STORIA DI UNA MATTINA A TORINO

Avrete letto del putiferio, ora anche italiano, che gruppi di cattolici oltranzisti stanno scatenando contro uno spettacolo teatrale.  Fra quei gruppi c’è Militia Christi. Dunque, la storia di oggi riguarda quel che è avvenuto a settembre a Torino, ed è stata raccontata sulle pagine locali di Repubblica.
Ps. Vi ricordo che domani dalle 9.30 alle 18.30, alla Casa Internazionale delle Donne a Roma, si terrà l’incontro nazionale sui consultori “La vita siamo noi”.

Dicono  che i bambini uccisi dall’aborto sono stati sostituiti dagli extracomunitari destinati «a diventare nostri schiavi», lanciano l’allarme sull’Islamizzazione dell’Europa, dichiarandosi membri anche del partito di Magdi Cristiano Allam. Parlano sullo sfondo di una grossa croce che al posto dei chiodi ha feti di plastica e mostrano un manifesto con la foto di Silvio Viale, che porta il cartello provocatorio «Sono un piccolo boia». «In realtà – dicono – mente, perché è un grande boia, non piccolo».
La scena, piuttosto inquietante, per immagini e parole, è avvenuta davanti all’ospedale Sant’Anna ieri mattina. Tre volontari dell’associazione “Ora et labora in Difesa della Vita” si sono dati appuntamento in via Ventimiglia per volantinare e fermare le donne che entravano in ospedale o semplicemente passavano davanti all’ingresso. L’attacco è contro la pillola abortiva Ru486 e contro la legge 194 per la quale stanno promuovendo un referendum abrogativo.
Verso le 11 è intervenuto Giuliano Guareschi, della direzione sanitaria, che ha controllato l’autorizzazione a sostare, ha invitato a non entrare in ospedale per distribuire volantini alle donne, ha chiamato la Questura per una verifica. Gli agenti sono arrivati poco dopo: la croce è stata rimessa in auto, l’invito è stato quello di rimanere sul marciapiede e non entrare in ospedale. Il leader del gruppo è Giorgio Celsi, infermiere in camice bianco e tesserino di riconoscimento della clinica milanese Istituti clinici Zucchi: «Il fatto che io sia un infermiere non è assolutamente un problema. Faccio anche parte di Verità e vita». È lo stesso uomo che qualche mese fa era stato protagonista di un episodio simile, raccontato da una nostra lettrice che accusava i volontari di pressioni psicologiche e aggressioni verbali. Un caso sul quale anche la Procura aveva aperto un inchiesta. L’infermiere non nega che i volontari siano anche entrati in ospedale: «Che male c’è? Se vediamo una donna che piange le diciamo che con l’aborto si uccidono i bambini e che in alternativa c’è l’adozione». Accanto a Celsi si affanna anche Anna Maria Pacchiotti, orgogliosa di rivendicare la sua appartenenza all’associazione “Militia Christi”. È lei a sostenere che le assistenti sociali «costringono le donne ad abortire». Più tardi arriva anche il giovane Gianluca Valpondi, dell’associazione Papa Giovanni XXIII. Tutti sono convinti che la delibera del presidente della Regione per far entrare i volontari Pro vita all’interno di consultori e ospedali sia «un gran bene».
Il Movimento per la vita prende le distanze da “Ora et labora”: «Dichiariamo la nostra totale estraneità all’iniziativa», firma il presidente torinese Valter Boero. La presidente della commissione sanità del Comune di Torino Lucia Centillo parla di violazione dell’etica professionale: «Il fatto che si tratti di un infermiere che indossa il camice determina un danno di immagine nei confronti della professione e una grave violazione deontologica nei confronti della dignità delle donne che ricorrono ad un servizio previsto da una legge nazionale». E sul caso il Collegio infermieri di Torino ha già segnalato la situazione al corrispondente ordine milanese. I radicali Nathalie Pisano e Igor Boni insistono sulla libertà di scelta: «Siamo per il diritto di tutti di manifestare. Quello che non può essere accettato è che giungano pressioni alle donne».

65 pensieri su “STORIA DI UNA MATTINA A TORINO

  1. Negli anni 70 le donne conducevano riflessioni separate dagli uomini.
    Quella scelta portò a diverse conquiste, come noto, anche in termini di leggi ma più che altro in termini di maggiore libertà e rispetto per quelle figlie che oggi sono esposte come Ilaria ha illustrato con grandissima capacità.
    Negli anni successivi si decise di aprire le nostre riflessioni e i nostri percorsi agli uomini, con i risultati che abbiamo in mano. Uno è che bisogna faticare giorni e giorni, in un blog, per intendersi su alcune questioni fondamentali che stanno a cuore a tutte/i ma sulle quali “ci si divide senza problemi”. Sì, ci si divide tra donne, con gli uomini…ci si divide molto. E non si arriva neppure a cogliere ciò che per un’anziana donna come me, che ha fatto fino all’ultima goccia le strade tracciate negli anni 70, è di un’evidenza lapalissiana, come l’associazione del fondoschiena con la personalità nella terribile pubblicità della Twingo. Associazione che qualcuno prima della Twingo ha posto, come noto. Come noto? non so, mi pare che qualcosa continui a sfuggire.
    Non a tutti gli uomini sfugge ciò che per molte donne, io fra queste, è essenziale, come anche qui vediamo, quindi devo e voglio concludere che l’avere aperto anche a loro la riflessione è stato un bene. Ma trovarsi a combattere con chi ti accusa di avere un approccio anni 70 quando per me è di un valore inestimabile, certo un po’ di amarezza, e talvolta rabbia, in me almeno la produce. Chissà se questo è proprio l’obiettivo? Beh, se così fosse mi viene di dirgli: non credano così di scoraggiare le spalle grosse di chi porta un peso che gli uomini si sognerebbero di portare. E la piantino, piuttosto con tutta questa insolenza ché non serve a niente, meno che mai alla loro disperazione.

  2. @ Maddalena
    stop: freno frizione
    l’associazione fondoschiena personalità presunta metonimia sineddoche metafora boh?
    la personalità in movimento è la personalità punto, in movimento perché di macchine parliamo ( eheeheh ) e perché una volta arghh un tatuaggio adesso invece siamo tutti fighi, anzi fichi.
    altro stop: ci si divide fra donne, fra uomini. gesùùù, ancora? posso farti notare che è assurdo pensarsi in questo modo, che io non sono gli uomini, che non la penso come la pensano gli uomini, che gli uomini come categoria non esistono? e non hanno pensieri comuni che non possono avere anche le donne?

  3. Maddalena, con tutto il rispetto possibile per la tua storia e quella delle tue compagne, il separatismo non l’ho mai compreso. I maschi non possono essere lasciati fuori – perché questa partita sui generi o la giochiamo insieme o non si gioca proprio. Molti dei figli dei miei amici e amiche sono maschi e questi bambini crescono meglio di quanto non sia capitato ai loro nonni, non sono educati al sessismo ed è un lavoro portato avanti da entrambi i genitori, soprattutto con la pratica quotidiana. Non sono in guerra cogli uomini, anzi li considero un prezioso alleato. Le posizioni politiche espresse poi non dipendono di natura dal sesso o dal genere ma da come si pensa -)))

  4. Amici miei, pazienza…che vi devo dire ancora? Ho visto che nei blog c’è la moda di re: vai a rileggere, non ho detto questo, ma se invece e questo ciò che vi arrivato, pazienza, per l’appunto, una ragione ci sarà 🙂

  5. @ Maddalena
    io insisto, perché la faccenda mi pare curiosa.
    intanto non capisco, e mi rivolgo in generale, perché ogni volta dobbiamo trasformare le discussioni in una sorta di microcosmo, una saga fantasy, con personaggi vari. Io leggo e commento, poi sparisco. Poi tornando al tuo commento: il risultato delle “vostre” aperture è stato la fatica di farsi capire nei blog? è stato che io non vedo un’associazione lapalissiana per chi come te ha fatto certi percorsi? non può essere più semplicemente che o mi sbaglio io o ti sbagli tu? e se mi sbaglio io non dipende dalla storia da Gesù cristo a oggi, ma solo dal fatto che mi sto sbagliando?
    ps
    adesso chiamo il telefono rosa-azzurro

  6. 🙂 pm 🙂
    Ilaria ha spiegato benissimo in cosa consiste l’associazione e al suo bellissimo commento rinvio.
    Il risultato delle nostre “aperture” è che ancora facciamo tanta fatica a capirci. Ma voglio dirti: noi ci separavamo soltanto per riflettere fra di noi su ciò che ci riguardava profondamente e che non riuscivamo a condividere con gli uomini, nelle case e nelle nostre relazioni, ma tutto il resto si faceva insieme, anche la politica. Poi abbiamo deciso di riprovare e quel che vedo io è che con molti uomini sta andando molto bene, con altri no, segno che alcuni hanno deciso di crescere insieme, altri si fanno gli affari loro e si trovano bene così. Peccato che ne vada di molte cose, figlie e figli compresi.

  7. “Suo figlio signora, ha la faccia come il culo!”
    il mondo è pieno di stupidità, spesso incoraggiata, per questo si fa fatica a capirsi. è anche pieno di stronzi in effetti. però in questi discorsi ci vedo troppa roba inutile. troppe idee di profondità, condivisione etc.
    in concreto cosa vuol dire riprovare ad aprirsi? io conosco persone, maschi e femmine che se incontrano una donna spesso nervosa pensano e dicono a voce alta…vabbè lo sappiamo cosa dicono. e giù a ridere. ma questo è un fatto, e riguarda un ambito sociale dove regna non tanto l’ignoranza, quanto l’incapacità di empatia. io ho raggiunto una certa empatia. con queste persone non ha senso parlare di certe cose, o se ne accorgono da sole o amen. per il resto io e te, su cosa facciamo fatica a capirci? e in che modo riguarda il femminismo o qualsiasi altra battaglia? a me pare che stiamo discutendo di quanto faccia 2 + 2, e non di cosa siano i numeri, e in generale vorrei che si discutesse di calcoli.

  8. @ #… La pubblicità io la trovo sessista perché paragona la personalità delle donne alla personalizzazione di un’auto attraverso degli optional, e le associa dunque ad un oggetto acquistabile. La tv che viene dopo Processo per stupro è quella di cui in questo blog si è spesso discusso, e scusa, direi che ho dimostrato lo spirito gentile con cui discuto e intervengo, per cui non te la prendere se dico che lo puoi scoprire leggendo, anche se sono stupita che tu sia qui e non lo sappia. L’associazione ulteriore, tutta soggettiva, mi rendo conto, tra fondoschiena e personalità, mi proviene dal ricordo di uno degli innumerevoli esempi di pessima tv di cui qui o sul blog di Lorella Zanardo si è discusso, credo un commento ad alcuni culi che costituivano in pratica l’unico “argomento” dell’Isola dei famosi, un programma in cui si commentava la “personalità” delle partecipanti osservando, appunti, i loro culi. E facendo, ovviamente, una battuta sessista e misogina su ciò a cui si ridurrebbe la personalità delle donne. Le immagini possono essere lette in molti modi, chiaro, così le leggo io, e non trovo lo spot carino. Se questa è la nostra idea di tempi che cambiano, beh, mi dispiace davvero molto il fatto di non potere vedere lo spot francese con la figlia che accompagna il padre all’altare, dove lo aspetta il suo futuro consorte. E dire che ci sono anche in Italia vescovi che non sarebbero affatto contrari a un riconoscimento delle unioni gay da parte dello Stato laico.
    Sempre sul sessismo e la rappresentazione stereotipata: è vero, è un banale tatuaggio, ma il gesto della madre è abbastanza indicativo – per me – del modello televisivo della donna seduttiva e un po’ trasgressiva. Ad alcune commentatrici questo è parso nuovo, e rispetto al fare biscotti e sfornare e servire in tavola ogni genere di piatti, indubbiamente lo è. Però c’è l’altro modello della donna adulta in competizione con la figlia, che è sottile, ma che io trovo non particolarmente felice, dato il contesto televisivo del quale tu mi dici di ignorare quasi tutto (ah, c’è anche il documentario Il corpo delle donne come crash course, io lo do un po’ troppo per scontato).
    Poi sulla mia curiosità di capire con chi mi sto confrontando, è stato un caso e mi ha colpita. Quali siano le mie premesse l’ho dichiarato abbastanza chiaramente, forse avrei dovuto usare questo termine al posto di “pregiudizio”. Mi interessano anche le premesse degli altri, che ovviamente leggo attraverso le mie. Quel che ho visto mi ha portata a farmi delle domande sulla consapevolezza di certi atteggiamenti, che in un’adulta si può più facilmente, anche se non automaticamente, presumere, in una ragazzina è qualcosa che io ritengo nostro compito favorire.
    Su quel che penso dei genitori complici, non credo di dover più chiarire nulla. Penso che l’incapacità di essere autorevoli prima che amichevoli abbia prodotto molti mali. E in questa pubblicità c’è dapprima un rimprovero (finto), poi una complicità e addirittura una competizione. Io non lo trovo un modello genitoriale tanto positivo.
    Infine, poi chiudo chiedendo scusa a Loredana per l’OT, sempre su sessismo e stereotipi (percepiti e soggettivi, chiaramente:) qualcuno nel gruppo ha ipotizzato che il rapporto tra padre e figlio sarebbe stato giocato probabilmente sulle competenze, non sulla bellezza del tatuaggio. E la mia forma democratica di protesta, oltre a un confronto civile con altri/e, anche per vedere se non ci sono altri modi per me convincenti di leggerlo, consisterà in una eventuale segnalazione dei miei dubbi allo IAP, che deciderà cosa farne. Non c’è una lettura giusta o sbagliata, ci sono letture, valutazioni, confronti, e una società che, auspicabilmente, decide in che direzione andare.

  9. @ Ilaria, grazie per la risposta
    Prima un equivoco: da come avevi scritto, ho capito che dopo che fu trasmesso Processo per stupro avvenne qualcosa.
    Sullo spot: beh, le immagini possono essere lette in molti modi, ma alcune letture sono forzate. In questo caso se dobbiamo dire se è sessista o meno, non possiamo tenerci le nostre forzature, o lo è o non lo è. Per me non è per niente sessista. Mi pare che tendi ad attribuire una marea di significati ad uno spot, significati che non si evincono dalla visione, concentrando il peggio della tv in 30 secondi. Ho visto il doc, ho letto il libro, ho anche frequentato il corso nuovi occhi per la tv. Dopodiché per me la pubblicità è merda, se lo IAP la sospende non mi interessa minimamente.

  10. @#… Grazie a te. Anch’io avevo equivocato alcune cose nel leggerti, chiarimento proficuo.Tra le mie premesse c’è indubbiamente anche un risentimento per una situazione generale, che fa parte della lente a volte eccessivamente critica con cui osservo la pubblicità, sul cui giudizio generale concordo con te.

  11. Valter, “educare a intendere il sesso come espressione degli affetti, e la pienezza degli affetti come relazione personale (diversa dallo sfruttamento o dall’approccio turistico)”
    é una frase buona per tutto. Il problema è a monte, è stabilire cosa è umano e cosa no. Posso educare a tutta l’affettività di questo mondo ma se per esempio una cosiddetta sindrome di Morris è vista come patologia, nel migliore dei casi quella persona sarà inserita in una cornice che le impedisce una relazione psico-sessuale, nel peggiore verrà sottoposta a chirurgia cosmetica dei genitali senza il proprio consenso. Quindi la questione è nei presupposti, nell’imparare a riconoscere l’umano, per impostare relazioni con l’altro basate sull’umanità. La questione dei presupposti è un filo lunghissimo che va dal neurosessismo contemporaneo che coinvolge i corpi femminili (Lohuanne Brinzedine per esempio vende milioni di libri) al genderismo che struttura giuridicamente e socialmente un regime di apartheid sessuale dentro una democrazia.

  12. Infatti informare/formare alla sessualità consapevole DEVE necessariamente svolgersi con atteggiamento laico dal momento che qualsiasi apartheid è di natura confessionale(non necessarimente religiosa) ed è lì che giace ogni normatività.

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