C’è una faccenda di simboli che agita gli animi: è bastato riportare su Facebook la protesta di una giovane coppia che ha trovato alla scuola dell’infanzia pubblica crocifissi in ogni aula e obbligo di grembiulino rosa o celeste, per scatenare il putiferio. Soprattutto su due punti: “che male farà mai” e “volete il gender a scuola”. Non rifaccio qui la storia dei simboli medesimi, ma mi colpisce la violenza delle argomentazioni.
Andiamo avanti.
Anzi, torniamo indietro. Perché quel di cui non si parla è questo: avviene in America, per ora.
Dal New York Times:
“Cliniche a Tijuana e Città del Messico, così come attivisti nella città nordoccidentale di Hermosillo, affermano di aver visto donne attraversare il confine dal Texas, dalla Louisiana e dall’Arizona cercando di accedere all’aborto.
“Prima, le donne di Sonora andavano negli Stati Uniti per accedere agli aborti nelle cliniche”, ha detto Andrea Sanchez, un’attivista per il diritto all’aborto, riferendosi allo stato messicano che confina con l’Arizona. “E ora le donne dagli Stati Uniti vengono in Messico.”
Più di un anno dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annullato la sentenza Roe v. Wade, gli attivisti messicani per il diritto all’aborto hanno assistito a un aumento delle donne americane che attraversano il confine per cercare di abortire”.
Questo cosa c’entra con i simboli?, dirà qualcuno. C’entra moltissimo. Se non si lavora sui simboli, non si lavora sulla realtà. E, sì, siamo messi male per quanto riguarda i primi e la seconda.