Allora, ho un paio di interrogativi a margine e a
corollario della discussione sul porno.
Primo, dal momento che sono state tirate in ballo le
femministe (femmine) raunch, sguaino qualche citazione dal libro di
Ariel Levy, Sporche femmine scioviniste. Dove, attenzione, il bersaglio
della Levy non è affatto il porno “in sé” (come genere, per riprendere la
definizione già data), ma l’allusione continua che ad esso viene fatta in altri
campi. Alcuni degli esempi portati da Levy:
– Le atlete di Atene 2004 che posano nude per Playboy e
For him magazine
– La nascita e crescita dei corsi di strip-tease e lap dance
– La proliferazione dei reality show “sul tema dell’harem”,
da The Bachelor a Who Wants to Marry a Millionaire?
– Un dato: tra il 1992 e il 2004, solo negli Stati Uniti,
l’aumento del 700 percento delle richieste annuali di ritocco al seno (da
32.607 a 264.041)
– La virata verso l’osceno delle sfilate di moda: un solo
esempio, quello della stilista Betsey Johnson che ha fatto sfilare le sue
modelle con un cartellino dalla scritta Fluffer
– L’invasione di libri a contenuto sessuale, nella maggior
parte dei casi scritti da donne e, aggiunge la vostra eccetera, nella
stragrande maggioranza finalizzati al reperimento del “vero amore” alla fine
della maratona (la solita vecchia storia cantata da Venditti e vessillo del
genere rosa di tutti i tempi e latitudini: “non c’è sesso senza amore”)
Mi fermo,
per ora: il punto è che l’accanimento contro il porno –e viceversa il
considerarlo un mezzo di potere femminile – svia e distoglie da altri
fenomeni, apparentemente più miti, giocosi, privi di minaccia. E dei quali va rintracciata la causa, semmai.
Un piccolo esempio: la riedizione della Grande Enciclopedia della Donna, ora raccolta in un unico
volume, e così raccontata ieri da Natalia Aspesi: “Ci sarà una ragione se,
quasi mezzo secolo dopo, cioè adesso, non si ripubblica Il secondo sesso ma La
Grande Enciclopedia, sia pure condensata: naturalmente per allegria, per farci
sorridere sulla meschinità della nostra vita di allora rispetto ad oggi e, come
dice il suo curatore Ottavio Di Brizzi, editor dei libri illustrati Rizzoli e
direttore editoriale della Bur, «per fare un´operazione ludica senza prenderci
sul serio, privilegiando le immagini paradossali e demenziali, con l´idea di
suscitare stupore, orrore, e forse in fondo in fondo un po´ di nostalgia»”
Approdo ora sul lido della discussione sulla pornografia (che leggo con molta calma) e colgo l’occasione per approvare l’ultimo punto del post, preso in prestito a Levy, sul proliferare di autrici porno-erotiche che finiscono per cercare nell’eros una via per la redenzione (leggasi vero amore che sappia sedare il loro istinto e le riconduca sulla retta via monogama).
La reputo una stridente contraddizione e un limite al genere letterario.
Mi si perdoni la forma un po’ contorta del commento. Ho bisogno di un caffè.
Ricordo benissimo di aver visto anni fa all’OVIESSE una minigonna di finta pelle nera per bambine di mesi 12. Oppure da IANA BIMBI gonne leopardate. E le madri le mettono adosso alle figlie trovandole, semplicemente, carine. Così come magari le indossano loro stesse o comprano quelli stivali a punta e tacco a spillo che fino a qualche anno fa trovavi solo in negozi specializzati per puttane, ma che ora non vengono- credo- percepiti più nemmeno come sexy ma solo come “di moda”.
Non è una questione di moralismo. Quel che mi colpisce è l’inconsapevolezza che quei prodotti sono fedeli a un immaginario preciso. Chi veste la propria bimba come una piccola zoccola non vuole mica far arrapare il pedofilo temuto in agguato ovunque. Il modello puttana-porno è talmente spalmato dappertutto che è diventato invisibile. Un conto è scegliere di consumare un porno, un conto è non scegliere e fare le zoccole senza voler fare le zoccole, ma solo le ragazze trendy, carine ecc. Questo vale anche per i libri a lieto o non lieto fine dove l’intimismo femminile revisited prevede quasi di rito l’evocazione un pompino. Non è il pompino che mi turba, ma la sua lializzazione. Perché, per quel che mi risulta, i libri che si confrontano in vari modi col porno, li scrivono sempre solo gli uomini e sono- piacciano o meno- spesso libri importanti. Non me ne viene in mente uno di mano femminile – non solo italiana- che abbia dietro un’elaborazione, una poetica, che aggredisca il tema in modo consapevole e ossessivo e non paia solo scritto per…piacere.
E l’immaginario che evoca l’abbigliamento osé, cara Helena, è quello del maschio che vede la donna come prostituta. Perché, la si metta come si vuole (scusate questi discorsi da “vetero femminista”), ma questa è ancora una società dove il maschio è il “desiderante” e la donna il “desiderato”, ciò che nutre il desiderio del maschio. Il maschio pretende la donna come oggetto intercambiabile, disponibile, che lo rassicuri e lo soddisfi. È su questa verità che si costruisce l’immaginario ed è in base a questa idea di fondo che si regola la comunicazione mediatica (la demenza pubblicitaria, la prostituzione, la pornografia). E poi ci tocca leggere Ballard che dice che“la pornografia è bene, è controcultura”! Ma ci vuole davvero tanto, mi chiedo, a osservare come il corpo femminile sia ancora oggi “sfruttato”, divenendo oggetto di pubblico piacere? A rendersi conto che il nostro corpo è ancora la più seducente delle merci? E dunque una fonte inesauribile di arricchimento e godimento? Estasi dei sensi, sex-appeal, eroticismo patinato, hard per tutti i gusti: le menti sono così sottoposte a un cortocircuito annichilente. Non avete mai incontrato, nei vostri scambi erotici, un uomo, magari illuminato e di “sinistra”, che PRETENDE un pompino? Da dove gli viene questa “pretesa”? Ma avete visto il modo con cui, nei film porno, gli uomini accarezzano le donne? E quanto è importante, per la nostra sessualità, la carezza? Il godimento sessuale non ha forse a che fare con le zone erogene? E non è, tutto il nostro corpo femminile, un’unica zona erogena? Quanti maschi avete incontrato che pensano al sesso come penetrazione and stop? Quanti, durante l’atto, vi chiamano troia o con altri nomi del genere? Questa idea distorta della sessualità da dove l’hanno presa? Insomma, siamo ancora una attrazione, siamo ancora il bel significante che deve attrarre a sé affinché il significato che veicola si realizzi (ed è sostanzialmente per questo che ero diffidente, nella precedente discussione, a voler trattare separatamente il linguaggio del porno dal suo obiettivo) …
“Tutto questo sesso afferma il dominio apocalittico del maschio. Tutte queste forme denudate di cazzi e fiche. In tutto questo filo spinato di peli pubici offerti alla merda mascolina … Sperma glacé, glandi tostati, ostii brasati, alla mensa ufficiali dei cresimati. Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue: Vostro Padre Padrone” … Bataille? Klossowski? No, Moana Pozzi …
(scusate lo sfogo da femminista scontenta, allarmata, modesta, amorale, puttana, frigida, masochista, ninfomane, permalosa …)
Giulia
A proposito di libri, ragazze e, ehm, pompini e loro relativa lializzazione, rimando, qualora fosse sfuggito, al caso in America dei “rainbow party” e dell’omonimo romanzo (per ragazzi, sigh!) di Paul Ruditis, oggetto a gennaio, sull’«Atlantic Monthly», di una feroce recensione di Caitlin Flanagan, che finiva così: “We’ve made a world for our girls in which the pornography industry has become increasingly mainstream, in which Planned Parenthood’s response to the oral-sex craze has been to set up a help line, in which the forces of feminism have worked relentlessly to erode the patriarchy — which, despite its manifold evils, held that providing for the sexual safety of young girls was among its primary reasons for existence. And here are America’s girls: experienced beyond their years, lacking any clear message from the adult community about the importance of protecting their modesty, adrift in one of the most explicitly sexualized cultures in the history of the world. Here are America’s girls: on their knees.”
Scusate, ma la frase “the importance of protecting their MODESTY” mi fa pensare al reverendo Pat Robertson e al cardinale Ruini 😉
Seriamente, il principale problema degli USA oggi non è la “laicizzazione delle pompe” è la sacralizzazione delle bombe.
Cara Loredana, mentre rivedo vecchie cose su internet mi capita un passo del tuo blog, di oltre un anno fa: “Per esempio un romanzo che mi incuriosisce molto, Stojan Decu, l’altro uomo: è uscito per Bompiani, lo ha scritto Simone Perotti, che ricordavo ai tempi di Theoria. Stojan Decu è Zelig, forse, è un “personaggio epico”, sicuramente, è un enigma. Vado avanti a leggere e vi dico.”
Ebbene? All’epoca rimasi in inquieta attesa del tuo giudizio. Poi dimenticai e la vita passò oltre ogni cosa. Ricapito per caso su questa promessa, e sono curioso di sapere. Non fosse altro perché è della mia creatura che si parla. Un saluto. Complimenti per il tuo blog. Ciao. S.P.