?
Quanto al suo dispiacere, visto l’argomentare, credo come all’integrità del mio calzino bucato…
basterebbe sostenerle fiscalmente, ad esempio; o consentendo loro di sgravare i costi di affitti troppo alti; obbligando, per legge ad avere un aggio per rivendita maggiore, mettendoli in condizioni di competere con la grande distrubuzione.
Ma santiddio! Ce ne sarebbero milioni di cosa da fare!
Ma perché? E I costi sociali del trasporto allora? Tutta sta merce che se ne va e viene a pezzo singolo, chi la paga in realtà?
Ripeto, e ribadisco: a voler legittimare lo stato di cose correnti solo col filtro ottico dell’economia E’ UNA CAZZATA IN MALAFEDE.
Quindi, dispiacE a me per lei e per la sua progenie, votata com’è al cannibalismo (quello VERO): SOYLENT VERDE PER TUTTI. ALE’
Quel che mi preoccupa di più non è la considerazione che le librerie siano ormai inutili (sic!) o che i librai preparati siano leggenda metropolitana (sic! alla seconda) ma che si possa andare con gioia verso l’angolo scuro del pensiero/modello dominante senza porsi gli interrogativi che molti degli interventi che leggo portano.
E’ come, per fare un paragone solo apparentemente distante, se siccome Monsanto promette cibo per tutti devo mangiare quel cibo lì. Prima vorrei capire cosa contiene quel cibo, dove viene prodotto e come. Nell’attesa, faccio la spesa al mercato rionale, almeno quando posso, da quegli inutili pizzicagnoli, fornai, macellai che ancora resistono. Poveri illusi?
E non si dica che la grande distribuzione, abbassando i prezzi, ci lascia in tasca il nostro denaro. Almeno, vista la situazione, a me non sembra sia accaduto questo. Prezzi bassi corrispondono sicuramente ad un abbassamento della qualità e, al massimo, alla possibilità di consumare di più. Non di risparmiare.
“Non ci si può limitare a giudicare una vetrina, vada fino in fondo, ché “il colto e saggio libraio indipendente” esiste, esimio Garufi;”
perché, sembrava che ne negassi l’esistenza? io non credo alla cosa del lettore forte che va nella piccola libreria e si fa consigliare dal libraio su cosa leggere. penso che statisticamente sia un’abitudine praticata da pochissimi, gente di una certa età. i lettori forti che conosco io sono molto diffidenti, non credono neppure alle recensioni pur continuando a leggere gli inserti letterari. i libri li vogliono annusare, scovare da soli. michela murgia ne parlava poche settimane fa su saturno. poi certo che esistono i librai colti e saggi (tipo i 3 che ho citato prima), ma i loro suggerimenti preferisco desumerli indirettamente, e la scelta di cosa mettere in vetrina è fondamentale. il saggio su proust e vermeer lo trovai in vetrina da utopia. oggi che vivo a roma, vicino alla grandissima notebook dell’auditorium e alla piccola koob di fronte al maxxi, vado indifferentemente nell’una o nell’altra, ma le vetrine della prima non le guardo neanche, perché lì non c’è niente che può interessarmi, mentre nella seconda trovo sempre qualcosa di bizzarro che merita o che m’invoglia ad entrare. e la composizione di una vetrina non è una cosa superficiale, dietro ci sono diversi filtri e passaggi.
Non so, trovo alcuni commenti – da una parte all’altra della barricata – sempre esageratamente ciechi. Io credo di essere un lettore forte, e amo vagare per gli scaffali delle librerie, incuriosirmi per le copertine, i titoli, gli autori…
Comprare on line non mi da’ la stessa soddisfazione, come chiacchierare con un libraio, uno diciamo vero, che può consigliarmi, con cui posso scambiare opinioni, è qualcosa di unico. Sono disposto a spendere qualche euro in più per questo? A volte sì, altre meno.
In questo periodo sono decisamente senza soldi, così mi rifugio nelle varie Feltrinelli per sfruttare ogni sconto possibile. E non me ne vergogno. E per comprare sia Miurakami sia Baricco non posso fare altro.
Certo, la piccola libreria nel mio paese è un’isola. Ci sono autori che vengono, lettori come me che discutono. Si incazzano, brindano all’uscita di Franzen. Ma lo stesso il peso economico di un libro no è da sottovalutare, e pagare 15 euro al posto di 20, davvero non è cosa da poco.
Soluzioni?
Non è cosa semplice. Ma barricarsi dietro allo scudo della cultura a tutti costi non è la mossa migliore.
La strada proposta dal bot @Einaudieditore mi sembra giusta, aprirsi ad una comunità più ampia, diventare parte di una comunità più ampia.
Poi comunque dar valore ad un libro che si vende, e giustificare il fatto che un lettore debba spendere di più per venire da te. Il libro è cultura ma anche prodotto. Ed è un male, ed è un bene, o forse è soltanto così e basta.
@ sig.ra libraia
grazie intanto per la risposta. però: l’editore mette il prezzo a 10. oggi, la grande distribuzione acquista a 3,5 e la piccola a 7. se entrambi acquistassero a 5, gli effetti sarebbero che la piccola distribuzione potrebbe fare sconti maggiori, comunque vivere meglio. ma il prezzo iniziale perché dovrebbe cambiare? lei scrive “gli editori potrebbero” ( ma il prezzo viene dettato dalla grande distribuzione o no?) ma nel mercato uno o è costretto a diminuire i prezzi oppure deve vederci un tornaconto sul lungo periodo per farlo e io non capisco in questo caso cosa cambierebbe per l’editore. ma aggiungo: non è possibile far acquistare la piccola distribuzione a meno? fra chiedere agli altri di fare meno sconti ( e tra l’altro gli e-store fanno dal 15 al 30 più i metà-prezzo ) e chiedere di pagare di meno ci si è pensato prima?
cioè: dal momento che la grande distribuzione acquista a poco l’editore tiene alti ( alti però rispetto a cosa, perché io sto leggendo “il secolo breve” della bur a 12 euro e sono 700 pagine, e si parla di strategia low-cost per la narrativa di romanzi brevi a 12 euro, per dire )i prezzi per sicurezza e quindi una volta che guadagna di più cala i prezzi per una forma di cortesia?
spero di non farle perdere troppo tempo e di essere chiaro nelle mie obiezioni e domande.
@paperinoramone il problema è che l’editore gonfia il prezzo iniziale del libro (10 euro) per avere un margine di guadagno sul prezzo scontatissimo (3 euro) che vende alla grande distribuzione (prezzo che quest’ultima ottiene grazie all’elevato numero di libri ordinati o ad accordi privati) ma poi il libraio indipendente che ha una percentuale di sconto minore pagherà lo stesso libro il doppio della GD, sempre a causa di questo meccanismo iniziale la GD potrà permettersi di fare al proprio cliente uno sconto maggiore, la libreria no se non correndo il rischio di avere introiti ridotti al minimo o neppure quelli, spero di essere stata chiara e di averti levato qualche dubbio
Per aumentare il proprio “potere d’acquisto” i librai indipendenti potrebbero riunirsi in consorzi divenendo così un compratore unico, ma non avranno mai il peso della GD e per il lettore il prezzo rimarrà comunque dopato!!
In un paese poi dove si legge pochissimo il mercato si fa ogni giorno più duro e spesso purtroppo a farne le spese sono le persone più competenti, la cui esperienza andrà ingiustamente perduta.
@Hommequirit
Mi scusi se le rispondo solo ora.
Nel farlo mi ricollego anche a due miei precedenti interventi/commenti in risposta agli utenti @tristezza e @Zweilawyer non so se li ha letti. E cerco di riassumerli in un concetto centrale per me molto importante.
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La catena a cui faccio riferimento è composta da autori, editori, bibliotecari, lettori, librai indipendenti e catene, internet, lettori, insegnanti, critici, intellettuali, giornalisti, mezzi d’informazione, ecc.
In altre parole stiamo parlando di Cultura.
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Associo questa catena al simbolo dell’Infinito, cioè un ciclo continuo.
E se sgancia anche uno solo degli anelli, la catena si rompe. Con effetti disastrosi.
Cosa sarebbero gli autori senza le librerie e i critici senza gli autori e le librerie, e gli insegnanti senza le librerie, e i lettori senza giornali, internet e le librerie… insomma capisce dove voglio arrivare?
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Adesso andrò per punti, così mi sarà più facile risponderle in maniera ordinata.
1.
Se intervengo su questo blog è perché leggo questo blog. E’ un sottinteso che ritenga questo un posto dove è possibile confrontarsi seriamente, un’oasi di pensiero critico indipendente. In caso contrario avrei reagito diversamente.
2.
Io sono delusa dalla rete proprio perché ho dovuto selezionare, in un oceano incoerente di proposte, dove il primo che si sveglia la mattina diventa il tuttologo di turno, senza averne le competenze.
Proprio stamattina leggevo un post pubblicato dall’autore Andrea G. Colombo sul suo blog. Lo legga anche lei la prego e si faccia due risate isteriche:
http://andrea.horror.it/2011/11/publicare-un-libro/
3.
Nel rispondermi, lei giustamente affronta e argomenta il problema della crisi che ha investito il mondo della discografia internazionale. Come infatti fa notare anche lei, se analizziamo bene il problema non è stato l’avvento dell’mp3 in sè a far collassare il sistema. Ma il download illegale.
E’ stato un problema di regolamentazione della rete.
Ed è un problema che sta sorgendo anche per il mercato editoriale, che non avrà la possibilità di recuperare nemmeno in parte le perdite proprio per la differenza che c’è fra musicista e autore (quella del concerto intendo).
Sulla qualità delle proposte musicali non intervengo altrimenti questo dibattito anche se molto interessante rischia di allungarsi a dismisura e deragliare.
Ma l’ho affrontato e ci sono tornata sopra proprio perché riguarda la rete, il comportamento della rete, le informazioni che viaggiano sulla rete, l’illegalità della rete spacciata per libertà.
Stiamo lasciando che accada la stessa cosa anche al mercato editoriale, purtroppo.
4.
“Le biblioteche non le vuole nessuno […]”
Mi perdoni, forse ho capito male… sto interpretando male quello che voleva dire… cioè, lei mi sembra una persona intelligente, colta, insomma sa argomentare le sue teorie e lo fa educatamente, le nostre opinioni possono divergere ma, santo cielo, questa sua affermazione è agghiacciante.
Mi spaventa.
E’ un pò come se ad un malato di cancro lei dicesse, mi dispiace ma sei spacciato, è difficile, troppo complicato reperire le medicine, le cure, che ti andrebbero prescritte. Sei morto ormai. Addio.
E’ disumano.
E’ vero che in alcune biblioteche non ci sia una vasta scelta perché sono piccole e hanno poco budget ma io, anello della catena di cui sopra, nella veste di lettore, vado e chiedo se possono ordinare un libro.
La biblioteca per ragazzi della mia città ha ordinato due pubblicazioni grazie ad una mia segnalazione e i ragazzi che hanno preso in prestito quei volumi li hanno adorati.
In biblioteca si fanno reading, incontri fra insegnanti, spettacoli per bambini, lezioni gratuite di teatro, dopo scuola, conversazione in lingua e per la maggior parte sono attività gratuite o richiedono un contributo minimo.
Chi è che non vuole le biblioteche?
Bisognerebbe fare di tutto, di tutto pur di salvarle.
Strappano il cuore alla Cultura, perciò strappano il cuore ad ognuno di noi se tolgono le biblioteche.
E’ follia pura.
Amo le biblioteche della mia città, senza di loro non sarei la persona che sono oggi. Senza i libri che ho scoperto, letto, preso in prestito dalla biblioteca non sarei io. Sarei una persona diversa, e probabilmente una persona vuota.
5.
“Cosa differenzia un lettore critico da un lettore ottuso?
La lettura e lo studio, quindi la pratica e la teoria”
Non sto dicendo che tutti i librai siano come il professor Keating de L’Attimo Fuggente ma molti insegnanti infondo sono anche librai e alcuni librai sono anche autori mancati o insegnanti mancati, come alcuni autori sono librai e bibliotecari mancanti.
Si ritorna alla catena.
Ho alcuni amici che non hanno trovato gratificante l’esperienza scolastica ma hanno incontrato dei bravi librai o dei bravi bibliotecari. Come l’inverso.
Non devo pensare a cosa va bene a me, a cosa è giusto per me ma a cosa è giusto per tutti. Cosa perderemo se sganciamo anche un solo anello della catena.
6.
“Basta un centro culturale nazionale”
Dov’è questo centro culturale nazionale?
Guardiamoci intorno la prego.
Proprio lei ha affermato che ha nessuno importa delle biblioteche, perché non vengono finanziate!
Basta vedere come è tratta ogni forma di espressione culturale nel nostro Paese per renderci conto che sono favole.
Non possiamo illuderci così.
I sintomi della malattia sono davanti ai nostri occhi.
E che ci piaccia o no, uno dei sintomi è la chiusura delle librerie indipendenti.
Chi aprirà questo centro culturale nazionale?
Chi lo dirigerà?
Vogliamo davvero un’altra pseudo Siae, con tutti i problemi ad essa connessi?
–
Il lettore che si sarà formato senza biblioteche, senza librai ma solo sulla rete che razza di lettore sarà?
Saprà distinguere un’opera da uno sgorbio?
Saprà distinguere tra un’originale è un plagio?
Personalmente, sono terrorizzata dall’idea.
Che razza di futuro ci aspetta?
7.
Vorrei aggiungere solo un’ultima cosa e poi le prendo altro tempo, anzi la ringrazio se ha avuto la pazienza di leggere fino a qui.
Quello che a me interessa salvaguardare è il contatto umano, che fa parte del nostro modo di comunicare, fa parte dell’uomo, della nostra cultura, della nostra formazione.
Per questo è sbagliato pensare che la rete possa essere la Soluzione.
La rete è ingannevole, la rete è subdola, la rete è doppiogiochista.
La rete è un bambino di un anno che si ciuccia il dito, il giornalista che scrive un post, il soggetto borderline che trolleggia nei forum, la casalinga che prepara una ricetta e il libero professionista che passa ore nelle chat erotiche.
–
In rete ho trovato traduzioni a poesie di Keats con errori gravissimi. Se non avessi avuto il testo a fronte (in forma cartacea) avrei memorizzato una traduzione sbagliata.
In tv i presentatori continuano a fare brutte figure con gli ospiti perché le domande che la redazione prepara loro da rivolgere si basano su biografie pubblicate in rete. Biografie errate.
La stessa wikipedia è zeppa di errori.
–
La rete ci deve essere, come ci devono essere i bibliotecari, i librai, gli autori, ecc.
Bisogna salvaguardare gli anelli di questa catena, perché tutti in un modo o nell’altro contribuiscono alla cultura del nostro Paese e non solo.
Contribuiscono a fare di noi quello che siamo.
Amazon sarà utile a chi non potrà spendere 20 euro per un libro ma pensare che Amazon sostituisca il libraio o l’editore è da pazzi.
So che non riusciremo a salvare tutti i librai o tutte le biblioteche, sarei una sciocca a crederlo ma decidere a priori che non ne valga la pena è come farsi Kara Kiri.
E non so lei, ma io voglio vivere.
P.S.
Mi scusi per i refusi…
@ laura atena
grazie. non sapevo che il prezzo per la distribuzione varia in base al potere d’acquisto. personalmente non direi che i libri costano troppo in partenza, magari visto che si parla sempre di rese altissime si potrebbe estendere la categoria dei metà prezzo. se dovessi pensare a una soluzione per il futuro penserei di trasformare le librerie in luoghi pubblici, oppure chiederei interventi per far sì che il rapporto fra grandi catene e librerie indipendenti sia in favore di quest’ultime, per quanto riguarda la presenza in città. però anche ( se è possibile ) pagare di meno il prestito interbibliotecario, se non proprio gratis. il discorso è che la libreria vive grazie alla gente, non si regge solo sui lettori forti, che per forza di cose acquistano anche in rete. mentre chi legge di meno di solito va in libreria, ogni tanto, quando passeggia in città o se deve fare un regalo, per questo mi sembra importante il centro della città. il consorzio comunque mi pare un’opportunità.